Shangri La

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Si alzò lentamente. scosse la testa facendo ondeggiare i lunghi capelli, nerissimi, si avvicinò a Luisa e cercò di abbozzare un sorriso.

"Sono un po' stanca, buonanotte."

E salì verso la sua camera da letto.

* * *

Alla morte di Amedeo 'Villa Marta' aveva subito alcune modifiche.

Il piano inferiore era stato lasciato com'era. Il piano superiore, invece, era stato suddiviso in modo che ogni 'quarto' costituisse un vero e proprio appartamento, con molta privacy e una certa autonomia.

Dal pianterreno partivano due rampe semiarcuate che convergevano nel vasto ballatoio, con al centro la porta dell'ascensore che scendeva fino alla rimessa. Dalla balaustrata di marmo si dominava il vasto ingresso-salone. Ai lati, due grosse porte conducevano ai larghi corridoi, con ampi balconi terminali, sui quali si aprivano le porte degli appartamentini. Ognuno comprendeva un ingresso spazioso dal quale si accedeva al salotto-studio, munito di servizi, e alla camera da letto, con annesso spogliatoio e bagno.

Per distinguerli, li avevano chiamati Nora, Silvia, Ester, Olga. Le iniziali indicavano nord, sud, est, ovest.

Marta entrò nella sua camera, accese tutte le luci, si fermò di fronte alla parete a specchi interrogandosi con lo sguardo. Andò nel bagno, regolò il miscelatore, aprì il rubinetto dell'acqua, gettò nella vasca una manciata di sali presi dalla scatola d'opaline verde. Tornò nella camera a spogliarsi. Rientrò nel bagno e sedette di fronte allo specchio. Raccolse i capelli in una grossa crocchia, sul capo. Chiuse il rubinetto, si sdraiò nella vasca, con gli occhi socchiusi.

Vi rimase a lungo.

Sentiva la tensione allentarsi lentamente, i muscoli del collo, delle spalle, dell'addome, delle gambe, si rilassavano. Respirava profondamente. Apriva e chiudeva le dita delle mani, muoveva i piedi. Prese una spugna, morbida, che sembrava di velluto, e la passò intorno al seno, sull'addome, sul pube, sulle cosce. Lentamente.

Uscì dalla vasca e avvolse il lenzuolino intorno ai fianchi. Il seno era forte, sodo, ben modellato; i capezzoli, scuri, s'ergevano spavaldi. Sedette, così, ancora una volta allo specchio. Fu percorsa da un brivido. Si alzò di nuovo, lasciò cadere il lenzuolino e indossò l'accappatoio bianco. Tornò a sedersi, sciolse i capelli e cominciò a spazzolarsi fissandolo specchio ma senza vedersi, come se assistesse allo svolgersi d'eventi trascorsi, proiettati dalla mente in quello schermo che ripeteva immagini del passato, mai dimenticate. Quella donna nello specchio non era lei, era più giovane, era Luisa. Indugiava pigramente per non entrare in camera da letto, per restare ancora con sé stessa, con quel corpo solamente suo.

Indossò la camicia da notte -non era mai andata d'accordo col pigiama- mise la vestaglia e andò nello studio.

La Cassa aveva mandato una grossa busta con copia dei documenti relativi agli argomenti che sarebbero stati discussi l'indomani. Aprì la busta, ne trasse un fascicolo con l'intestazione 'Ipotesi di partecipazione finanziaria indiretta nella SKW GMBH' a cura del dottor Mario Benetti.

Inforcò gli occhiali, più decorativi che necessari, e iniziò a leggere.

* * *

Luisa dormiva ancora, quando Marta scese nella rimessa dove Ines, puntualissima, l'attendeva. Motore acceso e climatizzatore regolato.

Un breve saluto, un accenno al tempo, alla nebbiolina che avvolgeva e ovattava tutto, al traffico sempre intenso, specialmente a quell'ora.

Marta mise la borsa dei documenti sul sedile posteriore e sedette a fianco della sua autista.

Ines sapeva di dover evitare le strade più affollate. Girò fino a imboccare il Viale D'Agostino, poi prese Via Saffi, costeggiando la Rocca attraversò Piazza Montanara, voltò a sinistra, raggiunse l'altra piazza ed entrò nel vasto cortile della Cassa.

Mancavano due minuti alle nove quando Marta entrò nello studio di Gaspare Boldini.

