Prime Esperienze di Travestitismo

Informazioni sulla Storia
Progressiva trasformazione di una transgender. Primi passi.
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Parte 1 della serie di 6 parti

Aggiornato 06/11/2023
Creato 12/23/2021
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Fino a quel momento ero stato assolutamente convinto della mia eterosessualità. Certo, a ripensarci bene oggi, sin da piccolo avevo coltivato inconsapevoli fantasie sessuali di più che dubbia attribuzione etero che mi avevano portato a sperimentare su me stesso, durante i miei lunghi, casalinghi, pomeriggi solitari, svariati giochini di natura autoerotica (uno per tutti: avevo provato ad infilarmi dietro una matita e la cosa mi era piaciuta non poco. Da quel giorno era diventato uno dei miei passatempi preferiti).

Lunghi, casalinghi, pomeriggi solitari, dicevo. Solitari non nel vero senso della parola, in famiglia eravamo ben sei persone: i miei genitori, mia sorella, io e ben due nonne, una delle quali viveva da sempre con noi mentre la seconda ci aveva raggiunti una volta diventata vedova, quando io non avevo ancora compiuto 4 anni di età. Avevamo una grande casa e, nonostante tutto, avere la propria intimità non era un grande problema.

Il guaio era che i miei genitori lavoravano entrambi ed erano fuori tutto il giorno, le mie nonne erano già troppo anziane e mia sorella, l'unica con cui avrei potuto giocare, aveva sei anni più di me e certo non si dimostrava molto interessata a spendere il suo tempo con un fratellino minore e, dal suo punto di vista, rompipalle.

Intendiamoci, la mia infanzia è stata assolutamente felice, niente di traumatico o anche di semplicemente malinconico. E' che avevo davvero un sacco di tempo libero da passare in solitudine a giocare con me stesso. Fortunatamente ero dotato di molta fantasia e la cosa aiutava, molto. Da che ho memoria, inoltre, sono sempre stato incantato dal genere femminile in tutte le sue espressioni. Alle elementari c'era letteralmente una fila di fidanzatine in adorazione che mi attendeva ogni giorno e io ne ero assolutamente lusingato. Aiutava il fatto che fossi un bel bambino, il cui fascino dipendeva si dal bell'aspetto e da una innata eleganza (sono sempre stato fissato col ricercare eleganza ed artisticità nel vestire), ma soprattutto dal fatto di mostrarmi sempre gentile ed educato anche verso le meno popolari tra le mie compagne. Ho già detto che la femminilità mi incantava, no? Ne ero talmente innamorato da voler inconsciamente sperimentare cosa si provasse a sentirsi donna, vestendomi, in quei pomeriggi di cui sopra, con indumenti "presi in prestito" per l'occasione, da mia mamma o da mia sorella. Così, segretamente, indossavo intimo, gonne e camicette, scarpe (troppo grandi per me) calze di seta e addirittura reggicalze, appena potevo. Tutto sapientemente sottratto dai cassetti di mia mamma e altrettanto sapientemente rimesso a posto per non lasciare alcuna traccia del mio operato.

Raggiunti i 12-13 anni e scoperta la magia delle prime seghe, iniziai a dedicare sempre meno tempo ai giochi infantili, preferendo di gran lunga andare "dritto al sodo", magari con l'aiuto di qualche immagine evocativa selezionata sia pure da un semplice catalogo Postal Market.

A quattordici anni cominciai ad avere le prime storielle sentimentali con mie coetanee, ma la cose si limitavano principalmente ad interminabili limonate e romanticherie. Ero costretto a spararmi seghe a tutto spiano, prima e dopo, per evitare l'inevitabile l'effetto "blue balls", ma mi stava bene così e per un po' dimenticai il travestitismo e le mie sperimentazioni di genere.

Fino a che...

