Granelli Di Sabbia

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ULISSE
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Propose di andare a gustare gli spiedini di carne, i kebab, di agnello, che poco distante arrostiva sulla brace un suo carissimo amico. Avrebbero trovato anche datteri e banane. Di quelle piccole.

L'ora, la nuotata e il resto avevano stuzzicato l'appetito e la ciambella era stato un ottimo antipasto.

Nessuna preoccupazione igienica, prima di tutto perché non ci pensavano e poi la carne arrostita sul fuoco e mangiata direttamente dallo spiedino di legno non poteva essere veicolo di malattie.

Il grasso egiziano e la sua voluminosa moglie li accolsero come se fossero vecchi amici. Grandi inchini e sorrisi e vigorose strette di mano.

Fu tutto pronto in pochi minuti, e mangiato con evidente compiacimento.

Ottime le piccole banane ed anche i datteri che, in fondo, erano l'unico cibo che poteva destare riserve sulla pulizia.

Erano passati dalla raffinatezza del Victoria alla rozza capanna ai bordi del deserto, lungo il Canale, sulla terra delle Piramidi, di fronte al Sinai.

Ripresero la strada.

Aji Amed chiese se sapevano dove trascorrere la notte, a Port Said.

In effetti, a questo non avevano pensato.

Il Victoria, infatti, sarebbe giunto a Port Said solo il mattino seguente, e ne sarebbe ripartito dopo sei ore.

Il libico notò la sorpresa e la perplessità, soprattutto di Piero, ma disse di non preoccuparsi. Poco distante dai grandi magazzini di Simon Arz, l'immenso bazar, c'era un ottimo Hotel, AEH, Anglo Egyptian Hotel, solo per turisti di passaggio. E si mangiava anche bene, in quel ristorante, cucina egiziana ed europea, a scelta. Avevano anche birra fresca, e deliziosi ventilatori, di quelli a grandi pale che giravano appesi al soffitto.

Paula si strinse a Piero.

"Passeremo la notte insieme!"

E fu una notte di delizie.

Quando Piero, l'indomani, mentre si preparavano per tornare abordo, le disse che era stata una delle loro 'mille e una notte', Il felino Sumi, così, nuda com'era, gli si mise di fronte, con occhi ardenti e mani ad artiglio.

"No, mille e una... un milione e una!"

Il Victoria li attendeva.

Renato si limitò a chiedere se la gita fosse stata di loro gradimento. Ma non attese risposta.

Iniziò la navigazione nel Mediterraneo.

Nella profumeria di bordo, Piero acquistò una grossa bottiglia di colonia, e una più piccola di profumo. Era di una famosa casa italiana, quella che produceva la conosciutissima 'violetta di Parma'. Un flacone disegnato artisticamente e con raffinatezza, e il nome si attagliava mirabilmente al luogo: Egizia! Paula ne fu entusiasta. Passava dal casalingo 'jasmine' alle raffinatezze europee, ed ancor più entusiasta fu quando Piero la condusse dalla parrucchiera e dalla manicure. Ne uscì entusiasta, e non smetteva di guardarsi le unghie laccate.

Ai suoi occhi si presentava l'incantevole spettacolo dell'Italia.

Il Victoria stava entrando nel porto di Brindisi, dove svettava la colonna che indicava il termine della via consolare che conduce a Roma, l'Appia.

Al porto li attendeva lo zio Mario, un fratello di Renato.

^^^ ^^^ ^^^

4 A CASA

Abbracci e baci.

Atmosfera di grande commozione.

La famiglia tornava, ma una era rimasta per sempre lontanissima dalla terra natia. In un angolo di terra straniera che sarà per sempre Italia!

Come Rupert Brooke, scriveva per un caduto per la patria, la sua patria, England, si poteva parafrasare.

That there's some corner of a foreign field

That is for ever Italy

Zio Mario aveva predisposto il trasferimento del bagaglio alla stazione ferroviaria, prenotato lo scompartimento sul treno della sera, e in qualche modo preparato la casa per ricevere i nuovi arrivati.

L'avevano lasciata quasi spoglia, e fu necessario acquistare arredi, biancheria e quant'altro necessario.

Dalla provincia di Chieti, segnalata da un cliente di zio, era giunta la prosperosa contadinella, rossa di capelli e candida di pelle ricca di efelidi, che avrebbe aiutato a disbrigare le faccende domestiche. Era stata già a servizio, Franchina, dal medico condotto del suo paese e se la sapeva disbrigare abbastanza bene.

