Granelli Di Sabbia

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Quando Paula bussò alla porta di casa, aprì Carla, che scoppiò in un pianto di gioia, richiamando gli altri, fu un seguito di abbracci, di baci, di carezze reciproche.

Paula chiese.

"Piero?"

Fu Renato a risponderle, cupo in volto.

"E' arrivato, in borghese, ma è ripartito subito. A cercarti!"

^^^

A Roma ci sono stati tentativi, isolati e non coordinati di resistere ai tedeschi, in particolare a Porta San Paolo, alla Piramide Cestia, alla Montagnola, tra l'abitato e quello che doveva essere la sde dell'Esposizione Universale di Roma '42.

Non mancarono episodi di eroismo, ma tutto finì con la prevalenza germanica.

(Roma- Porta San Paolo)

Sui muri della città appare un manifesto ordinanza.

Roma 11 settembre 1943

Il Comandante in Capo tedesco del sud, Mar.llo KESSERLING

ha emanato la seguente

ORDINANZA:

1) Il territorio dell'Italia a me sottoposto è dichiarato territorio di guerra. In esso sono valide le leggi tedesche di guerra.

2) Tutti i delitti commessi contro le Forze Armate tedesche saranno giudicati secondo il diritto tedesco di guerra.

3) Ogni sciopero è proibito e sarà giudicato dal tribunale di guerra.

4) Gli organizzatori di scioperi, i sabotatori ed i francotiratori saranno giudicati e fucilati per giudizio sommario.

5) Sono deciso a mantenere la calma e la disciplina e a sostenere le autorità italiane competenti con tutti i mezzi per assicurare alla popolazione il nutrimento.

6) Gli operai italiani i quali si mettono volontariamente a disposizione dei servizi tedeschi saranno trattati secondo i principii tedeschi e pagati secondo le tariffe tedesche.

7) 1 Ministeri amministrativi e le autorità giudiziarie continuano a lavorare.

8) Saranno subito rimessi in funzione il servizio ferroviario, le comunicazioni e le poste.

9) E' proibita fino a nuovo ordine la corrispondenza privata. Le conversazioni telefoniche, che dovranno essere limitate al minimo, saranno severamente sorvegliate.

10) Le autorità e le organizzazioni italiane civili sono verso di me responsabili per il funzionamento dell'ordine pubblico. Esse compiranno il loro dovere solamente se impediranno ogni atto di sabotaggio e di resistenza passiva contro le misure tedesche e se collaboreranno in modo esemplare con gli uffici tedeschi.

Maresciallo Kesserling

Roma 11 settembre 1943

I caduti per la difesa di Roma furono complessivamente 703, uccisi durante i combattimenti (di cui circa 70 civili e 51 donne) e 1800 feriti.

Perdite germaniche: 109 morti, 500 feriti.

Anche la flotta è coinvolta nel caos generale, ordini e contrordini, da Maugeri a Bergamini: preparativi ad andare a Ma poli per contrastare gli sbarchi angloamericani; contrordine, andate a Malta e consegnatevi ai 'nuovi' alleati; contrordine salpate per la Maddalena... no, andate a Bona, in Algeria...

Arei tedeschi bombardano la nostra flotta che è partita da La Spezia e si trova alle Bocche di Bonifacio.Le nuovissime bombe-razzo teleguidate lanciate da bombardieri tedeschi da quota 5000 metri, quindi fuori tiro dalle contraeree navali, prima con un attacco alle ore 15,37, poi con un secondo alle 15,50 colpiscono le navi italiane; l'ammiraglia, la Roma, la più bella corazzata italiana, 41 mila tonn. comandata proprio dall'ammiraglio Bergamini, centrata da due bombe alle 16,11 si spezza in due tronconi e affonda in pochi minuti con i suoi 1253 uomini su un equipaggio di 1849. Scompare in mare tutto il Comando in Capo della squadra, compreso l'ammiraglio Bergamini. La tempestività di questo attacco, e la precisione dei tiri, hanno lasciato molti dubbi. Voleva forse Bergamini consegnarsi ai tedeschi? Riparare in Spagna? Fu Maugeri a segnalare che erano fuori rotta?

