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Gli piace vedere sua moglie posseduta! Non importa da chi e come, ma più la cosa è selvaggia, più lei gode, e più lui gode. Misteri della natura umana...!

Mi piacciono queste persone, lo ammetto. Non perché siano fisicamente eccezionali, sebbene apprezzabili, né per altre doti evidenti. Non sono ricchi, non sperperano inutilmente. Non sono impegnati socialmente, non fanno volontariato a casa loro oppure in zone sperdute del mondo. Non sono culturalmente evoluti, per come viene intesa la cultura nel senso comune, eppure loro sono molto più colti di noialtri. Forse dovrei dire emancipati, ma la cosa è opinabile.

A me piacciono, e non perché mi scopo la moglie davanti al marito. Mi piacciono forse perché sono stato il protagonista della loro storia, colui che ha portato finalmente alla luce le loro velleità nascoste, senza fronzoli, senza sotterfugi, senza compromessi.

Sono come loro, un ragazzo semplice, un ragazzo di campagna, o meglio, della Murgia. Non mi piacciono davvero le ipocrisie. Sono un libro aperto, e mi piace condividere le esperienze con chi mi è affine. Alessandra e Giacomo lo sono.

"Tutto bene?" mi chiede mentre io cerco di dominare la mia eccitazione non ancora sopita e di resistere alla tentazione di proseguire nell'amplesso facendole cambiare posizione per penetrarla da dietro. Si è fatto tardi e abbiamo tante cose da fare prima del momento fatidico.

"Si, certo" rispondo, "Come potrebbe essere diversamente con una donna come Alessandra che ti augura il buongiorno in questo modo!".

Chiude gli occhi e inspira profondamente senza rispondere, strofinando il braccio di Alessandra con una mano mentre con l'altra le accarezza la testa.

Alessandra sta ancora ansimando, gli occhi chiusi, le spalle che si sollevano contro la vasca.

Lui si china verso di lei e la bacia dolcemente, prima sulle labbra, poi sulla guancia, scendendo sul collo bagnato e risalendo dietro l'orecchio, fino a soffermarsi a mordicchiarle il lobo.

Alessandra geme, si stiracchia, gli occhi ancora chiusi, la lingua che percorre il contorno delle labbra lucide.

E' il loro momento di intimità.

Esco dalla vasca, invisibile ai loro occhi, e cerco l'accappatoio: "Porca puttana!" sussurro "Non l'ho preso!". Reazione tipica e istintiva, considerato che madri prima, mogli dopo, ti inculcano l'abitudine a non sporcare il pavimento. Che palle! Sono così condizionato che l'idea di uscire nudo e gocciolante mi dà fastidio, anziché considerarlo naturale. Siamo in un ambiente troglodita, dove però quelli definiti "la vergogna d'Italia" avevano l'acqua corrente in casa sin dai tempi del Neolitico. Eppure sono stato così condizionato da temere rimproveri per aver sgocciolato acqua sul pavimento di pietra dal mio membro ancora eretto!

Accanto c'è uno sgabello con asciugamani ripiegati: ne prendo uno e me lo avvolgo intorno alla vita, a mò di gonnellino, rigirandone il lembo per incastrarlo e farlo reggere, stile antichi egizi: mi è sempre piaciuto l'effetto che fa, fa risaltare il fisico e le virtù nascoste. Nel mio caso poi, avendo ancora l'erezione, la virtù non è proprio così nascosta.

Vado verso il letto, il lenzuolo è a terra, ma sul materasso si notano le impronte dei tre corpi che ha ospitato. Si vede che questa esperienza mi ha proprio sconcertato. Tutto quello che è collegato riaffiora in ritardo, quasi come se ci fosse un rifiuto ad accettare il fatto che sono io l'origine di tutto questo. Eppure non rifuggo dalle responsabilità. Ammetto che questo, però, è qualcosa di anomalo, che non capita certo di frequente.

Mi asciugo il corpo e i capelli, e getto l'asciugamani a terra: lo raccoglierò poi. Il senso di ordine non mi ha abbandonato, nonostante tutto. Mia moglie si sarebbe incazzata comunque! Mia madre anche.