Ho il foglio rosa per la patente, ma ancora sono costretto a prendere i mezzi pubblici per potermi spostare in città. A casa mia non vogliono saperne di comprarmi la moto, dicono che è troppo pericoloso, in una città come Roma. La mia attuale ragazza (secondo me bellissima e che ancora ricordo dopo tanti anni) avrebbe la Vespa ma anche a lei è consentito usarla soltanto quando è fuori al mare, mai in città. Così, ogni giorno, sono costretto a sobbarcarmi un autentico viaggio per uscire con lei, che abita al capo opposto della città. Tale viaggio prevede che io debba prendere ben due diverse linee di autobus più una di metropolitana per poter stare con lei qualche ora prima del viaggio di ritorno... che palle! Comunque, palle a parte, lo faccio volentieri, sempre trascinato dal mio innato romanticismo. Romanticismo alquanto platonico ancora, perché di fare vero sesso per il momento non se ne parla. In realtà l'anno scorso, durante una vacanza all'estero, ho avuto modo di fare ripetutamente sesso con una ragazza più grande di me, ma, una volta tornato in patria, di nuovo solo "Cinque Contro Uno" e olio di gomito.

Durante uno di questi "viaggi" per andare a trovare la mia bella, me ne sto sull'autobus aspettando che parta, al capolinea, piattaforma posteriore, con le spalle poggiate contro il finestrino. E' ancora vuoto, ma presto si riempirà di gente.

Immerso nei miei pensieri, faccio caso a due tizi che sono saliti appena prima che l'autobus chiudesse le porte per partire. Uno dei due è sui trent'anni, piuttosto poco mascolino, vestito in maniera comune, quasi trasandata. L'altro deve essere oltre i cinquanta, piuttosto basso, vestito in maniera pacchiana. Ha un aspetto abbastanza ripugnante, vuole fare il giovane anche se non lo è più. Ha capelli unti, evidentemente tinti di un improbabile colore nero assoluto, grosse basette fuori moda e barba non rasata da 4-5 giorni. Dalla vistosa camicia colorata spuntano, a ciuffi, lunghi e foltissimi peli scuri nei quali si perdono un paio di catene d'oro che farebbero invidia a più di un rapper d'oltreoceano. Completano il quadro un paio di Ray-Ban scuri che neanche il miglior Califano ai bei tempi... Nell'insieme una persona di aspetto quantomeno discutibile.

Io invece, dal canto mio, sono una personcina decisamente appetitosa: alto il giusto, snello e tonico, lineamenti delicati sotto folti capelli castano chiari lasciati cadere naturalmente quasi fino alle spalle, una gran bella abbronzatura, camicia candida e jeans aderenti. I due si dirigono verso il centro dell'autobus, poi si fermano, guardano nella mia direzione e, parlottando tra loro con aria complice, ridacchiano.

Che cazzo avranno da ridere questi due? Ma si sono visti allo specchio?

Faccio giusto in tempo a formulare questo pensiero che il tipo anzianotto si separa dal suo compagno e torna indietro, prendendo posto proprio accanto a me, anche lui poggiandosi alla parete posteriore del bus. Non do molto peso alla cosa, chiedendomi soltanto perché, con tanto posto libero, debba starmi così appiccicato. Mi sposto leggermente, ricreando un po' di spazio tra me e lui. Qualche secondo e si sposta anche lui, annullando quello spazio. Il tizio più giovane guarda dalla nostra parte, ridendosela sotto i baffi. Infastidito, sto per abbandonare la mia postazione quando le porte dell'autobus si aprono e una folla di nuovi passeggeri si riversa sulla piattaforma posteriore intasandola: siamo già arrivati alla fermata successiva. Schiacciato contro il vetro da quella muraglia umana, mi rassegno a rimanere dove sono. Di abbandonare il mio posto nemmeno a parlarne più.

Il tizio laido ne approfitta per schiacciarsi contro di me. Percepisco l'odore disgustoso del dopobarba nel quale deve evidentemente aver fatto il bagno prima di uscire. Mi ripropongo di allontanarmi il prima possibile.

Alla fermata successiva, invece, sale ancora più gente, aumentando la ressa. Siamo stipati come sardine. Sento qualcosa sfiorami delicatamente il pacco!

"Oh cazzo..."

Guardo in basso ma non riesco neanche a veder bene cosa succede laggiù. Intravedo soltanto il dorso di una mano pelosa e il polsino di una camicia a colori sgargianti. Con un'espressione tra lo stupefatto e il fintamente minaccioso, giro il capo a guardare in faccia il mio inelegante vicino che, invece, continua a guardare fuori dal finestrino con aria assente. Spero vivamente che si tratti di una semplice casualità e che tra qualche istante quella mano venga ritirata.