Dopo l'Esercito, e dopo la Marina, stesso dramma delle coscienze dentro i reparti dell'Aviazione Italiana, che si spacca in due tronconi, una parte si mette a disposizione dei tedeschi, l'altra a disposizione dei nuovi "alleati". In pratica entrambe non rispettano gli ordini della famosa Memoria op 44 per la quale dovrebbero consegnare gli aerei agli ex nemici, che un bel mattino Badoglio e C. ha detto loro che sono diventati amici, ma che per molti sono ancora nemici. Da soli gli uomini delle Forze Armate (e gli ambigui ordini hanno fatto il resto) non sono riusciti a "girare l'interruttore" di quell'aggressività che era stato il "verbo" inculcato da quando erano nati, e in massicce dosi impressa quando era iniziata la guerra.

Molti soldati non sanno da giorni e giorni se con i tedeschi si è in guerra, se si è in pace, o cos'altro. Ma anche una dichiarazione di guerra formale alla Germania non é giuridicamente valida, perchè il governo italiano é "prigioniero" di un esercito (l'anglo-americano) che "giuridicamente" era considerato nemico-occupante: (si verifica ciò che era avvenuto in Francia nel 1940. La volontà del governo francese di schierarsi con gli occupanti tedeschi, sia a Londra che a Washington fu considerata non valida, perchè fatto da un governo "prigioniero" degli occupanti (tedeschi), quindi non in piena autonomia. Tuttavia prima di fare l'armistizio con i tedeschi, i francesi avvisarono gli Inglesi.

A questo punto dai tedeschi riprendono l'operazione Mussolini con un altro programma domenica 12 settembre; non più "prelevamento" ma "liberazione".

IL 12 settembre, con un blitz, dei paracadutisti tedeschi liberano Mussolini prigioniero a Campo Imperatore sul Gran Sasso; il giorno 13 è condotto in Germania. Da Monaco raggiunge Rastenburg, la Wolfsschanz, la "Tana del lupo" al cospetto del suo liberatore Hitler. Testimonia il figlio del duce Vittorio Mussolini: "Entrambi, profondamente commossi, si stringoro a lungo la mano". Pochi giorni dopo, il 18 settembre, Mussolini indirizzando un messaggio agli italiani conferma l'intenzione di continuare la guerra al suo fianco.

Ridotto a un fantoccio nelle mani di Hitler, Mussolini proclama la "Repubblica Sociale Italiana" formando un nuovo governo fascista la cui autorità si estende sul territorio della penisola occupato dai tedeschi. L'italia deve tuttavia cedere in amministrazione diretta alla Germania la città di Trieste, l'Istria e il Trentino-Alto Adige. Da questo momento triestini o trentini, per non finire loro stessi fucilati per disobbedienza, dovrebbero sparare ai confinanti veronesi o veneziani.

18 settembre. Mussolini, da Monaco, lancia un lungo manifesto proclama.

"Camicie Nere, Italiani e Italiane!

Dopo un lungo silenzio, ecco che nuovamente vi giunge la mia voce e sono sicuro che la riconoscerete: è la voce che vi ha chiamato a raccolta nei momenti difficili e che ha celebrato con voi le giornate trionfali della Patria.

....vengo al pomeriggio del 25 luglio, nel quale accadde quella che, nella mia già abbastanza avventurosa vita, è la più incredibile delle avventure.

II colloquio che io ebbi col Re a Vílla Savoia durò venti minuti e forse meno. Trovai un uomo col quale ogni ragionamento era impossibile, poiché egli aveva già preso le sue decisioni. Lo scoppio della crisi era imminente.

E' già accaduto, in pace e in guerra, che un ministro sia dimissionario, un comandante silurato, ma è un fatto unico nella storia che un uomo il quale, come colui che vi parla, aveva per ventun' anni servito il Re con assoluta, dico assoluta, lealtà, sia fatto arrestare sulla soglia della casa privata del Re, costretto a salire su una autoambulanza della Croce Rossa, col pretesto di sottrarlo ad un complotto, e condotto ad una velocità pazza, prima in una, poi in altra caserma dei carabinieri.

... Nella notte dall'11 al 12 settembre feci sapere che i nemici non mi avrebbero avuto vivo nelle loro mani. C'era nell'aria limpida attorno all'imponente cima del monte, una specie di aspettazione. Erano le 14 quando vidi atterrare il primo aliante, poi successivamente altri: quindi, squadre di uomini avanzarono verso il rifugio decisi a spezzare qualsiasi resistenza.

