Castellarcero

BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui
ULISSE
ULISSE
18 Seguaci

Inoltre, era sua cognata.

Per di più, professa.

Ma Piero –rifletteva- con tante femmine che puoi scegliere, a parte quel po’ po’ di moglie, ti stai rincoglionendo con una bambina.

Se proprio vuoi fartene una, basta pascolare nella scuola infermiere.

Decise che ci avrebbe provato.

Emy, l’inglesina, somigliava molto a Bianca, doveva provare con lei. Doveva fidare nell’azione vicariante.

Bianca, però, non riusciva ad allontanarla dalla mente.

Lo stava prendendo. E di brutto.

Insomma, era Bianca che voleva portarsi a letto. Un bocconcino prelibato.

Forse erano i tabù che la circondavano a stuzzicarlo: giovanissima, vergine, quasi suora, cognata.

Piero rassicurò i suoceri: piccole cose, forse nulla. In ogni caso le analisi avrebbero confermato o meno le sue idee. Al massimo, una breve curetta avrebbe risolto tutto.

Potevano partire tranquilli.

Marta era un po’ titubante. Voleva chiedere qualcosa al marito, ma temeva di contrariarlo

Si decise.

“Piero, mi spiace che a causa di mia sorella debba dirti…”

La guardò curioso.

“Cosa?”

“”Qui non ho il necessario per analisi complete e precise, specie che hai eseguito anche il prelievo per il Pap test. Potrei dare il tutto a papà, ma tu sai bene come vanno le cose. Se andassi io, in laboratorio, sarei certa dei risultati. Si tratterrebbe di un paio di giorni…”

Piero pensò che certe volte il caso è provvidenziale.

“Ah…, e Nico?”

“Verrebbe con me, i nonni ne sarebbero felicissimi. Ho pensato che, forse, è bene che Bianca riposi, e sia sotto le tue dirette e immediate cure.”

“OK. Telefonami il risultato delle analisi appena puoi.”

Piero guardò Bianca che se ne stava in silenzio, in poltrona.

Dopo che furono partiti, Piero disse a Bianca che gli sarebbe piaciuto andare fuori, per la cena: una pizza, o quello che vuoi tu.

Bianca dichiarò che andava matta per la pizza.

“Bene, ne informo Ilda. Poi andiamo a fare un giro in auto, e ti porto in una borgata, non lontana, dove fanno la vera pizza napoletana, e c’è anche della musica caratteristica.”

“Non sono mai andata in locali del genere.”

“Ricorda che c’è sempre una prima volta, sta a noi renderla piacevole.”

Bianca indossò la gonna plissata, una blusa legata alla vita e, su suggerimento del cognato, portò un golf di lana.

Cominciava ad imbrunire.

L’attacco di Piero iniziò subito: guardingo, cauto, metodico, lento, calcolato.

Scendendo le scale le cinse la vita.

La fece sedere in auto e le aggiustò la gonna perché non rimanesse presa dallo sportello, e così poté lisciarle la gamba. Espedienti da adolescente!

Era premuroso, affettuoso.

Si avviarono, non velocemente, verso la statale.

“Come va, piccola?”

“Bene, grazie.”

Le pose confidenzialmente la mano, aperta, sulla coscia.

Carni sode, constatò.

Guidava senza fretta.

Dopo alcuni minuti giunsero a una graziosa borgata.

Decise di lasciare l’auto nel piccolo parcheggio.

“E’ vicino, andiamo a piedi. E poi voglio farti vedere alcune graziose e tipiche produzioni artigiane.”

L’aiutò a scendere dall’auto.

“E’ meglio che indossi il golf, o almeno mettilo sulle spalle, a quest’ora è sempre un po’ umido.”

Prese il golf, lo adagiò sulle spalle. Con piccole sapienti carezze si assicurò che scendesse bene, le coprisse il petto.

Le mise la mano sulla spalla. Era più bassa di lui, anche di Marta.

Andarono verso una bottega artigiana che aveva esposte alcune camicette ricamate, con motivi caratteristici del luogo.

“Vieni, entriamo.”

Bianca lo seguiva, abbastanza silenziosa.

Le indicò alcune blusette.

“Sono belle, vero?”

“Si, bellissime.”

“Scegline una, te la voglio regalare.”

“Sarebbe sprecata, in Istituto non la posso indossare.”

“Adesso sei qui, la indosserai qui. Provala?”

Bianca era indecisa, lui l’incoraggiò.

“A te quale piace, Piero?”

“Questa.”

“E’ quella che mi piace di più.”

“Provala, lì. Dietro la tenda.”

