Granelli Di Sabbia

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Il 'Victoria' era una delle più belle ed eleganti navi del Lloyd Triestino, e proveniva da Yokoama. Fermava solo pochissime ore, a Djibouti per caricare alcuni viaggiatori diretti in Italia, dove avrebbe fatto un breve scalo a Massaua, per poi dirigersi a Brindisi e quindi allo scalo terminale: Trieste.

Paula era già rimasta incantata, il pomeriggio precedente, al porto, di fronte a quella sconosciuta distesa d'acqua, e stentava a credere che fosse salata.

Le non grosse navi da carico che erano al largo l'avevano affascinata.

Ora, di fronte alla maestosità e al biancore del 'Victoria', era rimasta letteralmente a bocca aperta.

"Dobbiamo andare su quella casa nell'acqua?"

Piero le cinse la vita, Carla le strinse la mano.

"Certo Paulina."

"Per quanto tempo?"

"Quasi una settimana."

"Una settimana?"

"C'è da preparare da mangiare?"

"C'è un elegantissima sala da pranzo dove potrai scegliere tra tante cose che ti propongono."

"Dove si dorme?"

"In comodi letti. Una cabina, una camera, sarà per te e Carla, con due lettini, e in un'altra dormiremo papà, Marco ed io. Ci saranno tre lettini. In ogni cabina c'è una sala da bagno, con acqua calda e fredda. Adesso questo barcone ci porterà vicino alla grande nave, saliremo una scaletta e... a posto!"

Un mondo completamente nuovo

In effetti, la 'dining room' era di una particolare raffinata eleganza, e molti, specie la sera, e in particolare i Giapponesi, erano in abito scuro.

I Marini spiegarono che, da poveri coloniali, avevano ben pochi indumenti.

Il Commissario di bordo sorrise e aggiunse che, per l'intero viaggio, sarebbero stati ospiti del tavolo del Comandante, che conosceva le loro vicissitudini, e aveva più volte visto il vecchio Cesare Battisti, ora accostato a un molo di Massaua, che mostrava le profonde e mortali ferite causate dallo scoppio.

Aggiunsero che con loro era anche una ragazza di colore, un'amica che si recava in Italia, per motivi di studio.

Il Commissario, sempre cortese e sorridente, osservò che il Comandante assecondava le note di colore. Del resto avrebbero senz'altro constatato i vari 'colori' della gente, dai neri ai bianchi, senza parlare di gialli e indiani,!

Paula passava di sorpresa in sorpresa.

Quella grande città che camminava sull'acqua, non finiva di meravigliarla.

Tutti erano cortesi, anche con lei, anche i camerieri bianchi.

Cercando di adeguarsi all'ambiente, curava particolarmente il proprio aspetto, indossava i suoi migliori abitini che, comunque, erano sempre molto modesti, ed osservava attentamente le altre donne, specie le poche e belle indiane nei loro policromi sari, per sapersi comportare in modo da non sfigurare.

Piero la rassicurava, le diceva che la sua bellezza sovrastava ogni altra, e le diceva di non perdere la sua spontaneità, la naturalezza, le cose che la facevano subito notare simpaticamente.

Fin da Addis Abeba, le suore le avevano insegnato ad apparecchiare una tavola per il pranzo, a disporre correttamente quanto serviva per imbandirla, e lunghe e a volte noiose, erano state le lezioni e le esercitazioni di come sedere al desco, come usare posate, bicchieri, tovaglioli... Le suore, specie suor Maria Adelaide, avevano compreso che c'era anche la possibilità che, prima o poi, Sumi-Paula sarebbe stata accolta in un ambiente di un certo tono a lei del tutto ignoto.

La ragazza si fermava a leggere ogni insegna. Le parole italiane le comprendeva in buona parte, ma ve ne erano altre che non riusciva neppure a sillabare.

Piero le spiegò che ogni indicazione era sia in italiano che in inglese, anche perché la maggioranza dei passeggeri stranieri non conoscevano l'italiano ma se la cavavano bene con l'inglese.

'DINING ROOM' risaltava sulla targa sulla porta che immetteva nella grande sale dov'erano le tavole elegantemente imbandite. Subito dopo l'ingresso, vicino alla vasta parete con ampi balconi dai quali si poteva ammirare il mare, la tavola del comandante, degli ufficiali superiori, e degli ospiti.

