Le Gine

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ULISSE
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Tornò Pimpante.

"Giulio andrà a colazione con delle persone venute da fuori, credo proprio per il convegno al quale partecipi. Non sarà in casa neppure per la cena. Gli ho detto che c'eri tu. Ti saluta, è desideroso di conoscerti. Libera...!

Andammo a sedere in un angolo.

Al compìto cameriere che venne per l'ordinazione, chiedemmo due mimose.

Le portò dopo pochissimo.

"Allora, affascinante red Lina, visto che sei libera, pranzi con me?"

"Certo."

"Che ne dici di andare da Suban, una volta si mangiava bene."

"Si mangia bene anche adesso, ma è lontano."

"Prendiamo un taxi."

"E' lontano, non molto distante da casa mia. So che anche all'Excelsior si sta bene, il roof garden è di fronte al mare..."

"Hai vinto. Aggiudicato."

Le presi la mano, lei la trattenne e se la portò in grembo. Sentivo il tepore del suo corpo, ed anche –forse immaginavo- il morbido dei riccioli, certamente rossi, che le impreziosivano il pube. Oddio, stavo montandomi la testa. M'era sempre piaciuta Lina, avevo sempre ammirata la sua pelle bianca e avevo anche figurato nella mente...il resto. Le tettine d'una volta erano –si vedeva- il sodo e florido petto d'una bella signora; anche i fianchi s'erano arrotondati, nella misura giusta, e in quando ad essere gagliarde il loro muoversi lo confermava. Sì, era proprio un bocconcino delizioso la mia cuginetta, e quel contatto mi eccitava.

Parlammo del tempo passato, dei periodi che trascorrevo a casa sua. Di quella volta che eravamo andati al mare e io la guardai incantato quando uscì dall'acqua col costume che le sembrava spruzzato sul corpo, attraente fin da allora.

"Tu sei stato sempre molto affettuoso nei miei confronti, Piero."

"No, Lina, eri veramente attraente. Non quanto adesso, però. Mi verrebbe da definirti lussureggiante, come una foresta fascinosa."

Mi strinse la mano che teneva in grembo.

"Sai che mi piace sentirmi apprezzata così da te? Io ti ho sempre contemplato come l'irraggiungibile sogno della mia vita. Perché ti sognavo, ora posso confessartelo, e sognavo di essere coccolata da te, come quando ero piccola piccola..."

Arrossì un po'.

"...anzi no...in modo ben differente!"

Le carezzai teneramente il volto. Si portò la mano alle labbra, la baciò.

"Andiamo a pranzo, Piero, la brezza del mare potrà farmi bene."

Chiamai il cameriere, pagai. Ci alzammo. Uscimmo. Ci avviammo verso l'Hotel. S'era messa sotto braccio, stretta. Camminava col volto assorto in pensieri che, forse, la turbavano, la rendevano perplessa.

"Qualcosa non va?"

"Al contrario, non potrebbe andare meglio."

"E quel visetto come imbronciato?"

"No, è solo un senso di confusione. Come quando ti sei sempre ritenuto preparatissimo a superare l'esame, e poi, d'un tratto, ti sembra d'aver dimenticato tutto. Come l'attimo di titubanza prima di lanciarti dal trampolino più alto..."

"Non immaginavo che un pranzo con tuo cugino facesse nascere in te tali riflessioni.

"Già..."

Eravamo giunti all'Excelsior.

Lina era tornata allegra, come il suo solito. Sorridente. Appena entrati mi sussurrò che voleva sapere dov'era la toilette, con un'aria sbarazzina e incantevole mi disse che era 'just to powder my nose..'. Sì, per incipriare il suo nasetto..

"Potresti farlo più comodamente nella mia suite."

"Hai una suite?"

"Of course, e proprio di fronte al mare. Dal balcone si spazia sul porto, sul molo Audace, sulla Stazione Marittima, da Campo Marzio alla Stazione Centrale."

"Andiamo su."

Salimmo in ascensore, premetti il pulsante del penultimo piano, quello sotto il roof garden. Le porte s'aprirono lentamente, frusciando. Girammo a destra, e subito incontrammo la porta del mio alloggio, la seconda a sinistra. La aprii. Prego. Lina entrò guardandosi intorno.

"Sai che è molto bello? Se chiudi quello scorrevole dividi del tutto la camera da questa specie di salotto studio."

Andò verso il balcone, lo aprì, si affacciò.

"E' proprio come hai detto tu, un panorama incantevole..."

