Shangri La

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Mise entrambe le mani sul volante e fece salire rapidamente il tachimetro. Al diavolo i limiti di velocità.

Entrarono nel Grand Hotel & la Pace come se avessero varcato la soglia di Shangri Là.

"La signora non sta molto bene. Non é una cosa grave. Un semplice malore. Ha bisogno di riposare un poco e bere qualcosa che la tiri su. Spero che si rimetta presto per riprendere il viaggio. Comunque ci penso io, é una mia paziente. Per favore, una bottiglia di Dom Perignon e molta quiete. Non ha bagaglio perché non prevedeva di fermarsi."

Il Receptionist assentì con professionale indifferenza. Il suo volto non esprimeva nulla. Chiamò per far accompagnare i signori nella Suite Imperiale.

"Quanto richiesto le sarà portato tra qualche minuto. Alla sua auto pensiamo noi, dottore, lei si occupi della signora senza altra preoccupazione. Auguri."

* * *

Era la prima volta che, di propria volontà, stava sola con un uomo in una camera d'albergo.

La prima volta che voleva spogliarsi per un uomo.

La prima volta che voleva ammirare il suo uomo nudo, in tutta la sua bellezza.

La prima volta che tutto ciò non le ripugnava, non la nauseava, non l'angosciava, non la terrorizzava.

La prima volta che, vicina a un uomo, non sentiva contrarsi dolorosamente il grembo.

La prima volta che bramava schiudersi, offrirsi, sentirsi riempita e svuotata nello stesso tempo.

Si avvicinò a Mario e cominciò a sbottonargli la camicia. La tolse, la poggiò con cura su una sedia. S'inginocchiò dinanzi a lui, slacciò la cintura dei pantaloni, fece scorrere la chiusura lampo. Prima di sfilarli del tutto, gli levò i sandali. Con le due mani tirò giù lo slip. Gettò tutto verso la camicia.

Restò così, con le mani giunte, incantata da quello spettacolo di virile potenza che l'inebriava, dal sesso che s'ergeva turgido e fremente.

Lo toccò leggermente, quasi temesse di fargli male. Lo baciò, lo avvolse con la lingua, lo accolse tra le labbra.

Sempre in ginocchio, si liberò della camicetta, sciolse la fascia della gonna. Si alzò con estrema lentezza, facendosi scivolare il sesso del compagno tra i seni, lungo l'addome, sul pube. Oltre. Prendendolo delicatamente con due dita lo premette contro il clitoride, lo strofinò piano. Poggiò le mani sulle spalle di lui e lo spinse verso il basso. Gli passò i capezzoli sugli occhi, sulle labbra. Sentì il succhio che si ripercuoteva in lei, che la faceva fremere, implorare, pretendere.

Adesso era lui in ginocchio, il volto nel suo grembo, e la spinse dolcemente sul letto. Stringeva dolcemente il clitoride tra le labbra, la penetrava con la lingua, la frugava, raccoglieva le stille del piacere di quella splendida creatura che gemeva per la prima volta nella sua vita.

Si alzò in piedi, col fallo eretto. E' enorme, pensò lei, mi squarcerà.

La fece scivolare un po', col bacino sulla sponda, e le si mise tra le gambe. Poggiò il sesso vicino quella rosea e vibrante apertura. Cominciò a entrare, lentamente, inesorabilmente. Sembrava non dovesse mai finire. E lei conobbe il suo primo orgasmo, prima ancora di accoglierlo completamente.

Fremiti deliziosi, incantevoli, che si rinnovavano travolgendola in un turbine sconfinato, del quale temeva la fine, ma nel contempo la implorava, per non sprofondare, smarrirsi, nel nulla, per sempre.

Lo sentì spingere, fermarsi un istante, tornare a carezzarla, palpitare violentemente, poi l'irrompere d'un torrente voluttuoso che succhiò con la voracità della terra riarsa.

Giacque così. Gambe e braccia divaricate, occhi chiusi, labbra semiaperte, respiro affannoso. Allungò la mano, cercandolo.

