Shangri La

Informazioni sulla Storia
When the mother in law...
11.9k parole
3.4
12k
00
Storia non ha tag
Condividi questa Storia

Dimensione del Font

Dimensione Carattere Predefinita

Font Spaziatura

Predefinito Font Spaziatura

Font Face

Carattere Predefinito

Tema di Lettura

Tema Predefinito (Bianco)
Devi Login o Registrati per salvare la tua personalizzazione nel tuo profilo Literotica.
BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui
ULISSE
ULISSE
18 Seguaci

"Lasciate che sia fatta la volontà del Signore."

Don Paolo avrebbe voluto concludere così la conversazione, come le solite chiacchierate che quotidianamente faceva coi parrocchiani. Quella volta, però, il dialogo era teso, difficile da gestire, e aveva assunto toni drammatici, soprattutto per l'atteggiamento della donna.

"Don Paolo, ma non venite a farmi la predica. Cercate di essere logico. E non dico in buona fede per non provocarvi. Voi lo sapete meglio di me che il vostro Dio non ha lasciato gli uomini effettivamente liberi di fare quello che vogliono, perché quando Adamo ed Eva hanno agito di testa loro sono stati cacciati dall'Eden. Se quel Dio li avesse veramente amati non avrebbe permesso loro di comportarsi in modo da soffrirne le conseguenze. Un padre 'deve' impedire, con tutte le sue forze, che i figli commettano degli errori che poi piangeranno per il resto della vita. Non può limitarsi ad avvertirli, per poi scacciarli dalla casa che nella sua mente aveva preparato per loro. Ma come si può chiamare 'amore paterno' quello di chi si limita a dire al proprio figlio di stare attento a non mangiare quella roba lì perché é avvelenata e può farlo morire. Il figlio la mangia e muore. Bella roba. Perché, invece, non ha rimosso il pericolo, non lo ha allontanato dal figlio?

Libero arbitrio, direte. Lasciamo il pozzo scoperto, lasciamo che il figlio vi precipiti dentro e poi diamo la colpa al libero arbitrio.

E' questo tutto l'aiuto che potete darmi?"

Il prete la guardava fissamente, faceva crocchiare nervosamente le nocche della dita, aveva un gran desiderio di troncare bruscamente l'incontro e di mandarla...

"La vostra agitazione" -disse con tutta la calma che riusciva a imporsi- "non vi consente di esaminare obiettivamente le cose. Voi volete decidere per gli altri, vi ritenete la sola ad essere nel giusto, a non sbagliare, ad essere infallibile. Per restare nella vostra personale e originale interpretazione della Bibbia, vi sentite superiore a Dio. Lui avrebbe sbagliato, mentre voi non credete di fare errori.

La situazione é questa: Luisa e Mario si vogliono bene, si amano, hanno deciso di sposarsi, di costituire una famiglia. Sono entrambi battezzati, vostra figlia é diligentemente praticante. Mario lo é un po' meno, ma si sa che i giovani assumono atteggiamenti di malintesa indipendenza. In fondo é un ottimo ragazzo, lo conosco bene. Sono in età matrimoniabile. Io non ho notizia di impedimenti, se voi ne avete vi corre l'obbligo di dirmelo. Quale motivo potrei addurre per rifiutare loro la benedizione delle nozze? E se loro si rivolgessero al Vescovo, cosa dovrei dire al capo della Diocesi? Che la madre della sposa si oppone al matrimonio senza motivi obiettivamente validi?"

Marta lo interruppe.

"Ma di quale amore andate parlando, Don Paolo, quelli vogliono solo andare a letto insieme... scusate..."

Lui non la lasciò proseguire.

"E non é meglio che lo facciano nell'ambito del sacro matrimonio? O preferireste sapere che ci vanno di nascosto? E' meglio sposare che ardere, insegna San Paolo. Allora, se ardono che si sposino. E voi, Marta, non vi siete forse sposata? Non avete avuto Luisa? E per averla..., ma non fatemi scendere in particolari che un prete deve sfuggire per non apparire volgare, anche se, quando c'é l'amore, nel matrimonio nulla é volgare,"

La donna era pallidissima.

