Mar Rosso

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Romano abbassò più volte il capo.

"Vuol dire" -riprese Sergio- "che se la decisione di Russo sarà quella di farsi raggiungere dalla famiglia, e io credo che sarà questa, Laura potrà unirsi a noi, qualora anche noi restassimo in Africa. O si stabilirà cos'altro fare. Ad Addis Abeba vedrò il dottor Russo e ne parleremo."

Laura ebbe bisogno di schiarirsi la voce, prima di poter parlare.

"Ingegnere, se per voi, per voi tutti, può significare qualcosa, sappia che dovrete considerarmi parte della vostra famiglia, e per sempre."

"Grazie Laura" -rispose Sergio- "le sono veramente grato, perché questa sua offerta, generosa e affettuosa, può essere determinante ai fini di una decisione. Allora, Ugo ed io partiremo in aereo, domattina alle sette."

Romano intervenne.

"Vorrei fare una prepotenza, ma certo non uno sgarbo, ai comuni amici che ospitano i Francacci. Per cercare di sollevare gli animi, e Dio sa quanto ve ne sia bisogno, sarebbe bene che Inge e Frieda vengano qui. Avete visto che in questa casa sono più le stanze inutilizzate che quelle occupate. Allora, da questa sera tutti qui, d'accordo?"

"In effetti é vero" -osservò Sergio- "sarebbe bene essere tutti insieme, come spesso lo saremo se andremo tutti ad Addis Abeba. Chi ti ospita sarà certamente comprensivo, Ugo, e se per tua moglie e Frieda non costituisce disagio sarebbe opportuno che si trasferiscano qui."

Ugo guardò la moglie e la figlia, prima di rispondere.

"Certamente nessun disagio. Anzi un piacere per Inge e Frieda che potranno stare insieme ai vecchi e nuovi amici. Trasferirsi qui é una cosa semplice e rapida. Il bagaglio consiste in poca biancheria e i vestiti che abbiamo comprato nei giorni scorsi."

Miriam Romano era stata in silenzio, ascoltando tutti, guardando attentamente chi parlava. Aveva poco più di quindici anni quando aveva sposato il suo akìm. Ora Aisha ne aveva ventidue, e sembravano due sorelle. Alzò la sua mano, curatissima, come a chiedere il permesso d'intervenire.

"Ringrazio il mio akìm" -disse- "per l'invito che vi ha rivolto, e ringrazio voi che l'avete accettato. La nostra modesta casa sarà onorata per la vostra presenza. Credo che le camere coi letti grandi potranno ospitare una Laura e Fiorenza e l'altra Inge e Ugo, quelle a due letti singoli potranno accogliere, rispettivamente, Luciana e Frieda, Sergio e Paolo. Se volete diversamente, dovete solo dirlo.

Le camere sono tutte al primo piano, a sinistra. Dall'altra parte siamo noi: l'akìm. io e Aisha."

Nessuno ebbe da obiettare. Miriam sorrise e ringraziò e disse che l'auto era a disposizione dei Berti per andare a prendere le loro cose.

* * *

Laura non riusciva a distogliere lo sguardo da Paolo. Il giovane aveva gli occhi rossi, le mascelle strette. Non aveva versato una lacrima. Non parlava con nessuno, cercava di stare solo il più possibile, e dormiva solo, perché Sergio era partito con Ugo, nella vasta camera che divideva col padre.

Laura gli si sedeva vicino, gli prendeva la mano. Lo invitava a passeggiare in giardino. Lui accettava tutto senza parlare. Lei gli si metteva sotto braccio, stringeva la mano di lui al suo seno, lo sfiorava con baci sfuggenti. Non sapeva come comportarsi, non comprendeva se queste attenzioni gli fossero o meno gradite.

Fiorenza era spesso con loro. Sembrava comprendere che non doveva dare fastidio. Se ne stava a giocare, in silenzio, con le bamboline che le aveva regalato Aisha, una bianca e una nera. Lei le aveva battezzate "mamma" e "mirià".

* * *

Paolo era sul dondolo, nel giardino.

"Posso?", gli chiese Laura.

Lui tese la mano, la invitò a sedergli accanto, immobile, senza volgere la testa.

"Laura, sono solo!"

"No, amore mio, non sei solo. Hai tuo padre, hai tua sorella. Se tu lo vuoi hai me. Maledico di essere vecchia, sposata, con una bambina. Forse bestemmio, ma darei volentieri tutto per poter stare con te, per poter dire a tutti che voglio restare con te, amarti, accudirti, non lasciarti mai. Cosa posso fare per te, Paolo, per non vederti cosi?"