Lui stava tornando dal bagno, col lenzuolino intorno ai fianchi. Andò verso il tavolo sul quale era la bottiglia di champagne, nel portaghiaccio, la prese, e andò a sedersi accanto a lei. Marta si voltò appena, aprì gli occhi, abbozzò un sorriso, deliziosamente affranta.

"Ti ho atteso da sempre... da sempre..."

Richiuse gli occhi.

Mario stappò la bottiglia, tenendola molto inclinata e accompagnando il tappo con la mano, la portò alle labbra, fece un lungo sorso, senza deglutire. Accostò la sua bocca a quella di Marta, vi travasò il liquido frizzante. Lei l'ingoiò. Fece un cenno di assenso con la testa. Ancora... ancora... Lui le fece cadere dello champagne sull'ombelico, provocandole un lungo brivido. Si chinò a raccogliere le gocce, con la lingua. Lei, sempre con gli occhi chiusi, supina, mosse le labbra, appena, come se bevesse.

Le bagnò il seno, i capezzoli, li deterse con la lingua. Ne versò tra le labbra di lei e bevve da quella coppa vivente.

Marta sussultò. si levò a sedere sul letto, strappò il lenzuolino dai fianchi di lui, scosse la testa, corse verso il bagno.

Quando rientrò, Mario era seduto sulla poltrona ai piedi del letto, ancora svestito, e guardava fuori, dal balcone, il cielo senza nuvole che s'avviava al tramonto.

Lei si chinò per raccogliere gli abiti che aveva lasciato per terra.

Lo sentì dietro di sé, con le mani che le stringevano il seno e quel qualcosa che la faceva impazzire di piacere che cercava di nuovo rifugio in lei. Cadde in ginocchio, spinse indietro il bacino. Una mano la carezzò tra le gambe. Poi lui, maestoso, solenne, imponente, entrò da conquistatore, vittorioso guerriero, forte e invincibile, attraversò l'arco di trionfo che l'attendeva, la portò con sé, in alto, verso la luce, verso la gloria, in paradiso.

Quando riemerse da quell'oceano di voluttà, tutto le girava intorno. Si lascio cadere sul tappeto. Guardò Mario con stupore, con adorazione, con gratitudine, con timore. Dio meraviglioso e potente, poteva distruggerla, annientarla, deliziosamente fonderla nel godimento.

Gli tese la mano, implorandone protezione, sostegno. Voleva rialzarsi. Da sola non vi sarebbe riuscita.

Mario la sostenne, fino alla doccia, aprì l'acqua al massimo. E lei si lasciò flagellare da quel getto che lentamente la riportava alla realtà.

V

Uscendo dall'albergo, Marta lesse ad alta voce le lettere dorate: 'Grand Hotel & la Pace'.

Si strinse a Mario.

"Per me" -sussurrò- "é stata e rimarrà per sempre 'Grand Hotel: é la Pace."

E salì in auto.

Mario sedette a sua volta, la baciò sulla bocca, partì sgommando.

Parlarono pochissimo, durante il viaggio. Lui le carezzava il fianco e lei gli ricambiava la carezza, sul dorso della mano. La leva, un sorpasso, obbligavano Mario, di quando in quando, a interrompere quel delizioso contatto che, nel ricordo, rinnovava un desiderio non sopìto.

Giunti a Villa Marta, Giovanni e Lucia si precipitarono a riceverli.

"Ha telefonato la signora Luisa" -disse Giovanni- "si é meravigliata che non foste ancora arrivati. Lei stava uscendo con le amiche, ritelefonerà a ora di cena."

Lucia aveva preso la borsa dal portabagagli ed era ferma sull'uscio, ad attendere la signora.

"Sa che le ha fatto molto bene il riposo, signora, ha un aspetto splendido, soddisfatto. Le ci voleva proprio un cambiamento d'aria."

Marta sorrise e s'avviò allo scalone. Si fermò un momento, e si voltò verso l'ingresso, dove Mario era appena entrato.

"Mario, se non hai nulla in contrario, Giovanni e Lucia potrebbero prepararci una cena fredda, così sarebbero liberi di andare al cine. Se tu, però, vuoi uscire, fa pure. Io devo consultare dei documenti."