Il Presidente si alzò, le andò incontro chinandosi a baciarle la mano. "Posso offrirle un caffè, Marta?"

"Forse faremmo tardi alla riunione" -rispose la donna guardando l'orologio- "é per le nove, vero?"

"Si" -replicò Boldini, indicandole il salottino nell'angolo e invitandola a sedere con un gesto della mano- "ma un incidente ha bloccato la strada e il Bogi, che viene da fuori, tarderà qualche minuto."

Un cameriere, intanto, era entrato con un vassoio d'argento che mise sul tavolino del salotto. Versò il caffè nelle tazzine, prese la zuccheriera e chiese a Marta quanto zucchero desiderava. Marta fece segno che non ne voleva. Lo stesso per Boldini.

"Profitto di questa attesa per dirle qualcosa di molto personale." Cominciò Marta. "Lei, caro Gaspare, sa bene che fra non molto mia figlia Luisa sposerà Mario Benetti. Ora, io ho letto attentamente lo studio del Benetti e lo trovo accurato e interessante. Vorrei pregarla, però, di comprendere perché desidero di astenermi dal formulare un parere ufficiale in proposito. Chi leggesse i verbali della riunione sarebbe indotto a sorridere se vi trovasse un mio giudizio positivo in merito. Non crede?"

Boldini aveva ascoltato in silenzio.

"Cara Marta, chi la conosce non sorriderebbe. E se qualche altro lo facesse indicherebbe i limiti della propria intelligenza. In ogni modo, si comporti come meglio crede. Io stimo molto Benetti e mi dispiace che prima o poi ci lascerà per curare gli interessi della società paterna. E' un ragazzo veramente in gamba e, come può notare, gli vengono affidati compiti ben superiori alla qualifica assegnatagli dopo il concorso.

Avevo notato 'qualcosa' tra Luisa e Mario, ma non sapendolo ufficialmente mi sono sempre astenuto dal porgere a lei i miei complimenti e gli auguri ai futuri sposi. Li accetti adesso. Penso che il giorno delle nozze sarà ben difficile distinguere tra la sposa e la sua splendida mamma. Me lo lasci dire senza adulazione e senza galanteria. Potrei essere il nonno della Luisa."

Marta sorrise, pose la sua mano su quella dell'uomo.

"Non si butti giù, Gaspare, chissà quanti nonni la invidiano. Lei ha la stessa età che oggi avrebbe Amedeo se fosse ancora con noi, e Luisa l'ha sempre considerato un padre. Io le sono grata per quel suo consigliare senza apparire, sostenere senza farsi notare, per aver compreso il mio comportamento, per non avermi mai fatto domande.

Ho cercato di essere padre e madre, per Luisa, ma forse non ci sono riuscita del tutto. Del resto é naturale, i figli, specie le femmine, hanno bisogno del padre, di un vero padre in tutto il significato del termine.

Amedeo, e lei lo conosceva bene, era generoso con la famiglia e le dava tutto quello che aveva... soprattutto se a lui non serviva.

Spiritualità, affetto, amore non ne ha mai dato perché non poteva darne: non ne aveva.

Lui non ne faceva mistero, lo sa anche lei, diceva sempre che 'viveva per la bocca e per la gnocca'. Scusi la crudezza del linguaggio, ma é solo per non dimenticare.

Tornando a Luisa, grazie per gli auguri e sono certa che sarà presente, con la sua bella famiglia, il giorno delle nozze. Saremo in pochi, solo i più intimi. Io, per parte mia, non ho nessuno. Posso dire, senza essere melodrammatica, che non ho mai avuto nessuno."

"Non dica così" -la interruppe Boldini- "Lei ha tanti amici che le vogliono bene, ha noi, ha me..."

Marta lo fissò intensamente.

"Gaspare, vuole condurre Luisa all'altare? Ne parli con sua moglie."

L'uomo la guardò commosso, le prese le mani.

"Marta" -la voce stentava a uscirgli dalla gola- "devo essere io a fare un regalo alla sposa e invece é lei che mi fa il più bel dono che io abbia mai ricevuto. Agnese ne sarà felice quanto me."

In quel momento entrò Luigi Bogi, scusandosi del ritardo del ritardo causato da una deviazione che gli aveva fatto perdere molto tempo. Sedette sull'altra poltrona e, vedendo le tazzine del caffè chiese se ne fosse avanzato anche per lui.