Il comandante sedeva al centro del lato lungo con le spalle alla parete, alla sua sinistra il suo 'vice', alla destra Marini senior, in pantaloni bianchi e camiciola dello stesso colore. Il resto della famiglia aveva fatto in modo da sedere in un tavolo vicino: loro quattro, con Piero tra Paula e Marco, e Carletta vicina a Paula.

Paula sussurrò a Piero che doveva suggerirle lui cosa avrebbe dovuto ordinare, voleva, ad ogni modo che fossero servite a lei le stesse cose scelte da Piero, anche per osservare come avrebbe dovuto mangiarle.

Lei, a sua volta, era attenta ad aiutare, se necessario, la piccola ma bravissima Carletta.

La nave era così grande che visitarla, sia pure parzialmente, avrebbe consentito di occupare un po' di tempo.

C'era una biblioteca, sala di gioco, da fumo, il cinema e perfino una piccola Cappella.

Paula chiese di dare uno sguardo alle cucine (fu possibile in un momento di pausa) e alla lavanderia. Rimase stupita, frastornata.

A bordo c'era anche una negozio elegante nelle cui vetrine erano esposti vari eleganti o semplici vestiti. Ve ne era uno color corallo, di taglio lineare. Una specie di tunica, stretta in vita da un cordoncino di colore più vivace, con scollatura a 'V'. A completare la toletta, un bel paio di scarpine, con tacco molto basso, dello stesso colore del cordoncino, e dei bordi della scollatura e delle corte maniche.

Paula e Piero s'erano soffermati ad ammirarlo.

'Rouge e noir', bellissimo ed elegante contrasto.

Piero aveva pronunciato queste parole, ad alta voce, con evidente compiacimento.

"Cosa significa quello che hai detto?"

"Rosso e nero. E' un contrasto affascinante, per me almeno."

"Non vedo il nero."

"Guardati allo specchio."

Paula alzò le spalle, con aria divertita.

Piero la allacciò alla vita.

"Vieni."

"Dove?"

"Nella bottega."

"Perché?"

"Devi misurarlo: voglio accertare il vero effetto del 'rouge et noir'. Andiamo!"

La prese per mano ed entrò.

Una segaligna signora, lentigginosa, slavata e coi capelli color stoppa, stava esaminando con aria di sufficienza una collana di conchiglie marine. Guardò la coppia alzando le sopracciglia, quasi con insofferenza. Non immaginava che in quell'elegante negozio fossero ammesse persone di colore. Lasciò subito la collana sul tavolo e disse che, forse, sarebbe tornata successivamente. 'Later', più tardi. Uscì senza salutare.

La commessa chiese in cosa potesse essere loro utile.

Piero le rivolse uno dei suoi sorrisi incantevoli e disarmanti, di quelli che Paula avrebbe voluto solo per sé.

"Ho ammirato il bell'abito rosso in vetrina. Mi chiedo, e le chiedo, sa starebbe bene alla mia 'fidanzata', Paula."

Nessuna espressione sul volto della addetta alle vendite, ma occhi sgranati di Paula, che sapeva bene il significato della parola 'fidanzata'. Era la prima volta, in assoluto, che Piero la presentava così. Sì, le diceva amore, tesoro, e tante cosine del genere, ma 'fidanzata' aveva un significato particolare!

"Sono certa che alla signorina starà benissimo, è proprio della sua taglia. Perché non lo prova?"

Piero guardò Paula, con un gesto del capo e della mano che significava: 'avanti, accomodati'.

Paula era indecisa.

Piero la guardò sorridendo.

"Ti prego, cara, provalo!"

La commessa, intanto, era andato a prenderlo in vetrina.

"Per favore, signorina, anche le scarpine."

La donna prese anche quelle.

Si rivolse a Paula.

"Prego, signorina, può accomodarsi nel camerino per provare. Vuole che l'aiuti?"

"Si, grazie, le sono grata, Mi dirà come mettere la cintura-cordoncino."

Andarono nel camerino.

Paula tolse il suo vestitino. Di fronte alla commessa che non nascose l'ammirazione, rimase con le sole mutandine che le fasciavano i bellissimi fianchi e le splendide natiche. Il seno eretto, coi capezzolini che guardavano il cielo, la pancia nera e liscia, come di seta.

