I Am Superior To You

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Italian. Two teachers can't stand not being the alpha woman.
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Pieno agosto, il Sole splendeva alto nel cielo. Il costante rumore delle onde del mare che si infrangevano sulla spiaggia, unito allo sporadico stridio dei gabbiani, rendeva il tutto quasi surreale. Pamela Carter inspirò rilassata, sdraiata comodamente sul lettino, mentre la luce del Sole le baciava la pelle ed il calore le creava piccole perle di sudore su tutto il corpo. La donna di trentasei anni era arrivata da una settimana nella bellissima Playa de Carmen, in Messico. Subito, la sexy insegnante aveva attirato l'attenzione. I capelli neri incorniciavano il viso su cui due grandi occhi azzurri splendevano assieme ad un paio di rosse labbra sottili. Il vestito bianco con cui era scesa non riusciva a nascondere i suoi seni perfetti, esposti da una scollatura irresistibile sia per gli uomini, che per le donne. Le lunghe gambe scendevano da un grande e tonico sedere, frutto di tutti gli squat in palestra. Per Pamela, era abitudine essere al centro dell'attenzione, e ciò non gli dispiaceva. Poteva usare la sua bellezza come meglio credeva, come ad esempio incantare il giovane bagnino della spiaggia privata dove si trovava.

"Ecco a lei, signorina" la voce di lui tradiva il suo desiderio, mentre porgeva alla donna il cocktail pagato dal barista, anche lui ammagliato dalla bellezza della donna.

"Grazie, Miguel. Avevo proprio sete" rispose Pamela, scandendo perfettamente le ultime parole mentre si umidificava le labbra con la lingua, facendo deglutire il ragazzo ormai sul punto di esplodere.

Pamela era così. Utilizzava il suo corpo per ottenere ciò che vuole, ma questo non voleva dire andare a letto con tutti. Nonostante i suoi comportamenti, solo pochi eletti si potevano vantare di aver avuto rapporti con quella donna, sempre se ne avevano ancora la forza dopo il miglior sesso della loro vita.

La donna sorrise mentre posava il bicchiere sul tavolino accanto a lei, prima di rimettersi a prendere il Sole. Mancavano pochi giorni al suo nuovo lavoro da insegnante, ed aveva intenzione di godersi appieno gli ultimi giorni.

Distante, ma sempre sulla stessa spiaggia, un gruppo di ragazzi continuava a fissare l'ombrellone davanti al loro. Erano da poco entrati nell'età in cui si diventa uomini, e ogni ragazza o donna che passava era un richiamo per loro. Ma quel giorno, così come i precedenti, la loro attenzione era riservata alla donna che prendeva il Sole poco lontano da loro. La carnagione nera, in netto contrasto con il colore chiaro della spiaggia, splendeva perfettamente sotto i raggi di luce. I capelli rasati erano coperti da un cappello a visiera larga, comprato in un negozietto sul litorale, che metteva in ombra il viso serio della donna. Gli occhi nocciola erano nascosti da un paio di occhiali da sole, le labbra rosa erano appena socchiuse, il grande seno era schiacciato contro il petto, minacciando di poter uscire da un momento all'altro dal bikini. Il grande sedere era in perfetta vista, coperto dalla mutanda del bikini verde smeraldo, con alcune perline di sudore che scendevano sensualmente verso il basso, prima di scomparire nel telo mare. Monica Collins sospirò nel sentire gli sguardi depravati di quei giovani spogliarla completamente, facendo finta di non sentire i commenti di apprezzamento sul suo corpo. Sapeva di essere una bella donna, e nei suoi quaranta anni ha dovuto tenere a freno molti uomini. Dopo aver divorziato dal suo ex marito, i numerosi spasimanti iniziarono a non dargli tregua. Casa, lavoro ed in vacanza, l'insegnante di Harlem doveva sopportare numerose avance di numerosi uomini. E andando in Messico, sperava di trovare in po' di pace.

Monica girò la testa dall'altra parte. Non voleva assolutamente farsi rovinare la vacanza, quindi avrebbe resistito alla tentazione di alzarsi e fare tacere quei ragazzi.

"Potrebbero essere miei figli" pensò amareggiata la donna mentre sentiva il calore penetrargli nella carne.