Trovo i miei pantaloni su un basso attaccapanni discretamente posizionato tra l'angolo toeletta e il letto, così pure camicia e giacca. Ne ho uno simile a casa, si chiama Arcibaldo, ed è un fedele alleato per depositare con discrezione non solo indumenti, ma anche quello che contengono le tasche, visto che ha una piccola calotta sferica per gli oggetti che altrimenti fuoriuscirebbero dalle tasche cadendo sul pavimento.

Prima di indossarli, però, decido di andare verso lo specchio: ho bisogno di radermi, e lo faccio. Ho un nuovo rasoio, datomi come omaggio per una promozione. E' un cinque lame, praticamente ha una spazzola al posto della testina rotante. Sembra un Folletto in miniatura. Lo provo per la prima volta, dopo aver bagnato e insaponato la faccia, e lo giudico in maniera contrastante: ottimo per le superfici ampie, pessimo per sottolabbra e basette.

La grande testina che ospita le lame è eccessiva per le zone con piccolo raggio di curvatura. Rischio di ferirmi. Presto la massima attenzione, ma il risultato fa schifo, nonostante la pubblicità. Continuo a sentire punte ispide sotto le dita anche dopo passaggi ripetuti, naturalmente con attenzione. Decido che tornerò alla vecchia cara monolama, discreta, precisa e senza tanti fronzoli. Lo so, sono un tipo all'antica. Del resto vivo in un luogo trogloditico.

Risolvo la situazione, mi risciacquo abbondantemente nel lavabo a conca e applico sul viso il mio Quorum di Puig. E' una fragranza a cui non rinuncio, se posso naturalmente. Piuttosto preferisco il nulla.

Loro sono sempre lì, con lei che si riprende poco alla volta dalle sensazioni forti, e lui che la supporta, vezzeggiandola, raccontandole quanto è stata brava, quanto era sensuale al culmine dell'azione. A me sembra un'azione consolatoria, ma non è detto.

Devo convincere il mio coinquilino del piano di sotto a rientrare nei ranghi, non l'ha ancora fatto. Si vede che la situazione lo intriga. Eppure ne abbiamo viste di più spinte!

Indosso i miei slip Diadora, i pantaloni in tela leggera modello jeans, abbottono la patta con i suoi cinque bottoni di ferro, mi rimiro nello specchio da bravo narcisista sempre insoddisfatto del risultato, e poi mi volto verso i miei ospiti.

I due piccioncini stanno tubando, lui inginocchiato sul pavimento e proteso verso la vasca, lei con le gambe che sporgono dal bordo, il corpo coperto dalle bolle di aria della Jacuzzi, la testa verso quella del marito, le labbra incollate alle sue, la lingua instancabile che si intreccia con quella di Giacomo.

Mi avvicino e li abbraccio entrambi, le loro teste tra le mie mani, baciando la testa dell'uno e dell'altra, con una sensazione di onnipotenza. Devo essere completamente rincitrullito!

Staccano le loro lingue e mi guardano scoppiando in una risata: mi piace l'atmosfera, mi sento in pace col mondo.

Vedere Alessandra con i capelli bagnati appiccicati al suo corpo che reclina la testa ridendo e continua ad avere fremiti di piacere mentre suo marito la guarda amorevolmente e la accarezza è una sensazione che non ha prezzo.

So che da domani cercherò altra gente come loro...e spero di trovarla!

Mi viene voglia di un altro caffè, e ne preparo anche per loro. Lei si alza ed esce dalla vasca aiutata dal marito che le porge un telo in cui si drappeggia, stile matrona romana, con due lembi annodati su una spalla mentre l'altra rimane scoperta, le sue gambe asimmetricamente nude, lucide e gocciolanti. La visione è tremendamente eccitante. Penso al modo in cui io mi avvolgo l'asciugamani intorno alla vita, incastrando un lembo all'interno del bordo superiore, senza nessun nodo, come il gonnellino del liberto romano.

Il caffè è pronto, e glielo porgo.

"Siamo pronti?" chiedo, e subito dopo: "Come è andata?"

"Bellissimo!" risponde lei. "Abbiamo passato dei giorni favolosi" aggiunge lui.

Lei sorseggia il suo caffè e allunga il braccio davanti a me per poggiare la tazzina sul ripiano, poi lo ritrae con un movimento verso l'alto e mi sfiora la guancia, passandomi un dito sulle labbra. Il contatto con la pelle fresca e umida è inebriante, il profumo dei sali da bagno copre per un momento l'aroma del caffè appena fatto.

