IL Censore

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ULISSE
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Passò dinanzi alla porta del bagno, l'aria mossa dal getto d'acqua l'aveva spalancata. Lucia era nell'angolo, rivolta al muro, con le mani, in alto, poggiate sulle ceramiche azzurre, i capelli lungo la schiena, il mirabile spettacolo della pulchritudo pugarum, la bellezza delle natiche, e lo scorcio del seno florido e seducente.

Manro prendeva il sopravvento.

Lei era ferma, lasciandosi pigramente carezzare dall'acqua, come se stesse meditando.

Rimase così, Luca, incantato, fin quando lei non sembrò emergere da una specie di trance, e chiuse l'acqua. Prima ancora che lei si voltasse, per prendere l'accappatoio, si allontanò.

Lucia tornò nella sua camera.

"Posso esserti utile, Lucia?"

"Vorrei un tuo consiglio sul vestito da indossare..."

Lui si affacciò alla porta.

"Eccomi!"

"Non è che ne abbia chissà quanti, ma non so se rimettere quello che avevo oggi o..."

"Ti offro un'alternativa.

Nell'armadio ci sono alcune vestaglie di mia sorella, non indossate dopo essere tornate dalla lavanderia. Se ti senti più libera puoi sceglierne una."

Lucia aprì un'anta dell'armadio. Tra vestaglie, di cui una lunga, particolarmente elegante, facevano bella mostra.

"Bella questa, celeste, con un ricco collo.E' come quelle che si vedono nei film americani. Posso?"

"Certo."

"Prese le piccole mutandine che aveva messo sulla poltroncina, e, con un'abile e strana manovra, riuscì a infilarle senza togliere l'accappatoio. Poi, sempre con accorta rapidità, e senza quasi lasciar intravedere nulla del suo stimolante corpo, passò dall'accappatoio alla vestaglia.

Le stava d'incanto. I capelli, lunghi, sulle spalle, incorniciavano il suo visetto bello e capriccioso.

"Guarda sul piano dell'armadio, Lucia, ci sono le pantofole.

Le prese. Erano graziose, con un grosso pompon davanti.

Luca le si avvicinò, la prese tra le braccia, la baciò con fervore, appassionatamente corrisposto.

Andarono in salotto, sedettero sul divano.

Luca, senza parlare, la invitò a sedere sulle sue ginocchia.

Ora coglieva il tepore di lei, attraverso la morbida e leggera vestaglia.

La patta sembrava esplodere. Il sesso la implorava prepotentemente. Lei, certamente, l'avvertiva. Il suo culetto stuzzicante e affascinante, si muoveva come a volerlo carezzare, promettente.

Mentre la baciava ancora, Luca infilò la mano nella vestaglia, carezzò il seno, strinse i capezzoli, sensibilissimi a quel contatto, scese sul ventre, nelle mutandine, tra il prato di seta che ornava il pube, le grandi tumide labbra che si dischiudevano, per consentirgli di raggiungere la porta del paradiso, col piccolo guardiano rosa che si alzò subito a ricevere quel piacevole esploratore. Ora le tonde natiche di Lucia erano irrequiete, come il grembo. E Luca era entrato con la sua carezza fremente in lei, che aveva perso ogni padronanza di sé, e ansava, mugolava, godeva, fino all'orgasmo che lasciò libero sfogo all'urlo liberatorio troppo a lungo sognato e represso.

Lui seguitò a carezzarla dolcemente, a baciarla, sulle labbra, sugli occhi, a suggerle i capezzoli.

Le sussurrò nell'orecchio.

"Hai fame?""

"Si... di te."

Si alzò, si avviò verso la grande camera da letto, voltandosi a guardarlo con un'espressione che non destava dubbi, un invito che Luca desiderava da sempre.

Nel mentre lui si liberava impazientemente da ogni indumento, lei, così, in piena luce, aveva scostate le coperte e s'era distesa sul lenzuolo candido, con aria estatica, il capo sorretto dai cuscini, le braccia alte, dietro la testa. Maya desnuda.

No, molto più affascinante.

Le si distese a fianco e iniziò di nuovo a baciarla, dappertutto. Lei gli passava le mani tra i capelli. Alzò le ginocchia, divaricò le gambe, offrendo l'incantevole spettacolo del folto bosco bruno che nascondeva la meta tanto a lungo bramata da Manro.

"Luca, luce, vieni.