"Quando c'è l'amore, Don Paolo, quando c'é l'amore. Ma non sempre amore e matrimonio sono uniti e dipendenti. Io non ho scelto di sposarmi, ne sono stata costretta dai miei genitori. Da tutti e due, mio padre e mia madre, che non vedevano l'ora di scaricarmi per tema che restassi zitella. Mi hanno ceduta all'uomo che non amavo e che non ho mai desiderato, che mi ha fatto sua moglie con la stessa grazia del toro che... Scusatemi, ma queste sono cose che dovete sapere prima di giudicare. Io non mi sono mai sentita donna con l'uomo che mi hanno fatto sposare. Non riesco neppure a capire che nel matrimonio possa esserci un piacere. Il 'piacere della carne', dite voi preti, qualche cosa che é peccato al di fuori del sacramento matrimoniale. E cos'é il dolore, l'umiliazione della carne in un matrimonio non desiderato? Dovevo premermi la mano sulla bocca per non urlare lo schifo, il ribrezzo, il dolore. Non era solo violenza, era una violazione. Avevo meno di diciotto anni, e questo 'supplizio sacramentale' é durato ben quindici anni. Non fate gesti d'insofferenza. Ho detto e ripeto supplizio sacramentale, perché quando ho chiesto l'aiuto del vostro predecessore anche lui ha citato San Paolo: la moglie non ha la potestà sul proprio corpo, ma l'uomo. San Paolo, un santo per tutte le stagioni."

Don Paolo scuoteva la testa.

"Marta, anzitutto io non giudico, non devo, non voglio giudicare. Comprendo cosa provate, ma voi stessa, inconsapevolmente, mi date ragione. Luisa e Mario voglio sposarsi, voi non lo volevate. Voi non ardevate. Si potrebbe perfino dire che non eravate validamente sposata a vostro marito. Lo avete accettato perché ve lo hanno imposto, contro la vostra volontà. Lo avete subìto.

Adesso comprendo anche, ma non giustifico, quel vostro stare in disparte, la vostra frequentazione puramente esteriore della Messa domenicale. Dev'essere stata dura, per voi, allevare una figlia non concepita nell'amore, non voluta..."

"Luisa é mia figlia" -urlò la donna- "solo mia. L'ho tenuta nel mio grembo, l'ho messa la mondo, l'ho allattata, l'ho curata, assistita, vegliata. Ho palpitato e sofferto, per lei. E' solo mia. Il padre non ha mai saputo il significato di 'sangue del mio sangue, carne della mia carne'. L'ha accettata come naturale conseguenza del suo comportamento. E quando é morto non é cambiato niente per Luisa. Era già completamente mia, non poteva divenirlo ancora di più. Adesso dovrei perderla perché lei ritiene di poter chiamare amore un semplice momento di sensualità. Quando s'accorgerà dello squallore del matrimonio sarà troppo tardi: Ma io l'avrò perduta, per sempre."

Marta era cerea in volto, i tratti tirati, le nari dilatate, le labbra sottili, esangui, secche, una piccola schiuma bianca ai lati della bocca.

Don Paolo non le toglieva gli occhi da dosso. Deglutì, si schiarì appena la voce.

"Marta, una madre come voi, la Madre di tutti noi, é col figlio, morto crocifisso, sulle sue ginocchia, lo mostra con un muto invito, che é anche un'interrogazione, negli occhi: 'venite a vedere se il vostro dolore é come il mio'. Ma il suo dolore é un dolore 'buono'. Anche lei, come il figlio, ha perdonato ai crocifissori perché sa che quel sacrificio é avvenuto per la salvezza degli uomini. Allora, il sacrificio della vostra vita coniugale, perché voi così l'avete vissuta, forse senza sforzarvi di metterci un po' di buona volontà, offritelo al Signore per il bene di Luisa. Comprendo il motivo del vostro dolore, ma non riesco a condividerlo perché non é un dolore 'buono'. Mi sembra che lo coltiviate, lo alimentiate per tema che possa attenuarsi, che finisca con lo spegnersi.

Fate un attento esame del passato, anche del vostro comportamento. Vi accorgerete che i torti, le colpe, non sono sempre e solo tutti da una parte. A volte basta un po' di dolcezza per mutare il corso degli eventi. Con una sola goccia di miele si prendono più mosche che con barili di aceto.

La vostra esperienza, il vostro sacrificio, il vostro dolore, sono preziosi. Sono il tesoro dal quale potete e dovete attingere per dare a Luisa saggi consigli. Consigli di dolcezza, di bontà, di comprensione, e se serve anche di umiltà. Si, anche di umiltà, non di sottomissione, perché il ponte che unisce i coniugi é sottilissimo, di vetro, ma resistentissimo, che sopporta tutte le sollecitazioni, tutti i pesi, meno che l'orgoglio e la superbia. Parlate con amore, a Luisa, esponetele il vostro pensiero, fatele comprendere le preoccupazioni di una madre. Spiegatele che desiderate solo la sua felicità, per sempre. Aiutatela a interrogarsi.

