La Chioma Di Berenice

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"E tu, perché indossi quella veste?"

"Mi da un senso di sicurezza. Nella sacca, però, ho il vestito e le scarpe che i miei mi hanno regalato l'anno scorso, quando sono andata a casa in vacanza."

"Metti quello."

"Come faccio."

"Aspetta."

Si avvicinò alla moglie di Giuseppe, che stava seduta col bimbo in braccio.

"Scusate, mi chiamo Antioco. Mia sorella vorrebbe cambiarsi, mettere un vestito che non sia da suora, per essere meno impacciata nei movimenti, per salire e scendere dal vagone. Voi avete una coperta, se la manteniamo come un paravento, lei dietro, potrà cambiarsi. Mi fate questo favore."

Si alzò. Una bella e formosa bruna. Porse il bambino al marito, che le era a lato.

"Mantieni, Giusé, che devo aiutare questi giovani."

Prese la coperta e ne diede un angolo ad Antioco, si rivolse a Berenice, invitandola ad andarvi dietro, per cambiarsi. Berenice prese la sacca e si appartò nell'angolo formato dai lati del vagone e la coperta, tenuta distesa dalla donna e dal giovane. Si sentì un fruscio di vesti e Berenice comparve in un semplice e grazioso vestito rosa, a fiori, che poneva in risalto il suo bel corpo, fino ad allora nascosto nella lunga veste nera.

Antioco ringraziò la donna, e l'aiutò a piegare la coperta.

Era giorno fatto, e il treno sembrava voler acquistare un po' di velocità. S'udiva un sordo rumore, dapprima lontano, che s'avvicinava rapidamente. Chi era vicino alla porta scorrevole guardava in cielo, indicava qualcosa. Il rumore aumentò, qualcosa passò rombando, sul treno. Antioco s'affacciò dall'apertura e vide un aeroplano che s'allontanava verso nord. Si volse alle persone che lo guardavano interrogativamente.

"E' un ricognitore" –disse- "credo che richiederà l'intervento di altri apparecchi. Se riterrà che questo convoglio trasporti persone verranno a mitragliarlo, se, invece crederà che sia solo un treno merci dovremo attenderci dei bombardieri."

La gente si guardava l'un l'altro, spaurita, preoccupata.

Evidentemente, l'aereo era stato notato anche dai macchinisti. La velocità aumentò sensibilmente. Il pericolo maggiore, più che dai binari malfermi, veniva dal cielo.

Erano trascorsi solo pochi minuti e s'udì, in lontananza, un sordo e pesante rombo di aeroplani che s'avvicinavano.

Antioco disse che erano bombardieri.

Il treno correva all'impazzata, e riuscì ad infilarsi in una galleria prima d'essere raggiunto dagli aerei. Rallentò rapidamente, si fermò.

Nel buio profondo, s'udirono voci, richiami.

Qualcuno osservò che erano salvi.

Antioco prese Berenice per mano.

"Stammi vicina, prendi la sacca. Io prenderò il mio bagaglio."

Gli si accostò, vicinissima. Lui la cinse col braccio.

"Siamo fortunati, Antioco."

"Speriamo che non colpiscano gli imbocchi della galleria, intrappolandoci. Vieni, cerchiamo di scendere, ma senza darlo ad intendere agli altri, per non creare confusione."

Si sentì una voce di donna.

"Giusé, nun me lassà sola, statte azzeccato a me."

Tenendosi per mano, nel buio rotto da qualche sigaretta accesa, raggiunsero il portello del vagone, sedettero con le gambe penzoli all'esterno. Antioco balzò per terra, con grande prudenza, cercando di vedere dove metteva i piedi, si fece dare il tascapane e la sacca dalla ragazza e la mise giù, afferrò le gambe di Berenice, sopra le ginocchia.

"Lasciati andare, ti tengo io, cerca d'aggrapparti al mio collo appena puoi."

La manovra riuscì perfettamente. La donna aveva poggiato i piedi per terra e ancora restava con le mani intrecciate dietro la nuca del giovane.

"E' destino che debba abbracciarti."

E lentamente sciolse quella stretta.

Antioco mise in spalla il bagaglio che, per fortuna, aveva lunghi manici, prese la mano di Berenice.

"Vieni dietro a me, piano, cerca di vedere dove metti i piedi."