Tu Luca, io Lucia, due raggi che vogliono essere uno solo."

Il grosso fallo, impaziente, fu dolce nel farsi accettare dalla piccola rosea pulsante vagina, che lo accolse, avida, golosa, vorace. Lo avvolse nel suo delizioso tepore, lo carezzò con lunghe voluttuose contrazioni che ne facilitarono il cammino, fin quando il glande non fu fermato dal piccolo musetto di tinca che lo baciò bramosamente.

Il delicato piacere iniziale, andava trasformandosi in appassionato godimento, specie in lei che, invasa da cotanto gagliardo, nuovo e insperato dono della natura, stava conoscendo sensazioni inimmaginate, orgasmi in concepiti, impreziositi dalla benefica pioggia che dissetò l'intima aridità che l'aveva finora tormentata. C'era l'acqua miracolosa per il suo deserto. Si, c'era. Luca.

Lucia era prodiga e possessiva nel contempo. Si donava con abbandono e pretendeva bramosa. Un maroso impetuoso, crescente, che travolgeva con l'ondeggiamento impetuoso e passionale del suo ventre, ma pretendeva sentirsi solcare dalla prua che si faceva strada in lei, sempre più profondamente, nel suo pelago senza fine.

Come conosceva tanta raffinata maestria?

Da dove traeva la sua inebriante fantasia?

Luca era incantato, senza parole, di fronte alla naturale freschezza e spontaneità di quella splendida creatura, nata per amare, per godere e far godere. Meraviglia del creato.

Le prime luci del giorno, filtrando dalle imposte del balcone, sorpresero Lucia, riversa su Luca, con una appetitosa tettina sul petto dell'uomo, una gamba sul pube di lui, e la mano saldamente impugnante il grosso fallo, a consacrarne il geloso possesso. I neri capelli sulla spalla di Luca, il sodo culetto che si rispecchiava, invitante, nel grosso specchio dell'armadio.

^^^

Si presentava il problema del ritorno al paese.

Luca, con garbo, si avvalse della sua ascendenza, come alto funzionario del Ministero, e ottenne, per Lucia, un distacco temporaneo nel Capoluogo, a disposizione del Provveditorato per l'aggiornamento dei programmi scolastici. Orario comodo, dalle nove alle tredici, pomeriggio libero.

Lucia, nella sua spontaneità, intimamente persuasa che non aveva commesso, né commetteva, alcunché di riprovevole, perché Luca, e solo lui, era il suo uomo. Elaborando a modo suo, canoni e principi etici del suo cristianesimo, era entrata a ringraziare la sua protettrice, Santa Maria Bonaria, e a supplicarla perché mantenesse vivo l'amore per lei nel cuore di Luca.

Trascorrevano, si dicevano spesso tra loro, giorni paradisiaci, gli stessi che certamente avevano vissuto Eva e Adamo, nell'Eden, prima che fosse scoperto il loro peccato.

Loro, però, erano convinti di non meritare alcuna punizione.

La realtà spesso, supera la fantasia.

Un piccolo trafiletto della stampa informava che un nostro convoglio navale, diretto in Africa settentrionale, trasportante reparti di truppe corazzate, era stato attaccato da unità nemiche, di mare e di cielo. Si lamentavano alcune perdite: una nave trasporto affondata e alcuni dispersi.

Le lettere di Gavino, che Luca intercettava regolarmente e dava a Lucia, e che Lucia gettava senza leggere, cessarono di arrivare.

Dopo quattro settimane, il padre di Lucia telefonò da San Gavino.

Chiese alla figlia di tornare, c'era una grave e dolorosa notizia: Gavino figurava tra i dispersi.

Lucia, rispose, senza troppa emozione, che preferiva restare lontana dalle inutili e spesso formali manifestazioni di cordoglio di cui, certamente, sarebbe stata oggetto.

Il padre sapeva tutto.

Era venuto a visitarla. E aveva fatto finta di credere che stava a pensione da Cecilia.

Luca, seduto in poltrona, la guardava, confuso, a disagio. Non sapeva se e cosa dirle.

Lei aveva riagganciato il telefono, dopo la breve conversazione col padre.

Erano quasi le cinque del pomeriggio.

Andò a sedere sulle ginocchia di Luca, abbastanza serena, in volto, Come se nulla fosse accaduto. Lo carezzò, gli sfiorò le labbra con un bacio.

"Vorrei andare in Chiesa. Ti dispiace?"