Anch'io farò la mia parte. Ma non abbandonatela, non contrastatela nei suoi sentimenti quando sono sani e sereni."

Marta lo seguiva con attenzione, fece un cenno affermativo col capo, tirò su col naso, piano. Si alzò, ancora un lieve chinare della testa in segno di saluto, e s'avviò lentamente all'uscita.

* * *

Mario Benetti fissava il libro, senza leggere. Pensava alla domanda inviata alla Cassa, rispondendo al bando di concorso, pubblicato sul giornale locale, per tre diplomati in ragioneria. Chissà quanti aspiranti a quei posti, anche laureati, e chissà quante raccomandazioni.

Ne avrebbe parlato col padre.

Andò a trovarlo 'in ditta', nella moderna costruzione alla periferia della città, dalla parte opposta a quella dove abitavano. Era stata una scelta precisa del padre: casa e lavoro devono stare agli antipodi, come il paradiso e l'inferno, anche se, a volte, tanto la casa che il lavoro divenivano l'una e l'altra cosa. Del resto, l'ingegner Benetti sapeva essere sia diavolo che angelo, a seconda della necessità. Non era lui, però, ad assumere la parte richiesta dal luogo, ma era il luogo a divenire la scena adatta al personaggio di quel momento. Quella che chiamavano la sua imprevedibilità sarebbe stata prevedibilissima se avessero conosciuto e compreso le vere motivazioni del suo comportamento.

Per Lorella era più facile e meno impegnativo criticare l'umore variabile del marito che sforzarsi di comprenderne le cause. Del resto, le piaceva parlare, non conversare, e aveva tante cose da fare che non poteva perdere tempo in sciocchezze. Cura della persona, compere, rapporti con le amiche, assorbono totalmente la giornata che arrivi alla sera senza accorgertene, e spesso col mal di testa.

Michele frequentava il Politecnico e la madre sentiva che sarebbe stato anche più 'strano' del padre. Tornava a casa di rado, parlava poco, era tutto preso dallo studio. Quando aveva un periodo di vacanza andava a visitare impianti e centri di ricerca in tutto il mondo. Non si sapeva neppure se avesse una ragazza. Per lui tutte erano carissima. Niente altro.

Mario era molto diverso. Parlava spesso con la madre, a volte anche col padre. Aveva ascoltato con attenzione e senza sollevare obiezioni la pianificazione dei suoi studi, propostagli dal padre. Era appena un ragazzo, ma lo aveva seguito con molta attenzione. D'accordo: doveva diplomarsi ragioniere col massimo dei voti per essere ammesso alla Bocconi. E anche qui bisognava puntare alla lode per poi andare a conseguire uno o più master. A questo punto, la "Benetti S.p.A." avrebbe avuto solide basi manageriali, presto rinforzate dall'ingresso di Liana, destinata al Marketing.

Anche se nel diploma aveva riportato sessanta, Mario chiese al padre di non farlo allontanare da casa. A Milano si sarebbe sentito solo e triste. A Bologna, inoltre, c'era la foresteria della loro società per quelle poche volte che non fosse riuscito a tornare a casa la sera. Anche col treno se era necessario. Gli piaceva ritrovarsi coi suoi, con gli amici, con la ragazza con la quale si trovava particolarmente bene.

Liana non aveva mai bisticciato con Mario. Gli anni che la separavano dal fratello le sembravano un'eternità. Per lei Mario era 'grande'. Si rivolgeva a lui, sempre di più, con infinita fiducia mai tradita. Mario era 'grande' perché sapeva consigliarla, coccolarla, ma anche farle considerare tutti i lati della questione, insistendo, con garbo ma decisamente, nell' evidenziare quanto di pericoloso e di male potevano nascondere cose e persone.

Aveva molte amiche, Liana, ma Luisa Roncato, con la quale formava il 'duo' delle più brave, era la preferita. Luisa era un vero 'fenomeno': a meno di diciotto anni aveva terminato le secondarie superiori. La più giovane della classe ma la più matura ed equilibrata. Intelligenza superiore a tutte le altre compagne, memoria e volontà di ferro, imparava facilmente e rapidamente. Sempre pronta ad aiutare le altre, col sorriso sulle labbra, senza darsi arie, senza superbia. Alla maturità, Athena Ronky, come la chiamavano, aveva riscosso il plauso della commissione. Le amiche furono d'accordo nell'indire una festa in suo onore. Non s'era tirata indietro nessuna, tutte avevano contribuito al regalino, anche chi aveva dovuto rinunciare al cine o al gelato.