Il nuovo abito le stava perfettamente.

La ragazza aggiustò il cordoncino, l'aiutò a calzare le scarpine.

Paula si guardò nello specchio, si piaceva.

"Vuole uscire o preferisce che chiami il signore?"

"Per favore, lo chiami."

Piero si fermò sulla porta, la visione di quella bellezza, di quel contrasto che aveva già pregustato, lo ammaliava.

Annuì con la testa.

La commessa azzardò un commento:

"E' veramente charming and lovely, do you agree sir?"

Si, era veramente affascinante e avvenente, era d'accordo il signore?

E come non essere d'accordo?

Malgrado le espressive occhiatacce di Paula, Piero disse di mandare il vecchio vestito e i sandali nella cabina di Paula, e firmò un assegno per il non modesto importo richiesto.

Quando tornarono nella galleria della nave, tutti guardarono Paula, e molti si fermarono ammirandola.

Non c'era alcun dubbio, Paula era la più bella donna del 'Victoria', di qualunque razza o colore.

La semplice e sciatta ragazzetta di colore era divenuta una splendida ed elegante donna in rigoglioso fiorire.

Non aveva nulla in comune con la Sumi della sfocata fotografia scattata nel suo costume di festa dell'epoca, coi capelli crespi e l'aspetto naif, primitivo.

Gli strinse il braccio, con gli occhi splendenti.

"Grazie, Piero, ma quando potrò ringraziarti a modo mio?"

^^^

Erano nel Porto di Massaua.

Papà Marini riandava con la mente alla tragedia della sua famiglia.

Aveva, però, deciso di scendere a terra per salutare un suo amico al Comando Marina. Marco e Clara chiesero di accompagnarlo.

Piero disse che preferiva rimanere a bordo, quel porto e quella rada non gli erano simpatici.

Paula, logicamente, e con malcelata felicità, si offrì di restare a fargli compagnia, pregustando i momenti che avrebbe vissuto nella sua comoda cabina, in un letto morbido e accogliente, come mai ne avevano avuto nei loro appassionati incontri d'amore.

Prima ancora che gli 'scesi a terra' avessero raggiunto la palazzina della Regia Marina,loro erano già voluttuosamente e ingordamente avvinti.

L'ambiente, il comfort, rendeva ancora più bello quel loro cercarsi, baciarsi, stringersi.

Il grembo incandescente della bella somala sembrava impazzito per il piacere e la sua passione fu più travolgente che mai, ed egoisticamente possessiva. Non pensava più di dar piacere al suo signore, ma possedeva con raffinatezza selvaggia il suo uomo, per trarne piacere.

Lo cavalcò impetuosamente, e al momento dell'orgasmo rovesciò la testa indietro e urlò il grido di vittoria della sua gente: ARRAI!

Ricuperarono i giorni perduti e si assicurarono una notevole scorta per quelli a venire che sarebbero stati di navigazione, fino alla breve sosta a Suez.

L'indomani la nave puntò al Nord.

^^^

Piero era nell'accogliente letto, quello accanto al padre, Renato, e stava con gli occhi fissi al soffitto, nel buio della cabina, col ronzio dei motori che giungeva ovattato alle orecchie, come una ninnananna che, però, a lui non favoriva il sonno.

Mille pensieri si accavallavano: ricordi del passato, ipotesi sull'avvenire.

Gli ultimi due anni passarono rapidamente nella mente, come un 'flashback' e il primo fotogramma che si fermò fu quello di Sumi, la prima volta che era entrata nel suo letto. Poi, l'immagine si fermò su Roberta, per tornare ancora alla ragazza di colore. Altre inquadrature, senza troppa importanza, ed ecco la bella Hararina, e poi il superficiale pomiciare con Paola.