Le ero accanto e le tenevo la mano sul fianco.

"Qui l'incanto sei tu, cuginetta.."

Si strinse a me, e mi guardò con qualcosa nello sguardo che mi agitò, mi eccitò. Per spezzare quella inquietudine, mi voltai indicandole un uscio nella parte notte.

"La toilette è quella porta."

Vi si avviò lentamente, quasi a fatica. Andai a sedere sul divano, proprio di fronte all'ondulato che separava i due vani. Ero confuso. Anzi, no, ero turbato, in preda a qualcosa di vago, che desideravo e temevo. Temere, andavo rimuginando, e perché? E se tutto fosse un castello in aria frutto della mia presuntuosa fantasia? Ero così meditabondo, che non m'accorsi di Lina, in piedi, bella e fresca come aulente rosa del mattino, di fronte a me.

"Adesso sei tu, cogitabondo. Un penny per i tuoi pensieri."

Sentivo che dovevo seguire il mio istinto, il mio desiderio, dovevo ascoltare quanto mi diceva la mente, i sensi... Tutto.

"Non pensieri...pensiero!"

"Potrei sapere quale?"

Le tesi una mano, l'attirai verso me. Sedette docilmente sulle mie ginocchia. Portai la sa manina alle labbra.

"Tu!"

Si rannicchiò, come la piccola bimba d'un tempo. Voltò il volto verso me, con le rosse labbra frementi, appena dischiuse. E fu un bacio lunghissimo, appassionato, voluttuoso, con le lingue che si lambivano, tentavano di intrecciarsi, esploravano le reciproche bocche. La mia mano entrò con naturalezza sotto la gonna, le sfiorò le gambe, salì... Oddio... non aveva nulla... e mi persi nel boschetto morbido del pube, lo esplorai andando verso la più seducente valle dell'amore, che sentii percorsa da un fremito, e dischiudersi alla mia carezza, offrirsi al mio sfioramento, invitarmi ancora, a vellicarla, a entrare nell'ancor più calda sede del piacere, a guardia della quale palpitava il piccolo clitoride. Sentii le pareti della vagina avvolgere le mie dita, ingoiarle i sé, freneticamente. E poi ancor più prepotente il bacio di Lina, e il suo totale abbandono, tra le mie braccia, stringendo a sé, in sé, con un gemito di godimento liberatorio.

"Sei meraviglioso, Piero, ancor più di come ti sognavo..."

Aveva certamente percepito l'erezione che cercava di irrompere dai pantaloni. Si mosse piano, facendomi comprendere che voleva tirarsi su. Si alzò, mi porse la mano, guardando quanto urgeva tra le mie gambe, e, mutamente, m'invitò a levarmi a seguirla...verso il letto. Vi si rovesciò sopra, come esausta, chiudendo gli occhi, beata. Ero in ginocchio ai suoi piedi. Le alzai il vestito, fui affascinato dal rosso fiammeggiante dei suoi riccioli, ma ancor più caldo era il suo sesso quando accolse la mia lingua curiosa e insinuante. Non ci volle molto per sentire che questa volta il suo orgasmo era ancora più energico del precedente. Le mie mani le avevano afferrato le sode mammelle, quasi martoriandole.

Non mi sembrava neanche la voce di Lina.

"Ti voglio...Piero...ti voglio....adesso."

Andava rapidamente liberandosi d'ogni cosa, fino a restare splendidamente e statutariamente nuda, bianca e rossa, s' bianca e rossa, come non avrei neppure immaginato. E anch'io, ormai, ero come lei. I nostri vestiti giacevano confusamente sul pavimento.

Le baciavo le tette bellissime, suggevo i piccoli capezzoli fragola, ero quasi sopra di lei, sentii il suo invito, il sua porgere il bacino, la sua sollecitazione. Le piccole labbra che baciavano il mio glande, lo suggevano, l'ingoiavano...

Lasciatemi indulgere ad un linguaggio realista.

Non credevo che usa scopata avesse potuto far godere una coppia come noi godemmo, fino a quando la natura non chiese un ...break tecnico... a reviving break!

Era tra le mie braccia, e non cessava di carezzarmi, di baciarmi. Le sue superbe sode tettine (mica tanto 'ine') premevano sul mio petto, la sua fichetta umida poggiava sulla mia coscia, il suo ginocchio mi carezzava il fallo.

"Finalmente, Piero...è una vita che ti aspetto.. una vita..."

"Anche io, bambina, ho sempre desiderato di sentirti mia."