Una festa per soli giovani, la sezione femminile al completo e amici delle altre sezioni. Una sera indimenticabile, intorno alla piscina dei Benetti, insieme a Liana. Palloncini multicolori, buffet preparato dal 'San Domenico', il DJ della più famosa discoteca.

Quella sera le ragazze erano tutte belle.

Come se fossero d'accordo (o forse lo erano) tutti indossavano eleganti abiti tradizionali, freschi, estivi, anche chi, di solito, ostentava eccentriche tenute.

L'acqua della piscina era illuminata, verde smeraldo.

Mario aveva assicurato a Liana che non sarebbe stato 'invasivo', avrebbe assistito, non partecipato, alla festa in onore di Luisa.

"Una volta che si festeggia una tua amica carina" -aveva detto- "devo essere presente. Anche l'occhio vuole la sua parte. Ti prometto che rimarrò lo stretto tempo necessario per ammirare le più carine, poi andrò via."

* * *

Renato Benetti era alle prese con uno studio di fattibilità. Fidarsi o meno, dei Paesi dell'est?

Fece cenno a Mario, che era rimasto sulla porta, di entrare. Gli tese il fascicolo che stava leggendo.

"Tu cosa faresti?"

"Dovrei studiarlo attentamente. Il mio parere, però, sarebbe puramente teorico, scolastico, non fondato sull'esperienza."

Bene" -disse il padre- "fammi sapere cosa ne pensi, ci tengo. Adesso, però, dimmi qual'é il motivo della tua visita. A proposito, e la tesi?"

"Quasi pronta e approvata." - Rispose Mario.- "In quanto alla mia visita, é presto detto. Ho bisogno del tuo consiglio e del tuo aiuto. La Cassa amplia gli organici, ha bandito un concorso per ragionieri e io vorrei farlo. Sarebbe un'esperienza molto interessante, un lavoro in banca, ma credo che i raccomandati di ferro siano più dei posti disponibili. Puoi aiutarmi?"

Il padre aveva preso una matita, dal mucchio nel bicchiere di cristallo, e andava tracciando segni incomprensibili sul foglio bianco che aveva dinanzi a sé. Senza alzare gli occhi dal foglio, lentamente, con voce serena, disse:

"Ma non sarebbe più interessante un'esperienza qui? Lavoreresti per te e guadagneresti almeno il doppio di quello che può darti la banca."

"E' vero" -rispose Mario- "ma non conoscerei mai la vita d'un dipendente da terzi, da estranei, com'é trattato, se e come può legare coi colleghi e coi superiori. Sarei un Benetti e basta. In quanto alla retribuzione, é anche bene sapere quanto si deve sgobbare per portare a casa la metà di quanto... tuo padre é disposto a darti per averti in ditta."

"Mario, sai bene che ho sempre lasciato la massima libertà a tutti. Se ti interessa questa esperienza non mi opporrò. Hai voluto fare il servizio militare prima di terminare l'Università, per conoscere 'una certa realtà', hai scelto di prestare servizio lontano da casa, tu così legato al tuo nido, non mi hai mai chiesto soldi quando era ufficiale di complemento, e mi chiedo come facevi a campare. Tutto questo ha portato a cinque gli anni di frequenza universitaria. Ma non ti rimprovero nulla, anche perché stai per laurearti brillantemente. Ora vuoi fare l'impiegato di banca, se credi di fare il concorso fallo, io ti aiuterò, certo, ma solo dopo che avrai vinto il concorso."

* * *

La commissione esaminatrice stava compilando la graduatoria dei candidati.

Non c'erano dubbi: i migliori elaborati erano quelli di Mario Benetti, che agli orali aveva dimostrato un'ottima preparazione scolastica nelle materie stabilite per il concorso, e piena padronanza della lingua straniera, facoltativa, lasciando alla commissione di scegliere tra inglese, francese e tedesco. Si presentava bene, era spigliato, buon parlatore, simpatico. Non lo raccomandava nessuno, ma del resto non ne aveva bisogno perché la "Benetti" era tra i clienti più ambiti dalla Cassa. Non riuscivano a comprendere, però, il motivo della partecipazione al concorso. Un posto in banca non era certo quello cui un Benetti poteva aspirare. Si era laureato alla viglia del concorso, col massimo dei voti e lode, discutendo una tesi interessantissima sul 'costo del denaro e investimenti internazionali'. Lo avevano notato alla "Fondazione Roncato" in occasione della consegna delle borse di studio. Era con la vedova Roncato e con la figlia, Luisa.