"Siamo tutti" -disse Boldini- "invito il Direttore generale e ti faccio portare il caffè, così possiamo cominciare."

Giulio Sensi era Direttore generale sin dai tempi di Amedeo Roncato. Per l'invidiabile esperienza e professionalità aveva ricevuto numerose lusinghiere offerte da parte di istituti ben più importanti, ma il desiderio di non cambiare residenza e un trattamento economico di tutto rispetto lo legavano sempre più alla Cassa.

Sensi espose rapidamente e chiaramente com'erano iniziati i primi contatti con la SKW. Lo studio di fattibilità era stato affidato al Benetti, che lo aveva condotto con perizia e diligenza, anche avvalendosi, in via del tutto riservata e personale, di consulenze ad altissimo livello nel campo multinazionale. La conclusione era che, senza violare leggi nazionali e comunitarie e rispettando lo Statuto della Cassa, l'operazione non solo si presentava proficua per loro ma apriva interessanti sbocchi alla banca.

Sensi aggiunse che se il consiglio direttivo desiderava chiedere ulteriori chiarimenti direttamente al dottor Benetti, lo avrebbe chiamato.

* * *

Mario entrò con una voluminosa cartella. Salutò Marta, Boldini e Bogi, sorrise a Sensi col quale s'era già incontrato quella stessa mattina.

Il Presidente lo invitò a sedere.

"Caro Benetti," -cominciò con tono molto serio- a nome del direttivo le confermo il compiacimento già espressole dal dottor Sensi per il suo studio sulla SKW. Abbiamo convocato per domani il consiglio d'amministrazione, e siamo certi che condividerà il nostro parere. Per cui, l'approvazione é da considerarsi scontata. Dobbiamo provvedere, ora, alla stesura e firma del contratto e, come previsto, alla fase operativa, dopo centoventi giorni dalla firma degli accordi. Lei deve dirci di quanto tempo ritiene di aver bisogno perché tutto sia pronto per la firma, anche tenendo conto che, come ho saputo oggi," - proseguì col sorriso sulle labbra- " tra non molto ci chiederà un periodo di ferie per... matrimonio."

Sensi e Bogi ebbero un moto di sorpresa.

Mario guardò Marta e chinò la testa sorridendo.

"Allora, dottor Benetti?" Concluse Boldini.

Mario mostrò la cartella.

"Qui vi sono i contratti già esaminati dai nostri legali e da quelli della SKW. Li ho ricevuti in restituzione ieri sera, tanto che non ne ho ancora informato il Direttore generale. Noi avevamo preparato la bozza e non vi é stata apportata alcuna variazione significativa. Qualche piccolo ritocco nella stesura in tedesco, ma a tutti gli effetti ci si deve richiamare al testo in italiano. E' stata anche stabilita la competenza del foro della nostra città e l'applicazione della legge del nostro Paese. Francoforte ha già designato le persone che verranno per la firma, munite di regolare e valida procura. Quindi, é a lei, signor Presidente, di stabilire la data per la firma."

Boldini sorrise soddisfatto.

"Se siamo d'accordo, potremmo firmare giovedì della prossima settimana. La sera potremmo solennizzare l'evento con una cena di gala e nei giorni successivi potremmo offrire un 'week-end italiano' ai nostri ospiti. Crede di farcela, Benetti?"

"Certamente, signor Presidente. Ho intese di massima in tal senso, ma credo che gli amici di Francoforte preferiscano rientrare in sede al più presto. Anzi, se mi permette, non proporrei loro il week-end anche perché quando sono stato a Francoforte e ho detto che avrei volentieri visitato Heidelberg, si sono limitati ad approvare la mia intelligente scelta!"

"D'accordo, vada per la reciprocità." Concluse Boldini.

La riunione era terminata. Boldini disse a Sensi che avrebbe voluto rivederlo di lì a poco, dopo aver accompagnato all'auto la signora Roncato. Si rivolse a Bogi: "Vorrei parlare anche con te, Gigi, se non ti dispiace."

Aiutò Marta a indossare la pelliccia.

L'ascensore li portò fino alla rimessa interna, dove il commesso aveva telefonato preannunciandone l'arrivo.

Ines attendeva con lo sportello aperto, prese la borsa di Marta e la mise nell'interno dell'auto.