Troppi pensieri per gli ultimi giorni di vacanza.

Il Sole stava ormai tramontando quando Pamela si stava dirigendo verso l'hotel. Aveva salutato il bagnino, abbandonandolo in spiaggia. Lui seguì la donna con lo sguardo, fissandole il sedere mentre camminava. Pamela ovviamente cercò di muoverlo più possibile, per dargli qualcosa a cui pensare quella sera.

La porta scorrevole del Valentine Imperial Riviera Maya si aprì mentre la donna faceva la sua trionfale entrata. I pochi turisti presenti non poterono resistere alla tentazione di girarsi. Pamela poteva sentire la bramosia degli uomini e la gelosia delle donne invadere l'atrio mentre prendeva l'ascensore.

Monica arrivò al Valentine pochi minuti dopo. Doveva cambiarsi velocemente se voleva provare un comfort dell'hotel: il campo da pallavolo. Uno sport che l'aveva accompagnata da ragazza, prima di iniziare a lavorare come insegnante. Già al suo primo giorno aveva pensato di farci un salto, ma aveva evitato per la mole di persone che ne usufruivano. Fortunatamente, un addetto dell'hotel le aveva detto l'orario perfetto per trovare il campo libero.

"Meno persone, meno problemi" si disse la donna, mentre indossava il reggiseno sportivo nero. Era stretto, ma teneva fermo il suo seno, oltre a nascondere la vera grandezza delle sue tette. Monica dovette ammettere che un po' le dispiaceva, ma avrebbe evitato numerosi sguardi indiscreti. Scese rapidamente le scale, e prese la direzione del campo.

"Ho proprio voglia di fare qualche schiac..." il pensiero si stroncò di colpo quando varcò la porta del campo di pallavolo.

Lì, vicino alla rete, c'era già un'altra donna, nel suo reggiseno sportivo bianco e nei suoi pantaloncini aderenti dello stesso colore.

Pamela sussultò quando sentì la porta aprirsi. Si stava allenando nell'unico sport che le era sembrato adatto ad una donna del suo calibro. Sapeva che a quell'ora il campo era libero, e non poté farsi sfuggire l'occasione di usarlo. Aveva giocato in una squadra da giovane, ed ora le rimaneva solo il potersi allenare.

Quando sentì la porta aprirsi, si girò di scatto per vedere una donna entrare, mentre la palla cadeva poco distante da lei.

Entrambe le donne si guardarono per un secondo, prima di muovere lo sguardo sul corpo dell'altra donna. La gelosia cresceva sempre di più mentre si accorgevano quanto i loro corpi erano simili. Il seno strettamente limitato dai reggiseni sportivi, i pantaloncini che faticavano a trattenere i loro splendidi sederi, le loro gambe toniche perfettamente scolpite. Erano come due facce della stessa medaglia, il Sole e la Luna.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, prima che Monica rompesse il silenzio.

"Mi scusi. Non... Non sapevo che il campo fosse occupato" la donna di colore cercò di essere più tranquilla possibile.

Innaturalmente, si sentiva gelosa.

"No, si figuri... Il campo è abbastanza grande per tutte e due" rispose Pamela, obbligandosi a sorridere mentre le rendeva la mano "Pamela Carter"

"Monica Collins" sorrise forzatamente di rimando la donna di colore.

La stretta di mano fu fredda e veloce, quasi nessuna delle due volesse essere infettata dall'altra donna.

Monica sentiva lo sguardo geloso e di disgusto della donna su di sé, così come la donna bianca sentiva lo stesso sguardo vagare sul suo corpo.

"Potremmo... giocare assieme" disse la donna caucasica prendendo il pallone.

Il desiderio di mettere a proprio posto la donna davanti a sé prese il sopravvento e Pamela nascose una pericolosa sfida in quelle parole. Voleva dimostrare la sua superiorità. Una superiorità narrata nei libri di storia, e Pamela voleva sentirsi superiore a quella donna, a quella razza.

"Certo... non vedo perché no" accettò Monica.

La donna di colore sentì perfettamente il desiderio dell'altra donna, suscitandole un desiderio analogo. Monica era cresciuta imparando a non farsi mettere i piedi in testa, soprattutto dalle persone che la etichettavano per il colore della sua pelle. Stava per mettere al suo posto questa donna, ne era sicura.