Le guardie che mi vegliavano lo capirono e non un colpo partì. Tutto è durato 5 minuti: l'impresa rivelatrice dell'organizzazione e dello spirito di iniziativa e della decisione tedesca rimarrà memorabile nella storia della guerra. Col tempo diverrà leggendaria.

Qui finisce il capitolo che potrebbe essere chiamato il mio dramma personale...

Sono ora più che mai convinto che casa Savoia ha voluto, preparato, organizzato anche nei minimi dettagli il colpo di stato, complice ed esecutore Badoglio, complici taluni generali imbelli ed imboscati e taluni invigliacchiti elementi del fascismo. Non può esistere alcun dubbio che il Re ha autorizzato, subito dopo la mia cattura, le trattative dell'armistizio, trattative che forse erano già incominciate tra le due dinastie di Roma e di Londra.

E' stato il Re che ha consigliato i suoi complici di ingannare nel modo più miserabile la Germania, smentendo anche dopo la firma che trattative fossero in corso.

...II regio Esercito si è quasi dovunque rapidamente sbandato. E niente è più umiliante che essere disarmato da un alleato tradito tra lo scherno della popolazione.

Questa umiliazione deve essere stata soprattutto sanguinosa per quegli ufficiali e soldati che si erano battuti da valorosi accanto ai loro camerati tedeschi su tanti campi di battaglia. Negli stessi cimiteri di Africa e di Russia, dove soldati italiani e tedeschi riposano insieme, dopo l'ultimo combattimento, deve essere stato sentito il peso di questa ignominia.

La regia Marina, costruita tutta durante il ventennio fascista, si è consegnata al nemico, in quella Malta che costituiva e più ancora costituirà la minaccia permanente contro l'Italia e il caposaldo dell'imperialismo inglese nel Mediterraneo.

...

Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini. Nell'attesa che il movimento si sviluppi fino a diventare irresistibile, i nostri postulati sono i seguenti:

1) riprendere le armi a fianco della Germania, del Giappone e degli altri alleati: soltanto il sangue può cancellare una pagina cosi obbrobriosa nella storia della Patria;

2) preparare, senza indugio, la riorganizzazione delle nostre Forze Armate attorno alle formazioni della Milizia; solo chi è animato da una fede e combatte per una idea non misura l'entità del sacrificio;

3) eliminare i traditori e in particolar modo quelli che fino alle 21,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nelle file del partito e sono passati nelle file del nemico;

4) annientare le plutocrazie parassitarie e fare del lavoro, finalmente, il soggetto dell'economia e la base infrangibile dello Stato.

Camicie Nere fedeli di tutta Italia!

lo vi chiamo nuovamente al lavoro e alle armi. L'esultanza del nemico per la capitolazione dell'Italia non significa che esso abbia già la vittoria nel pugno, poiché i due grandi imperi Germania e Giappone non capitoleranno mai.

Voi, squadristi, ricostituite i vostri battaglioni che hanno compiuto eroiche gesta.

Voi, giovani fascisti, inquadratevi nelle divisioni che debbono rinnovare, sul suolo della Patria, la gloriosa impresa di Bir el Gobi.

Voi, aviatori, tornate accanto ai vostri camerati tedeschi ai vostri posti di pilotaggio, per rendere vana e dura l'azione nemica sulle nostre città.

Voi, donne fasciste, riprendete la vostra opera di assistenza morale e materiale, cosi necessaria al popolo. Contadini, operai e piccoli impiegati, lo Stato che uscirà dall'immane travaglio sarà il vostro e come tale lo difenderete contro chiunque sogni ritorni impossibili. La nostra volontà, il nostro coraggio e la vostra fede ridaranno all'Italia il suo volto, il suo avvenire, le sue possibilità di vita e il suo posto nel mondo. Più che una speranza, questa deve essere, per voi tutti, una suprema certezza.

Viva l'Italia! Viva il Partito Fascista Repubblicano!

(Benito Mussolini - Monaco - 18 Settembre 1943)

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Piero ha girato, inutilmente, casolari e borghi.

Di Paula nessuna traccia.

