Le Gine

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ULISSE
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Le telefonai per ringraziarla, per dirle che la desideravo. Che la volevo rivedere, anche per seguitare quel tale discorso.

Mi disse che la casa della sua amica era a sua disposizione. Era possibile vederci di mattina, quando lui era in ufficio?

Per me era possibile, avrei preso qualche scartoffia, in studio, ed avrei trovato una ragione per andare in giro.

Entrai nel grosso portone furtivamente. Chissà perché, ma fui contento nel constatare che la portiera non era al suo posto. Salii le scale di corsa, bussai alla porta. Nonò era lì, bella, fresca, aulente, con un vestitino che la faceva sembrare una collegiale e che metteva in evidenza il suo tondo e provocante sederino. Considerai che effettivamente erano chiappette... prensili. E nell'abbracciarla volli constatarlo, inserendo la mano tra esse. Nonò si strinse ancora di più a me.

Il letto ci attendeva, logicamente, e non furono necessari lunghi preliminari. Il desiderio ci travolgeva. Ci saziammo a più riprese, variando la tecnica. Mi stupivo di sentirmi ancora eccitato malgrado tali eccezionali performances. Eppure era così.

Ero dietro di lei, le tenevo una mano sulle tettine e l'altra tra le gambe. Lei prese il fallo e lo mise nel solco delle natiche, proprio vicino al buchetto che era madido e viscido per ciò che era fuoriuscito dal suo sesso.

Le sussurrai all'orecchio.

"Nonò, lo voglio, l'ho sempre desiderato."

"Ma hai tutta me stessa, tesoro, non mi hai sentita?"

Premetti insistentemente.

"Nonò, lo voglio, ti voglio tutta, completamente."

"Ho timore che quel tuo grosso batacchio non potrà mai entrare li, ho paura che potresti lacerarmi."

Il continuo premere, e le carezze, le provocavano, lo sentivo, un incessante pulsare dello sfintere. Anche se impercettibilmente, mi accorgevo che il mio glande s'era alquanto intrufolato, e quel palpitare lo rendeva ancor più rigido e bramoso. Impaziente. Nonò stava godendo, le mie dita le sfioravano il clitoride, entravano in lei, ne uscivano per rientrarvi. Ecco, era vicina ad uno dei suoi caratteristici, travolgenti orgasmi che la squassavano, le facevano perdere ogni controllo... ecco, anche quello del suo prezioso culetto... si rilassava... si apriva... mi accoglieva... si agitava sempre più. Né si fermo quanto sentì il calore del mio prepotente getto che l'invadeva. Spinsi più che potei. Restai in lei, estasiato, pago. Il suo affanno andava acquietandosi. Voltò appena il capo verso me. Era sudata, e teneva stretta in sé la mia mano, ed anche il mio sesso.

"Non immaginavo che avrei potuto godere tanto..."

Non mi aveva più chiesto cosa avessi deciso per il Canada, né ne aveva più parlato.

Ci incontravamo ogni volta che potevamo, ed era sempre più appassionante della volta precedente.

Era la femmina che conoscevo in ogni minimo particolare fin da bambina, e che ora desideravo sempre, incessantemente. Un'attrazione fisica che andava al di là di qualsiasi altro sentimento. Forse anche per lei era lo stesso. Un rapporto che aveva dell'infinitamente naturale, del complementare, nel senso che ognuno si completava nell'altro. Mi rendevo conto che c'era qualcosa di primitivo, come il cercarsi e accoppiarsi di due belve; per c'era qualcosa di ferino nei nostri incontri.

Potenza del Canada!

A proposito, qualche giorno dopo nella rassegna stampa lessi che il dottor.....era stato nominato responsabile della sede canadese della....

Non ero io.

Nonò lo sapeva da tempo.

ULISSE
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