Accompagnata dalla commessa, Bianca andò dietro la tenda, tornò indossando la camicetta.

“Ti sta benissimo, sei splendida. Tienila.”

Fece mettere nel sacchetto la blusa che aveva tolta, pagò, uscirono.

“Grazie, Piero… non avresti dovuto.”

“Sono contento che sia di tuo gusto.”

“Grazie ancora.”

Si sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo sulla guancia.

Il caratteristico locale, tipicamente sullo stile del luogo, con qualche accenno a una certa oleografia napoletana, le piacque moltissimo. Uno strano ma non sgradevole mix. Anche in cucina: Gennarino, il proprietario, napoletano ‘verace’, come suo nipote Ciro, il pizzaiolo; Dorina, la giovane e bella moglie, che amava definirsi ‘autoctona, con la vecchia cuoca Luisa.

Bianca scelse una ‘margherita’. Piero la imitò e chiese anche il frizzantino fresco.

Quando le pizze giunsero a tavola, Bianca accennò a battere le mani, come una bambina al ricevere d’una gradita sorpresa, con gli occhi che le ridevano. Bellissima, la nuova camicetta le donava molto. Non era perfettamente abbottonata e, quando si chinava, lasciava scorgere il bianco reggiseno che custodiva le preziose tettine che lui non poteva scordare.

Anche il vinello, piacque a Bianca e non si accorse che, pur non abituata a berne quotidianamente, stava vuotando i bicchieri che l’attento Piero andava riempiendo. Una coppa di melone allo champagne coronò il tutto.

Bianca era allegra, ogni tanto guardava il cognato, gli restituiva affettuosamente le strette di mano, e non dava peso quando la mano si soffermava sulle cosce, insistente, vagante, esplorante.

Piero non credeva che si sarebbe ridotto a tanto: palpare le cosce della giovanissima cognata, desiderare di carezzarle il sesso che appena percepiva attraverso il vestito.

Mandolinista e chitarrista alternavano canzoni romantiche ad allegre tarantelle.

Bianca aveva gli occhi sempre più lucidi.

S’era fatto abbastanza tardi.

Era l’ora di tornare a casa.

Nell’alzarsi, bianca barcollò. Era visibilmente allegra.

Il cognato l’aiutò, la sorresse, pose la mano sotto l’ascella, facendo in modo che sfiorasse il seno. S’avviarono all’uscita, verso l’auto. Lei abbandonò la testa sulla spalla di Piero, e si lasciò guidare, quasi trascinare. Appariva lieta, serena, rilassata.

Piero pensò che la vera Bianca era quella.

In vino veritas: femmina, e sensibile.

L’aiutò a salire e sedersi in auto. Sistemò il poggiatesta e l’inclinazione del sedile. Le allacciò la cintura di sicurezza. Lei lasciò fare, guardandolo con occhi dolci e un po’ rivelanti l’apprezzamento del vinello fresco e spumeggiante.

Si assicurò che tutto fosse a posto, che la cintura di sicurezza non sgualcisse la camicetta, che la gonna fosse ben distesa e che non infastidisse il ventre, in particolare la parte bassa, con irritanti piegoline. Con l’occasione, si interessò che le belle tettine fossero al loro posto, aguzze e distanziate tra loro,

Bianca seguiva tutto con attenzione.

E’ difficile dire se lo subiva, l’accettava, o gradiva.

Piero guidò lentamente verso casa. Carezzandola di quando in quando: sul volto, sul seno, tra le gambe leggermente dischiuse.

A casa, la prese sulle braccia. Lei gli si aggrappò al collo, proprio come una bambina che vuole essere protetta.

Salirono nella camera di lei.

Era tutto buio e silenzio.

Ilda sicuramente dormiva.

Poggiò Bianca sul letto. Lei si sdraiò con le gambe penzoloni le braccia lungo il corpo.

Le tolse le scarpe. Le sollevò il busto per sfilarle la camicetta, abbassò la zip della gonna, la fece scivolare sul tappeto.

Era li, col bianco reggiseno e le mutandine.

Sul letto era poggiata la lunga e leggera camicia da notte, anch’essa bianca, con spalline ricamate.

Si avvicinò all’orecchio di lei.

“Te la senti di rimanere in piedi per infilare la camicia?”

Senza rispondere lei tentò di alzarsi. Lui l’aiutò.

Era in piedi. Slacciò il reggiseno, tirò giù le mutandine, le fece uscire dai piedi.

Era uno spettacolo incantevole, affascinante.

A parte i lunghi capelli biondi che le sfioravano impertinenti il bel culetto tondo, gli sembrava una figura uscita dalla ineguagliabile matita di Crepax.