"E' buio."

"La viuzza accanto al binario é chiara, si scorge appena. Fa attenzione. Cercheremo di raggiungere l'uscita della galleria. Siamo il penultimo vagone, non dovrebbe essere molto lontana. Se ci fai caso, s'intravede un chiarore, é la luce che entra dall'imbocco, fra poco c'é una curva, vedremo meglio."

Dopo un centinaio di metri, il binario voltava. Una volta giunti alla svolta, la luce aumentò, il binario si vedeva chiaramente, l'ingresso della galleria diveniva sempre più grande. Non giungeva alcun rumore dall'esterno. Giunsero all'aria aperta. Degli aerei nessun segno. Forse erano andati dall'altra parte della montagna.

"Allontaniamoci, Berenice."

Si guardarono intorno, nessun segno di vita. Poco distante, verso la collina, un boschetto. Si avviarono da quella parte. Quando vi giunsero, dopo pochi passi, Antioco si fermò, mise a terra il bagaglio e restò a guardare, attraverso gli alberi, verso il binario.

Berenice gli si mise di fronte, con gli occhi pieni di lacrime.

"Non andiamo più a casa?"

Le passò lievemente la mano sulla guancia.

"Andiamo a casa, sì, ci andiamo, ma non con quel treno, credo che non proseguirà oltre la sua marcia."

La ragazza s'allontanò alquanto e tornò dopo pochi minuti,

Cominciarono a sentirsi delle esplosioni, non troppo lontane, ma non dalla galleria della quale potevano scorgere l'imbocco.

"Credo che stiano bombardando il versante opposto, per distruggere la strada ferrata. Se tutto va bene, il treno sarà costretto a retrocedere, a tornare indietro. Ecco, guarda laggiù. Dalla galleria esce qualcuno. Noi, però, affrettiamoci verso quelle colline, mi sembra di aver visto una costruzione."

Antioco riprese i bagagli, s'avviarono.

Dopo circa un'ora, raggiunsero una capanna. Pietre a secco ricoperte di rami e di frasche, che una sembianza di porta, legata col fil di ferro. Al lato, un pozzo ricoperto con una lamiera e un vecchio secchio attaccato a una catenella. Antioco scoprì il pozzo, vi guardò dentro, vi attinse un secchio d'acqua, ne esaminò il contenuto con la massima attenzione, assaggiò il liquido, e annuì col capo.

"Se vuoi bere, é limpida e fresca, credo sia potabile."

Berenice portò il secchio alle labbra e bevve a lungo, poi chiese ad Antioco di versarle dell'acqua sulle mani e se le passò sul volto. Il ragazzo la imitò subito dopo. Mangiarono dei biscotti che Berenice aveva tirato fuori dalla sacca, centellinando l'acqua.

Le esplosioni erano finite. Un sentiero cominciava a inerpicarsi sul fianco della bassa montagnola e lo si vedeva giungere fin dove s'intuiva cominciare un pianoro, sul quale, da lontano, ad Antioco era sembrato aver intravisto un casolare.

"Sei stanca?"

"No, é lontano dove dobbiamo andare?"

"Credo che per raggiungere la costruzione che ho scorto ci voglia più di un'ora."

"Andiamo, ora i bagagli li porto io."

"Andiamo, ma non pensare ad altro. Non pesano molto e non sono stanco. Va tu avanti, lentamente."

Berenice s'avviò, muovendo ritmicamente i fianchi rotondi, sui quali erano fissi gli occhi di Antioco.

Ci vollero due ore per raggiungere la vecchia casupola, dinanzi alla quale erano ad attenderli un uomo, molto anziano e una giovane donna con un bambino in braccio. Non si mossero, guardavano sospettosi. Antioco li salutò. Si fermarono, depositò il bagaglio per terra. La donna chiese chi fossero e cosa volessero. Il giovane raccontò la storia quasi in tutta la sua spoglia verità. Disse, però, che erano fratello e sorella. Nominò il loro paese, al quale speravano di arrivare.

"Io sono Antioco" –concluse- "e questa é Berenice."

Senza muoversi, la donna disse che era Maria, quello era il suocero, Nicola, e il bambino, suo figlio, si chiamava Nicolino.

"Mia sorella ed io abbiamo bisogno di aiuto, siamo stanchi. Siate gentili, abbiamo anche i soldi per pagarvi."