Nessuno ha veduto una giovane signora di colore. Lo avrebbe ricordato benissimo.

Abbattuto, depresso, riprende faticosamente e avventurosamente la strada del ritorno. Stanco, sporco, malmesso, riesce a raggiungere Roma.

Bussa a casa.

Gli apre Paula che, scoppiando in lacrime, si rifugua tra le sue braccia.

Ognuno, nella stessa sera che giunge l'invito a raccogliersi intorno al Partito fascista Repubblicano, PFR, racconta le proprie vicissitudini.

Pur nel disordine che è dovunque, nelle cose e nelle menti, si cerca di riordinare le idee.

Renato dice che da giorni sta cercando di trovare il modo per lasciare Roma. Non si sente sicuro, in tutti i sensi: per la sorte delle persone e dei beni, per la precarietà dei rifornimenti alimentari e confida a Leda che teme anche per Paula, dato il manifesto razzismo teutonico.

L'ideale sarebbe raggiungere L'Azienda di Conversano.

La fuga dei Savoia e combutta gli ha suggerito la strada.

A Termoli ha un fraterno amico, compagno d'università, libero professionista. E' certo che lo aiuterà.

Brigando a destra e a manca, riesce a trovare un vecchio ma ancora funzionante piccolo autobus.

Ha tracciato il percorso per raggiungere Termoli. Ha anche rimediato un ausweiss da esibire ai posti di blocco, sperando nella fortuna. Hanno raccolto ogni cosa trasportabile in poco spazio.

Piero, l'indomani, indossando l'impermeabile che ha portato da Trieste, esce per cercare di raccogliere notizie in merito al come comportarsi in qualità di ufficiale.

Vaga un po', senza meta.

Va nell'ufficio dove sa che è direttore il padre di un suo commilitone, spera di avere notizie del suo amico.

Mentre è nel corridoio, ancor prima di potersi far annunciare, giungo all'improvviso armati della polizia, ormai fascista-tedesca, fermano tutti gli uomini, devono trasferirli al Forte Prenestino, per accertamenti. Giù li attende un camion, li fanno salire, sedere sulle panche laterali. Tutto in silenzio, rapidamente.

Vicino a Piero siede un di quegli strani militi. E' giovane. Ha un volto triste.

Ad un certo momento da' di gomito a Piero. Nella mano ha un involto.

"Prendete questo, è pane e mortadella. Al Forte non danno da manciare."

Piero lo guarda fisso.

"Prendete, non fatevi vedere... e auguri."

Ha un volto dolce, triste, gli occhi pieni di lacrime.

L'involto sparisce nelle tasche dell'impermeabile.

Forte Predestino, si scende.

Nel vasto piazzale sono ammassate numerose persone. Uomini di diversa età.

Si guardano l'un l'altro, senza parlare. Si interrogano con gli occhi.

Piero va verso il fondo del piazzale, dove due militari in divisa sono intenti a caricare su una carretta militare alcuni mucchi di spazzatura, con le pale.

Piero si defila agli sguardi degli altri. Infila i pantaloni negli stivali, abbottona accuratamente l'impermeabile, alza il bavero. Resta vicino al carretto. Prende una pala che era per terra e aiuta a caricare i rifiuti. Quando il carretto è colmo, uno dei militari si mette al morso del mulo e si avvia lentamente verso l'uscita, vigilata da due soldati tedeschi. Piero pone in spalla la pala e va dietro al carretto, impugna la cordicella collegata al freno, e si mette a seguirlo, a passo lento, come quello dell'animale che traina il veicolo.

Il tempo che impiegano per raggiungere il cancello è eterno. Piero suda, sente le gocce calde scendere lungo la schiena.

Un soldato apre il cancello.

Il carretto lo varca.

Ora è Piero a oltrepassare la linea d'ingresso.

Si stringe nella spalle.

Si attende che qualcuno lo fermi.

No.

Si avviano nel vialetto che congiunge il Forte alla Strada Nazionale.

Da un momento all'ltro possono sospettare di quello strano 'militare' con la pala ma con gli stivali. Non è improbabile che sparino. I tedeschi non vanno tanto per il sottile, in materia.