Qui, sulla nave, nel brevissimo tempo intercorso dalla partenza da Gibuti, aveva avuto languidi sguardi invitanti della bella indiana che andava a raggiungere il marito a Roma, dov'era diplomatico. Hakahama, almeno lui aveva capito così quando si era presentata, nel suo almost english, come aveva detto sorridendo, la bella giapponesina di Kobe, col vecchio padre, diretta in Svizzera avrebbe desiderato imparare un po' di italiano. E, per finire, almeno per il momento, la sibilante Meg Porter, abbastanza matura, che aveva chiesto a Piero se gli piacesse cavalcare, ed era restata a bocca aperta quando lui rispose concisamente: 'si, specialmente a letto'. Il fatto era che Meg aveva domandato: do you like reading?, leggere, la cui pronuncia (riding) si può confondere con riding (raiding), cavalcare, soprattutto per chi non ha profonda esperienza della lingua ed anche per la pronuncia di chi parla, che spesso ha inflessioni dialettali. Fatto sta che Miss Porter lo guardò con evidente concupiscenza, e si allontanò moromorando 'you know women', conosci le donne!

Allora, concludeva Piero, è proprio così la vita, che i due sessi si cercano incessantemente? Si tratta di particolari situazioni? Sono state semplici coincidenze? O, e qui temeva di montarsi la testa, era lui che le attraeva?

Si, era un bel giovane, simpatico e certamente attraente, ma quelle lo facevano solo con lui o ci provavano con tutti?

Roberta aveva giurato che, all'infuori del marito, non aveva avuto, né avrebbe mai avuto, altro uomo all'infuori di lui. E quando lui, scherzando, disse che si sarebbe certamente consolata con uno dei tanti ufficialetti che le facevano la posta, sbavando e concupendola, si disse offesa, ma non gli tenne il muso per tema di turbare quei loro ultimi incontri.

Renato, il padre, s'era accorto che le belle e non belle straniere facevano erotici pensierini sul figlio, e si complimentò con lui, punzecchiandolo, dicendo che per far fronte alla richiesta internazionale il ragazzo avrebbe dovuto ricorrere ad energici ricostituenti.

Piero rispose sullo stesso tono, assicurando che, invece, gli servivano tranquillanti.

E il padre concluse, malizioso: 'Più tranquillante di Paula?'

Finì a ridere, anche perché, lupus in fabula, Paula apparve, nel suo nuovo affascinante vestito, con gli occhi sognanti, sempre in adorazione di quello che si sera dichiarato il suo 'fidanzato'.

Andarono a sedere in un luogo riparato dal sole e dal vento.

Gli prese la mano e la posò teneramente sul suo grembo.

"Piero, cosa vuol dire precisamente fidanzata?"

Lui capì l'origine della domanda, e non volle smorzarne l'entusiasmo.

"Promessa sposa."

"Che si sposa in chiesa?"

"Anche."

Si strinse a lui, appassionatamente.

Sapeva che era un sogno, un'illusione, ma era tanto felice a viverli.

^^^

Suez non aveva nulla di interessante, di attraente.

Il Comandante del Victoria suggerì di scendere, ovviamente fruendo di una delle imbarcazioni che venivano sottobordo, e di percorrere in auto il Canale, fino ad Ismailia, prendere un bagno, e proseguire fino a Port Said, dove avrebbero fatto scalo per qualche ora.

Renato disse che non ne aveva voglia. Per stare un po' soli e in libertà Piero e Paula espressero il desiderio di fare quell'esperienza. Il Comandante disse che avrebbe parlato col marinaio della barca, indirizzandolo a un noleggiatore che aveva auto funzionanti e parlava anche un po' di Italiano.

Prima ancora che la nave cominciasse il lungo e lento attraversamento del Canale, di circa 170 chilometri percorsi piano piano, i due giovani erano a terra.

L'auto e l'autista indicati dal Comandante erano ad attendere qualche turista, come ogni volta che una nave sostava in attesa di imboccare il Canale. Il Victoria, poi, era uno dei migliori fornitori di suoi clienti.

Li conduceva lentamente lungo la strada parallela al Canale, sostava ad Ismailia, dove molti, quando possibile, si fermavano a prendere un bagno e ad assaggiare gli squisiti kebab, e poi proseguivano per Port Said dove attendevano l'arrivo del bastimento sul quale ripartivano per il porto di destinazione.

A Port Said, Aji Amed Mizran, l'autista, prendeva a bordo altri passeggeri e tornava a Suez.

La strada era quella che fino a qualche tempo prima percorreva una Italiana, affiancandosi alle navi italiane, specie da Port Said verso il sud, in gonna nera e blusa bianca, la divisa delle 'donne fasciste', sbracciandosi e gridando frasi che dovevano essere di esaltazione per il regime di Mussolini, ma che arrivavano tronche e spezzettate a chi, dalla nave, rispondeva con saluti romani, e gesti incomprensibili o chiaramente allusivi al trattamento che loro, i soldati diretti all'Impero, avrebbero riservato alla procace e agitata Maria. Era questo il suo nome.