Fossero state o meno queste ultime parole, la donna guardò prima l'uomo e poi l'invitò ad entrare.

Una casa modesta, ma non povera.

"Noi mangiamo fra poco, pasta e patate e frittata. Se volete, potete farci compagnia. Intanto rinfrescatevi pure, in quella stanza, c'é tutto quello che volete, anche per asciugarvi, a parlare ci pensiamo dopo."

Nicola era rimasto fuori, ad impagliare una sedia. Nicolino, che poteva avere poco più di un anno, giuocava, per terra, con dei pezzi di legno. Maria s'avvicinò al focolare.

"Va prima tu, Berenice."

La ragazza andò nel locale che era stato loro indicato.

Antioco si rivolse alla donna.

"Posso aiutarvi?"

Lei si alzò a guardarlo. Era bella e molto giovane, con un volto regolare incorniciato da capelli neri, abbastanza alta. Nella gonna un po' larga s'indovinavano forme attraenti, la blusa stringeva un seno rigoglioso che premeva prepotente. L'esame doveva averla soddisfatta. Gli sorrise.

"Che volete aiutare. Sedetevi, riposatevi. Volete un bicchiere di vino?"

"No, grazie, adesso non ho sete."

"Di dove siete?"

Antioco le disse il nome del paese.

"E dove rimane?"

Glielo spiegò.

"E' lontano assai, come farete ad arrivarci?"

"Non lo so."

"Qui potete stare quanto vi pare. Papà Nicola sarà contento, e il piccino si divertirà con gente nuova."

"Grazie, ma cercheremo di togliere il disturbo appena possibile."

Berenice era tornata. Il volto fresco, i corti capelli ravviati. Sembrava un'altra. Antioco stava per farle un fischio d'ammirazione, ma si trattenne, notando la sorpresa di Maria.

"Ma quanto sei bella, Berenice. Beato lo sposo che ti si piglia."

Berenice sorrise appena, senza dir nulla.

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Pasta e patate e la frittata furono gustati con evidente soddisfazione, specie da parte di Antioco e Berenice. Nicola insisteva perché bevessero il vino fatto da lui, sottolineando che era uva, solo uva.

Restarono un po' a chiacchierare, intorno alla tavola, profittando anche che Nicolino dormiva saporitamente nella culla di legno.

Decisero che dovevano darsi del tu, anche Nicola, contrariamente alle abitudini del luogo, si disse d'accordo. Ma tutti seguitarono a chiamarlo papà Nicola.

Il marito di Maria, figlio di Nicola, era stato chiamato alle armi poco prima della nascita del bambino, e solo di rado giungeva qualche laconica cartolina, col timbro di una Posta Militare che non si sapeva dove fosse. Quattordici mesi di lontananza, lamentava la donna. Lavori campestri trascurati, aggiungeva il vecchio. Maria era praticamente sola, la madre e la sorella Teresa abitavano abbastanza lontano, e Nicola non aveva altri figli.

Vollero conoscere la storia di Antioco e sorella.

Il giovane disse tutta la verità di si sé, parlò dell'Università del servizio militare, riscuotendo un ammirato sorriso da Maria quando disse d'essere ufficiale, raccontò della prossima fine degli studi, ma non sapeva cosa l'attendesse nel futuro. Di Berenice modificò solo una parte. Viveva dalle suore, dov'era restata dopo il diploma magistrale. Non confermò né smentì il fatto che fosse sua sorella.

Nicola aveva seguito tutto con attenzione. Si rivolse ad Antioco.

"Io ho fatto l'altra guerra, e prima ero stato in Libia. Brutta cosa la guerra. Sono stato promosso caporale e m'hanno dato la Croce di guerra, te la devo far vedere. Maria ve l'ha detto. Potete restare qui quanto volete, anche se la casa é vecchia, posto ce ne sta. Tua sorella può dormire con Maria e tu ti puoi arrangiare nella stanza a fianco. Nell'altra ci dormo io. Domani, o dopo, vi faccio vedere il paese, La Rocca, é a quasi dieci chilometri, ci andiamo tutti quanti, col carretto"

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Quando riuscirono a restare soli, Berenice si disse preoccupata. Come avrebbero potuto fare per raggiungere le loro case, così lontane? E la Superiora, alla quale aveva promesso di scrivere subito, cosa avrebbe detto non vedendo giungere nulla?

