Il Capoluogo Della Virginia

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"Allora, ripeto quello che ti ho già detto. Come sai, oltre al lavoro al Comune ho una buona attività professionale. Mi reputano abbastanza bravo per la soluzione di certi problemi che spesso si presentano nell'edilizia. E i compensi generalmente sono liberali. Quando sarà necessario il tuo intervento te lo dirò.

Caterina Sereni, ti prego di non tornare più su questo tema. Me lo prometti?"

Mi baciò sulla guancia.

"Allora, Carletto, che ne dici?"

"E' tutto molto bello."

Girai qualche pagina. Vi era la foto di una splendida cucina.

"Questa, Nina, andrebbe bene da noi. Il vano é sufficientemente spazioso, e a me piacerebbe un tipo del genere. Quel tavolo é l'ideale per una cenetta in due, al lume di candela."

Mi baciò ancora.

"E c'é anche il posto per un seggiolone!"

La strinsi a me.

"Adesso prendo nota degli articoli e domani telefono in fabbrica."

"Non c'é bisogno, Carlo, a Roma c'é il rappresentante, che é anche un loro designer."

"Chi é?"

"Marco Verni, architetto."

"Marco Verni? Ma é stato compagno mio e di Mario."

"Si, ma Mario non deve sapere nulla di quello che facciamo."

"Bene, ci parlo io. E affiderò a lui il compito di provvedere alle luci. E gli dirò che mi piacerebbe anche un bel soggiorno. Do you agree honey?"

"Yes, I do, darling."

E questa volta il bacio fu sulle labbra.

"Anzi, sai che faccio, Nina, gli telefono adesso, a casa. E' più confidenziale, siamo vecchi amici."

Marco fu lieto di sentirmi. Disse che era tanto che non ci si vedeva. Quando seppe cosa volevo acquistare mi assicurò che avevo fatto la scelta migliore. Anche il soggiorno sarebbe stato intonato al resto. Semplice, moderno, accogliente. Avrebbe fatto caricare il tutto sul TIR che partiva dalla fabbrica l'indomani sera, e due giorni dopo avrebbero potuto montare tutto a casa. Accettò con piacere di interessarsi delle luci. Mi avrebbe fatto fare uno sconto del cinque per cento.

Quando riferii a Nina il contenuto della conversazione, non stava in sé per la gioia.

"Fra pochi giorni, quindi, sarà tutto a posto.

Sarà una casa bellissima, non mancherà nulla."

"Ci mancherai tu, bimba."

Strinse le labbra, e sembrò percorsa da un brivido.

^^^ ^^^ ^^^

Dopo qualche settimana, eravamo a metà luglio e il caldo si faceva sentire, tutto era in ordine. Alcune stanze arredate: ingresso, camera da letto, studio, salotto soggiorno, cucina, bagni. Luci sistemate, pavimenti lucidati a specchio, tende montate.

Aveva pensato a tutto Marco.

Una volta piombò a casa che c'era anche Nina, tutta indaffarata. La guardò, sorpreso.

"Ma tu sei la sorella di Mario!"

Lo pregammo di essere discreto perché era un segreto di Nina e mio.

Rispose che... non sapeva di cosa parlavamo.

Il mio conto in banca era diventato anemico. Ma i clienti avrebbero presto pensato a rinsanguarlo.

"Andiamo al mare, domani, Carlo?"

"Ma domani é venerdì."

"Appunto, non ci sarà il solito affollamento festivo."

"Va bene, telefono in ufficio per avvertirli."

"Carlo, ricordati di lunedì. Santa Marinella. A casa mia. Ci saranno anche i tuoi genitori. Papà annunzierà il nostro fidanzamento."

Assunsi un tono seccato.

"Ma Nina, ci frequentiamo solo da un mese..."

Rispose con lo stesso piglio.

"Ma Carlo, lo sappiamo da una vita..."

In effetti, accompagnato dai miei, avevo già acquistato l'anello e speravo che le piacesse.

"Nina, te lo immagini Carlo Sereni che si fidanza ufficialmente con una ragazzina che non ha ancora venti anni, alla quale puliva il nasino quand'era piccina, e... qualche volta le tirava sù le mutandine?"

"No, non lo immagino, voglio proprio vedere che faccia farà. E sono curiosa di sapere se me le tirerà sù ancora! Allora, domani al mare?"

"Al mare!"

"A che ora devo venire a prenderti?"

"Ti aspetto alle nove.

Ora, per favore, riaccompagnami a casa."

* * *

La giornata era splendida, non molto calda. Un vento leggero soffiava dal mare.