"Ma io sono tua da sempre, e solo tua... e non sorridere.."

"Non sorrido, perché anche per me è la stessa cosa."

"Dovrei alzarmi, Piero...fare una doccia...ma tu non venire di là...il solo vederti non mi farebbe resistere..."

"Allora cerca di...saziarti.."

"Saziarmi? Di te? Non ci riuscirò mai. Perché dopo il pasto ha più fame che pria..."

E me lo dimostrò, eccitandomi di nuovo, cavalcandomi come una walkiria delirante, col capo rovesciato, i rossi capelli che mi coprivano le gambe, il pube che sbatteva sul mio, nel tentativo di sentirmi in lei al di là d'ogni sua possibilità. E quando cominciò il suo uggiolio lento e lungo, attesi l'attimo favorevole per invaderla col mio seme bollente.

"Si....si...voglio morire così....così..."

E s'abbattè su me.

Eravamo tutti e due in accappatoio. Guardammo l'orologio. L'orario del desinare era trascorso da tempo.

"Che ne dici, bimba, se ci facciamo portare qui qualcosa?"

"Ottima idea, adesso ho anche appetito di...cibo!"

Sorrise maliziosa.

Telefonai, e chiesi qualcosa di light, per due. Approvai senz'altro il suggerimento, e dopo pochi minuti il cameriere bussò alla porta, entrò, chiese se poteva preparare. Gli dissi di si e che non era necessario si fermasse per servire. Lui non vide Lina, che s'era fermata in camera per vestirsi, ma fece un cenno di complice intesa.

Ostriche e champagne furono ottimi, ed anche buoni i filetti di sogliola al lime. Macedonia di frutta, e un fragrante caffè conservato caldo nel piccolo termos.

Lina, civettuola, volle che fossi io a farle gustare le ostriche, volle bere lo champagne dal mi stesso calice e decise di mangiare la macedonia seduta in braccio a me.

"Non illuderti di liberarti facilmente di me, cugino, specie ora che ho conosciuto anche questo tuo... aspetto... e chi ti lascia..."

La guardai sorridendo.

"Guarda che non scherzo. Intanto finché resterai qui dovrai interessarti di me..."

"Non desidero altro."

"Speriamo! E poi io ti raggiungerò dovunque, ogni volta che potrò."

"E.... tuo maito?"

"Quello che c'entra... Io non sto tradendo lui, ma tradisco te quando, ope legis, devo stare con lui. Chiaro?"

Sembrava più che decisa, e fu decisa anche nel pretendere un... anticipo sull'indomani.

NONO'

Era l'unica figlia d'un cugino di mio padre. Quindi, a voler essere precisi non era proprio mia cugina. Però, ci eravamo sempre considerati tali e così ci conoscevano tutti.

Era stata la compagna di giuochi della mia infanzia. Eravamo quasi coetanei, e le nostre prime curiosità trovarono appagamento tra noi. Fu la mia prima paziente, nel vecchio giuoco del medico, e mai esami obiettivi furono più minuziosi, scrupolosi, ripetuti, incoraggiati e... graditi.

Era proprio bella, nel bianco abito della prima comunione, coi lunghi boccoli neri –come era allora di moda- che le incorniciavano il visetto delizioso, gli occhi verdi, l'espressione sbarazzina. E bella, splendida, fiorente, cresceva, con quel suo personalino alquanto minuto ma non magro, e perfettamente proporzionato. Segui attentamente lo sbocciare e il prosperare delle sue tettine, l'allettante arrotondarsi del suo culetto sodo, insieme allo spuntare e crescere dei serici riccioli neri che andavano abbellendole il pube.

In gran segreto mi confidò che era divenuta...donna! E quando acconsentì che la carezzassi tra le gambe, sentii che era proprio un gran bel tocco di ragazza. E quello che capitò tra le mie gambe me lo confermò. Il tempo trascorreva e io non pensavo proprio a cercare una ragazza, né lei accolse alcuna delle attenzioni che le dimostravano gli infiniti mosconi che le ronzavano intorno.

Frequentavamo due diverse facoltà, ma nello stesso edificio. Prendevamo lo stesso tram. La vicinanza ci piaceva, il contatto ci esaltava, eccitava. Ma tutto si risolveva in lunghi baci e lascive carezze. Giungemmo fino al petting allora in uso, detto 'infracosce', che ci dava piacere, orgasmo, ma ci lasciava insoddisfatti e impiastricciati.

