Le Gine

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Cousins in love.
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ULISSE
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Specie per i più giovani, è necessario ricordare che, allora, la vita era quasi sempre circoscritta nell'ambito delle famiglie. I rapporti tra "maschietti" e "femminucce" iniziavano all'asilo (per chi ci andava), e poi s'interrompevano dato che, successivamente, specie nelle scuole, si curava al massimo, potendolo, la separazione dei sessi. Anatomicamente, si apprendeva qualcosa in casa se c'erano figli di entrambi i sessi, altrimenti.... Ecco dunque che, molto spesso, le prime curiosità venivano, per noi ragazzi, soddisfatte tra cugini, come pure le prime esperienze, da quelle esclusivamente sentimentali...alle altre.

Poi, naturalmente, qualcosa di quelle iniziazioni restava.

Le "cugine", sono sempre le ...gine...!

NINA

C'incontrammo per caso. Sullo stesso tram. Non sapevo nemmeno che s'era sposata.

Nina era una delle prime cugine (ne ho tante, troppe) e aveva alcuni anni più di me. Le nostre famiglie, un tempo, erano state molto legate, per ragioni varie Non la vedevo da almeno sei anni che, da quando ero stato ospite a casa sua, bellissima, in una splendida zona costiera, per un paio di settimane. Mi curava con particolare attenzione, affettuosa e premurosa, specie sulla spiaggia, per tema che mi scottassi, che stessi troppo a lungo in acqua, che... Era una gran bella ragazza, che poteva apparire minutina se non ci fosse soffermati sul suo perfetto personale, non vistoso, proporzionato in ogni dettaglio. Il costume da bagno ne evidenziava le curve, la tornita snellezza delle gambe, il perfetto disegno del seno. Ma Nina era vecchia, per me. Io avevo diciassette anni, e lei venticinque. Ero molto più interessato a Netta, la sorellina dallo sguardo languido, compagna di passeggiate, vicina al cinema, che si appoggiava al mio braccio, alla mia spalla, che m'attraeva e stuzzicava col suo perfetto corpo che ammiravo incantato. Era nata pochi mesi dopo di me. Dolce, tenera, premurosa, amorevole.

Nina mi parlò un po' della famiglia, mi disse che era da tempo in questa città, dove lavorava il marito, s'informò di me... Era stata dal medico per dei noiosi fastidi alle vertebre cervicali. Sorrise dicendo che era la vecchiaia che avanzava. Non fu un complimento quando mi congratulai con lei, assicurandole che era ancora più attraente di sei anni prima. Insinuai, con scherzosa malignità, che certo era dovuto al matrimonio. Divenne seria, e mi pregò di non toccare quel tasto. Aggiunse che doveva fare dei massaggi locali, per sfioramento, con un preparato antiflogistico e antidolorifico.

"Dammi la ricetta, Nina, lo prenderò nella farmacia di mio suocero."

"E come me lo farai avere?"

"Già."

"Puoi portarmelo a casa, se non ti da fastidio."

"Nessun fastidio, e in questo periodo, data la situazione, ho a disposizione tutto il tempo che voglio."

Rimanemmo d'accordo che sarei andato a trovarla l'indomani mattina.

Abitava in una zona semiperiferica ma ben collegata al centro. Un quartiere in espansione, limitato dai binari della ferrovia che puntavano alla stazione centrale. Edifici civettuoli, ben tenuti.

Nina m'attendeva, in un semplice ma elegante vestito scuro che ne esaltava il personale. I capelli, non troppo lunghi, con lucenti onde naturali, appena un po' di rossetto sulle labbra, piccole, che ricordavano la forma del cuore.

"Grazie, Piero, Entra."

Subito a destra un salottino grazioso, con la radio sul tavolino di fronte al divano, una consolle, con delle foto, e qualche altro mobile al quale non prestai attenzione, perché ammiravo, in effetti, Nina che appariva mia coetanea.

Glielo dissi, Sorrise alzando le spalle.

"Siedi, o vai di fretta?"

"Nessuna fretta."

"Gradisci un caffè?"

"Pochissimo, solo mezza tazzina. Ma prendi il tubetto con la medicina."

" Quanto ti devo?"

"Ma sono pochissimi spicciolo, lascia stare."

"Come vuoi, vado a prenderti il caffè."