Nina indossava gonna e camicetta, e portava una piccola sacca colorata.

"Il costume l'hai addosso?"

"No, perché mi pizzica, sono un po' allergica a certe fibre. E tu?"

"Lo stesso."

Imbocammo presto la strada per il mare.

Non era molto trafficata.

Entrammo nel parcheggio riservato ai clienti, consegnammo le chiavi al custode, con la preghiera di non farla stare al sole. Prendemmo le nostre sacche.

Allo sportello chiedemmo una cabina in muratura, con servizi, un ombrellone, possibilmente presso la riva, e due lettini per prendere il sole.

Il bagnino ci accompagnò alla cabina, l'aprì, mostrò che tutto era pulito e in ordine. Ci chiese se volessimo dei teli di spugna, per i lettini e per la doccia. Li avremmo trovati sotto l'ombrellone.

La mancia lo fece sorridere soddisfatto e ringraziare.

Ci consegnò la chiave della cabina e se ne andò.

"Vai prima tu, Nina?"

"Entra pure, non ho difetti da nascondere.

Anzi, é bene che te ne accerti."

"Era per farti sentire a tuo agio."

"Lo sono sempre con te."

Era inutile seguitare, sarebbe stato un colloquio a perdere, come dicevo io.

Entrammo, lasciai la porta aperta.

Nina la richiuse.

Poggiammo le sacche sul tavolino. Sedetti sulla panchetta di legno che v'era accanto.

Nina aprì la sua sacca, ne trasse il costume, slip e reggiseno, a fasce iridescenti su fondo quasi arancione.

Lo mise sull'attaccapanni.

Immaginavo che sarebbe andata a cambiarsi nell'angolo dove, dietro a un muretto ricoperto internamente di piastrelle maiolicate, v'era la doccia.

Andò a guardarsi nello specchio, sciolse i lunghi capelli, lasciandoli cadere sulle spalle scuotendo la testa.

Con la massima naturalezza, disinvolta e spontanea, sbottonò la blusa, la tolse e la poggiò sul tavolo. Aprì la chiusura della gonna e la fece cadere a terra. Restò in reggiseno e con un piccolo triangolino semitrasparente, che s'ombrava dove le gambe si congiungevano.

La guardai estasiato, deglutendo a fatica.

Prese gonna e blusa e andò ad appenderle all'attaccapanni.

Slacciò il reggipetto, lo gettò sul tavolo.

Era la prima volta che la vedevo così. Una statua perfetta, con il seno aggraziato, sodo, armonico, seducente.

Sentii le gambe tremarmi, la gola secca, riarsa.

Lasciò cadere a terra le minuscole mutandine, si chinò a raccoglierle e le mise vicino al reggiseno.

Tornò allo specchio. Si alzò in punta di piedi per guardarsi in un occhio.

La potevo ammirare in tutta la sua prepotente, provocante, splendida bellezza.

Ventre piatto, levigato, fianchi magnifici, linea superba, affascinanti natiche più deliziose che nella Venere callipigia.

Prese dalla sua sacca un fazzolettino di carta.

Si voltò verso di me, che l'ammiravo incantato, ammaliato, estasiato, rapito.

"Carlo, mi sembra avere qualcosa nell'occhio, forse un moscerino o solo un granello di sabbia."

Mi tese il fazzolettino.

Mi alzai a fatica, avevo la sensazione di camminare sulla bambagia, mi avvicinai a lei, guardai bene nell'occhio. Sentii i suoi capezzoli premere sul mio petto. Passai piano l'angolo del fazzolettino lungo il bordo della palpebra.

"Va meglio, piccola?"

Batté le palpebre.

"Si, grazie."

Mi baciò sulla guancia.

Prese lo slip e l'indossò.

Mise il reggiseno.

"Carlo, per favore, mi aiuti ad allacciarlo?"

Fui alle sue spalle, con dita incerte riuscii ad annodare i due lacci.

L'attrassi ponendole le mani sul petto.

Si strinse a me muovendo procace il suo sederino d'oro. Alzò la testa per farsi baciare sulla bocca, dolcemente.

"Devi cambiarti, Carlo. Ti precedo sotto l'ombrellone."

Uscì dalla cabina.

* * *

Era sdraiata sul telo azzurro chiaro, che aveva posto sul lettino. Aveva gli occhiali da sole, i capelli raccolti sotto la nuca.

Mi salutò con la mano.

"Siedi vicino a me."

Si spostò un po', e quando sedetti si voltò su un fianco. Sentivo le sue gambe, il suo ventre.

Mi curvai su lei.