Bianca gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

La sollevò di nuovo e l’accompagnò al bagno. L’aiutò a sedere sul vaso , attese che facesse la pipì, quando si alzò la deterse dolcemente tra le gambe, che lei aprì flettendosi sulle gambe, buttò la morbida carta nel gabinetto, premette lo sciacquone, la riprese in braccio e la pose a sedere sul letto.

Era il momento di indossare la camicia.

Pur sempre ciondolando un po’, Bianca alzò le braccia, poi le rimise giù. Si distese di nuovo, questa volta cominciando subito a dormire, con un profondo respiro, come il gradevole fare le fusa d’una gattina.

La camicia era rimasta sollevata, la copriva fino all’ombelico, e anche una tettina era fuori.

Piero era assalito da mille tentazioni. No. da una sola!

Cosa significava, però, sfruttare quell’occasione?

Con una donna in quello stato di torpore, non presente a sé stessa, quasi incosciente. Si sarebbe sentito quasi un necrofilo.

Festina lente, affrettati lentamente, il vecchio principio era saggio.

Si chinò a baciarle le labbra.

Quelle, però, erano vive, si mossero.

Questo lo spinse a baciarle il capezzolo: vivissimo e reattivo.

Poi il grembo, teneramente, intrufolando la lingua tra le grandi labbra, cercando, piano, di farle dischiudere le gambe. Ecco, ora sentiva il piccolo clitoride sollevarsi, lo succhiò delicatamente, scese ancora e provò con la punta della lingua a insinuarsi nella piccola delicata, leggermente salata, vagina. Quel sapore testimoniava la non insensibilità della ragazza. Insisté, inoltrandosi sempre più, fin quando poté, e la sentì palpitare, agitarsi, mugolare, gemere, sussultare, abbandonarsi sfinita.

Doveva lasciarla.

Ancora un po’ e non avrebbe più controllato quanto urgeva nella patta dei pantaloni.

Abbassò la candida camicia, spense la luce del comodino, andò nella sua camera.

Decise di prendere, opportunamente, alcune gocce distensive, che gli avessero consentito il sonno.

^^^

Era già seduto per la colazione che Ilde aveva approntata, quando entrò Bianca, allegra e festosa, quasi saltellando.

Si avvicinò al cognato.

“Ciao, Piero.”

Si chinò a baciarlo sulla guancia.

Sedette di fronte a lui.

“Grazie per ieri sera, è stato tutto bellissimo… solo che ho bevuto troppo ed ho ricordi confusi… strani. Non ricordo nemmeno come sia riuscita a svestirmi, a indossare la camicia da notte, a mettermi a letto. Un grande disordine mentale.”

“Ti ho aiutata io, per quanto ho potuto.”

“Ti devo ancora un grazie. Sei sempre premuroso.

In compenso, ho sognato molto. Sogni bellissimi, che ho vissuto intensamente, come fosse realtà, ma nello stesso tempo sogni inquietanti. Almeno per me.”

“Cosa hai sognato?”

Bianca alzò le spalle.

“Qualcosa che non si può dire?”

Arrossì visibilmente.

“Più o meno…”

“Se non altro, era piacevole?”

Il rossore aumentò.

“Questo si…. Purtroppo…”

“Come purtroppo.”

“Certe cose non dovrei neanche sognarle… Se permetti, non vorrei parlarne.”

“Come vuoi.”

“Quando tornerà Marta?”

“Al più presto domani sera.”

“Hai visite?”

“Questa mattina no. Solo una nel pomeriggio, alle diciotto. Anzi, pensavo di andare al lago.”

“Si può fare il bagno?”

“Non credo, l’acqua è abbastanza fredda. Ma si può andare in barca. Andiamo?”

Divenne ancora più allegra.

“Posso venire anche io?”

“Come ‘posso’. E che, ci vado solo in barca?”

“Bello. Che devo mettere?”

“Se lo hai indossa un costume, non per il bagno ma per il sole.”

“Non ne ho, e quelli di Marta credo mi stiano grandi.”

“Prova, sono elasticizzati. Potrebbero andare bene. Li ha in un cassetto del guardaroba. Va.”

“Quale cassetto?”

“OK. Ti accompagno.”

Andarono nella camera matrimoniale, le mostrò il cassetto. C’erano diversi costumi.

“Eccoli.”

Ritenne opportuno uscire.

“Se Metti il costume porta anche un telo. Troverai tutto, anche la borsa, nell’armadio. Ti aspetto in garage.”

Bianca scese dopo qualche minuto.