La palla iniziò a volare sopra la rete. Entrambe le donne iniziarono subito a mostrare la loro bravura in quello sport, lanciandosi come giocatrici professioniste pur di non far cadere la palla nel loro lato del campo.

Una schiacciata particolarmente forte della donna di colore mandò a sedere Pamela quando ricevette un colpo troppo forte da prendere. La palla volò indietro.

"Bel colpo" disse Pamela, palesemente infastidita del fatto di non essere riuscita a ricevere l'attacco.

Ma alla donna caucasica la cosa che le diede più fastidio fu che la sua attenzione venne catturata dal movimento del seno dell'avversaria. Riusciva a vedere i capezzoli spuntare nel tessuto, minacciosi ed imponenti. Nonostante il reggiseno sportivo, Pamela riuscì a vedere il seno della donna di colore muoversi verso l'alto mentre la donna saltava. E presto si rese conto che anche i suoi capezzoli erano eretti per l'eccitazione. Non si era mai sentita così. Era intimidita?

"Grazie. Anche tu sei brava" rispose Monica, pensando comunque di essere migliore dell'avversaria. Ma nonostante tutto, l'attenzione di Monica fu catturata dal sedere dell'avversaria, mentre si chinava a prendere il pallone finito in fondo.

La partita fu un susseguirsi di attacchi violenti e di difese disperate. I punti continuavano a susseguirsi, nonostante l'enorme fatica che entrambe le donne sentivano nel cercare di superare l'avversaria.

Quando la partita arrivò agli sgoccioli, entrambe le donne erano coperte di sudore ed ansimavano incredibilmente. Monica era al match point, a soli due punti dall'avversaria. La donna di colore batté, ma Pamela riuscì a difendere. La palla si alzò pericolosamente verso l'alto. Il tempo sembrò rallentante mentre Pamela saltava verso la palla, pronta a schiacciare, mentre dall'altra parte della rete Monica aveva già alzato le braccia per murare la donna caucasica. La palla venne colpita quando si trovò tra le mani di entrambe le donne. Monica sentì la palla spingere contro le sue mani, e cercò di spingerla indietro come poteva. Pamela si sentì profondamente a disagio quando sentì la sua mano tornare indietro, spinta dalla palla e dalle mani della donna di colore. Non poteva crederci. Il tempo tornò a scorrere normalmente, mentre la palla toccava terra, dal lato della donna più giovane.

Nessuna delle due proferì parola, nemmeno Monica, nonostante avesse vinto. Ansimavano senza sosta, appoggiate sulle ginocchia, come se sentissero solo ora il peso di tutta la partita.

"Hai barato..." sussurrò Pamela, tra i respiri.

"Cosa?" chiese Monica, tirandosi su e guardando l'altra donna con aria interrogativa.

"Hai barato!" la accusò Pamela, alzando la voce.

"Non è vero! Ho vinto!" rispose la donna di colore allo stesso tono.

"No! Hai fatto invasione! Le tue mani erano nel mio campo!"

"Invasione? Sei tu che non sei capace a giocare!"

Iniziarono a discutere sempre con più veemenza, gesticolando senza sosta, separate solo dalla rete.

"Ho vinto perché sono meglio di te!" urlò di colpo Monica, senza pensare più a cosa dire.

Pamela rimase stupita da quella frase. Sentì la rabbia ribollire dentro di lei. Una donna di colore migliore di una donna bianca? Una donna di colore migliore di lei? Mai.

Pamela si abbandonò all'istinto: superò velocemente la rete per attaccare la donna che aveva insinuato di essere migliore di lei. Monica venne presa alla sprovvista dallo slancio della donna caucasica, e si ritrovò sulla schiena. Un forte rumore riempì la stanza. Pamela aveva appena tirato uno schiaffo alla donna di colore, colpendola in pieno viso. Monica sentì un improvviso calore sulla sua guancia destra, seguito poi dal dolore del colpo. Sgranò gli occhi.

"Brutta puttana!" urlò Monica mentre afferrava i capelli della donna.

"Negra di merda!" urlò di rimando Pamela.