"Sei bellissima Nina, non sapevo quanto sei bella, perfetta..."

"Visto che non avevo nulla da nascondere?"

"Si, amore, sei incantevole."

"Carlo Sereni, hai visto com'é semplice sentirsi veramente una coppia? Io mi sono sentita perfettamente a mio agio, ho visto come mi guardavi, e ne ho gioito. Mi guarderai sempre cosi?"

"E non mi limiterò ad ammirarti..."

"Lo spero bene...

Carlo, immergiamoci insieme, vicini, tuffiamoci e riemergiamo, torniamo sulla sabbia..."

Si alzò, tolse gli occhiali, legò i capelli, mi dette la mano, e andammo verso l'acqua.

"Quando usciremo dal mare, avrai lasciato in esso tutto il tuo passato, Carlo. Dovrà essere come se tu rinascessi in quel momento..."

"Anche tu lascerai nell'acqua il passato..."

"Io non ne ho, io nasco effettivamente oggi, dalla cresta dell'onda."

"Come Venere."

"La tua Venere, amore, nel giorno a lei dedicato, oggi, venerdì, consacrato all'amore."

Quando uscimmo, così, bagnati, tornammo ai nostri lettini. Nina si mise accanto a me, tra le mie braccia. Le baciavo piano i capelli salsi. La sua testolina poggiava sul mio braccio. Si assopì dolcemente.

Rimanemmo così, fin quando non si destò, come uscisse da un sogno. Si voltò.

"Che bello, Carlo, ho dormito tra le tue braccia. Allora é vero che sono la tua bambina."

Gli occhi ridenti, il volto luminoso.

"Andiamo via, Carlo."

"Così presto?"

"Si, andiamo via. Voglio fare la doccia, lavarmi i capelli."

Prendemmo le nostre cose, i teli, e tornammo in cabina.

"Vuoi fare prima tu la doccia, Carlo?"

"No, Ninetta, va pure, poi, mentre ti asciugherai i capelli sarà il mio turno."

Si liberò del costume, lo sciacquò nel lavandino, lo strizzò appena e lo mise in un sacchetto di plastica che ripose nella sacca da dove prese due flaconcini. Uno lo poggiò sul ripiano della doccia, l'altro lo mise sul tavolino.

Comparve anche un minuscolo asciugacapelli.

Girava nuda, scalza, come se io non esistessi.

Sembrò leggermi nel pensiero.

"Per me, Carletto, é perfettamente naturale comportarmi così. Tu per me sei sempre esistito, sei sempre stato con me. Non é immodestia o impudicizia, la mia, é spontaneità, abitudine a vivere con te, da sempre, per sempre."

Andò sotto la doccia, ne regolò il getto.

Prese lo shampoo, ne versò nel cavo della mano, lo passò nei capelli.

Un po' di schiuma le entrò negli occhi. Annaspava con la mano cercando di rimettere il flacone sulla mensola.

Mi avvicinai, e presi la bottiglietta dalla sua mano.

"Carletto, aiutami a lavarmi i capelli..."

Immersi le dita nella schiuma e strofinai piano.

Ero anch'io sotto la doccia, alle sue spalle.

La sentivo vicinissima.

"Sei anche un bravo sciampista, Carlo. E' delizioso sentirmi carezzare dalla tue dita, così, con gli occhi chiusi."

Le sue natiche sfioravano il mio slip che non riusciva a contenere la mia eccitazione.

"Grazie, Carlo, adesso posso fare da sola."

Arretrai un po' restando a guardarla.

Presi un lenzuolino e rimasi in attesa che uscisse dalla doccia.

Mi venne incontro sorridendo.

"Asciugami, amore, piano, come sai fare tu."

Le mie mani tremavano, mi sentivo confuso, impappinato.Si avvolse nel telo e andò verso il tavolo, dov'era il phon. La precedetti, infilai la spina nella presa e glielo porsi.

"Io vado a fare la doccia, Nina."

Non rispose.

Feci scorrere l'acqua, fredda, piano sul corpo. Era un balsamo. La confusione che s'era impadronita di me andava scomparendo, come il dissiparsi dei fumi di un ubriacatura.Aprii gli occhi.

Nina, avvolta nel suo telo, mi guardava reggendo il mio asciugamano.

Chiusi l'acqua, tesi la mano per prenderlo.

Scosse negativamente la testa.

"Vieni, Carletto, ci penso io."

La sua mano, lieve, curiosa e titubante, scivolava sul mio corpo, sostava, s'insinuava, in attenta ricognizione, a conoscere e riconoscere, ad accertare, studiare.