Poi si gira e va verso il letto ancheggiando: sa che impazzisco a quella vista. Si asciuga e si prepara per la lunga giornata che l'attende.

Colgo lo sguardo languido di suo marito, in completa venerazione di quella donna che lo ha portato alla piena realizzazione come uomo, poi la segue e le porge i vestiti, servizievole e silenzioso come sempre.

Il momento magico è passato: li lascio alla loro intimità familiare e continuo a sorseggiare il mio caffè. Mi piace centellinarlo, fa sempre parte del rito a cui spesso rinuncio ma che mi manca tremendamente nei miei viaggi all'estero.

I miei ospiti continuano con il loro daffare: pettinarsi, vestirsi, truccarsi, raccogliere gli oggetti personali e preparare le valigie. Non mi piace la scena: l'ho vissuta troppe volte. Non scambiamo parole, non è il momento. Si torna alla fredda realtà quotidiana, almeno per un pò. Mi dispiace constatare che sì, siamo sempre amici, complici in qualcosa di esclusivo, che non è per tutti, ma comunque siamo tornati dei semplici conoscenti, con interessi diversi, accomunati da una passione per quello che la gente chiama impropriamente trasgressione.

Ancora pochi minuti e sono pronti ad uscire.

Mi affaccio ancora dal balcone, e mi perdo tra le chiazze verdi dei cespugli che macchiano il grigio della roccia che circonda il nero profondo delle caverne dei miei avi.

Il contrasto con l'azzurro del cielo è sconcertante. Dagli affacci sulla Gravina di Piazza San Pietro, Porta Pistola e Via Fiorentini tanta gente, come me, subisce lo stesso fascino. sento i tipici rumori di bagagli trascinati sul pavimento, il tonfo di una valigia. mi volto.

"Noi andiamo..." è Giacomo a parlare, il sorriso laconico sulle labbra. Alessandra è di spalle, raccoglie il suo trolley, il beauty a tracolla, e si avvia alla porta. Per lei la stagione di caccia è già chiusa. E io sono stato la sua preda, quella sfuggente, che non si fa catturare, che schiva le insidie fino ad insidiare il predatore.

Ed è stato questo che l'ha convinta. Un gioco strano, perverso, in cui una preda viene trasformata in cacciatore proprio da colui che le dà la caccia.

La sua mente sta già assaporando il gusto delle prossime cene coi colleghi, e soprattutto dei dopo cena: ma non avranno più lo stesso sapore!

Sollevo la tazzina del caffè in un brindisi di saluto. Lui agita la mano in un ciao, apre la porta con un gesto galante e cede il passo alla moglie che, ancheggiando decisa nei suoi provocanti leggings bianchi sotto cui si intravede il perizoma nero, conduce il suo trolley fuori dalla stanza. Lui la segue e chiude la porta.

Rimango solo, a fissare la parete di tufo listato che fa da cornice alla porta blindata, insonorizzata e a tenuta isolante, impreziosita con legno di frassino. sento il rumore delle ruote dei bagagli allontanarsi.

Il caffè è finito. Deposito la tazzina sul piano della cucina e bevo un sorso di acqua da un bicchiere dopo averlo riempito dal rubinetto lasciato aperto qualche secondo.

Torno a guardare fuori, verso quell'orizzonte netto e marcato, così vicino che sembra si possa toccare.

Immagino loro due uscire dalla reception dopo gli opportuni convenevoli e dirigersi verso il parcheggio di Porta Pistola, incespicando con i trolley nelle chianche che pavimentano quelle strade. Trovano la loro BMW di colore grigio, dignitosamente parcheggiata tra una Porsche Carrera 4S nera e una Lamborghini Murcielago verde pisello, come quando sono arrivato. Caricano le valigie nel vano portabagagli posteriore, salgono in auto, lui alla guida, e partono: direzione casa!

__________

I - L'approccio

Che giornata!

Una di quelle che ti impegnano pesantemente nel lavoro, ma che non ti danno soddisfazione, che ti sfiancano e ti fanno sentire a pezzi già nel primo pomeriggio, e poi alla fine si rivelano inconcludenti.

