Le Gine

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ULISSE
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"Sei sempre uno schianto, Netta... posso chiamarti mia?"

"Lo sono, e lo sarò sempre, indipendentemente da situazioni ed eventi. Ti ricordi quando ti chiamavo 'sposo'? Tale sei rimasto."

Quasi dieci anni, da quel tempo, e mi sentivo attratto da lei come non avrei immaginato. Un'attrazione dolce, tenera, e nel contempo travolgente, possessiva, esclusiva. Non mi aspettavo di reagire in tal modo, rivedendola. La mia piccola Netta...

In auto le posi la mano sulla gamba, con antica e sempre nuova confidenza. Mi guardò e sorrise. S'avviò piano, prima d'imboccare la strada che conduceva in centro, svoltò in una viuzza, fece qualche giro, andò a fermarsi sotto un grande albero, in un angolo deserto, dove non si sentiva alcun rumore. Era una vecchia fabbrica abbandonata. Si voltò sorridendo. La presi tra le braccia e ci baciammo ingordamente, a lungo, frugando reciprocamente nelle nostre bocche. Le mani le sfiorarono il petto, più generoso e sodo d'allora, le strinsero le mammelle, strizzarono i capezzoli inturgiditi.

"La mia piccola Netta..."

Non fu facile, fermarsi, ma dovevamo.

Riprese a guidare, col respiro alquanto affannato.

"Passiamo per il tuo albergo e poi vieni a cena da noi. Ne ho parlato con Umberto, si dichiara lieto di conoscerti. Gli ho parlato dei... fraterni rapporti della nostra infanzia, e della nostra adolescenza. E' curioso di conoscere questo mio... fratellino."

Umberto mi accolse cordialmente. Era un signore distinto, di almeno cinquanta anni, molto curato nella persona, nel vestire. Così, a vederlo, sembrava più il padre di Netta, che non il marito.

"Così, tu saresti il 'fratellino' di cui mi ha tanto parlato Netta. Devo riconoscere che tra i tanti cugini che mo ha presentato, non ha scelto male. Anche io avevo una cuginetta preferita, con la quale andavo d'accordo, mi confidavo. Anzi, a dire il vero, avevo del tenero per lei. Non era amore, tanto meno passione, ma un qualcosa che mi faceva stare tanto bene in sua compagnia."

Non rifiutai l'andamento della conversazione.

"Credo che sia un po' la stessa cosa con Netta, almeno da parte mia. Non ho mai dovuto fingere con lei, le ho sempre raccontato tutto dei miei sentimenti, ho la certezza, forse la presunzione, che sia quella che ha più conosciuto e compreso il mio carattere, il mio modo di sentire, le mie esigenze."

"E' un po', in un certo senso, allora, come una 'rimpatriata' tra vecchi amici."

"Direi qualcosa di diverso. Gli amici sono legati dalla semplice amicizia, i cugini dal sangue. Non so qui, ma nel napoletano proprio per questo si chiamano fratelli-cugini."

Certo... certo..."

Netta avvertì che la cena era pronta.

La tavola era apparecchiata con particolare raffinatezza. Rosalia serviva impeccabilmente.

Rosalia era un po' più alta di Netta, quasi quanto Umberto, indossava gonna nera, glissata, e blusa bianca, con abbottonatura non completamente chiusa, il ché lasciava scorgere il reggiseno che conteneva il prosperoso petto. Dovevano essere tette sode, però, perché il loro muoversi era molto contenuto. I fianchi che si intravedevano sotto la stoffa della gonna dovevano essere altrettanto consistenti. Il volto bruno era contornato da riccioli nerissimi che le uscivano dalla civettuola cuffietta. Stimai che poteva avere intorno alla quarantina, ma portati bene. Era un bel vederla muoversi, chinarsi, sorridere, in modo particolare quando offriva ad Umberto lo spettacolo dell'interno della scollatura. Era solo un'idea, la mia, forse solo una illazione, ma tra Rosalia e Umberto c'era, o almeno c'era stato, qualcosa di molto intimo. Seguivo la donna cogli occhi. Umberto lo notò.

"Vedo che osservi Rosalia."

"Si, devo complimentarmi per la sua perizia, la sua grazia."

"Rosalia è nata in casa nostra. Nella villa di campagna, dove abbiamo anche una masseria. E' l'ultima figlia di Massaro Ntoni, ed è nata quando avevo quasi quindici anni. L'ho tenuta in braccio. Ci conosciamo da sempre. Vero Rosalia?"