Si allontanò, verso la porta che conduceva in corridoio, e mi accorsi che mia cugina aveva proprio un bel culetto. Ben fatto. S'intravedeva, sodo, scattante, muoversi sotto il vestito, mi parve di cogliere qualcosa di civettuolo per non dire provocante. Era, certo, la mia fantasia, sicuramente non cupidigia sessuale, poiché la mia Roberta di saziava abbondantemente.

Era naturale che, quando rientrò, il mio sguardo si diresse al seno. In ciò fui facilitato e premiato dal suo chinarsi nel porgermi la tazzina, sul piattino, chiedendomi quanto zucchero. La scollatura, non eccessivamente generosa, lasciava vedere, però, che le due tettine erano in perfetta libertà, con piccole rosse fragoline sulle vette. Insomma, Nina si rivelava un gran pezzo di fi...gliola!

Sedette di fronte, sul puff imbottito. Prese la scatola con la medicina.

"Come si usa questa pomata?"

"Ho letto che si deve applicare, leggermente, sulla parte dolente, ed eseguire un delicato sfioramento per qualche minuto."

"Speriamo bene."

"Ma sei sicura che serve una massaggiatrice?"

"Il medico non lo ha detto. Che dovevo mettere la pomata e massaggiare la parte. Non forte, ha aggiunto. Ma come faccio da sola?"

"Chiedilo a tuo marito."

"Si. Quello non ha mai tempo, per me!"

"Vuoi che ci provo io?"

"Lo faresti? Ma ti sporcherai le mani."

"Potrei lavarle, dopo. Che dici?"

"Sei un angelo, Piero. Ora più di quando eri ragazzo."

"Posso togliere la giacca?"

"Che domanda? Ma devi considerarti a casa tua."

Tolsi la giacca, la poggiai sul divano. Rimboccai le maniche della camicia. Presi la scatoletta, ne estrassi il tubetto, mi misi alle spalle di Nina.

"Forse è meglio aprire un po' il vestito, per evitare di ungerne il colletto."

Nina portò le mani dietro, dov'era la chiusura, ma le ritirò presto.

"Non riesco a farlo da sola. Un bel pasticcio. Eppure, questa mattina era stato tutto facile. Vedi la vecchiaia che avanza?"

"Dai, sciocchina, ti aiuto io."

"C'erano quattro bottoncini, quasi fino alla vita. Li sbottonai tutti. Il vestito si aprì, lasciando vedere le belle spalle, levigate, che confermavano la sua nudità sotto il vestito. Non era facile rimanere indifferente di fronte a quello spettacolo incantevoli. Infatti, non ero insensibile. Anzi mi seccava che Nina potesse accorgersene. Per fortuna le ero alle spalle. Misi un po' della pomata sulle dita, con l'altra mano le tenevo sollevati i capelli, e cominciai a spalmarla lentamente.

"Nina, per favore, vedi abbassare la testa per favorire l'applicazione."

Nel farlo, il vestito scivolò sul davanti, e le tette rimasero quasi scoperte.

Che bella, quella pelle. Sembrava carezzare la seta. Di pomata ne avevo poca, sulle dita, ma la mano s'era aperta e andava sfiorando zone che poco o nulla avevano a che fare con le vertebre cervicali. Nina era immobile. Era una carezza lunga, insistente.

"Ti do' fastidio, Nina?"

Deglutì, attese un attimo prima di rispondere.

"No, grazie, seguita pure. Mi sembra già di sentire sollievo."

"Vorrei usare entrambe le mani, ma con una devo alzare i capelli."

"Aspetta, ci penso io."

"Tolse due piccole forcine dai lati, raccolse la chioma in alto, la fermò."

"Va bene così?"

Una vista splendida, quel collo con i capelli alzati. Glielo dissi proprio.

"Splendida!"

Non usai altra pomata. Le mani carezzavano, un po' dappertutto. Quando sfioravano le dorsali la sentivo irrigidirsi sul busto. Cercai di guardarle il viso, aveva gli occhi chiusi, un'espressione rilassata. Il movimento delle mani aveva fatto cadere quasi del tutto la parte anteriore dell'abito. Che tettine meravigliose. Sempre stando dietro, portai le mani lateralmente, fino a sentire l'inizio del seno, attento ad ogni sua reazione. Portò indietro la schiene, che poggiò su di me, incontrando l'evidenza della mia erezione che urgeva nei pantaloni. Si spostò in avanti... poi tornò a poggiarsi su di me. Ormai le mani le carezzavano il seno, le dita sentivano il turgore dei piccoli capezzoli. Rovesciò la testa indietro, sempre con gli occhi chiusi, le labbra appena dischiuse. Mi chinai a lambirle con la mia lingua, ed incontrai la sua, avida, che cercava, cercava, m'invitava a entrare per suggermi golosamente, mentre le mani le avvinghiavano il seno, e la mia erezione stava per esplodere.