Le due iniziarono a rotolare per il campo, mentre i loro corpi si strusciavano l'uno contro l'altro. Alcune volte era Pamela a rimanere in cima, e cercò continuamente di schiaffeggiare o graffiare la donna di colore, così come Monica cercava di strappare i capelli della donna, graffiando qualche volta il resto del corpo. Rotolarono ed urlarono ancora per qualche minuto, prima che Pamela non tornò in cima per l'ultima volta. Assestò un violento schiaffo contro il viso della donna di colore, che perse la presa sui capelli, e prima che Monica potesse muoversi, sentì un forte dolore allo stomaco. Pamela le aveva appena tirato un pugno, ed ora stava godendo nel vedere il dolore dipinto sul volto della donna nera.

Pamela si alzò. Il suo reggiseno sportivo era squarciato all'altezza delle spalle, ed il suo seno sinistro era fuoriuscito durante la lotta. Il capezzolo rosa turgido spiccava verso l'esterno, tagliando a metà l'aria. Pamela si era fermata perché sapeva che le urla avrebbero potuto richiamare l'attenzione di qualcuno nelle vicinanze, e non poteva farsi vedere lì, in quello stato.

"Se dirai a qualcuno ciò che è successo, la prossima volta non mi fermerò!"

La minaccia della donna caucasica colpì in pieno volto la donna di colore, che non rispose. Ma Pamela sapeva che non avrebbe detto nulla, poiché Monica avrebbe ammesso di aver perso.

La donna caucasica guardò con disprezzo Monica, che nascondeva il suo seno ormai esposto dato che il reggiseno sportivo era ridotto davvero male. Nonostante si sentisse come se avesse vinto, Pamela si sentiva intimidita dal seno di quella donna. Era incredibilmente grande, forse quanto il suo. I capezzoli scuri della donna di colore erano perfettamente eretti, spiccando da due enormi areole d'ebano, superando addirittura la grandezza delle sue.

Ma non c'era tempo, doveva andarsene. Così prese velocemente la sua roba e si allontanò.

Monica guardò la donna che le aveva appena distrutta andare via, il grande sedere che si intravedeva nei pantaloni un po' strappati. Dopo pochi secondi si mise a sedere. Il suo reggiseno sportivo era da buttare, e sentiva un forte dolore dove Pamela l'aveva colpita. Sentì di odiare quella donna con tutta sé stessa, ma ancora di più odiava la sensazione di sconfitta che l'attanagliava.

Uscì dal campo con l'asciugamano avvolto attorno al seno. Cercò di nascondere ogni tipo di dolore mentre raggiungeva la stanza. Non voleva farsi vedere debole.

"Me la pagherà..." pensò arrabbiata la donna nera, mentre ripensava alla minaccia di Pamela.

Non avrebbe detto nulla, questo era sicuro.

Il restante tempo di vacanza passò senza che le due donne si incrociarono. Nonostante tutti gli sforzi di Pamela di ritrovare la donna nera per verificare quanto è stata brava, Monica sembrava come scomparsa.

La realtà è che la donna di colore era tornata a casa. L'umiliazione di aver perso bruciava più del dovuto, e forse era opportuno dimenticare ciò che era accaduto.

Le vacanze finirò anche per la donna caucasica. Era tempo di tornare a lavoro.

Il primo giorno d'autunno non tardò ad arrivare. Le temperature si abbassarono, senza però dare motivo di vestirsi pesantemente. Lì, nella Larimer Street, molti dei ristoranti e dei negozi alla moda poteva vantare di numerosi clienti ancora con abiti estivi. La città di Denver non era mai stata così viva, forse dovuto al fatto dell'apertura di una nuova scuola superiore: la St. Mark School.

Quando una delle vecchie scuole venne chiusa per ristrutturazione, la città corse subito ai ripari finanziando direttamente la costruzione di un nuovo edificio. I numerosi studenti accorsero felici e curiosi di vedere con i propri occhi la loro nuova scuola. Ed è qui che Monica Collins lavorerà per il resto dell'anno. Si posizionò ai primi posti per una cattedra all'interno di quella nuova scuola, e non poteva nascondere l'ansia di questo nuovo lavoro. Ogni volta la stessa storia, nonostante facesse questo lavoro da almeno dieci anni, il primo giorno si sentiva come una quindicenne al primo appuntamento. Non passò inosservata. La camicia bianca era allacciata fino al secondo bottone. Monica aveva provato a chiudere anche l'ultimo, ma il suo enorme seno gli rese il compito impossibile. Esasperata, decise di rinunciare, andando a scuola con parte del suo seno in mostra. I fianchi erano avvolti da una lunga gonna dello stesso colore, che valorizzò enormemente la sua pelle d'ebano. I capelli perfettamente tagliati, i suoi immancabili orecchini a pendente e cintura nera che teneva la camicia ancorata alla gonna, erano la chiave del suo look accademico. Inspirò profondamente mentre il rumore dei suoi tacchi risuonava nell'aria mentre varcava la soglia della scuola.