Poi, gli eventi imposero una lunga separazione.

Strano, mi limitai a mandarle solo una cartolina.

Ognuno intraprese la propria strada e, non nascondo, pur ricordandola sempre con tenera gratitudine, per volendole bene, non sentivo di amarla. Poi è (purtoppo?) nel mio carattere che m'attraggono le femmine che mi sono vicine.

Eravamo di nuovo nella stessa città, ognuno con la famiglia che aveva formato. Non si frequentavamo molto le nostre famiglie, senza una specifica ragione, o forse perché mia moglie immaginava il tenero che c'era stato tra me e Nonò. Lei, Nonò, m'aveva detto che aveva sposato Ciriaco senza amore, così, perché si sposavano tutte. Il bimbo era nato perché certe cose avvengono anche se non c'è amore. Nel caso suo, poi, non c'era neppure voglia, tantomeno piacere.

Era ormai sera, ognuno, a casa propria, aveva consumato la cena e s'apprestava a pensare come trascorrere il resto della serata, prima di andare a letto. Ero solo, Renata era andata a trovare la mamma, un po' indisposta, e io l'avrei raggiunta l'indomani.

Trillò il telefono. Era Nonò.

"Piero, puoi venire subito da noi. Dobbiamo dirti una cosa molto importante per te."

"Va bene, fra pochi minuti sarò li."

L'abitazione di Nonò era in un vecchio palazzo, con un grande portone scuro che a quell'ora era quasi chiuso del tutto. Rimaneva aperta solo la porticciola di passaggio. L'androne, molto vasto, era quasi sempre molto scuro. Più avanti, a destra e sinistra partivano le scale che portavano agli appartamenti, Niente ascensori! La portinaia si era già ritirata a casa sua. La guardiola era spenta.

Appena entrai sentii chiamarmi sottovoce, la voce di Nonò. Lei era ai piedi della scala, ma non di quella sua.

"Piero, sono qui."

Mi avvicinai, sorpreso di trovarla lì.

"Senti, Ciriaco è andato a dormire. Io gli ho detto che sarei andata dalla mia amica Maddalena, per un partita a carte. Vieni, andiamo su, da lei. Mi prese per mano e cominciò a salire, lentamente, fino al quarto piano. Aveva la chiave. Aprì, entrammo. La luce era accesa. Mi condusse nel piccolo salotto. Solo allora mi accorsi che era in vestaglia. La guardai interrogativamente.

"E' per non destare sospetti in Ciriaco, poteva credere che sarei uscita con Maddalena."

"Siedi."

Venne vicina a me, vicinissima. Afferrò la mia mano, quasi con forza, la tenne tra le sue, in grembo.

"Ti devo dire una cosa. Importantissima."

La guardavo sempre più sorpreso, era rossa in volto, bellissima, e mostrava un certo affanno nel respiro. Non potevo fare a meno di restare affascinato da quel petto che s'alzava e abbassava aritmicamente. Le belle tette di Nonò, che conoscevo dal loro primo fiorire.

Mi venne spontaneo di cingerle la vita e di attirarla a me.

"Allora?"

"Credo di aver trovato per te un importante e redditizio incarico."

Seguitavo a stupirmi.

"Ma io ho già una attività."

"Certo, ma questa è una occasione unica. Saresti nominato responsabile di una sede di una struttura multinazionale."

"Fece un nome. Sì, era veramente molto importante."

"In questa città?"

Mi guardò con occhi di fiamma, accaldata, con le labbra che tremavano, le nari frementi. Oddio, com'era bella, invitante.. Ed era sempre stata il mio sogno, il mio desiderio. Temevo che Maddalena potesse entrare da un momento all'altro. Mi lesse nel pensiero.

"Maddalena è andata al cinema..."

La presi sulle mie braccia e la baciai appassionatamente, e pienamente ricambiato. Una bramosia soffocata per anni, ci travolse, le mie mani la cercavano, la frugavano, e così le sue. Non avevamo bisogno di parole. Sentiva che la volevo, sentivo che mi voleva. La camera accanto era quella da letto, di Maddalena, ci accolse come due adolescenti al loro primo incontro. Cercavamo di toglierci i vestiti, e di toglierli all'altro.

Era splendida, Nonò. Altro che la bimba dal...dottore...l'universitaria che me lo faceva impazzire tra le sue cosce.

Era lì, calda, palpitante, invitante.

Le baciai il seno, i capezzoli, la lambii lungo il ventre, su pube, oltre, sentendo i sui fremiti, il suo ansare, la sua impazienza.