Aji Amed, che aveva il privilegio di chiamarsi Aji per essere stato pellegrino alla Mecca, era un essere alquanto misterioso. Non era Egiziano, ma Libico, precisamente di Sidi el Barrani, ed era stato 'muntaz', un graduato dei reparti indigeni, libici, inquadrati nel Regio Esercito d'Italia. Il fatto che avesse cominciato a svolgere quel su e giù lungo il Canale, subito dopo l'improvvisa e misteriosa scomparsa di Maria, certamente agente italiana, lasciava perplessi, o spiegava chiaramente la sua presenza.

In compenso, aveva buona conoscenza dei luoghi, della storia del Canale, e non s'avventurava in discussioni politiche, od altro, limitandosi a rispondere che era stato il volere dell'onnipotente e misericordioso Allah a consentirgli di trovare quell'occupazione. Bisogna anche ricordare che presso alcuni maggiorenti musulmani Mussolini godeva di un certo prestigio e di una certa simpatia, avendo spavaldamente brandito, nella sua visita in Libia, la gloriosa spada dell'Islam.

Aji Amed salutò con un largo sorriso Piero e Paula, e li fece accomodare nella sua comoda auto, una Bianchi S9, color kaki, in ottime condizioni.

Si, lui conosceva un posticino appartato, ad Ismailia, subito dopo il porticciolo dei pescatori, dove nessuno li avrebbe disturbati e dove ci si poteva offrire, in piena libertà, alla carezza dell'acqua e al bacio del sole.

(C'è da dire che a proposito del sole bisognava stare molto attenti, perché più che di baci si trattava di morsi.)

Guidava molto lentamente, spiegava qualcosa che, in verità, interessava relativamente gli ospiti della sua vetture, intenti a stare vicini, stretti, incuranti del clima non certamente dei più gradevoli.

Ismailia, a quel tempo, non era un centro importante, se non per essere un vitale punto d'incrocio lungo il Canale.

Era molto desertico, intorno, ma Aji Amed li condusse in un angolino dove, accanto a un pozzo e a qualche palma, si poteva godere fresco e pace silenziosa. Il libico stese per terra una sorta di tappeto, e vi posò sopra anche una specie di bauletto metallico dove, disse, c'erano alcune bottiglie di bibite dissetanti, che erano state messe nel ghiaccio, ora certamente disciolto, e che dovevano essere abbastanza fresche. Erano igienicamente sicure, perché ancora chiuse. C'era anche di che aprirle. Accanto a quel recipiente mise anche un involto bianco, di tela, nel quale c'erano alcuni tipici biscotti locali, delle ciambelle, taralli, con dentro gradevoli semi per speziarli. Dall'odore sembrava anice. Lui sarebbe andato a fare rifornimento e sarebbe tornato dopo un'ora.

Il luogo era invitante, l'isolamento favoriva l'intimità.

Nei giovani non balenò neppure l'idea che Aji Amed poteva avere un guasto e non tornare, che qualcuno poteva giungere improvvisamente e molestarli Per loro era tutto rosa, e la prima cosa che pensarono fu di adibire quel tappeto, anche un po' pizzicante, ad accogliete testimone delle proprie effusioni.

La scena, in vero, era alquanto oleografica: la sabbia, l'acqua, le palme, il grezzo tappeto, la splendida ragazza di colore!

Ma a loro interessava solo essere vicini, amarsi, possedersi voluttuosamente.

Dopo aver fatto l'amore, con dolce violenza, Paula s'alzò, mentre lui rimase disteso, e lo invitò a tuffarsi.

Nuotarono insieme, tornarono a terra, all'ombra sedettero ad asciugarsi.

Aprirono il recipiente metallico, presero le bottiglie, le stapparono, svolsero il panno bianco e spezzarono una ciambella. Erano croccanti, fragranti, e la bibita sapeva d'arancio e limone.

S'erano appena rivestiti quando, preceduto dal ripetuto suono del clacson, fu di ritorno Aji Amed. Sorridente come sempre.

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