"Ti accompagno."

"Grazie."

Fu pronta in un minuto. Uscirono.

Il Santuario distava circa un chilometro. A quell'ora, il percorso era in ombra. Lucia si mise sottobraccio a Luca. Camminarono in silenzio, per circa un quarto d'ora. Salirono le scale. Entrarono.

Luca si fermò subito dopo l'ingresso. Sedette sul banco dell'ultima fila.

Lucia andò avanti. Prima fila, s'inginocchiò. Guardava l'altare, senza alcuna particolar espressione negli occhi. Rimase così, a lungo, oltre mezz'ora. Poi si alzò, fece il segno della croce, si inchinò. Andò vicino a Luca, sedette accanto a lui. Serena, lineamenti distesi, volto incantevole, quasi avvolto da una luce irreale. Luca pensò che era la suggestione del luogo.

"Se vuoi, caro, possiamo andare."

Uscirono, rimasero un istante sull'alto della scalinata. Discesero lentamente, tenendosi per mano.

"Mi offri un gelato?"

"Con piacere. Sulla strada di casa, poco più avanti, c'è una gelateria che fa ancora degli ottimi gelati."

"Grazie."

"Si appese al braccio di lui. Ogni tanto lo guarda, sorridendogli teneramente. Appariva più bambina della sua età. Aveva ripreso l'aria birichina che ogni tanto assumeva. Anche per farsi coccolare, viziare.

Ordinò una coppa di crema e cioccolato. Lui prese fragola e limone.

Lo gustava con golosità, lasciando che il gelato si sciogliesse lentamente in bocca. Sull'angolo della bocca s'era fermata una goccia di cioccolato. Luca prese il suo fazzoletto, e la deterse delicatamente.

Si chinò verso di lui. Gli sussurrò che avrebbe dovuto farlo con la lingua.

"Qui, in pubblico. Possono vederci."

"Ti vergogni di me?"

Aveva un tono decisamente scherzoso e provocatorio.

"Non voglio destare l'invidia degli altri."

"Meglio invidiati, tesoro, che compatiti."

"Si, ma potrebbero pensare che sono un maturo, corruttore di minorenni."

"Magnifico.... Corruttore..."

Per Lucia non era accaduto nulla.

Anzi, sembrava essersi liberata d'un peso.

Strane reazioni, la gente.

Le prese la mano.

"Stai bene, cara?"

"E' terribile, Luca, devo essere un mostro senza sentimenti."

"Perché?"

"Sento di potermi librare con riacquistata leggerezza. Come se mi fossi svincolata da una catena, come se fosse affondata la zavorra che mi rendeva pesante. E' orribile, vero?"

Le baciò il palmo della mano.

Quando si alzarono, per tornare a casa, fu lui a prenderla sotto braccio, e le sfiorava il seno con le nocche della mano.

Quella notte Lucia volle dimostrargli appassionatamente, cosa significava sentirsi libera, liberissima. Cosa voleva dire, per lei, ascendere sempre più in alto. E volle dormire stretta tra le braccia di lui, sempre impugnando lo scettro del possesso.

^^^

Luca era in ufficio, pensoso.

Cosa poteva significare la notizia che Gavino doveva considerarsi disperso?

Che riflessi avrebbe avuto sulla loro relazione?

Gli sembrava, in un certo senso, di interpretare uno dei personaggi de 'Il fu Mattia Pascal'.

Pirandello era insuperabile nel descrivere le situazioni e i coinvolgimenti dei singoli.

Lucia, vedova di guerra?

E se Gavino, pescato dal nemico fosse in campo di prigionia, per ricomparire dopo la cessazione delle ostilità?

Ma guarda che razza di ragionamento contorto.

Perché non vivere il presente, anche in considerazione che l'aviazione nemica poteva troncare tutto e tutti da un momento all'altro?

Lucia si comportava come una splendida e innamorata mogliettina. Si era fatta voler bene anche da Cecilia.

Si interessava della casa, del vitto, di tenere in ordine le cose di Luca. Ne precedeva i desideri, ne coltivava le piccole preferenze, lo circondava, senza soffocarlo, del suo amore delle sue premure. Era sempre ardentemente desiderosa di lui. Instancabilmente. Quando la coccolava, faceva le fusa come una gattina innamorata. E i suoi gemiti voluttuosi testimoniavano il piacere di sentirsi sua, di sentirlo suo.

Manro aveva di che sbizzarrirsi.