Marta tese la mano a Boldini, lui la trattenne tra le sue: "Lei, Marta, mi ha fatto un gran regalo mostrandomi non solo di aver compreso, ma anche di aver accettato, la mia devota e affettuosa amicizia per lei e per Luisa. Ho già accompagnato all'altare la mia figliola e sarò felice di fare altrettanto per Luisa che, se mi consente, vorrei considerare la mia seconda figlia. Grazie."

Si chinò a baciarle la mano.

Lei salì in auto.

Boldini chiuse lo sportello.

Ines girò intorno e salì al posto di guida. Mise in moto.

Marta era con la testa appoggiata al vetro del finestrino, guardava Boldini con gli occhi pieni di lacrime. Portò la mano alle labbra e gli lanciò un bacio, mentre l'auto usciva nel cortile.

III

Marta avrebbe trascorso qualche giorno al Forte. La Villa era sempre pronta, anche d'inverno, ad ospitare chi voleva vivere un periodo di serena pace. Bastava telefonare prima di partire per trovare tutto in ordine.

Quella metà di giugno era abbastanza calda.

Il verde intenso del prato e l'ombra dei pini invitavano alla pigrizia, al dolce far niente. L'acqua della piscina, malgrado la diligente cura del custode, era cosparsa d'infiniti aghi che il vento staccava dagli alberi. La notte portava la voce del mare. Ninna-nanna con accompagnamento di lieve stormir di fronde.

Marta, distesa sul lettino, a pancia sotto, prendeva il sole. Non si era accorta del giungere di Mario, né che il giovane s'era seduto sulla sdraio, poco discosto e, sorseggiando dal bicchiere semipieno d'aranciata, la stava osservando da qualche minuto.

Quella, dunque, era la madre di Luisa, sua suocera. Splendore che oscurava quello delle statue di Fidia, di Prassitele, di Canova, e di tutti gli altri. Non credeva possibile tanta bellezza in una donna, e non più giovanissima. Il due pezzi evidenziava, non nascondeva, lasciando poco all'immaginazione. Sbrigliava altre fantasticherie, sollecitava il desiderio.

Avrebbe detto a Luisa di non mettersi mai vicino alla madre quando entrambe erano in costume da bagno. Anzi, no, non doveva dirle niente.

Non aveva mai pensato che la suocera potesse turbarlo con tale violenza. Attrazione che sconvolgeva i sensi, eccitazione, desiderio travolgente che non ammetteva rinvio.

Sempre col bicchiere in mano, si avvicinò a Marta e rimase in piedi, carezzandola con lo sguardo, immaginando di afferrare quella cascata di capelli neri, di tenerla, forte tra le sue dita, mentre la possedeva.

Marta aprì gli occhi e sollevò appena la testa.

"Ciao, cosa fai li?"

"Ti ammiravo."

Lei sorrise.

"Penso che per prendere meglio il sole" -continuò lui- "dovresti slacciare il reggiseno. Ti aiuto?"

Lei annuì col capo.

"Si, grazie."

Mario poggiò il bicchiere per terra e le si inginocchiò vicino. Slacciò il nodo poggiando le mani sulla calda schiena di lei, lasciò cadere le stringhe ai lati del lettino scoprendo in parte l'alabastro, azzurrato di vene, del seno.

"Avevo ragione" -disse- "si vede il segno del nodo e dei lacci. Se mi dai l'abbronzante lo passo lì, per l'omogeneità della tintarella."

Marta tese il braccio, per prendere dal tavolinetto il flacone dell'olio solare, mostrando la soda rotondità del petto, con un capezzolo bruno che occhieggiava provocante, e dette la bottiglietta al genero.

Mario versò un po' del liquido scuro nel palmo della mano e cominciò a spalmarlo lentamente sulle piccole zone della pelle non dorate dal sole. Con un tocco lieve, appena una carezza, insisté con le dita sui piccoli solchi pallidi; passò e ripassò la mano, verso le spalle, al collo, scese verso il bordo dellE mutandine e lo spinse appena verso il basso, risalì al fianco, al biancore del seno poggiato sul materassino spugnoso. Lo sfiorò delicatamente. Anche dall'altra parte. A lungo.

Marta, con gli occhi chiusi e le sopracciglia lievemente corrugate, si mordeva piano il labbro inferiore. S'accorse di stringere le gambe, premere il grembo contro il lettino, irrigidire le cosce, i fianchi. Senza muoversi, sussurrò:

"Grazie, sei molto gentile."

Allacciò il reggiseno, si voltò, alzò una parte del lettino e si mise seduta con le ginocchia sotto il mento.