Antioco la rassicurò. La linea ferroviaria era certamente interrotta, i loro paesi molto lontani, bisognava vedere come organizzarsi, forse a La Rocca potevano informarsi. Per fortuna, al giovane non mancavano soldi.

"Potremmo rivolgerci al Parroco."

"Si, ma con cautela, io sono sempre uno che si é arbitrariamente allontanato dal servizio militare. Non essere così triste, vedrai che si aggiusterà tutto. Vieni qui."

L'accolse tra le sue braccia, amorevolmente.

Maria li colmava di premure, specie Antioco. La loro presenza l'aveva sollevata, distesa, sorrideva, curava maggiormente la persona. Nicolino era divenuto amico di tutti, sempre pronto a ridere, a tendere le braccia, trotterellando incerto sulle sue gambe grassocce.

"Hai detto che sai fare i biscotti al miele, Berenice, noi abbiamo tutto, latte, farina, uova, miele e papà Nicola é bravissimo ad accendere il forno. Perché non li fai?"

"Volentieri, ma ci vorrà un po' di tempo."

"Non ti preoccupare, ne abbiamo."

Preparò gli ingredienti che servivano, mise un tagliere sulla madia e vi pose sopra il mattarello e un grosso coltello.

"Papà Nicola, per favore, accendete il forno e date un occhio al piccolo, io vado a rassettare la stalla. Antioco, mi aiuti?"

Si avviarono dov'erano custoditi gli animali, di notte, e rimesso il carretto tutto fare. Non c'era molta luce, specie dopo che Maria chiuse la porta.

Antioco si guardò intorno.

"Non c'é confusione, a quanto vedo."

La donna andò verso il grosso mucchio di fieno, e restò immobile, col capo chino.

"C'é in me disordine. E aumenta sempre più. Sono sola da tempo infinito, Antioco, lo capisci? Sola, senza chi mi mostri il suo amore, mi stringa tra le sue braccia."

Il giovane cercò di prenderla in tono scherzoso.

"Come? Con tutti gli uomini del paese che certo ti fanno la corte?"

Senza voltarsi, lei gli tese la mano. L'uomo si avvicinò, alle spalle, le prese le dita tremanti. Lei gli accostò, scuotendo la testa.

"Uomini del paese, e chi li guarda, per divenire, eventualmente, lo zimbello di tutti, e poi, chi é come te."

Si voltò di scatto, gli prese la testa tra le mani, lo baciò avidamente, ansando. Si gettò riversa sul fieno. Dalla blusa aperta, prorompeva, proteso, il seno rigoglioso. Sollevò la gonna, mostrando le gambe, incantevoli, attraenti, invitanti, bianchissime fino ai folti riccioli neri che sembravano splendere e vibrare.

"Vieni, Antioco, vieni, non farmi impazzire di desiderio."

E quando lui la penetrò, lentamente, dolcemente, sembrò struggersi per la voluttà, precipitare nel piacere che si rinnovava senza fine. In quell'amplesso cercava il compenso della lunga castità che aveva dovuto osservare.

"Non ti lascio andar via a costo di legarti. Sei stupendo, come non potevo immaginare, sperare. Sei dolcissimo e gagliardo. Facciamolo ancora, ancora."

Lo stimolò, lo eccitò, lo baciò focosamente, gli fu sopra, come un'amazzone scatenata.

I biscotti erano appena sfornati quando rientrarono nella vasta cucina.

Berenice li accolse sorridente, mostrando il grosso vassoio pieno dei dolci dorati.

"Doveva esserci un bel disordine, nella stalla. Ci siete stati un sacco di tempo e apparite accaldati e stanchi."

Maria, coi capelli scompigliati, la guardò annuendo.

"Si, ma grazie ad Antioco ora é tutto a posto. E' inutile, ci vuole un giovane per certe cose. Sono accaldata, é vero, ma stanca no. Assaggiamo i biscotti."

Berenice ne offrì a tutti, e ne dette un pezzo anche a Nicolino.