"Per me va benissimo" -rispose il genero- "anch'io ho qualcosa che mi trattiene a casa."

"Allora" -concluse Marta, rivolgendosi a Giovanni- "intesi. Tra un'ora scenderemo per la cena fredda, preparate sotto gli archi. Voi siete liberi. Grazie."

Riprese a salire, voltò a destra, entrò nella sua camera.

Mario andò dall'altra parte.

* * *

Marta si gettò sul letto, senza spogliarsi. Era agitata.

Non aveva mai immaginato di covare in sé il tremendo vulcano che era esploso improvvisamente, inaspettatamente, travolgendola, sconvolgendola. Il fuoco le era restato dentro per anni, bloccato dai macigni gettativi da Amedeo, soffocato dalla cenere della nausea, sì che lei lo aveva considerato definitivamente spento, ove mai fosse esistito.

Ora, questo tremendo cataclisma poteva distruggere tutto.

Il risveglio d'un vulcano può anche prevedersi, ma non si può mai impedire. Si può cercare di contenerne gli effetti, ma fino a un certo punto. La terra trema, sussulta, il fuoco divampa, invade, brucia, travolge. Ma anche distrugge. L'unica difesa é la fuga, andare lontano. Ma lontano da chi, se il vulcano era in lei?

Mario, il marito di Luisa, di sua figlia.

Aveva pensato, tornando in auto, dopo i momenti del Grande Hotel, che sarebbe stato difficile vivere senza lui. Ora sapeva che non avrebbe potuto esistere senza averlo.

Allora?

Scandalo senza precedenti?

Fuga in una terra lontana, lasciando Luisa in balìa di sé stessa? Che ne sarebbe stato di sua figlia? Avrebbe odiato per sempre la madre? Mario? Gli uomini? Come lei?

'Per sempre', che affermazione ipocrita!

Mario aveva detto la verità, al Forte? Era veramente pronto ad andare con lei, a fuggire lontano? O per lui si trattava solo di un capriccio, per vantarsi con gli amici che s'era fatta la vecchia? Ma lo avrebbe detto? E sarebbe stato motivo di vanto?

Sentiva la testa scoppiarle.

S'alzò, fece una rapida doccia, indossò un leggero vestito di cotone, scese per la cena.

Giovanni e Lucia erano usciti.

Mario l'attendeva ai piedi dello scalone. Le baciò la mano, poi la bocca.

"Mi permetti di restare senza giacca?"

Lei sorrise, lo prese per mano e s'avviò verso la veranda, dov'era stato imbandito il tavolo.

Lui spostò la sedia, per farla sedere e le si mise di fronte.

"Marta, ho riflettuto a lungo, durante il nostro silenzioso viaggio, mentre ti carezzavo e tu ricambiavi la mia tenerezza. Ho valutato bene quello che desidero dirti. Ne sono sicuro, Marta, io ti amo. E non immaginavo che si potesse amare tanto e in questo modo. Forse, ti ho amato sempre, questo amore per te é sempre esistito in me, ma ora é divampato senza possibilità di controllo. Se per te, invece, é solo un'avventura, ti prego, dimmelo. Uscirò dalla tua vita, in silenzio e per sempre. Andrò agli antipodi, anche se sono certo che non riuscirò mai a dimenticarti. Non sono melodrammatico, sono concreto. So affrontare la realtà, qualunque essa sia, a qualsiasi costo, anche di me stesso."

Marta aveva poggiato i gomiti sul tavolo, il mento tra le mani, lo sguardo sereno, rilassata. Quando lui ebbe finito di parlare, si ricompose, aprì il tovagliolo e lo pose sulle gambe.

"Un po' di pollo, amore, per favore. Mangerò solo quello. Attendo solo il momento che per la prima volta potrò dormire tra le tue braccia, la prima volta che desidero dormire tra le braccia d'un uomo, dell'uomo che desidero. E parleremo di noi, dei nostri problemi che sono gravissimi, ma non disperati. Che in ogni caso non mi spaventano, e a te? Un po' di vino, grazie."