Mario abbracciò affettuosamente i nipoti, specie Piero, di cui era padrino di cresima, ed aveva stretto la mano a Paula, guardandola compiaciuto, perché quando il fratello gli aveva scritto che con loro sarebbe andata una ragazza di colore, molto affezionata a Carla e Marco, ed ancor più a Piero, si aspettava di vedere una semiselvaggia in costume del suo paese, e non quello splendore di ragazza, elegante e dai modi quasi eleganti, affinatisi durante la preziosa permanenza sul Victoria.

Paula gli sorrise incantevolmente.

I due fratelli si scambiarono un'occhiata che esprimeva sorpresa di Mario e preoccupazione di Renato.

Chissà se aveva fatto bene a far venire Paula in Italia, con loro.

Una voce di dentro gli diceva che, dopo tutto, quella era la ragazza che aveva sollevato il suo primogenito dalla tristezza e dal mutismo. Il colore della pelle non poteva avere alcuna influenza sul giudizio, sulla gratitudine, così come, chiaramente, non ne aveva sull'amore (o infatuazione?) di Piero.

No, non era infatuazione.

Quei due esseri erano fatti l'uno per l'altro e il destino li aveva fatti incontrare nel momento giusto e nel luogo giusto: lui poco più che adolescente, lei quasi ancora bambina, ma donna già fatta per la sua razza e la sua gente.

I due anni trascorsi con loro, e il bagno totale del viaggio, l'avevano trasformata in una 'venere nera' che non temeva rivali. Non c'era persona che non si voltasse ad ammirarla.

Ci voleva qualche ora prima della partenza del treno.

Andarono in un Albergo che aveva ristorante e bar annessi.

Chi voleva poteva fruire di una camera, per riposo, od altro.

Ma non erano stanchi.

Paula era alquanto confusa, osservava tutto con interesse, soprattutto cercando di comprendere come si comportava quella gente, tutti quei bianchi che la guardavano insistentemente.

Non sapeva se poteva mettersi sotto braccio a Piero.

Non aveva incontrato nessun'altra persona di colore.

La cena fu tipicamente italiana, anzi meridionale.

Pasta corta con frutti di mare, sgusciati, e pesce freschissimo, lesso, condito con limone e olio.

Paula aveva assaggiato del pesce, sul Victoria, però congelato e preparato in modo alquanto elaborato. Le era piaciuto soprattutto l'aragosta in bella vista, anche per il modo come veniva presentata e servita.

Ora, nel modesto ristorante dell'albergo, la cucina era genuina, casereccia, e i prodotti freschi e naturali.

Guardò attentamente come gli altri mangiavano le varie portate e il suo spirito di imitazione nascondeva egregiamente il suo essere una neofita in materia.

Zio Mario la osservava di sottecchi e l'ammirava, compiaciuto.

Oltre ad essere d'una bellezza affascinante, la giovane ragazza era anche dolce, brava, premurosa. Ogni tanto era lei a guardare lui, e gli sorrideva, quasi con complicità.

Bevve pochissimo vino, Paola, per lei gradevolmente annacquato con gazzosa. Quel dolce frizzante, che pizzicava il naso, le piaceva.

La stazione ferroviaria non era lontana, vi si recarono a piedi. Davanti Renato e Mario, poi Marco e Carla, e infine Piero e Paula, con lui che le cingeva la vita.

I non molti passanti si voltavano a guardare.

Alla stazione fu il Capostazione titolare ad accoglierli. Del resto, il Ministero delle Comunicazioni raggruppava Poste, telegrafi, telefoni, radio, navigazione, e, logicamente, ferrovie. E Renato Marini era un alto dirigente di quella amministrazione.

Scompartimento centrale, lontano dalle ruote.

La vettura originante da Brindisi fu aggiunta in testa al Lecce-Roma.

Il treno cominciò a muoversi lentamente.

Il viaggio sarebbe stato abbastanza lungo, non come l'interminabile Addis Abeba-Gibuti, ma a Roma si sarebbe arrivati l'indomani mattino.

Ognuno cercò il posticino preferito:

Marco vicino al finestrino, accanto a lui Piero e poi Paula. Dall'altra parte, la piccola Carla e i due fratelli, Renato e Mario, che avevo sempre tanto da parlare.