Ebbe un sussulto, un lungo sospiro. Si staccò, si voltò con occhi di fiamma.

"Piero, sono una pazza, vero?"

Cercava di alzare il vestito.

"No, sei uno schianto, sei meravigliosa."

"Non so cosa mi sia preso, scusa. Non m'era mai capitato, mai, in tutta la mia vita..."

"Ma che scusa... sono io a doverlo fare, non credi?"

"Allora... nulla... Facciamo come se non fosse accaduto nulla..."

"Ma è accaduto, Nina. Poco, ma è accaduto. E' stato splendido."

"Non farmi dir nulla, ho perduto la testa. Dammi un bacio e lasciami..."

"Ma devo tornare. Devi seguitare la cura."

Mi guardò scotendo la testa.

"E dire che sono stata definita frigida."

"Ogni fiamma vuole il suo alimento."

Ci baciammo, con tanta tenerezza.

"Vengo domani, Nina, alla stessa ora..."

Uscii senza lasciarle il tempo di rispondere. In ogni caso, aveva il mio numero di telefono.

Roberta doveva aiutare il padre, in farmacia. Io ero libero. Le dissi che sarei andato un po' in giro, cercando di trovare qualche amico e di parlare sul da fare. Non sapevo come regolarmi in merito al lavoro. Temevo che se mi fossi esposto, se fossi uscito da quella che era definita la clandestinità, ne avrei potuto pagare carissime conseguenze.

Nina si disse sorpresa, quando mi aprì la porta. Ma non lo era.Indossava una vestaglia molto elegante, lunga fino ai piedi, d'un celeste tenue, arabescata. Aveva messo un nastro dello stesso colore tra i capelli. Nessun segno di rossetto sulle labbra. Era raggiante e timorosa. Glielo si leggeva in volto.

Mi fece entrare nel salotto del giorno prima. Stessa cerimonia del caffè.

"Che dici, bimba, mettiamo la pomatina?"

Sorrise divertita.

"Tu che chiami me bimba."

"Dall'aspetto lo sei. Anzi sei una bambolina."

"Lasciamo stare, altrimenti ricadiamo in errore."

"Errore?"

Mi guardò sorniona.

Seguitai.

"E' bellissimo, sbagliare, allora."

"Basta, Piero."

Andai a sedere sul puff.

"Vieni qui, mettiti sulle mie ginocchia. Potrò massaggiare meglio."

Restò un momento meditabonda. Poi si alzò, e venne a sedere sulle mie ginocchia.

Attraverso la stoffa sentivo i suoi glutei, e, improvvisa, la mia erezione andò ad insinuarsi, per quanto poteva, tra essi. Sentii stringere le belle chiappette prensili di Nina. Mi sembrava di sognare.

"Piero, la pomata..."

Alzò i capelli, come il giorno prima, lasciò cadere indietro la vestaglia. La schiena poggiava su me.

Mi tirai indietro, per guardarla. Posai le mani su quella pelle vellutata, poi le labbra, cominciai con piccoli baci, dal collo, lungo la schiena. Lei si curvò in avanti, a facilitarmi quel lungo, delizioso lambire che la faceva rabbrividire, Ne sentivo il ripercuotersi nei glutei che non riuscivano a star fermi.

Con voce soffocata, sempre curva in avanti, sussurrò qualcosa.

"Piero... Piero...la pomata!"

Seguitai ad godere il sapore della sua pelle, con la lingua, ingordamente e nel contempo godevo le contrazioni del suo bel culetto. Portai le mani sul seno, sui capezzoli, scesi al ventre, al pube.... Era nuda! Incontrai un folto vello, come ricci di seta morbida. Mi attardai come a cercarvi qualcosa. Percepii il turgore delle grandi labbra, strette. Mi introdussi cautamente tra esse, si dischiusero appena. Ecco le piccole, tenere, vibranti, ed ecco il piccolo bocciolo che andava ergendosi al mio tocco, alla mia carezza.

Era un piacere profondo ed esaltante. Volevo vederla in viso.