Lei voleva sentirne il fallo sempre e dovunque.

Anche se lui era intento a leggere il giornale, improvvisamente, si presentava in vestaglia, senza dirgli che indossava solo quella, gli sbottonava i pantaloni, accoglieva il suo 'sempre pronto', come lo aveva battezzato, e, alzando la stoffa del vestito, si sedeva, accogliendolo tra le gambe, custodendolo delicatamente tra le natiche sode e tondeggianti.

Era fatale che dovesse giungere quel giorno.

"Luca, è meraviglioso. Sei il padre di mio figlio!"

E lo guardò. Cera apprensione nei suoi occhi."

Stava venendo meno per la gioia quando Luca le tese le braccia.

"Grazie, amore. E' meraviglioso. Grazie."

Lei lo ringraziò a modo suo, quella sera. Anche troppo, perfino per Manro. E non pensarono affatto se anche il bambino, nel grembo di lei, prendeva parte al loro piacere.

Lucia era radiosa. Che Gavino potesse tornare non ci pensava nemmeno. E se fosse tornato, infine, chi se ne frega!

Luca rifletté attentamente.

Finì col concludere che la permanenza in quella città, così vicina a San Gavino, era la cosa più inopportuna.

Chiese e ottenne una licenza. Non solo, ma riuscì anche ad avere due passaggi aerei, sui velivoli militari da trasporto, da Elmas a Centocelle e viceversa. Lucia era sua cugina, e necessitava di particolari cure possibili solo a Roma. Tutti fecero finta di crederci, e allorché Lucia salì sull'aereo, un sibilo di ammirata approvazione l'accompagnò fin quando non raggiunse il suo posto. Non troppo comodo, per la verità. Erano poltroncine formate da un telaio metallico con fondo e schienale fatti di quella pesante tela che si usava per le tende. Un lungo e lento decollo. C'era sempre l'incognita del nemico, ma furono fortunati, e atterrarono serenamente.

Era la prima volta che Lucia andava in aereo, la prima volta a Roma.

^^^

Il dottor Sanna parlò a lungo col direttore generale, che era anche un autorevole componente della camera dei fasci e delle Corporazioni.

Lucia lo aveva pregato, mentre lui era a colloquio, di lasciarla bighellonare lungo il Viale del Re. Arrivò fino alla Casa di Dante, alla statua del Belli. Era tutto bello. Per lei, che non conosceva la città prima della guerra, non c'era niente di più attraente. Tornò al Ministero, nella sala d'aspetto.

Luca non tardò troppo. Le disse che il direttore generale se ne sarebbe interessato il giorno stesso. Lui aveva una certa idea. Voleva una 'divisione' che organizzasse e coordinasse lezioni per i militari convalescenti,o in istituzioni che si interessavano dell'assistenza degli invalidi. Dato che erano necessari collegamenti con le autorità militari, chi meglio di un funzionario del Ministero richiamato alle armi?

Se ne andarono abbastanza contenti. Salirono sul tram, passione di Lucia, e scesero a Piazza del Risorgimento.

Lucia gli chiese di tornare a casa. Non voleva stancarsi troppo.

Concettina, certamente aveva preparato uno dei suoi soliti pranzetti. Prelibati, malgrado le ristrettezze e il razionamento, e... inoltre... dovevano informare il bimbo della bella notizia che attendevano. E quello poteva farlo solo il papà. Il più delicatamente ma profondamente possibile, si raccomandò lei, ed era il caso di ripetere il messaggio... non si sa mai.

Era lei, ora a voler dirigere i lavori, come le piaceva dire. Ed era brava in tutto, dall'erezione del pilastro a una sorta di delizioso battipalo che la faceva impazzire.

Anche essere penetrata voltandogli le spalle, le piaceva, e non disdegnava sentirsi montata come la pecora dall'ariete. Non doveva dare colpi troppo forte, per favore... ma neanche troppo deboli.

"Cospargimi con la tua crema, Luca. Come sai fare tu"

E si accorgeva quando lui stava per eiaculare, palpitava, lo mungeva.

Dopo soli due giorni il segretario del Direttore Generale gli telefonò, per dirgli che Sua Eccellenza –lo chiamava così- lo attendeva.