Mario tese la mano attraverso la tavola, per mescerle il vino, sfiorando quella di Marta.

"Basta il tepore della tua mano" -proseguì la donna- "per sentirmi svuotata. Spero che non sarà sempre così... anzi, no, desidero che sia sempre così. Il nostro dev'essere un segreto tutto e solo per noi. Non per falsità, ipocrisia, tema della gente, ma perché tu ed io dobbiamo distinguere quando siamo 'noi' e quando 'stiamo con gli altri'. Non so se riesco ad esprimere quella che definirei una profonda 'gelosia da camera'. Una gelosia, però, che non include Luisa: è mia figlia, é tua moglie. E non deve perdere nulla di ciò che per tali motivi le spetta. Non sono cinica, Mario, e non considerarmi amorale. E' il prezzo che sono disposta a pagare, serenamente, per saperti mio, anche mio, perché sento che non mendicherò i resti del banchetto ma vi parteciperò a parità di condizione. Ti voglio, Mario, a qualsiasi condizione, ma so che non mi chiederai di rinunciare alla mia dignità di donna. Comunque, sarei pronta a farlo pur di non intraprendere la via del ritorno senza speranza."

Mario la guardava senza parlare.

"Mangia qualcosa, tesoro, fammi compagnia anche in questo."

Disse Marta.

Mario si servì distrattamente, mangiò pochissimo, a fatica. Mille pensieri gli rimuginavano nella mente. Non sapeva se aveva compreso bene le parole di Marta. Luisa cosa avrebbe detto? Ma era indispensabile informarla? E se tutto fosse proseguito nella massima riservatezza, non lasciando trapelare nulla? Lui sentiva di amarla quella piccola bimba così appassionata. La desiderava. Più o meno di Marta? Non riusciva a stabilirlo. Erano due cose diverse, ma della stessa intensità? Ma era possibile questo? E gli era più piaciuto fare l'amore con Marta o con la moglie? Erano meravigliosamente deliziose entrambe. Se fosse stato possibile, avrebbe desiderato possederle contemporaneamente. Forse c'era qualcosa di contorto nella sua mente, perché si sentiva padre di Luisa e figlio di Marta. Cercò di scacciare questi pensieri. Che avesse bisogno d'uno psicologo?

Marta era andata a sedersi sul divano, sotto il porticato. Lui sedette per terra poggiandole il capo in grembo Le dita di lei gli carezzavano i capelli, giravano intorno al volto, si soffermavano sugli occhi, sulle labbra.

Il telefono che era sul piccolo tavolo, lì accanto, squillò importuno. Marta lo prese, alzò l'antenna, lo portò all'orecchio.

"Ah, sei tu Luisa? Ci siamo fermati a Montecatini per un mio vecchio problema, sempre trascurato, che Mario ha risolto in modo del tutto inaspettato ma con mia piena soddisfazione. Mario? No, non credo che si sia annoiato, a me non é sembrato. No, non é un orso, come dici tu. Si é dimostrato gentile, affettuoso, premuroso, disponibilissimo. Mi ha riempita, di attenzioni, ha prevenuto ogni mio desiderio. Sì, abbiamo già cenato. Solo qualcosa di freddo. Adesso andremo a letto. Sì, certo, anche tutti andremo a letto."

Intanto passava e ripassava le sue dita sulle labbra di lui, gli dischiudeva i denti, gli toccava la lingua, tornava a carezzarlo.

"No, cara, non posso passartelo. Credo che sia sotto la doccia. No, non l'ha fatta prima di cena. Va bene, gli darò un bacione da parte tua. Non temere, non gli farò mancare nulla, lo tratterò bene, come avresti fatto tu e, spero, anche meglio. Lo so, é un maritino che merita ogni attenzione. Ciao cara, buona notte anche a te."

Riabbassò l'antenna, mise il telefono sul tavolino.

Quando fu in piedi lo guardò con aria sicura, trionfante, con una sicurezza che non temeva confronti.

"Vieni, amore" -disse a Mario- "vieni con me, devo mantenere la promessa fatta a Luisa, non devo farti mancare nulla."

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