"Verissimo, Ingegnere. Poi, da quando vi siete sposati ho l'onore di pensare ala vostra casa."

"E' da molto che non vai a trovare i tuoi?"

"Eh, si è parecchio."

"E come sta Ntoni?"

"Come uno che ha lavorato tutta la vita, e vorrebbe fare ancora qualche cosa a novant'anni!"

"Perché non lo vai a trovare, magari domani?"

"Domani?"

"Si per un paio di giorni. Io devo andare a Milano. Partirò domani, martedì, col primo aereo del mattino e tornerò giovedì sera, dopo le dieci."

Netta lo guardò, sorpresa.

"Non mi avevi detto niente."

"Scusa, hai ragione. Ma mi hanno telefonato mentre tu eri andate ad accogliere Piero. Ti dispiace se lascio libera Rosalia per due giorni?"

"No, nulla. Le piccole cose che sono da fare le potrò esplicare io. Lei può tornare direttamente venerdì mattino, con la prima corriera. Giovedì vengo a prenderti e andiamo a cena fuori. Che ne dici?"

"Ottima idea. Mi spiace di doverti lasciare, Piero, ma spero di ritrovarti al ritorno."

"Mi dovrò fermare almeno una settimana."

"Benissimo. Intanto Netta ti farà visitare qualche parte della città a te poco nota."

"Sarò ben felice, ma il lavoro mi occuperà moltissimo."

"Sarai bel libero per la cena, no?"

"Lo spero, almeno qualche volta."

La cena fu ottima. Andammo a sedere nel salotto perché Umberto doveva farmi assaggiare un marsala secco che non temeva confronti col miglior sherry. Infatti, era delizioso.

Le robuste natiche di Rosalia passavano e ripassavano, risaltavano mirabilmente ogni volta che si abbassava, seguite dagli occhi di Umberto, non certo nuovi a quello spettacolo, e non sempre con tanto di superfluo vestimento.

Era l'ora di accomiatarsi. Umberto disse a Netta di accompagnarmi in albergo, ma non accettai fermamente la proposta. Avrei preso un taxi. Umberto dette disposizioni a Rosalia di chiamarlo.

Ringraziai, mi accompagnarono entrambi alla porta.

Netta si rivolse a me.

"Ti fai rivedere domani?"

"Ti telefonerò appena possibile. Buon viaggio, Umberto, e grazie di tutto, specie per l'affettuosa accoglienza."

"Sei un po' mio cognato, no?"

Uscii sorridendo.

Dormii poco e male.

Le terga e il petto di Rosalia mi portavano a Netta. Non era possibile alcun raffronto. Netta era giovane, con un corpo statuario, elegante, raffinato. Era come paragonare un sorso di vino campagnolo con una coppa di champagne di classe. Una utilitaria un po' scassata, con una fiammante fuori serie.

Dopo la doccia scesi a colazione, lessi il giornale, calcolai che Netta dovesse essere a casa, anche se avesse accompagnato il marito all'aeroporto. Telefonai. Mi rispose la sua voce.

"Ciao Piero."

"Ciao, come va?"

"Benissimo, grazie. E tu?"

"Ora che sento la tua voice, meravigliosamente. Hai accompagnato tuo marito all'aeroporto?"

"No, è venuto a rilevarlo l'auto dell'ufficio. Partiva prestissimo, a quest'ora dovrebbe già essere a Milano. Mi sono fatta lasciare il telefono dell'albergo e quello del convegno."

"Sei tanto desiderosa di telefonargli?"

"Si, devo accertarmi che sia veramente a Milano. Tu non immagini la mente diabolicamente sospettosa di Umberto..."

"Mi sembra anche un po' provocatoria. Ho notato che ha fatto allontanare anche Rosalia, ha voluto che tu restassi sola.. Vero?"

"Questo è un altro punto, te ne parlerò a voce. Fra un po' provo a telefonargli.. Tu cosa fai? "

"Non lo so io stesso. Per ora desidero solo rivederti."

"E il lavoro?"

"Per quello c'è sempre tempo."

"Dove sei?"

"In albergo."

"Ti richiamo non appena mi assicuro in merito a Umberto."

"OK, attendo con ansia, spero di stare insieme a pranzo."

"Ne parliamo. Ciao."