Ecco come mi sentivo verso le sei del pomeriggio di una bella giornata di metà marzo, mentre discutevo con un collega all'esterno della sua officina le problematiche del prototipo di una macchina di nuova concezione.

Ho sempre il cellulare con me, naturalmente, come la maggior parte degli italiani, sebbene non lo usi in maniera così spinta. Per me è essenzialmente un telefono, oppure un navigatore per muovermi in posti che non conosco, o anche una agenda, non molto di più.

Tutto mi sarei aspettato da quella chiamata: un fornitore che mi chiedeva notizie su pagamenti, un potenziale cliente che chiedeva informazioni tecniche, oppure qualche amico che voleva comunicarmi il suo nuovo numero, o ancora un operatore di call center che mi proponeva offerte vantaggiose.

Non ero preparato a quello che invece sarebbe accaduto da quel momento in poi.

Faccio un cenno con la mano alla persona di fronte a me per chiedere una pausa: "Pronto?" rispondo dopo un paio di squilli non avendo riconosciuto il numero.

"Buona sera, mi scusi se la disturbo. Ha un momento da dedicarmi?" dice l'uomo dall'altra parte.

"Mi spiace, ma se vuole propormi un nuovo contratto le anticipo che non sono intenzionato a farlo" rispondo immediatamente.

"No, non voglio proporle nulla" la voce era pacata, lenta e calma "Vorrei solo parlarle qualche minuto, se per lei non è un disturbo".

La discussione con il collega era ormai terminata, mi mancavano i convenevoli, e quella chiamata mi aveva incuriosito. Qualcosa nel tono della voce dell'uomo mi lasciava intuire che una chiacchierata con lui sarebbe stata interessante.

Sono sempre stato bravo a cacciarmi in situazioni anomale, costituiscono una piacevole diversione alla vita quotidiana, e in questo periodo conduco una vita troppo normale per i miei gusti. Ogni novità è ben accetta.

Già in passato mi era capitato di ricevere telefonate da sconosciuti con proposte di incontri tra uomini, cosa che avevo cortesemente declinato non perché contrario, ma semplicemente perché non rientra nella mia natura. Se così fosse stato, al massimo avrei rifiutato qualunque offerta ed avrei perso pochi minuti del mio tempo.

In ogni caso avevo bisogno di uno stacco dalle problematiche quotidiane, in modo da pensare a tutt'altro.

"Mi lasci dieci minuti" rispondo, e chiudo la comunicazione guardando ancora una volta il numero sul display con una certa perplessità. Non sono il tipo a cui fanno scherzi telefonici, non ne ho più l'età, ed inoltre non conosco nessuno che sia dedito a questo.

Il collega intuisce che c'è qualcosa di strano, ma è una persona discreta, come tutti noi, e per quanto siamo in confidenza non fa domande.

Lo saluto, ripongo il cellulare nella tasca della giacca e mi allontano lungo il vialetto verso la mia automobile parcheggiata davanti al cancello.

Il suo cane, un Siberian Husky di 4 anni di taglia media, mi segue scodinzolando festosamente: ormai siamo amici. Anche lui si è riconvertito, come molti di noi nel mondo del lavoro: da razza da lavoro è diventato fra i più apprezzati cani da compagnia, ma qui ha anche il compito di vigilante.

L'aria del tardo pomeriggio è frizzante e la temperatura all'interno dell'abitacolo della vettura è piuttosto alta per il periodo. E' un'auto da cantiere, una Punto con il motore rifatto ma tutto sommato non malconcia considerati i 340.000 chilometri percorsi. So di doverne fare ancora parecchi per raggiungere casa mia, e in previsione della imminente telefonata da ricevere collego l'auricolare al telefono.

Il tempo di accendere il motore e ingranare la marcia che sento lo squillo.

"Ciao" dice la stessa voce "Ti chiedo scusa se chiamo così, ma avevo bisogno di parlare con qualcuno"

E' passato al tu. E' già entrato in confidenza con me. Rimango in attesa col fiato sospeso: ecco che ora mi arriva la proposta, dico tra me e me.

"Non preoccuparti" dico "nessun disturbo. Posso sapere chi sei?".

"Noi non ci conosciamo, mi chiamo Giacomo" L'accento non è locale, deduco che è settentrionale, sebbene la cadenza non sia così marcata. Si esprime in modo corretto, da persona colta.

"Come mai conosci il mio numero?" chiedo.