“Hai ragione, ho messo quello smeraldo, due pezzi, mi sembra che vada bene. Del resto, basta stringere i legacci. Forse le coppe sono un po’ grandi.”

Piero era pensoso.

Non che avesse abbandonato il suo proposito, tutt’altro, ma veniva tormentato da una interminabile serie di perplessità. Una volta che fosse riuscito nel suo intento, come sarebbe andata a finire? Non era certo per ‘una botta e via’, per mille e una ragione. Allora?

Che reazione avrebbe avuto Bianca? E che conseguenze ci sarebbero state nella di lei scelta di vita? Una relazione duratura con la sua eccitante cognatina? Ma lei sarebbe tornata in Istituto. Ma ci sarebbe tornata…. Dopo?

Forse era inutile invischiarsi in tutte quelle idee. Le ipotesi potevano essere infinite.

Comunque, era certo di raggiungere la meta?

Salirono in auto, si avviarono al lago.

Bianca lo guardò.

“Sei un po’ taciturno.”

“Scusa, stavo cercando di ricordare, senza ragione, gli impegni per domani. Non saprei restare senza lavoro e nello stesso tempo mi infastidisce non riuscire ad essere completamente libero.”

La ragazza posò affettuosamente la mano su quella di lui, che teneva sul volante.

“Grazie, Bianca, sei dolcissima.”

Le sorrise.

“Contenta di essere riuscita a scacciare il pensiero che ti infastidisce.”

“Grazie, piccola.”

Le carezzò il volto.

Erano giunti allo ‘Chalet del Lago’, Bar, ristorante, noleggio di barche a remo e a motore.

“Vieni, Bianca, prendiamo qualcosa.”

“Cosa?”

“Non so… un gelato.”

“Benissimo, ne vado matta.”

Entrarono, ordinò un cono con fragola e panna.

Piero volle un cappuccino tiepido.

Il proprietario si avvicinò a loro.

“Buon giorno, professore.”

“Buon giorno, Gianni. Questa è la mia bella cognatina, la sorella di ma moglie.”

Gianni chinò leggermente il capo.

“Conosco Gianni, cara Bianca, da quando ero ragazzo.”

“Vuol fare un giretto sul lago, professore?”

“E’ quello che pensavo.”

“C’è il piccolo entrobordo che uso io, glielo cedo volentieri. E’ a punto, e corredato di tutto. Anche di telefono.”

“Grazie, Gianni.”

“Posso farle preparare il pranzo? Pesce di lago alla nostrana.”

Piero guardò interrogativamente Bianca.

Lei rispose con un gesto che voleva dire che era d’accordo.

“OK Gianni. Va bene per le tredici?”

“Perfetto, professore. Il motoscafo è attraccato al pontile di legno, le chiavi sono a bordo.”

Salutò e si allontanò.

Bianca gustava lentamente il gelato, e aveva un po’ di panna sul labbro superiore.

Piero prese un tovagliolino di carta, dal contenitore, levò la panna, sorridendo.

“Sei proprio una bambina golosa.”

“Si, sto scoprendo tante cose, e che mi piacciono.”

“Buon segno, significa che stai bene, forse i tuoi piccoli disturbi sono collegati a un certo modo di vivere.”

Si avviarono al pontile.

Nella mente Bianca si andava srotolando il play back della sua vita.

Andata in Istituto a dieci anni, quella era la prima volta che si trovava di fronte a una realtà sconosciuta, a qualcosa che, influenzata dall’ambiente e dal clima cosiddetto educativo nel quale viveva, aveva costruito internamente a modo suo, o meglio a suggestione degli altri.

Era cresciuta assimilando i principi che le venivano imposti, più che presentati. Un nebuloso miscuglio di cure per lo spirito e per il corpo.

Il corpo, che secondo la religione da lei professata, era suprema opera d’un Dio che l’aveva creato a sua immagine e somiglianza, era, tutto sommato, la sede del male, del peccato, della perdizione, della perdita della felicità eterna, non di questo mondo, naturalmente.

Il godimento dello spirito era messo a dura prova dalle tentazioni del corpo.

Il corpo, temporaneo e corrompibile, si perdeva nella ricerca del piacere materiale, fonte di dannazione perpetua.

Il nocciolo duro (guarda caso, in inglese si dice hard core), é il sesso.

Perché, poi, il Creatore avesse demandato al sesso il compito della perpetuazione della specie, se la cosa era tanto peccaminosa, non era molto chiaro.

Sesso uguale a inferno. Inferno, regno di Satana. Satana sempre alla caccia di nuovi sudditi, poveri esseri umani attratti e illusi dalle ingannevoli lusinghe del demonio. Mefistofele alla ricerca di Faust.