Il tempo trascorreva esasperatamente lento... finalmente mi avvertirono che ero desiderato al telefono. Era Netta. Il marito era al Convegno! Disse che sarebbe passata con l'auto per un certo punto, non distante dal mio hotel, fra mezz'ora. Non voleva farsi vedere nell'albergo dove alloggiavo.

Accostò lentamente, salii, rimise in moto, tendendomi una mano. La strinsi, la sentii incantevolmente tiepida, indugiare nella mia, come a carezzarla.

"Sei bellissima, mi sembri pensierosa."

"Ho la sensazione di essere spiata, sorvegliata."

"Mi auguro che sia solo una sensazione."

"In ogni modo, ho in mente qualcosa."

"Dimmi."

"Andiamo a visitare un Museo, così solo una scorsa, poi andiamo a sedere al Caffè Centrale, a bere qualcosa. Io ti lascio e torno a casa. Tu, prendi un taxi, non farti lasciare proprio sotto casa.. Ti aspetto. Se Umberto desidera controllarmi verrà a sapere tutto, e che poi sono tornata a casa."

Veramente mi sembrava una cosa macchinosa, ma non dissi nulla.

Al Museo la conoscevano.

"Buon giorno professoressa, posso esserle utile?"

"No, devo solo acquistare il biglietto per mio cugino, ha poco tempo ma desidero che veda le cose principali."

"Ma quale biglietto, professoressa, lei e i suoi ospiti sono sempre graditi. Accomodatevi."

Netta gli sorrise amabilmente. Entrammo. Andammo al primo piano, in una saletta, piccola, a sedere di fronte a una bellissima, piccola, Annunziata, di Antonello da Messina.

Posi una mano su quella di Netta, che era sul velluto rosso del divano.

"Mi sembra che dobbiamo cercare più sotterfugi di quando eravamo ragazzi."

Mi guardò sorridendo, dolcemente.

"Certo, ora non sono una donna libera...."

Repressi a stento un moto di stizza.

"....non essere il solito irrequieto. Io sto bene con te."

"Anche io, ma vorrei esserti diversamente vicino."

"Sii paziente. Andiamo al caffè."

All'uscita, le chiesero come mai se ne andasse così presto.

Non nascondo che ero molto infastidito per quel modo di muoversi che per me era quasi assurdo. Comunque decisi di seguire il programma di Netta fino in fondo.

Al caffè le chiesi cosa mai fosse quello che doveva raccontarmi su Rosalia.

"Prima di tutto" –disse Netta- "devo chiederti se puoi restare a pranzo con me o se hai impegni. Una cosa leggera, che ho già preparata."

Dovetti trattenermi dal prenderle la mano, cos', dinanzi a tutti.

"Sei tu, il mio unico impegno."

"Sono felice. Ed ecco la storia di Rosalia. Una mattina, non sentendomi troppo bene, sono uscita da scuola, lasciando la classe a una collega della stessa materia, e sono tornata a casa. Mi meravigliò, sul principio, il silenzio. Avevo lasciato Umberto a letto, perché aveva detto che si sentiva febbricitante, pur rifiutandosi di mettere il termometro. Umberto non era a letto, né nel bagno, neppure nello studio. Stavo andando in cucina quando, dalla camera di Rosalia udii dei rumori. L'uscio non era completamente chiuso, la scostai piano... Rosalia era appecoronata sul letto, nuda, e Umberto, anche lui nudo come un verme, la stava diligentemente sodomizzando. Sapevo che Rosalia era stata l'amante di Umberto, ma credevo che con le nozze tutto fosse finito."

Era rossa in volto, con le labbra tremanti, le mani strette sulla borsetta che aveva in grembo. Proseguì.

"Uscii di nuovo, senza farmi sentire. Picchiai. Dovetti attendere un po'. Venne ad aprirmi Rosalia, serena, come se nulla fosse accaduto. Le spiegai che avevo lasciato le chiavi a casa. Le chiesi come mai avesse impiegato tanto tempo per venire ad aprirmi."

"Non ho sentito subito, signora, la lucidatrice faceva rumore."

"Umberto era in poltrona, in vestaglia, leggeva il giornale. Gli chiesi come stava. Mi risposa che ora si sentiva molto meglio. Non dissi parola, riuscii a mascherare la mia ira."

"Non ne avere parlato mai?"