Il suo volto, serio, attento, manifestava interesse, non curiosità, le sopracciglia che a volte s'arcuarono rivelarono qualche sorpresa.

Mi consegnò l'asciugamano, mi baciò sulla guancia, andò a finire di prepararsi.

"Carlo, avranno delle ostriche, qui?"

"Non credo, ma potremmo vedere in qualche altra parte."

"Vorrei gustare qualche ostrica e una sola coppa di Champagne."

Andammo all'auto.

Il custode era appisolato, all'ombra. Aveva messo l'auto sotto una tettoia di canne ricoperte da rami verdi e aveva lasciato aperti i finestrini.

Era l'ora più calda.

Gli detti ancora una mancia e gli chiesi dove poter trovare delle ostriche.

M'indicò un locale poco distante.

Salimmo in macchina, accendemmo il climatizzatore, ci avviamo verso il luogo indicatoci.

Era una trattoriola dall'aspetto molto modesto.

Rallentai ma non fermai.

Nina capì il mio tentennamento.

"Non importa, Carlo, sarà per un'altra volta."

"Importa a me, mia deliziosa imperatrice, mia sultana. Vedrai che saprò contentarti."

Ripresi la strada per Roma, quasi deserta. Noi stavamo bene, l'aria fresca non ci faceva soffrire il caldo.

"Dove andiamo, imperatore?"

"Wait and see!"

E seguitai a guidare.

Nina si strinse nelle spalle.

Mi guardò fisso quando uscii dalla strada principale, una stretta curva e ancora un tratto asfaltato, verso un edificio che comparve quasi d'incanto.

L'ingresso era riparato da un'artistica tettoia sagomata con gusto.

Ci venne incontro un addetto che prese la chiave dell'automobile e mi dette un contrassegno.

L'ingresso era vasto, luminoso, accogliente e, quel che più conta, deliziosamente fresco.

Mi avvicinai alla reception, e chiesi se così vestiti, informalmente, da mare, potevamo accedere al ristorante.

"Certamente, signore.Il ristorante é da quella parte."

E indicò, con la mano, dove dovevamo dirigerci.

Fummo accolti con molta gentilezza, dissi che non avevo prenotato.

"Non ha importanza, signore. L'accompagno al tavolo. Va bene con vista sul green?"

"Si grazie."

"Le mando subito il Maitre."

Il campo di golf era molto bello, ben tenuto. Malgrado la stagione, l'erba conservava il colore dello smeraldo.

Dissi al Maitre che desideravamo ostriche e Champagne e ci affidavamo a lui.

"E per dopo, signore?"

Guardai Nina.

Con un sorriso disarmante, disse:

"Gelato di crema e cioccolato."

L'uomo seppe nascondere il suo stupore, e si allontanò.

Le ostriche e lo Champagne furono all'altezza delle più esigenti aspettative.

Nina, prima di assaporare golosamente il suo gelato, disse al Maitre di farne portare uno anche a me, di fragola e limone.

"Prenderei un caffé, Carlo."

Ne ordinai due.

All'uscita si mise al mio braccio.

Detti la contromarca al ragazzo e dopo poco giunse l'auto, fresca, lucida.

Nina respirò profondamente.

"Andiamo a casa, Carletto?"

Tornai sull'autostrada, alla volta dell'EUR.

Stavo per imboccare la via dove lei abitava.

"Dove vai, Carletto?"

"A casa tua."

"Ma io intendo a casa nostra."

Proseguii, Terme di Caracalla, obelisco di Axum Colosseo, via Salvi, San Pietro in vincoli.

La casa era in penombra, il condizionamento dell'aria la rendeva un'oasi riposante.

"Carlo, ci dev'essere dell'aranciata in frigo. Perché non ne versi in un paio di bicchieri, mentre io mi rinfresco?"

Presi dal frigo una lattina di aranciata, l'aprii. Misi due tovagliolini di carta sul tavolo della cucina, vi poggiai sopra due bicchieri, li riempii con la bibita.

Voltandomi verso il corridoio, la chiamai.

"Nina, l'aranciata é pronta."

"Portala qui, per favore."

"Qui, dove?"

"In camera."

Quando fui sulla porta della camera da letto, quasi mi caddero i bicchieri dalle mani.

Le luci sui comodini erano accese, la lampada a piantana, a fianco della toletta, era pure accesa e ammantata con un evanescente foulard rosa.

Vicino alla toletta, in piedi, Nina indossava la sua candida tunica di bisso. I capelli neri le coprivano le spalle e il petto. Il volto raggiante, come avvolto in un nimbo, una splendida nuvola luminosa.