Amedeo Roncato, uno dei maggiori azionisti, era stato Presidente della Cassa per moltissimi anni, fino all'ictus che lo aveva portato via.

Marta, la moglie, gli era subentrata nel consiglio d'amministrazione e in consiglio direttivo, per voto unanime, dato il pacchetto che controllava per quota propria e per conto della figlia. Non mancava mai alle riunioni. Studiava attentamente quanto era all'ordine del giorno, interveniva quasi sempre per ultima, con argomenti fondati e determinanti. Era sempre sobriamente elegante. Non aveva quarant'anni e ne mostrava molti meno. Non sorrideva mai, per lei tutto era estremamente serio.

Baldini, il Presidente, diceva che Marta aveva ereditato le 'palle' del marito.

II

Marta e Luisa erano rientrate più tardi del solito.

Avevano trascorso l'intero pomeriggio a Bologna, per acquisti. Sulla strada del ritorno avevano deciso di fermarsi a mangiare un boccone, in un locale tipico, accolte con la cortese cordialità riservata ai clienti più desiderati. Quelli che danno un tocco di distinzione al locale, che fanno essere 'in'.

Erano in salotto.

Luisa sfogliava una rivista di arredamenti. Marta saltellava da un canale all'altro della televisione.

Senza smettere di tormentare il telecomando, chiese alla figlia: "Allora, sempre fermamente decisa a sposare Mario? a rinunciare all'Università, a un'attività professionale che potrebbe certamente farti realizzare in pieno? Sei sicura che valga la pena di perdere la libertà a diciotto anni? Sei certa che si tratti di amore o..."

"Mamma" -la interruppe Luisa- "vuoi una serie di risposte motivata o ti accontenti di un solo 'sì'? Farmi ancora e sempre le stesse domande quasi alla viglia delle nozze, a preparativi ultimati, dopo che hai speso una fortuna per arredare un'ala della casa in modo squisitamente delizioso!

Credo che sia l'oggetto dell'ultima domanda a tormentarti. Sarei tentata di essere brutale, anche volgare, ma non voglio farti del male. Non lo meriti. Sei sempre stata e sei tutto per me, ma questo non significa che nella mia vita non vi sia posto per un sentimento altrettanto forte, anche se molto diverso. La tua domanda me la sono già posta io, da tempo e più volte, prima di te, prima di don Paolo.

Come posso mettere su un piatto della bilancia Mario e sull'altro tutto il resto? Non ha senso. Perché sposarsi a solo diciotto anni? Per avere più vita da trascorrere con lui e per lui. Se in questo amore, in questa parola che sembra spaventarti, c'é anche il desiderio di andare a letto con lui? Sicuramente, e sarebbe innaturale il contrario. Ma non mi affretto a sposare Mario per appagare i miei sensi. L'ho detto chiaramente a Don Paolo. Se si trattasse solo di sensi avrei mille possibilità di soddisfarli. Voglio ascoltare i palpiti del mio cuore, non il vellichìo del grembo. E gli ho anche detto che se non sposassi Mario dovrei attendere di provare le stesse sensazioni che mi dà la sua sola vicinanza, per pensare di mettere su famiglia. E' questo ciò che voglio, mamma, avere figli da Mario. Non avere figli e basta. Che bello poterlo volere e fare a solo diciotto anni, vero mamma?"

"Non lo so." Rispose Marta, e spense il televisore. "Non lo so. Le opinioni possono non coincidere perché una differente interpretazione dei sentimenti e delle sensazioni può condurre a una diversa valutazione degli scopi e dei mezzi per raggiungerli. Nella vita si sceglie una strada per conquistare la meta cui aspiriamo, ma può accadere, a volte, che a un certo punto ci accorgiamo di temere di raggiungerla, pur desiderandola. Allora diveniamo insicuri, ci assalgono incertezze, dubbi e scrupoli che ci spingono alla rinuncia. Eppure, quello che vogliamo é lì, basta tendere la mano per coglierlo, ma temiamo di farlo a costo della nostra infelicità. Tristi e sconfitti, imbocchiamo la via del ritorno. E' a questo punto che dobbiamo effettuare la scelta, decisiva, irrevocabile. Prima del ritorno."

ULISSE
ULISSE
18 Seguaci