Non è così. La mano continua a sfiorarmi il pacco, sempre in maniera casuale, ma aumentando via via la pressione. Non posso avere più dubbi: questo qui ci sta provando!

Non sono abituato a cose del genere, non pensavo che potessero accadere davvero. Mi prende il panico. Sono troppo timido per additarlo direttamente al pubblico ludibrio, magari potrei passare addirittura per pervertito io. L'unica cosa che, a costo di sforzi immani, riesco a fare, è quella di rigirarmi di 180° fino a trovarmi a guardare anch'io fuori dal finestrino, rosso in viso, nel tentativo di posizionare il mio pacco fuori dalla sua portata, proteggendolo contro la parete.

Per un po' sembra funzionare. Certo che se con le sue palpatine voleva ottenere l'effetto di farmelo venire duro ha fallito in pieno: me lo sento rattrappito come se si volesse nascondere tra le mie cosce.

Meno di un minuto, però, e sono costretto a confrontarmi con una situazione almeno il doppio spiacevole: la sua mano è passata a tastarmi il culo e con il palmo, stavolta! Sono paralizzato.

Sento addirittura due dita insinuarmisi tra le natiche e, nonostante io stia stringendole con tutte le forze, posizionarsi in corrispondenza del mio ano premendo ritmicamente in maniera allusiva attraverso la stoffa dei jeans. Non mi muovo di un centimetro e sono costretto a sottopormi a questa umiliazione per il tempo necessario a percorrere altre tre fermate, che a me sembra infinito. Alla terza scendono molte persone e, improvvisamente libero, ne approfitto per imboccare la porta e scendere il più velocemente possibile. Faccio l'errore di guardare verso il bus che si allontana da me e vedo la smorfia laida del mio torturatore che, schiacciato contro il vetro, mostra oscenamente la lingua al mio indirizzo, prima di un ultimo irridente sghignazzo.

***

Non l'ho presa bene.

L'esperienza sul bus mi ha scioccato più di quanto sia disposto ad ammettere anche unicamente con me stesso. Nei giorni seguenti, persino i rapporti con la mia ragazza ne risentono negativamente. Anche se non le ho detto niente, il fatto di essere stato umiliato così profondamente mi ha tolto sicurezza e confidenza in me stesso. Lei lo percepisce e, fraintendendo, lo interpreta come un calo di interesse da parte mia. Da quel momento in poi, in capo a tre mesi, arriviamo all' inevitabile rottura tra noi. Per un po' mi dedico ad altro, non voglio imbarcarmi in un'altra storia sentimentale fintanto che mi sento così.

Non mi passa però neanche per la mente di mettere in discussione la mia innocente convinzione di eterosessualità. Per qualche tempo ho persino inconsapevolmente ridotto l'attività masturbatoria al minimo indispensabile, giusto un paio di seghe alla settimana tanto per scaricarmi, ma sono sempre seghe veloci e senza particolare partecipazione.

Col tempo ho ripreso a masturbarmi quotidianamente con l'aiuto di filmetti porno che noleggio, vergognandomi da matti, in un sexy-shop abbastanza lontano da casa, in una zona dove nessuno mi conosce. Il normale porno di tipo etero che prima accendeva le mie fantasie ha però iniziato a perdere il suo fascino. Adesso mi sento più attratto dal genere shemale. Mi convinco che ciò che più mi attrae è il fatto che spesso le statuarie trans che compaiono nei video hanno corpi persino più femminili delle stesse donne biologiche, ma sto mentendo a me stesso: ancora non me ne rendo conto, ma evidentemente comincio a sentirmene attratto soprattutto per la presenza dei loro cazzi. Progressivamente e in maniera inconsapevole quasi, la visione di una bella donna, sia pur nuda e bellissima, ma con i normali attributi femminili, non mi eccita più come una volta. Rimane comunque inalterata la mia ammirazione per la femminilità in genere.

Il fatto è che non riesco più a provare vera eccitazione se sullo schermo non compare un bel cazzo in erezione. Ho persino ripreso a travestirmi in segreto.