Erano oltre due anni che non si vedevano, Renato e Mario.

Gli accadimenti erano stati, ed erano, molti e molto seri. Ne era investita tutta l'Euro, forse il mondo.

Il 'gentlemen's agreement', del gennaio 1937, stipulato tra Italia e Gran Bretagna, scricchiolava da tempo, ed era al limite di rottura. Se non lo aveva già superato.

Il 'Regime' stringe i vincoli: tutti i dipendenti statali devono essere iscritti al Partito Nazionale Fascista (marzo 1937), e Pio XI nella sua enciclica 'Mit brennender Sorge' denuncia l'incompatibilità tra i presupposti razzisti e pagani del nazionalsocialismo e il cattolicesimo.

In effetti, il razzismo nazista diviene sempre più intollerante

La vittoria di Jesse Owens, nei cento metri delle Olimpiadi dell'anno precedente, svoltesi a Berlino, aveva sconvolto i tedeschi: un 'negro' si era imposto sui biondi ariani teutonici, vincendo con lo strabiliante tempo di 10'3''!

I fascisti che combattevano in Spagna, a sostegno di Francisco Franco, e contro le formazioni internazionali marxiste e filosovietiche, sono sbaragliati a Guadalajara.

Pio XI insiste sull'ateismo e il sovversivismo disgregatore dell'ideologia comunista (Divini Redemptoris).

Del resto, anche ad Addis Abeba erano giunte direttive in merito alla 'difesa della razza': netta separazione tra italiani e indigeni. E perfino censura della canzone Faccetta Nera perché allude a relazioni amorose tra italiani e donne del luogo.

Sempre più frequenti contatti italo-tedeschi: Von Neurath, ministro degli esteri dei nazisti, incontra a Roma il Duce, Benito Mussolini.

Divieto di vendita di giornali inglesi in Italia (maggio 1937).

Mussolini e Hitler si incontrano a Monaco, a settembre dello stesso anno.

A dicembre l'Italia esce dalla Società delle Nazioni, e Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta, prende il posto di Graziani in AOI.

Il 1938 vede altre ridicole imposizioni, per scimmiottare i nazisti: è abolito il 'lei', si deve usare il 'voi'! Le forze armate, e anche i reparti dell'Opera nazionale Balilla, devono sfilare a 'passo romano', versione italiana del 'passo dell'oca' degli inarticolati tedeschi.

A marzo Hitler occupa l'Austria e l'annette, si compie quello che ha definito l'anschluss.

Il 30 dello stesso mese, al Senato, Mussolini parla di una inevitabile guerra generale, per la quale si fa attribuire, unitamente al re, il grado di Primo Maresciallo dell'Impero.

Sempre a marzo Hitler viene in visita in Italia: la stazione Ostiense, a Roma, viene imperialmente trasformata con cartapesta e amenicoli vari. Le squadriglie di aerei si trasferiscono frettolosamente da un aeroporto all'altro, per far credere nella potenza aeronautica dell'Italia.

A giugno si abolisce la 'stretta di mano', poiché indica un comportamento inadeguato al 'costume fascista'.

Monsignor Mariano Rampolla, della Segreteria di Stato del Papa, incontra in Svizzera una delegazione comunista per sondare la possibilità di una azione concordata in difesa della pace.

Il Consiglio dei Ministri vara una serie di provvedimenti antisemiti.

Il personale statale deve indossare la divisa, per loro appositamente disegnata, quando sono in servizio.

Si insiste nella 'bonifica linguistica' sia attraverso la rubrica dell'EIAR che elenca le parole 'proibite' sia con propaganda spicciola. Non bisogna usare parole evocative nazioni nemiche, per cui l'insalata russa diviene 'insalata tricolore' e la chiave inglese si trasforma in 'chiavemorsa'!

Hitler rivedica la regione dei Sudati e invia un ultimatum alla Cecoslovacchia.

Chamberlain, Premier inglese, invita Mussolini a farsi mediatore, presso Hitler, per spianare le difficoltà sorte nell'Europa centrale.

Il 29 settembre, a Monaco, Hitler e Mussolini incontrano Chamberlain e il Capo dei governo francese Daladier. Si parla della Cecoslovacchia.

Nuova stretta antisemita, nuovo decreto limitativo per gli ebrei.