"Carlo..."

Non seppe dire altro.

Lasciai i bicchieri sul basso tavolino e andai da lei.

Mi tese le braccia, tremante, e gli occhi erano lucidi e radiosi.

Si rannicchiò in me, mi poggiò la testa sul petto. L'alzò lentamente. Mi guardò senza parlare, annuendo.

"Torna tra un minuto, Carlo."

Ero attonito.

Non sapevo se avessi compreso bene, cosa dovessi fare. Decisi di mettermi in pigiama.

La voce di Nina mi invitò a tornare.

Rientrai nella camera.

Nina era nel letto. Il lenzuolo sotto al mento, tenuto stretto dalle sue manine, bianche per lo sforzo, e mi guardava con i suoi occhioni splendidi spalancati, le labbra lievemente contratte. Volse appena il capo indicandomi il cuscino vuoto, accanto a lei.

Mi misi al suo fianco, le presi le mani, disserrai piano le sue piccole dita, feci scendere lentamente il lenzuolo.

Era nuda, sdraiata sulla tunica di bisso. Vidi la sua gola muoversi, deglutire, le sue labbra che volevano dire qualcosa, ma si limitavano a palpitare.

Le baciai la bocca, il collo, il seno, il serico prato del pube. Scesi lentamente, cautamente, attendendo di essere accolto. Percepii il disserarsi cauto delle sue gambe. Seguitai a baciarla, a lungo. La lingua la cercò avidamente, indugiò sul suo piccolo bocciolo germogliante e fremente. Sentii muoversi i suoi fianchi. Le mie dita salirono a stringerle dolcemente i capezzoli rigidi, protesi.

La lingua scese sempre più verso la porta del paradiso, vi girò intorno, la esplorò, ne sentì il pulsare, il sussultare, il fremere di labbra affamate.

Nina sollevò lentamente le gambe, poggiandosi sui calcagni, le divaricò, il suo ventre sembrava impazzito, squassato da forze sopranaturali.

Con gli occhi chiusi, le nari frementi, le labbra semiaperte, annuiva...

M'ero liberato da ogni inutile impaccio.

Mi posi su di lei, tra le sue gambe.

Poggiai il glande dove la lingua aveva assaporato il suo desiderio.

Spinsi piano, ancora un po'...

La sentii inarcarsi, un piccolo gemito dalla sua bocca, mentre teneva un labbro tra le perle dei sui piccoli denti.

Ancora una lieve spinta...

Intrecciò le gambe dietro la mia schiena,e accolse, golosa, ingorda, meravigliosa.

Come a placare una fame antica, mi cercò avida, fino a quando non giacemmo entrambi sfiniti, sudati, voluttuosamente affranti.

Si voltò verso di me, su un fianco, mise la sua gamba sul mio pube, con la mano, cercò il mio sesso, lo strinse. Si avvicinò all'orecchio. Con voce roca, bassa, passionale, sussurrò:

"Richmond, sei il capoluogo dell'universo! Te lo dice Caterina Sereni."

La carezzai tra le gambe.

"Virginia, ora sei più Florida che mai."

Nina strinse ancor più le piccole dita.

"Vado a prenderti l'aranciata che hai lasciato sul tavolino."

Sedette sul letto, si alzò ma si risedette subito.

"O Dio, mi gira la testa."

"Vado io, amore."

"No, voglio servire il mio sultano."

Un po' barcollando, nuda, andò a prendere i due bicchieri.

Ne dette uno a me e poggiò l'altro sul comodino.

Si guardò nello specchio.

"Che faccia, che ho, come posso piacerti Carlo?"

"Vieni qui e te lo dico."

"No, ne morirei. Ma... fammi morire! E tornò a letto."

Era quasi sera quando ci ricordammo che, purtroppo, doveva tornare a casa.

Si alzò di nuovo piegò accuratamente la tunica di bisso, non più immacolata, andò a riporla nel primo cassetto del comò.

"La conserverò per tutta la vita, così. E quando andrò via per sempre, voglio che me la facciano indossare."

Tornò ad essere la piccola Nina birichina.

Prese il telefono, formò un numero.

"Pronto, mamma. Qui é la signora Sereni che parla... Scusa, ero distratta, ...lo so che il mio cognome é Stefani, signorina Stefani, lo so...

Stiamo per tornare a casa.

Dove sono?

In un posto delizioso, più del paradiso terrestre. Ciao, ci vediamo presto."

Mi guardò con un sorriso furbesco.

"Dove preferisci fare la doccia, Caterina Sereni?"