Dopo pochissimi minuti, che sembrano un'eternità, il carretto volta sulla Nazionale, va a destra. Piero s'affretta a sinistra. Butta la pala nel fosso e s'avvia, con le gambe tremanti, verso la città.

Quando riesce a raggiungere casa ha la febbre.

Non c'é tempo da perdere.

Il piccolo autobus è pronto con l'ausweiss affisso sul vetro anteriore, due taniche di benzina nascoste tra i sedili posteriori.

Franceschina ha accettato di seguirli, Rosa no.

Renato è alla guida. Subito dietro di lui Leda e Carla, più indietro, con una grossa paglia in testa e un foulard che le nasconde quesi del tutto il volto, Paula. Ancora dietro, Marco. Piero ha ancora la febbre, è pallido. E' sdraiato su un sedile.

Quando il veicolo si muove, Paula si fa il segno della croce.

L'ausweiss, che sembra autentico, attesta che l'ingegnere Renato Marini è al servizio del Reich e si interessa dei collegamenti radio terrestri, con particolare riferimento ai ripetitori. Deve raggiungere la sua sede di lavoro in località che per motivi di riservatezza non si indica nel documento.

Renato ha posto particolare cura nel rilevare e annotarsi le località dovo sono ripetitori, e anche se allunga un po', segue strade che possano giustificarne la percorrenza.

Imbocca la via casilina e punta su Cave, poi verso Fiuggi, quindi Sant'Elia e per impraticabili comunali che mettono a dura prova la resistenza del mezzo e la perizia del conducente, riesce a raggiungere Cerasuolo e Boiano, dove si fermano per riposare, in una piccola casa colonica, bei pressi del cimitero.

Paula è quasi sempre vicina a Piero. Per fortuna la febbre è un po' diminuita.

Fino a quel momento i posti di controllo sono stati superati.

La sera successiva riescono a valicare il Vinchiaturo, poi Campolieto, e scendere a valle, fino a raggiungere Campomarino, alle porte di Termoli, dove l'amico Norante li accoglie fraternamente, li rifocilla, ed assicura che il suo peschereccio sarebbe andato a gettare le reti vicino a quelli che, poi, sarebbero rientrati a Manfredonia. Nessun timore per il trasbordo, quella gente di mare era praticissima, bravissima, e il poter 'beffare' i crucchi era motivo di sfida.

Il piccolo torpedone sarebbe rimasto a Campomarino.

A Manfredonia avrebbero provveduto a fornirgli i mezzi per raggiungere Conversano.

Il pericoloso esodo ha fortunosamente termine alla grande ed accogliente Azienda De Lupis.

Tutti sembrano riacquistare una certa calma.

Piero, invece, è inquieto, no ha ancora chiare le idee sul come comportarsi.

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13 R.S.I. e dintorni

Il 19 settembre, Kesserling invita gli italiani ad approffittare delle "favorevoli" condizioni di lavoro in Germania. Il 21 è pubblicato il bando di precettazione al lavoro obbligatorio che prevede la chiamata di 16.400 romani. Gli appartenenti a cinque classi, dal 1921 al 1925, dovranno presentarsi entro il 25 settembre per essere avviati in Germania o impiegati in opere di apprestamento militare. Se ne presentano 455.

Gli altri, alcuni si danno alla macchia, altri si nascondono dentro la capitale, guardandosi più dagli amici (che si credevano tali) che dai nemici. Infatti le delazioni non mancano per motivi abbietti: per antichi odii o per soldi.

L' ufficio culturale dell' ambasciata tedesca, in via Tasso, diventa sede della Gestapo e delle SS al comando di Kappler, luogo di reclusione e di tortura dei detenuti politici, con le stanze adibite a cella, con le porte a spioncino (e dopo qualche giorno saranno murate anche le finestre).

Nel frattempo, il 16 settembre, pattuglie della 5a armata americana e dell'8a britannica si ricongiungono nei pressi di Vallo della Lucania. Il gen. tedesco Kesselring, comandante del Gruppo di armate Sud, inizia una cauta ritirata verso nord.

Il 21 settembre Il gen. Alexander traccia il piano per le operazioni in Italia. 1) Consolidamento delle posizioni sulla linea Salerno-Bari - 2) Conquista di Napoli e Foggia - 3) Conquista di Roma - 4) Eventuale successivo attacco contro Firenze e Arezzo.

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