Pamela si sentì subito gli occhi addosso dal primo momento che scese dalla macchina. Tanto valeva dare spettacolo. Scese dalla macchina come se fosse una diva di Hollywood, posando il suo tacco a spillo con innata lentezza ed uscendo dalla macchina con gli occhiali da sole più grandi che aveva trovato, alzando al rallentatore. I suoi lunghi capelli neri svolazzarono elegantemente mentre allargava le labbra colorate di rosso scarlatto. Indossava una magnifica giacca bianca a mezza manica, nascondendo la canotta arancione super scollata che non lasciava nascosto il seno incredibile seno. Una gonna nera le arrivava fin sopra alle ginocchia, mostrando le sue gambe perfette. Sorrise mentre notò il volto di alcuni studenti rimasto esterrefatti dal suo corpo, e mentre le passò accanto, abbassò sensualmente gli occhiali da sole per fargli l'occhiolino, prima di proseguire verso la sua strada.

"La star è qui!" pensò mentre varcava il cancello della sua nuova scuola.

Sarebbe stato il suo trampolino di lancio per un futuro radioso. La St. Mark School di Denver l'avrebbe accolta nel migliore dei modi... o così credeva.

La donna di colore camminò nei lunghi corridoi, cercando la sala professori, mentre molti studenti si riversavano sulla sua strada, squadrandola mentre passava. Ormai doveva essere abituata a sentirsi osservata e giudicata. Il suo incredibile corpo era sempre al centro dell'attenzione. Già nel precedente lavoro, doveva tenere conto di essere una bella donna, ed in questa scuola non sarebbe stato diverso. Ma era una donna seria e professionale, nulla avrebbe potuto rovinare il rapporto di lavoro che voleva costruire, ne era sicura. Ma appena i suoi occhi si alzarono, capì che non sarebbe stato facile. La sua sicurezza vacillò.

Pamela entrò nella scuola come una modella entra in un bar di periferia. Ogni testa si rivolse immediatamente nella sua direzione, uomo o donna che sia. Gli sguardi affamati di tutti quei giovani che divoravano il suo corpo la fece rabbrividire di eccitazione. Lei era la miglior vista che gli studenti avrebbero potuto avere nella loro vita. Aveva battuto tutto le studentesse, rubandogli la scena nella testa di ogni ragazzo all'interno di quella scuola. Era come se lei fosse la regina di quella scuola, dove ogni cosa pendeva dalle sue labbra.

Sorridendo, s'incamminò verso la sala professori, muovendo il suo grande e sodo sedere ad ogni passo. Ogni persona che incrociava il suo sguardo, irrimediabilmente doveva perdere il contatto visivo con i suoi occhi glaciali, spostandosi sui suoi generosi seni esposti dalla profonda scollatura. Normalmente, un vestiario di quel genere non era adatto ad una insegnante, ma dubitava che qualcuno avesse avuto il coraggio di dirgli qualcosa. La sala professori era poco più avanti, e la donna caucasica sorrise al pensiero della sua entrata. Si immaginava già gli insegnanti sbavare appena fosse entrata, mentre le sue colleghe sarebbero morte di gelosia. Sarebbe stato magnifico.

E poi il suo sguardo incrociò quello della donna di colore con cui nemmeno tre mesi fa aveva lottato.

Entrambe le donne si fermarono di botto, non credendo a ciò che vedevano. Com'era possibile? Quante possibilità c'erano? Era la stessa persona? Si. Sia Pamela che Monica ne erano sicure, lo sentivano. Sentivano la stessa rivalità provata al campo da pallavolo l'estate scorsa, lo stesso odio per l'altra donna. Non c'erano dubbi.