"Non in modo esplicito. Ero dibattuta tra il fare uno scandalo e far finta di nulla. Non mi piaceva nessuna delle soluzioni. Fu penoso quando, qualche sera dopo, cercò di avvicinarsi sessualmente a me. Accusai un malessere, detti la colpa a una strana e prolungata dismenorrea. Lui si mostrò comprensivo, ma capii che appena, l'indomani, fossi uscita per andare a scuola, Rosalia avrebbe soddisfatto le sue esigenze. A cena gli dissi ridendo che mi sarebbe piaciuto spezzare in due Rosalia. Avremmo potuto chiamarla, a nostro piacere, Rosa, o Lia. Feci finta di ridacchiare per una battuta scollacciata. Già, Rosa per il davanti e Lia per il didietro. Umberto non condivise la mia ilarità. Da allora la nostra intimità, chiamiamola così, è meramente meccanica e molto sporadica."

Netta, ora, era cerea.

"Ti prego, Piero, accompagnami all'auto. Ti aspetto a casa. Scusa questo sfogo.."

"Hai fatto benissimo. Ti voglio bene, oltre che amarti, anche per questo nostro poterci manifestare liberamente."

Pensai che, invece del taxi, sarebbe stato più riservato e sicuro prendere un'auto a noleggio. Non mi rivolsi all'albergo, ma andai alla Stazione Centrale. Una piccola auto, poco appariscente, che parcheggia in una traversa poco lontana dalla casa di Netta.

Premetti il campanello sul cancello, la piccola sigla che usavo da ragazzo, una P in alfabeto morse, punto linea linea punto, mi aprì subito. Mi attendeva dietro la porta. Era incantevole, magnifica, bellissima, con un'espressione magica nel volto, emanava un'irresistibile attrazione da ogni poro, fasciata in un elegante vestito fermato in vita da un fluente fiocco. La strinsi a me, sentendola aderire deliziosamente. Le sue labbra erano soavi, dolci più del miele, la sua lingua stillava voluttà. Sentivo il suo ventre aderire al mio, il pube cercare il mio sesso.

Ci guardammo sorridendo.

"Hai fame, Piero?"

"Tantissima... di te!"

La sentivo fremere.

"Anche io, Pit!"

Aveva ricordato il nomignolo che aveva dato al mio sesso quando lo carezzò la prima volta, in risposta alla mia carezza su quella che chiamai la piccola Net. La deliziosa rete.

Le cinsi la vita e andammo verso il corridoio, nella sua camera che aveva l'uscio spalancato.

Con l'altra mano entrai nella scollatura. Sentii che sotto il vestito indossava solo il reggiseno e le piccole mutandine. Si allontanò da me, lasciò cadere il vestito, entrò nel letto, coperta dal lenzuolo fino alla gola. Dopo poco la sua mano gettò lontano gli altri piccoli indumenti. Non avevo perduto tempo, ero in perfetta tenuta adamitica e fui subito vicino a lei. La baciai sugli occhi, sulle labbra, sulla gola, sui piccoli capezzoli scuri che s'ergevano prepotenti dalle sue splendide tette; ancora più giù, a frugare l'ombelico, a cercare tra i riccioli neri del grembo, a lambire le turgide grandi labbra che si dischiudevano per accogliere la mia lingua, sempre più insistente. Ecco l'orificio del suo sesso delicato, il clitoride che sussultava al sentirsi suggere lievemente. La lingua entrò in lei, insistentemente, accolta da palpiti irrefrenabili. Le sue mani erano tra i miei capelli, accompagnavano il mio movimento, sempre più impetuoso, fin quando non la sentii sciogliersi languidamente, con un profondo sospiro, troppo a lungo contenuto.

"Non era mai stato così bello, Piero, l'ho sempre desiderato, ma ho deciso che solo tu avresti potuto baciarmi in questo modo. Ci sono delle cose che desidero siano solo tue."

Ero supino, accanto a lei. Allungò la mano su me, mi carezzò, incontrò la mia prepotente erezione. Si mise su me.

"Ecco la tua Net, adorato Pit, la tua rete che desidera solo accoglierti."

Era sospesa sulle ginocchia, aprì bene le grandi labbra, portò il mio glande vicino la bocca infuocata della vagina, si calò lentamente, ingurgitandolo in sé fin quando non lo sentì spingere sull'utero. Restò così, con gli occhi chiusi, il capo rovesciato, le nari vibranti. Poi sentii muoversi il grembo, avvolgermi golosamente il fallo, con movimenti peristaltici sempre crescenti, e lei che danzava, avanti e dietro, col petto che andava sempre più ansando. Le presi le tette tra le mani, titillavo i capezzoli; s'abbassò, senza interrompere la cavalcata, portando il petto sulla mia bocca che le era andata incontro, che le prese i capezzoli tra le labbra e iniziò a ciucciarli, sentii la vagina che si contraeva sempre più, fin quando il suo grido roco, l'impeto dei movimenti e il successivo abbandono dissero del suo lungo, irrefrenabile orgasmo. Non riusciva a star ferma, mi sentiva ancora in lei, in tutto il mio desiderio, e, dapprima piano, poi sempre più speditamente ripeté il suo voluttuoso exploit, fin quando, questa volta, non raggiungemmo insieme le più alte vette del piacere.