La Gran Bretagna, in un disperato tentativo di ingraziarsi il Duce, riconosce l'annessione dell'Etiopia all'Italia.

Il 1939 inizia con la soppressione della Camera dei Deputati, sostituita dalla Camera dei fasci e delle Corporazioni.

Libri di ebrei e di antifascisti sono ritirati dal commercio.

Eugenio Pacelli diviene Papa col nome di Pio XII.

Ad aprile, invasione dell'Albania.

Anche Franklin Delano Roosevelt, presidente USA, si muove e chiede a Hitler e Mussolini garanzia sull'integrità territoriale degli stati europei che si affacciano sul Mediterraneo.

Roosevelt, in agosto, invita Vittorio Emanuele III ad esercitare tutta la sua influenza per evitare lo scoppio di una guerra.

Mentre i Marini sono in viaggio tra Brindisi e Roma, la Germania invade la Polonia.

Due giorni dopo, Gran Bretagna e Francia dichiareranno guerra alla Germania.

Sui muri dell'Inghilterra appare il manifesto dei Polacchi, che dichiara: non chiediamo la libertà ma combattiamo per essa!

La rassegna degli avvenimenti e i timori per l'avvenire, hanno impegnato diverse ore. Marco e Carla sono appisolati. Paula e Piero sembrano dormire, o è solo una scusa per giustificare la loro vicinanza, la testa di Paula sul petto di Piero e la mano di lui che l'abbraccia.

Ogni tanto, qualcuno del personale viaggiante si ferma premurosamente a chiedere se desiderassero qualcosa.

Ora, il treno è fermo.

Piero e Paula escono in corridoio, vanno in piattaforma. Lo sportello è aperto. C'è uno sgangherato carrello che vende qualcosa. Si ferma vicino allo sportello.

L'uomo, che indossa una non immacolata giacca bianca, ed è evidentemente insonnolito, fa una smorfia furbesca e chiede se volessero 'nù cafè cafè'.

A Piero non è chiaro cosa significhi una tale espressione, ma annuisce, e l'omino gli rifila due bicchierini di vetro, che ha riempito d'un liquido nero, e in effetti aromatico, che ha versato dal grosso termos che ha sul piano inferiore del carrello.

Quando Piero, che non ha ancora conoscenza dei prezzi in Italia, gli porge cinque lire d'argento, quelle con l'aquila, e gli dice di tenere il resto, l'uomo sembra svegliarsi di colpo e pretende di riempire nuovamente i bicchieri, lasciandoli ai generosi clienti.

Il caffè è abbastanza buono, un po' differente da quello che usavano consumare ad Addis Abeba.

Anche Paula lo beve con piacere. Poi, guarda a destra e sinistra, e accertatasi che non c'è nessuno, bacia teneramente le labbra del ragazzo.

Rientrano nello scompartimento. I piccoli dormono ancora, i grandi sembrano appisolati. Loro vanno a sedere nei loro posti. Le mani nelle mani.

^^^

L'arrivo a Roma è salutato da Paula con l'espressione di chi rimane folgorato da una visione.

A cominciare dalla gente che affolla la Stazione Termini.

Appena fuori, in attesa che i bagagli fossero caricati su uno dei due taxi, autobus, tram, taxi, carrozze pubbliche, metropolitani che gesticolano, la confondono, le fanno girare la testa. Non sa se può aggrapparsi a Piero.

Deve salire sull'auto, dietro, con Piero. Dinanzi, a fianco al conducente, salirà Carla, anche essa con gli occhini sgranati.

Renato, Mario e Marco, anche lui seduto davanti, sono nell'altro taxi.

Il percorso per Via San Valentino non è molto breve e il traffico a Sumi (è proprio il caso di chiamarla, in questo frangente, col suo nome africano) la confonde. Segue con gli occhi tutti i mezzi che s'incrociano. Piero le ha cinto la vita, lei sembra imbambolata.

Per fortuna la strada di casa è meno caotica. Le due auto si avvicinano all'ingresso della palazzina, dove Renato, anche con le economie della moglie, ha comprato due appartamenti, intercomunicanti. Al secondo e al terzo piano, l'ultimo, prima della terrazza circondata da colonne coperta dal tetto spiovente di tegole rosso scuro.

Franchina è scesa ad accoglierli. Sorride a tutti, abbraccia tutti. Ha un attimo di esitazione di fronte a Paula, solo un attimo.