"Caro Sanna. Fatto tutto. Lei dirigerà la nuova divisione come ufficiale richiamato. Il suo ufficio sarà al primo piano, per facilitare l'accesso degli interessati. Poi le dirò a chi presentarsi. Se deve ritirare delle cose in Sardegna lo faccia presto. La Censura è stata già informata del suo nuovo incarico. La attendo presto. Buon lavoro."

Perfino lui, gerarca fascista, infranse le norme e gli stese la mano.

^^^

Il via vai tra il continente e l'isola non fu facilissimo, ma riuscirono a far tutto, rapidamente.

La settimana successiva erano in Roma. A casa di Luca.

In una piccola accogliente palazzina di Monteverde. Solo due appartamenti, in verticale, con scala interna. Dal balcone si godeva un bel panorama, e il Ministero, dove era l'ufficio di Luca non distava troppo.

La pancia di Lucia era sempre più evidente. Lei era in aspettativa per motivi di salute.

Luca ne aveva scritto alla madre. Non era sceso in particolari, e aveva anche sorvolato sui venti anni di età che li dividevano. Le aveva detto, però, che erano in attesa di un bambino e che per certe ragioni burocratiche non ancora potevano sposarsi.

Lucia ne aveva anche informato i genitori. Cautamente, a piccole dosi. Ma non sembrarono sorpresi. Non commentarono. Temevano che la figlia si allontanasse da loro.

Lucia, ogni tanto, tornava sulla coincidenza dei nomi: Luca, Lucia, ricordava la Luca etrusca, oggi Lucca, Lucina la dea della luce, perfino la luxuria, l'ardore, come diceva lei, che li univa sempre. Sempre più. Pur nella doverosa cautela dei loro appaganti amplessi.

Voleva sentire Manro sempre vicino a sé. L'origine della sua maternità.

Quello che sfuggiva era la scelta del nome del nascituro.

"Vediamone il sesso, e poi decideremo."

Era in sala parto, a Villa Bianca, quando le fortezze volanti seminarono la distruzione a San Lorenzo, sconvolsero le tombe del cimitero, nel primo luttuoso bombardamento aereo della capitale: 19 luglio 1943.

Da Villa Bianca sentirono tutto. Non erano molto lontani dal bersaglio dell'aviazione statunitense.

Il bambino stava benissimo, grassottello ma non troppo, di pelame scuro, perfetto in ogni particolare. Un bel maschietto.

"Bello come la mamma."

Disse Luca, baciandola e ringraziandola.

"Tale e quale al padre, con la sua stessa marcata caratteristica, e gli indicava il pipì.

Parto regolarissimo, puerpera in ottime condizioni, eccezionale per una primipara.

"La nostra razza non mente."

Diceva orgogliosamente Lucia. Luca le carezzava la mano.

Il seno, ancor più rigoglioso, era, ora, dominio del piccolo Lucio.

Si, Lucia aveva detto che da Luca e Lucia, luci parentes, genitori del giorno, non poteva che essere nato Lucio.

E fu così.

Le loro famiglie erano state informate.

La sera prima che i medici avessero deciso di rimandarla a casa, un evento sconvolse l'Italia.

Benito Mussolini, Duce del Fascismo, Capo del Governo, era stato deposto dal piccolo Re Imperatore, ma, quello che sgomentava, era il tradimento dei suoi fedelissimi.

Luca era sempre stato critico verso il fascismo, ma sperava sempre che, soprattutto, ci potesse essere un distacco dal barbarismo nazista. Ora, gli eventi bellici facevano rinascere molte speranze. Lui, con molta cautela, aveva partecipato a qualche riunione molto riservata, in casa di un ex esponente del partito liberale.

Lucia era tutta presa dalla sua piccola graziosa e serena creatura.

Aveva compreso l'importanza di quanto era accaduto, ma era tutta presa da Lucio, aveva bisogno di lei. Per vivere.

Al Ministero c'era una gran confusione, come altrove.

I proclami del nuovo Governo, invitavano tutti a restare al proprio posto.

Migliaia di camicie nere, di militi della MVSN (milizia volontaria sicurezza nazionale) sfoggiavano, ora, rivoluzionari bracciali rossi o vermigli fazzoletti che coprivano il nero delle camicie fino ad allora indossate.

Si voleva cacciare questo e quello, soprattutto sulla base di vendette e rancori personali.

Il Direttore Generale, gerarca del fascio, rimase a casa alcuni giorni, ma fu presto richiamato per essere stato persona sempre retta e onesta e aver sempre contemperato il proprio dovere con le esigenze degli altri.

ULISSE
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