La presi per i fianchi, la sollevai, la voltai verso di me. La vestaglia era caduta sul pavimento. Nina era completamente nuda, bellissima, col volto acceso, una luce splendente negli occhi, come sorpresa, incantata. Il suo pube era all'altezza della mia testa. L'attrassi verso me, cominciai a baciarle i suoi riccioli neri, a introdurre la lingua nel suo sesso che andava schiudendosi docilmente, e andavo sfiorandola, sempre più insistentemente, dal clitoride al piccolo bocciolo che custodiva tra le natiche. Mi soffermai tra le piccole labbra, m'introdussi piano nella vagina. Nina tremava, sentivo i fremiti del suo culetto che stringevo tra le mani. E cercai di entrare sempre più, avvertendo il suo muoversi ritmicamente, sempre più convulsamente, con le mani che stringevano a lei la mia testa, fin quando un lungo grido roco non rivelò tutto il suo infinito, voluttuoso piacere. Quando si calmo' un poco, la feci sedere sulle mie ginocchia, carezzandola tra le gambe.

Mi guardava con gli occhi spalancati, come sorpresa, meravigliata, sbalordita.

"Non capisco nulla, Piero. Mi è accaduta qualcosa di sconosciuto, di inaspettato... o forse che avevo solo sognato. Cos'è successo?"

"Ti ho baciata, Nina, ed hai risposto deliziosamente al mio bacio."

"Altro che bacio.... Ho perduto cognizione della realtà, del tempo..."

"Sei stata bellissima, ti ho sentito vicinissima..."

"Ma com'è potuto avvenire, sono stata sempre accusata di frigidità."

"Io ho sentito solo ardore, passione, voluttà."

Mi guardò con un misto di sorriso e di tristezza.

"Il solo orgasmo della mia vita sessuale."

"Il primo, tesoro."

Seguitò a fissarmi, pensosa.

La mia mano, intanto, seguitava a carezzarla dolcemente.

Si alzò, raccolse la vestaglia.

"Scusa, torno subito."

Uscì dalla stanza.

Dopo un po' andai nel corridoio. La porta del bagno era chiusa, sentivo dei rumori, lo scroscio dell'acqua.

Poco oltre s'apriva l'uscio della camera da letto. Vi entrai, guardai curiosamente in giro. Andai verso il balcone, mi soffermai dietro i vetri. Quando mi girai, Nina era entrata, avvolta da un telo di spugna bianca. Mi avvicinai a lei.

"Vieni, che ti asciugo."

Mi guardò, non troppo convinta. Io, intanto, ero alle sue spalle e le strofinavo leggermente la stoffa sulla pelle ancora umida. La feci voltare, e continuai.

"Siedi sul letto, ti asciugherò le gambe."

Eseguì come un automa. Erano splendide le gambe di Nina, perfette, come tornite in un marmo ambrato, e si congiungevano deliziosamente, all'inizio di un ventre piatto, teso, lucido, come di raso. La mia mano la percorse tutta. Sedetti accanto a lei e presi a carezzarle il seno, il ventre il pube. Si sdraiò, chiudendo gli occhi, abbandonata. Decisi, improvvisamente, che non dovevo far più soffrire la mia erezione imprigionata nei pantaloni. Mi denudai in un attimo, e mi posi accanto a lei, riprendendo le carezze interrotte, a baciarle i piccoli capezzoli fragola. Poi le labbra. La sua bocca mi accolse, avida, e quasi naturalmente mi trovasi su lei. Le sue mani percepirono la mia nudità, aprì gli occhi fissandomi, poi li richiuse. Io scesi lentamente, con le labbra, con la lingua, cercando nuovamente il suo sesso che si aprì palpitante. Quando sentii che stava nuovamente per raggiungere l'acme del piacere, mi sollevai sulle ginocchia, posi il glande all'ingresso della vagina, attendendo la reazione. Alzò il bacino, invitandomi ad entrare, e fui accolto dalla sua piccola dolce fichetta che mi avvolgeva palpitante. Ebbe profondi sobbalzi, e un nuovo grido testimoniò il suo piacere. Rimasi in lei a lungo, tornando ad essere pronto a un nuovo assalto. Uscii da lei, lentamente. Mi guardò aggrottando le ciglia, interrogativamente. Mi misi supino, col sesso ben eretto.

"Vieni su di me, piccola, a cavalcioni. Tieniti sulle ginocchia."

Eseguì, curiosa. Possibile che non sapesse... che non immaginasse?

Quando il suo pube fu all'altezza del membro, le dilatai le grandi labbra, e poggiai il glande sull'orifizio vaginale.

"Scendi lentamente."