Il bagaglio é scaricato, gli autisti pagati.

Entrano.

Renato si ferma nell'atrio.

Con lui sono i loro splendidi frutti, Piero, Marco, Carla, ma la splendida e rigogliosa pianta che li ha generati è ad oltre cinquemila chilometri di distanza.

L'ascensore è un altro motivo di sorpresa, per Paula.

Ecco, sono a casa.

Seguendo i suoi suggerimenti, il fratello, Mario, ha fatto preparare la parte notte al terzo piano, collegata a quello inferiore da una comoda ed elegante scala in legno.

Lui ha pensato che Piero, anche per poter agevolmente studiare, avesse bisogno di una camera tutta per sé. In un'altra avrebbero dormito Paula e Carla. Marco sarebbe stato in quella, più piccola, accanto a Piero e ne avrebbe condiviso il bagno.

Anche la camera di Paula e Carla aveva servizi propri.

In un altro vano, uno studio, abbastanza ampio.

E la stanza degli ospiti, dove per il momento avrebbe dormito lo zio Mario.

Il piano inferiore era destinato ad ingresso padronale, salotto, soggiorno-pranzo, tinello, camera e servizi per Franchina, ampia cucina, altro bagno, bello e grande.

Il quel luogo, relativamente tranquillo, e che era abbastanza elitario, un appartamento del genere, ora, valeva molto, e richiedeva abbastanza per essere tenuto in ordine.

Poco più in basso, appena all'inizio della salita, una elegante villetta ospitava alti prelati vaticani.

Paula chiese se poteva 'girare per casa', e fu un visitare tutti i vani, aprire alcuni mobili, salire al piano superiore, riscendere, salire ancora. Soffermarsi nel suo bagno, che era più bello perfino di quello del Victoria.

C'erano anche i telefoni, in ogni camera, anche in cucina.

In cucina esisteva, sulla parete, un quadretto che conteneva dei numeri e degli spazi vuoti.

Piero le spiegò che in ogni camera, e nei bagni, c'era un pulsate o una peretta che serviva per chiamare la cameriera. Ognuno di quei pulsanti corrispondeva a un numero, così, quando suonava il campanello e appariva il numero, la cameriera sapeva chi aveva chiamato e dove doveva andare. Tirando quella cordicella, a lato del quadretto, il numero spariva.

Renato disse che certamente ognuno aveva bisogno di rinfrescarsi, cambiarsi.

Franchina informò che, salvo diversa disposizione, il pranzo sarebbe stato servito alle tredici.

La cugina, che Franchina aveva fatto venire dal paese, per aiutarla, almeno nei primi giorni che immaginava abbastanza laboriosi, era, tra l'altro, una cuoca perfetta. Stava preparano maltagliati fatti in casa con pomodoro fresco e arrosto di vitella con patate al forno. Frutto, e vino bianco che già stava nella ghiacciaia.

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Era previsto e inevitabile che sarebbero stati necessari alcuni 'assestamenti' perché il ritmo della loro vita cominciasse ad imboccare la strada della normalità.

Nuova normalità, perché gli elementi che componevano la famiglia avevano subìto dolorose mutilazioni e piacevoli aggiunte.

A quanto sembrava, Renato era quello che più difficilmente andava adattandosi alla nuova realtà.

Era tremendamente solo, con mille problemi e, per il momento, neppure la distrazione del lavoro, perché era in ferie per rientro dal periodo di servizio oltremare. Lunghissime ferie.

Complesso anche per Paula, malgrado la sua massima buona volontà di adeguarsi a situazioni per lei assolutamente sconosciute. Per fortuna c'era il suo Piero, e tanto era l'affetto, ricambiato, per Carla e Marco.

Piero doveva affrontare, nel vicino autunno, l'incognita dei suoi numerosi esami, preparati e accantonati. Il ripasso avrebbe occupato gran parte del suo tempo. Paula gli era di grande aiuto e conforto. Più passava il tempo e più quello che era nato come semplice episodio sessuale andava trasformandosi in amore, affetto, passione, contentezza di stare insieme a lei. E non solamente a letto.

La dolcezza di Paula, la profonda comprensione, le sue attenzioni, lo commuovevano e lo riempivano di gioia. E il fatto che fosse una splendida ragazza e un'amante calda e passionale, completava il tutto.

ULISSE
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