"Allora" -proseguì inforcando gli occhiali da sole- "dov'é Luisa? Non mi avete ancora raccontato il vostro misterioso viaggio di nozze. Ogni volta che ve lo chiedo rimandate a dopo. Sì, per me é stato un viaggio misterioso. Quando telefonavate non dicevate mai dove eravate. Dopo due settimane siete tornati senza preavvertire. Non sapevo cosa pensare, anche perché, di questi tempi, ci sono coppie che si dividono proprio durante la luna di miele. Chiama Luisa, per favore, desidero sapere come sono andate le cose."

"Posso?" Disse Mario, e, senza attendere risposta, sedette in fondo al lettino della suocera, a cavalcioni, dirimpetto.

"Luisa é andata dal parrucchiere, poi sarebbe passata in centro per acquisti. Ha detto che se non la vediamo tornare per l'ora di pranzo possiamo cominciare anche senza lei.

* * *

Subito dopo la cerimonia nuziale, Marta aveva detto a Mario di chiamarla per nome. Se alcune suocere, specie senza figli maschi, gradivano sentirsi chiamate "mamma", per lei la madre era una sola; suocera era un appellativo tradizionalmente antipatico; il "lei" teneva a distanza.

Insomma, si chiamava Marta e voleva che gli desse del "tu".

Mario s'era chinato per baciarle la mano. Lei lo aveva attirato a sé per baciarlo sulle guance, ma maldestramente, però: gli sfiorò le labbra e gli sbaffò di rossetto il collo della camicia.

Scoppiò a ridere. Chiamò: "Luisa, vieni a vedere tuo marito, ha già la camicia sporca di rossetto, e non é del colore di quello che adoperi tu."

Si voltò a Mario: "Scusa, caro, non so neppure baciare il marito di mia figlia. Pàssati il fazzoletto sulle labbra. Ho combinato un pasticcio. Scusa."

Mario sorrise e si passò la lingua sulle labbra.

Il viaggio ni nozze aveva tutta una storia a sé.

La Cassa avrebbe voluto offrire agli sposi, oltre al prezioso servizio di posate in argento inglese, anche un incantevole viaggio. I genitori avevano la stessa idea. Per Luisa e Mario, invece, quel viaggio doveva essere un loro segreto. Comunque, fecero sapere maliziosamente che presso la Cassa avevano un conto corrente intestato ad entrambi.

Egisto Zanti, vecchio amico di famiglia, aveva messo a disposizione uno dei suoi elicotteri e il jet presidenziale.

Grazie ancora, dissero gli sposi, ma fino all'aeroporto sarebbero andati con la nuova auto di Mario.

Quale aeroporto?

Anche questo era avvolto dal mistero.

Quando gli sposi, dopo l'ultimo brindisi, erano riapparsi in abiti da viaggio, era abbastanza tardi. A quell'ora, da Bologna c'erano solo due voli: per Catania e per Roma. Forse, pensarono alcuni, partiranno da Milano. Ma a che ora? Per dove?

Dopo circa mezz'ora, Mario fermò in via dell'Indipendenza, dinanzi al Baglioni. Consegnò le chiavi dell'auto al portiere pregandolo di fargli avere i bagagli nell'appartamento che aveva prenotato da qualche giorno e di mandargli una cameriera per far sistemare gli abiti negli armadi. Avvertì che la loro presenza nell'albergo doveva restare riservata, per tutti.

L'appartamento era una serra di rose, di tutti i colori, dappertutto. Sul letto, sul cuscino candido, una sola rosa rossa e un astuccio vermiglio.

Luisa sembrava aver perduto la sicurezza di sempre. Guardava intorno soffermandosi su ogni particolare. Si avvicinò al letto, prese la rosa e ne aspirò il profumo. Aprì l'astuccio. Sul velluto bianco, una spilla di diamanti: un ghirigoro delicato ed elegante che formava una "L".

Alzò gli occhi, interrogativamente, verso il marito. Poi scorse, nella parte interna del coperchio, il biglietto: "A Luisa, Mario". Gli tese la mano. Lui l'attirò a sé, la prese tra le braccia, forte, quasi a farle male. L'astuccio cadde sul letto.

Sentì la lingua del giovane frugarle nel tepore della bocca, il desiderio prepotente di lui premerle tra le gambe mentre con le mani le aveva afferrato le natiche e la stringeva freneticamente a sè.