"Subito...Piero...subito...ti attendo da sempre...."

Dovetti fare molta forza per non penetrarla con violenza, per farmi accogliere il lei con la massima possibile dolcezza, ma inesorabilmente, finché non sentii che non potevo spingermi oltre. E fu una danza voluttuosa, un baciarsi e toccarsi, donarsi e ricevere, in una sinfonia che sembrava scritta solo per noi, armoniosa, dapprima lenta, poi un crescendo travolgente, fino alla conclusione che andò terminando piano piano, nella fusione delle linfe del nostro amore.

Giacque sfinita tra le mie braccia.

"Potrebbe essere così per sempre, Piero, per sempre."

Non mi era chiaro cosa volesse dire.

"Come?"

"Te lo dirò...te lo dirò. Adesso ti voglio ancora. Ti voglio così..."

Mi si mise sopra, si appoggiò sulle ginocchia, ghermì il mio sesso ben eretto e lo puntò golosamente tra le sue piccole, rosee, palpitanti labbra. Sembrava che, a mano a mano che si faceva penetrare, un balsamo benefico mitigasse la sua tensione, appagasse la sua sete, provocasse in lei soavi movimenti peristaltici della vagina, umida e calda, che mi mungevano incantevolmente. Non era il bere ingordo, ma il degustare goloso del raffinato, che centellina, apprezza, prova un godimento sempre maggiore.. si, sempre maggiore, fino a quando il ritmo non aumentò, divenne impetuoso, la... mungitura sembrava volermelo svellere, ma s'accontentò, e come, della marea che l'invadeva.

"Meraviglioso, Piero... amore mio!"

Ero curioso, però, pur nel profondo godimento dei sensi, pur nel piacere di avere tra le braccia una così bella e desiderata creatura, di conoscere il seguito della storia.

Nonò era sensibile alle coccole.

La strinsi a me, su me, le carezzai la schiena, il tondo sodo delle sue natiche.

"Allora, Nonò?"

"Pensa, potremo essere insieme, per sempre, tu ed io."

"Vorrei saperne di più."

"Tu andrai a dirigere la sede, io verrò con te, lontani da tutti."

"Dove?"

"In Canada."

"Ciriaco?"

"Per me non esiste."

"Mia moglie?"

"La preferisci a me?"

La risposta doveva essere rapida e convincente. Un no, l'avrebe per sempre allontanata da me. Perché rinunciare a quella femmina deliziosa che prometteva chissà quali delizie? Dovevo prendere tempo. Fabio Massimo, cunctator, temporeggiatore, vinceva così.

"Certo che no, piccola mia. Ma dammi il tempo di allontanarmi da lei senza traumi."

Sembrava impazzire per la gioia.

"Che bello... lo sapevo... siamo nati per stare insieme.. lontani... in Canada..."

Mi guardava sorridendo, e accennava a un motivetto di moda: '...una piccola casetta in Canadà' , la Capanne ai Canada...

Le dissi che, pur se con infinito rammarico, ci dovevamo lasciarle, doveva tornare a Casa, per non far inutilmente insospettire Ciriaco, e prima del tempo. Annuì a malincuore, mi lasciò sospirando.

Era un bocconcino da non perdere, Nonò, e ci sapeva proprio fare. Poi, diciamolo, le prime volte sono sempre le più incantevoli, e si pregustano mille novità, o meglio nuove esperienze. Forse non nuove nell'accadimento, ma per i protagonisti. Se non fosse così non ci affascinerebbero nuovi partners. Il mare è sempre mare, d'accordo, ma c'è differenza tra i ghiacci polari, le onde tiepide dei tropici, l'azzurro verde delle lagune degli atolli. La novità, poi, è quella che ci attrae. La tendenza umana è di conoscere l'ignoto, esplorare.

Nonò aveva un sederino che mi eccitava da sempre. Lo avevo sentito, fin da ragazzo, sulle mie gambe, avevo compreso non essergli indifferente quando, in seguito, si muoveva per accogliere la mia erezione, soffocata nei pantaloni, tra le sode natiche. E poi ci fu quella volte, al mare, nella cabina infuocata, quando la punta le penetrò appena, solo di qualche millimetro, quel delizioso buchetto e l'irrorò del mio piacere, mentre luna mano le titillava il piccolo clitoride e l'altra i capezzoli. Forse, meditavo, era giunta l'ora d'una completa esplorazione.

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