Lo fece in modo incantevole, divorandolo fino a quando non sentii che aveva incontrato l'utero. Rimase immobile, poi la sentii che accoglieva le mie pulsioni, e le ricambiava stringendomi in sé. E fu ancora un ascendere a vette sublimi, insuperabili. Univa in sé l'incanto d'una strana ingenuità e l'ingordigia del goloso che scopre il miele. E del mio si saziò voluttuosamente, si inebriò, cadendo, poi, affranta sul mio petto, ancora palpitante per il lungo, frenetico orgasmo. E andava baciandomi appassionatamente, tenendomi il volto tra le mani. Rimase così, mentre il respiro s'andava placando. Non permettendo che il mio sesso sgusciasse da lei.

"Dimmi che non sogno, Piero...Sono ubriaca di te, piena di te, ho sentito la deliziosa invasione del tuo seme incandescente."

"E' tutto vero, bambina, è la più bella realtà della mia vita."

Si assopì. Mentre le carezzavo i capelli, la schiena, le tonde e sode natiche. Pochi minuti, poi aprì gli occhi e mi guardò, come se mi chiedesse cosa stessimo facendo. Il ritorno della mia eccitazione la richiamò alla concretezza della situazione e, così com'era, cominciò a muovere il bacino. A mano a mano che sentiva il progredire della mia erezione, il suo ondeggiare aumentò. Si alzò poggiandosi sulle mani, rovesciò il capo e cominciò un lento e lungo gemito, crescente, sempre più roco, fino ad urlo che non riuscì a frenare. E tornò a giacere su me.

Solo allora pensai alla mancanza di precauzioni. Glielo sussurrai nell'orecchio.

"Non credo che dobbiamo pensarci, credo di non poter concepire... e poi, sarebbe meraviglioso un figlio tuo...!"

Dovevo tornare a casa. Nina lo capì senza doverle dire nulla.

Fu una passione travolgente.

Mi raccontò del profondo rammarico che l'aveva sempre turbata, da quando era adolescente, per credersi frigida. Il suo uomo, poi, l'aveva gettato nel massimo sconforto, accusandola di ciò, senza nulla chiedersi se il suo comportamento, frettoloso e sciatto, non avesse provocato, o almeno favorito, tale superficiale scarsezza di sensibilità sessuale.

Nina, invece, era passionale, vibrava al minimo contatto, sapeva essere femmina calda ed affettuosa, tenera e fremente, avida e dolce.

Mi ripeteva che doveva essermi grata per aver sollevato il velo del suo smarrimento, ma diceva che tutto era stato possibile perché io ero l'uomo giusto per lei.

Come avrebbe fatto lontana da me?

"Lontana?"

"Si, ci trasferiamo, molto a sud, fra pochissimi giorni."

Ogni volta, però, che potevo raggiungerla, era come la prima volta. No, no. Molto meglio.

NETTA

Le avevo fatto sapere che sarei andato, per motivi professionali, nella città dove abitava. Si informò quando, a che ora, e si rammaricò che, almeno subito, non avrebbe potuto ospitarmi. Non conoscevo ancora suo marito, e non sapeva come l'avrebbe presa. Era un tipo gentile, ma sommamente asfissiante. Aveva molti più anni di lei.

Era ad attendermi all'aeroporto. Allora ce ne era uno solo e quasi in città. La vidi subito, appena fui sul portellone. Il volto delizioso di sempre, incorniciato dai lunghi capelli biondo-scuro. Un sorriso smagliante. Più bella che mai. Del resto ora era una donna, in tutto e per tutto, e l'avevo lasciata poco più che adolescente. Mi tornò subito alla mente quella splendida giornata estiva in cui non sapemmo contenere il nostro istinto, le nostre pulsioni, la nostra passione e ci unimmo. Per lei era la prima volta, ed io ero alle primissime armi, in materia. Fu una cosa bellissima. La sua tenera verginità si offriva meravigliosamente, il lieve trauma della "prima volta" su travolto dalle successive sensazioni. Solo dopo –ed io più di le- pensammo a come lo avevamo fatto. Nessuna precauzione, nessuna protezione. Lo capì dal mio sguardo.

"Non pensarci, Piero. Non attacchiamo il carro avanti ai buoi."

E volle sentirmi ancora in sé. Più ardente che mai.

Eccola lì, Netta, splendida come non mai.

Sapemmo contenere il nostro abbraccio, ma si mise sottobraccio, come allora, facendomi sentire il calore del suo prospero e caldo seno. E rimase così, fino alla consegna del bagaglio, fino alla sua auto che era stata parcheggiata all'ombra.

ULISSE
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