"Vorrei venire in vacanza con mia moglie dalle tue parti. Ho fatto una ricerca sul web e sono incappato nel tuo numero telefonico".

Tiro un sospiro di sollievo! Ma allora...?

Cambio idea sulle sue intenzioni.

Mi è capitato di fare il padre confessore di diversa gente, da amici abbandonati dalle ragazze a mogli incavolate con i mariti, ma questo succedeva tanto tempo fa. Ultimamente, e raramente comunque, i problemi riguardano esclusivamente il lavoro. Vedremo...!

"Ne sono lieto" rispondo "ma la mia attività non è esattamente quella di una agenzia turistica". Poi aggiungo dopo una breve pausa: "Naturalmente sarei lieto di aiutarti, se posso".

Ci siamo: ecco il senso di identità territoriale e il mio spirito campanilistico che prendono il sopravvento!

Sono sempre stato orgoglioso delle mie origini, sebbene non particolarmente soddisfatto della classe politica e della loro allegra gestione della cosa pubblica. Ma questo è un argomento che è meglio non toccare, se non altro per non essere tacciato di populismo. Eppure, il termine ha un'origine ed un significato del tutto diverso da quello dispregiativo e qualunquista che gli attribuiscono politici e media, e merita la massima considerazione in quanto esalta il popolo come depositario di valori positivi. Normale che i primi non vogliano farsi togliere l'osso di bocca...

"Si, di certo puoi aiutarmi. Ti ringrazio"

"Allora dimmi, cosa posso fare per te?"

"Io e mia moglie vorremmo scendere a Matera a Pasqua, e fermarci tutta la settimana."

"Ottima decisione. Il tempo è splendido al momento e si prevede che rimanga tale per un pò. Di dove siete?"

"Como"

"Come mai avete scelto questo posto così lontano in questo periodo e non in estate? Avreste potuto godervi anche il mare"

"Sai, mia moglie dovrebbe avere una settimana di ferie proprio il mese prossimo, e per questo abbiamo colto l'occasione al volo"

"Ma non ne sei ancora sicuro"

"No, ma lo sarò tra un paio di settimane. Al momento è al 90%"

"Bene! Hai già un programma oppure vuoi dei consigli?"

"No, nessun programma. Mi affido a te. L'importante è che si diverta mia moglie"

Non rispondo subito.

"Per farvi divertire dovrei conoscere i vostri gusti"

"Nulla di speciale" dice, e poi, lentamente "sono certo che tu saprai come muoverti".

Capisco che il colloquio si è trasformato nel dialogo di due persone che si stanno studiando cautamente, come per capire se sono sintonizzate sulla stessa lunghezza d'onda.

"Ti richiamo più tardi, posso?" mi chiede all'improvviso.

"Certo!"

Continuo a guidare...

Non penso più alla strana telefonata di Giacomo, sono impegnato nel lavoro, che presenta qualche difficoltà. Lui non mi ha più chiamato, ed io di certo non l'ho richiamato. Ho pensato che avesse cambiato idea a proposito della gita. Certo, se avessi avuto un appartamentino da affittare avrei potuto guadagnare qualche soldino, vista la richiesta che c'è. Pazienza!

Sono passati alcuni giorni da quella volta. Il suo numero è stato cancellato dalla memoria del telefono, scacciato via dalle telefonate ricevute nel frattempo.

Sono ancora in ufficio, solo, ed è sera quando squilla ancora il cellulare. Non riconosco il numero che compare ma appena rispondo la voce mi suona familiare: "Sono io, possiamo parlare?"

"Ciao! Certo, non c'è problema. Allora, sempre convinti a venire?" chiedo.

"Sicuro! Anzi, personalmente non ne vedo l'ora" dice allegramente.

"Anche tua moglie è così impaziente?"

"Si, anche se devono confermarle le ferie". La cosa mi suona strana: manca poco più che una settimana, mi sa che la percentuale della scorsa volta si è ridotta al 50% o meno.

"Ma non hai provveduto a prenotare alberghi o altro?"

"No, ancora no. Appena arriviamo ci fermiamo nel primo posto libero"

"Guarda che il posto è gettonato. Non è facile trovare una camera senza pensarci in anticipo!" avviso.

"Ma dai, qualcosa la troveremo di sicuro."

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