Secondo il sottile condizionamento continuo dell’Istituto, le creature di Dio, in fondo, erano espressione di Satana. Infatti, le donne dovevano allontanare l’uomo, il loro demonio, e gli uomini dovevano ben guardarsi dalle donne, le loro diavole.

Come si trovasse bene ‘lo diavolo maschio nell’inferno femmina’, di boccaciana memoria, non era tema di considerazione, in Istituto.

Bianca andava guardandosi intorno, ora, e cercava di vedere nell’uomo il temibile e pericoloso satana, ma non ci riusciva.

Come definire ‘diavolo’ il tenero e premuroso Piero, che la circondava di mille attenzioni, che la proteggeva, la faceva sentire sicura con lui!

Erano arrivati al motoscafo.

Tolsero i calzari, salirono a bordo.

Una bella barca, molto sportiva, scoperta, con la vasta poppa dove la ampia spalliera del comodo e morbido sedile formava un invitante solarium. A sinistra la poltroncina del pilota, a destra altra, per un passeggero.

“Siedi, Bianca.”

Lui prese posto dinanzi al timone, accese il quadro, fece un rapido controllo degli strumenti, mise in moto, si accertò del funzionamento del contagiri e degli altri indicatori. L’uomo sul pontile sfilò la sima dalla bitta e la gettò a bordo.

Piero scostò lentamente.

Cielo limpido, con una piccola gradevole bava di vento.

Bianca guardava intorno, incantata. Ogni tanto lo sguardo si posava sul cognato, con espressione che manifestava contentezza e riconoscenza.

“Posso muovermi, Piero?”

“Certamente.”

Si alzò, gli andò vicino, posò sulla guancia di lui un tenero bacio, il suo solito ‘bacetto’, ma questa volta era accompagnato da un delicato abbraccio.

Piero lo ricambiò, cingendole la vita.

“Vuoi provare come si sta al timone?”

“Magari, posso?”

“Vieni qui, davanti a me.”

Spostò un ginocchio per farla entrare nello stretto spazio tra lui e il timone.

Era inevitabile che Bianca poggiasse il suo tondo sederino sul piccolo spazio della poltroncina che lasciavano libero le gambe di Piero.

Piero ne sentiva l’inebriante calore, la provocante e gagliarda prosperità. Strinse le gambe e sentì che aderiva ancor più a lui, al suo crescente ed evidente desiderio.

“Metti le mani sul timone.”

Bianca eseguì.

Lui vi pose sopra le sue.

“Ecco, ora ti faccio vedere come si fa a virare…. Così…a destra, poi raddrizzi, e quindi a sinistra. Lentamente, senza scatti… così… prova da sola.”

Le sue mani andarono sotto le ascelle della ragazza, scivolarono lentamente in avanti, sulle tettine. Rimasero inerti,poi le dita presero vita, si strinsero un po’, intesero i piccoli deliziosi capezzoli, li carezzarono piano.

Gli sembrò che il culetto di Bianca premesse contro la sua patta gonfia.

Una mano scese sul ventre piatto, lo strinse per sentirla ancora più vicina. Proseguì sul pube. Sentì l’orlo dello slip.

“Perché non ti metti in costume, Bianca? Il sole è caldo. Credo che sia il momento opportuno.”

“Devo tornare al posto mio?”

“No..no. Lascia un momento il timone, lo governo io.”

Lei sentì le mani di Piero abbandonarla, si alzò, si liberò rapidamente dell’abito, gettandolo nello spazio retrostante, tornò a sedere. Questa volta proprio sull’inarrestabile gonfiore di lui. Riprese prontamente il timone.

Era bello sentire quelle dita sul suo corpo.

Ora erano a diretto contatto della pelle.

Erano entrate nel reggiseno.

S’erano intrufolate nello slip.

Ecco, stava rivivendo, desta, sveglissima, le deliziose sensazioni del sogno, o quasi.

Piero andava frugando tra la i riccioli di seta della sua bella cognatina, sentiva che non teneva serrate le gambe, e quando le sue dita s’intrufolarono tra le grandi labbra, percepì lo sporgersi invitante del bacino. Il piccolo bocciolo che stava fiorendo, sembrava impazzito. Le natiche sobbalzavano, lo stavano facendo impazzire di desiderio, il motoscafo andava a zig zag, lei sembrava in preda a un incontenibile eccitazione, era tesa, e urlò di voluttà quando, quasi improvviso, esplose in lei il primo vero orgasmo della sua vita.

ULISSE
ULISSE
18 Seguaci