Paolo scosse la testa.

"Non lo so, Laura, ma stammi vicina. Stammi vicina anche se non ti parlo, anche se ti sembro scostante, anche se sono sgarbato con te. Voglio sentirti vicina. Non ho nessuno, sono solo, sono diventato adulto all'improvviso, come se tutto fosse precipitato sulle mie spalle. Eppure non é, non deve essere così. C'é mio padre. Ma io vorrei poter fuggire. E vorrei fuggire con te, Laura. Essere abbracciato da te, cullato, allattato da te come un bambino piccolo, più piccolo di Fiorenza. Come avevi ragione quando mi hai chiamato bambino."

Laura aveva gli occhi pieni di pianto, le labbra tremanti.

"Viene in braccio a me, tesoro mio, fatti cullare, dissetati al mio seno, riposa sul mio cuore. Ti veglierò fino a quando tu vorrai, fino a quando non ti risveglierai. Non m'importa di niente e di nessuno. Voglio che tu ti senta al sicuro con me, tra le mie braccia, in me. Vieni..."

E lui si fece cullare, abbracciandola, col capo sulla spalla.

Dalla finestra del soggiorno Frieda vedeva il lento oscillare del dondolo. Appariva e scompariva ritmicamente dietro la pianta che lo nascondeva.

Col suo carico di tenerezza e d'amore.

* * *

Nel profondo silenzio della notte, aveva udito provenire dal corridoio un fruscìo, un passo cauto, furtivo. Tese l'orecchio, ma non riuscì a percepire nulla. Si alzò, scalza, senza fare il minimo rumore, facendo attenzione anche al muoversi della leggera coperta, si avvicinò alla porta, origliò. Niente. Silenzio assoluto. Nella camera, solo il respiro regolare di Luciana, pesantemente addormentata. Andò ad accostare l'orecchio sul muro che la divideva dalla camera di Laura e Fiorenza. Le sembrò di sentire un corto e sommesso respiro. Uno solo. Non poteva essere Laura, quel respiro era troppo leggero. I suoi sospetti divenivano certezza. Ma li avrebbe smascherati. Senza chiasso, senza scenate. Del resto, con quale diritto avrebbe potuto intromettersi nella vita di Paolo? E cosa avrebbe potuto dire a Laura? Dopo quella notte, però, ogni suo sguardo a quella donna sarebbe stato un chiaro messaggio di disprezzo. Lei, Laura, una donna sposata, comportarsi così con un ragazzo!

Aprì la porta con lentezza esasperante. La richiuse accompagnando la maniglia in modo che non si udisse lo scatto dello scrocco, e ponendo una mano tra i battenti per farli riaccostare silenziosamente.

Il corridoio era vuoto. Dalla finestra, posta in fondo, entrava il debolissimo chiarore della fioca illuminazione del giardino. Paolo dormiva nell'ultima camera, verso quella finestra. Lei sapeva che non l'avrebbe trovato solo.

E se si fossero chiusi a chiave?

Camminava scalza sul ruvido tappeto. Quasi senza calpestarlo.

Con la stessa tecnica usata in precedenza, abbassò la maniglia. L'uscio s'aprì. Scivolò dentro, richiuse la porta con spasmodica attenzione. Nella penombra scorse il lettino dove dormiva Paolo. L'altro era vuoto. Vi si avvicinò pian piano. Paolo era supino, verso il muro, le braccia un po' discoste dal corpo, le gambe appena divaricate. Indossava solo i pantaloncini del pigiama. Il cuscino era per terra. Dormiva profondamente.

Frieda lo guardò con gioia, felice che tutto quello che aveva immaginato era infondato. Si, Paolo era solo.

Salì sul letto con leggerezza felina quasi senza gravare sul materasso. Avvicinò il suo volto a quello di lui, ne bevve il respiro, ne sentiva il tepore. Lo sfiorò con un bacio, gli passò la lingua sulle labbra, sul collo, inebriandosi al sapore della pelle.

Paolo non si mosse, seguitava a dormire.

Gli si sdraiò a fianco, a pancia sotto, con parte del corpo fuori dal letto. Gli poggiò la mano sul petto, sentì i battiti forti e regolari del cuore. Ritirò la mano senza quasi sfiorarlo, delicatamente, come lui aveva fatto al cinema, quella volta, e la infilò nell'apertura dei pantaloni. Mosse le dita sul vello cresposo con la leggerezza d'una farfalla. Scese in basso fino a incontrarne il sesso. Lo avvolse teneramente nella sua manina stringendolo appena, con un trionfante sorriso di possesso.

Si addormentò così.

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