"Non è stato mai, così, vero?"

Sussurrò ansante. Mi baciò sulla bocca, poi scese a baciarmi il petto, il ventre, accolse il mio fallo semieretto nella bocca, fu come un bagno eccitante, stimolante. Netta cominciò a lambirlo con la lingua, a suggerlo con movimenti lenti e profondi. Sempre più insistentemente, fin quando non lo sentì palpitare, contrarsi, stillare nella sua bocca il nettare del piacere, e lo sorbì qualcosa di golosamente... Non mi aspettavo una tale... manifestazione da Netta.

Tornò vicina a me, col capo sul mio petto.

"Non credevo che mi sarebbe piaciuto così, è stato bellissimo sentirti in me anche in questa maniera. E' una di quelle cose che ti danno il diritto di considerarti il 'solo'. In materia non c'è stato un prima, e i dopo saranno esclusivamente tuoi."

Si, era stato bellissimo, ma non posso nascondere che mi ponevo tanti piccoli quesiti... La mia mano era tornata tra le sue gambe, con piccole carezze. Alzò le ginocchia, alzò il bacino. Il dito, curioso, scese fino al buchino del suo incantevole culetto, e cominciò a stuzzicarlo, dolcemente, Il liquido che le era colato tra le gambe lo aveva reso viscido, scivoloso. Vi penetrati appena, e sentii che le pareti cedevano lentamente. Seguitai ad entrare e uscire. Netta accompagnava con piccoli movimenti del bacino.

"Aspetta, Piero..."

Si voltò su un fianco, con la mano aprì le natiche. Mi voltai verso di lei, alle spalle, e questa volta fu la punta del mio sesso a trovarsi, bagnata ed eccitata, tra le piccole rosee rughe di quel buchino. Cercai si spingere, sentii che mi accettava, assecondava collaborando attentamente. E prima ancora che mi rendessi pienamente conto dell'accaduto, entrai in lei, tutto, fino in fondo, sentendo le sue magnifiche chiappe battere sul mio ventre.

Una nuova, sconosciuta, imprevedibile Netta. Altro che la fanciulla di dieci anni fa.

Avevo notato una sua piccola indecisione, certamente una reazione al male che quella manovra le produceva, ma poi tutto era proceduto nel migliore dei modi. Mi accoglieva con evidente piacere, fremeva alla mia mano che le tormentava i capezzoli alle dita che le titillavano il clitoride. Sentii come un gemito lento e lungo, un mugolio che andava testimoniando il suo crescente godimento, e quando esplosi in lei sentii stringermi il sesso, convulsamente, con un grido che la liberò dalla tensione, forse la vittoria su un tabù.

Rimanemmo così, a lungo, col suo culetto che sembrava volermi carezzare. Senza volgere il capo mi chiese, con voce roca.

"Ti è piaciuto, amore?"

"Sei sempre più incantevole, piccola. Non speravo tanto."

"E chi altri poteva sperare di stare con me così? Ha certamente capito che anche questa, come per il bacio fremente al tuo Pit, è stata per me la prima volta. Voglio che sia tu il primo in tutto, ma ti giuro che in quello che abbiamo fatto adesso, e poco prima, non sei il primo, ma il 'solo'. Capito, amore? Il solo...il solo..."

Fece in modo che sgusciassi da lei, si voltò, mi baciò furiosamente.

La tenevo tra le braccia e ripensavo a quell'incontro appassionato. Non avrei mai immaginato che il mio fisico potesse rispondere così prontamente al desiderio della mente. Ero giovane, certo, comunque.... La prestazione, o meglio le prestazioni, erano state particolari, ognuna delle quali aveva richiesto un non indifferente impegno. Finii col congratularmi con me stesso. Ma capii che il merito di tutto era esclusivamente di Netta. Desiderata da sempre, voluttuosa al di là dell'immaginazione.

ULISSE
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