Faccio sempre più spesso sogni nei quali mi aggiro per la città rendendomi improvvisamente conto di essere vestito da donna e che la cosa, oltre a provocarmi imbarazzo, mi eccita dannatamente. In uno, in particolare, mi ritrovo sul bus sul quale sono stato molestato quasi un anno fa, nella stessa situazione imbarazzante, ma stavolta mi accorgo di indossare la gonna in luogo dei pantaloni e, quando il mio molestatore inizia a premere il ventre contro il mio culo, sono io stessa ad alzarla e a divaricare le gambe, lasciando che mi prenda da dietro. Il sogno è così vivido che mi sembra persino di sentire il dolore della penetrazione mentre vengo travolto da un orgasmo squassante. Mi sveglio di colpo mentre sto ancora schizzando (questa volta per davvero) dentro i pantaloni del pigiama che indosso. Ancora però non ammetto che il vero dispiacere è che si trattasse solo di un sogno.

***

Oramai ho la patente di guida, ma ancora non ho una macchina mia. Quando esco la sera posso prendere quella di mio padre, ma di giorno serve a lui, pertanto sono ancora legato all'uso dei mezzi pubblici. Tre volte alla settimana sto frequentando un corso d'arte privato in una zona per raggiungere la quale, guarda caso, devo prendere, dallo stesso capolinea, la stessa linea di bus in cui quasi un anno fa ho avuto la mia prima involontaria esperienza di tipo omosessuale.

Ancora guarda caso, ogni volta che prendo quella linea, occupo sempre lo stesso posto di un anno fa, in piedi contro il fondo del bus.

Non ammetterei nemmeno sotto tortura (e nemmeno con me stesso) che lo faccio nella segreta speranza che la storia si ripeta. Ma intanto lo faccio.

Ogni volta, lasciando l'autobus alla fermata alla quale devo scendere, provo un vago senso di inconfessabile delusione, ma faccio finta che non sia vero.

Un giorno però, all'ennesimo viaggio, percepisco quello stesso ripugnante odore di dopobarba che non ho certo dimenticato.

"Ma guarda guarda chi si rivede..." E' giusto un sussurro alle mie spalle, ma ricollego tutto immediatamente. M'irrigidisco allertando tutti i sensi, come un coniglio davanti a un lupo affamato.

"Scommetto che ci speravi, vero? Li conosco quelli come te... aria da santarellini, ma sotto sotto..." continua lui sussurrando. Deglutisco ripetutamente, incapace di spiccicare parola.

"Beh... invece magari è solo un caso... ad ogni modo... la volta scorsa te ne sei andato come se avessi il fuoco alle chiappette, invece della mia mano, e non ho fatto nemmeno in tempo a lasciarti un mio contatto... Giusto nel caso fossi interessato a qualcosa di forte, si intende, con me si va fino in fondo... o niente!"

Poi, siccome rimango assolutamente muto, continua, ma stavolta con un tono autoritario, che sembra non ammettere repliche:

"Tira fuori il cellulare e segnati questo numero. Sarai tu a chiamarmi... e già lo sai."

Ho preso il cellulare in mano nemmeno fosse un riflesso condizionato, stupito di averlo fatto veramente, e salvo nella rubrica il numero che mi sta dettando. Non avrei voluto, davvero, ma quel suo tono così torbidamente autoritario...

"Bravo... ora salvalo sotto il nome: Padron Extremo...

Pfft... che nome di merda... manco nelle peggiori storielline SM che ho cominciato a leggere da poco... Però intanto lo segno.

Sento una mano strizzarmi delicatamente le palle, mentre non posso evitare che mi venga duro, poi più niente. Solo dopo qualche minuto racimolo il coraggio di girarmi, ma lui non c'è più. Andato. Silenziosamente come era venuto.

Ho vergogna di me stesso per aver obbedito così docilmente. Poi mi dico che ho fatto bene comunque, che ho evitato ulteriori complicazioni, che tanto è ovvio che se crede che lo chiami starà fresco ad aspettare e che appena possibile cancellerò il suo numero dalla mia rubrica... Ma intanto non lo faccio.

***

Sono passate quasi tre settimane e non ho avuto molto tempo per riconsiderare la cosa, impegnato com'ero a preparare il mio esame di maturità classica. Non ho tempo per queste cazzate, e poi io sono etero, mica gay! Ma intanto il suo numero mica lo ho cancellato...

E' fine luglio e fa un caldo tropicale. Stamani ho brillantemente passato l'esame di maturità e mi sento euforico. Sono stato uno degli ultimi a sostenerlo per questioni di sorteggio.

Ho voglia di divertirmi e comincio a fare telefonate a tutti i miei migliori amici per organizzare qualcosa assieme stasera. Non riesco a trovarne nessuno disponibile, sono praticamente tutti già in vacanza. Il che mi deprime un po'.

I miei stessi genitori sono già partiti per la nostra casa al mare (spinti da mia sorella che ha lì il ragazzo e che naturalmente se ne fotte allegramente dei miei esami), per cui stasera avrei la casa tutta per me, prima di raggiungerli domani con la corriera. In mancanza di meglio decido di organizzarmi una seratina a base di porno e seghe a tutto spiano davanti al megaschermo del soggiorno. Bevo pure un po' d'alcool, per sentirmi più trasgressivo.

Il vasto campionario di porno che scorre sullo schermo se da una parte mi eccita, da un'altra mi fa sentire uno sfigato che, per festeggiare, non ha di meglio che spararsi qualche sega in solitudine invece di fare vero sesso come dovrebbe. Ho quasi 19 anni, sono libero di fare quello che voglio, sono in perfetta salute, ho gli ormoni a mille e sono qui a segarmi come un tredicenne qualsiasi!? Questo pensiero mi manda in bestia.

Il whisky che sto bevendo mi stordisce, ma allenta i miei freni inibitori. Mi sento incazzato col mondo che mi impedisce di sfogarmi come vorrei.

Scorro ancora una volta la rubrica del cellulare per vedere se magari mi è sfuggito il nome di qualcuno che potrebbe ancora trovarsi in città e mi casca l'occhio su un contatto: "PEX". Ci metto una ventina di secondi buoni a ricordare che è così che avevo rinominato "Padron Extremo", timoroso che risultasse troppo esplicito nel deprecabile caso che il mio cellulare fosse caduto in mani sbagliate.

Improvvisamente mi sento eccitato. Forse è l'inaspettata via d'uscita che mi sta offrendo la sorte.

Se non fossi un po' brillo credo che non mi spingerei fino al punto di fare quella telefonata, ma si dà il caso che io lo sia, e nemmeno poco.

Ci vogliono una decina di squilli, prima che qualcuno risponda dall'altra parte. Sto quasi per riattaccare...

"Pronto?"

E' una voce maschile, mi sembra di riconoscerla, ma non ne sono certissimo.

"Emmhh... salve, mi ha dato lei questo numero?"

E' una domanda idiota, lo so, ma non mi è uscito di meglio.

"E tu chi saresti, scusa?"

"Mi ha dato lei questo numero... sull'autobus... un mesetto fa?"

Insisto io col battito cardiaco a mille.

Dall'altra parte silenzio.

"Pronto?"

Faccio ancora io.

"Credo di aver capito chi sei... mi fa piacere che ti sia deciso, quasi non ci speravo più..."

Mi sembra di percepire un cambio di tono, un evidente compiacimento, qualcosa a metà tra lo zuccheroso e il laido... E' con questo stesso tono che continua:

"Dimmi..."

Non so che dire, non mi ero preparato nessun discorso. L'unica cosa che mi viene è un balbettante:

"Ecco... volevo sapere perché... ecco... perché mi aveva lasciato questo numero, sa lo ho ritrovato oggi..."

"Non dire cazzate, ragazzino! Sai benissimo perché te l'ho dato e sai anche perché mi hai telefonato."

"Ma no... veramente!" farfuglio io di rimando.

"Zitto. Ora ti faccio io una semplice domanda: Ti va di fare sesso? Si o no??"

Il suo essere così diretto mi prende alla sprovvista, sento la faccia avvamparmi di colpo, sto quasi per chiudere la telefonata mentre sento la mia stessa voce dire:

"Si... cosa dovrei fare?"

"Vediaamoo... vuoi venire da me? Potremmo incontrarci al solito capolinea, prendiamo un caffè insieme e poi, se ti va, andiamo a piedi a casa mia. E' a poche centinaia di metri."

"Deve darmi il tempo, però... tra un paio d'ore va bene?"

Sbuffa, un po' contrariato. Forse sperava fossi disponibile già da subito.

"Va bene dai, ora sono le 21 e 25... alle 11 e mezza, ok. A dopo allora."

"Grazie..."

Lo ho ringraziato come se fosse lui a fare un favore a me e non viceversa! Non ci posso credere...