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Antioco era molto preoccupato. Dovevano andar via al più presto. Quella situazione non poteva e non doveva prolungarsi. Erano trascorsi fin troppi giorni. Maria diveniva sempre meno prudente, sempre più possessiva ed esigente. Lo voleva con sé, per sé, ogni momento, dovunque si trovasse, anche dietro al fienile. Lui temeva che Nicola e Berenice potessero accorgersene e sarebbe stato il finimondo. Era piacevole, certo, ma stava divenendo una persecuzione, un tormento continuo. Si sentiva ridotto al ruolo di stallone. Le aveva anche accennato alla probabilità che lei restasse incinta. Gli aveva risposto che ci avrebbe pensato lei. Una notte, silenziosa e furtiva, gli si era infilata nel letto.

"Non ti preoccupare, non fa rumore, é solido e resistente, come te."

Gli si mise sopra, s'impalò sul suo fallo prepotente, ingorda, golosa, rabbrividendo di voluttà quando sentì invadersi dal seme di lui.

E stava per alzarsi papà Nicola, prima che si decidesse a tornare nella sua camera.

Aveva suggerito di far dormire Berenice in un altra cameretta, così loro avrebbero potuto coricarsi insieme.

Quella mattina Antioco affrontò decisamente il vecchio.

"Don Nicola, quando andremo in paese, vorrei avere qualche informazione su come vanno le cose, sulla possibilità di avviarci verso casa. Voi siete molto ospitali, affettuosi, e mi spiace che non avete accettato di essere in qual modo compensati con un po' di denaro, ma non possiamo restare qui a tempo indeterminato."

Nicola annuì, e promise che l'indomani sarebbero andati al paese. Dovevano partire abbastanza presto, perché ci sarebbero volute quasi due ore per arrivarci. Per il resto, però, non dovevano preoccuparsi, loro erano contentissimi di ospitarli.

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Era un piccolo centro agricolo, con traffico scarso, quasi nullo. La maggior parte degli uomini adulti era alle armi, poche cose nei negozi e quelli di alimentari non avevano molta merce, anche perché quasi tutti gli abitanti avevano i propri prodotti della terra. C'era una specie di bar, con una vecchia radio, vi si vendeva di tutto, una specie di emporio, e fungeva anche da osteria dove, volendo, facevano da mangiare. L'ufficio postale, la farmacia e il tabacchino erano sotto il Municipio, di fronte alla Chiesa.

Lasciarono il carretto dal maniscalco, ci avrebbe pensato lui a vedere come stavano i ferri dell'animale e se le ruote richiedevano un po' di grasso.

Poco distante, Maria s'affacciò ad una porta semiaperta e fu uno scambio di baci, di saluti.

Nicola disse che mentre Maria dava da mangiare al piccolo, profittando della casa della comare, lui andava a comprare del tabacco.

"Noi" –disse Antioco- "facciamo un salto in Chiesa. E' tanto che non ci andiamo."

Maria gli sussurrò di tornare presto, Nicola gli accennò la strada che dovevano fare per giungere in piazza.

Era un bell'edificio, antico, ben tenuto. Sul frontone, era scolpita nella pietra, evidentemente in epoca recente, la dedicazione : Santa Maria della Speranza. Sul portale, una scritta, su legno: Venite et videte.

Entrarono, solo in fondo, in un angolo dell'altare, oscillava leggermente un lumicino rosso. Una vecchietta era seduta su una panca in prima fila. Un anziano sacerdote stava affaccendandosi in una cappella laterale. S'era voltato, quando l'aprirsi della porta aveva fatto entrare un raggio di luce e, con un vaso d'ottone tra le mani, attendeva l'avvicinarsi di quei due sconosciuti.

Antioco e Berenice lo salutarono chinandosi a baciargli la mano. Il giovane lo guardò diritto negli occhi.

"Dobbiamo parlarvi, reverendo."

"Venite."

E s'avviò verso la Sacrestia. La vecchina, curiosa, smise di pregare e guardò di sotto lo scialle. Non li conosceva.

Don Mauro, il Parroco, li fece sedere di fronte alla sua scrivania.

"Dunque?"

Antioco raccontò minuziosamente la loro storia, a cominciare da quando la piccola suora gli aveva chiamato, facendolo passare per suo fratello.

Il prete aveva ascoltato tutto attentamente e ora li guardava, incerto sul da fare.

Antioco lo rassicurò che non chiedevano denaro e tirò dalla tasca un suo documento di riconoscimento che porse al sacerdote, altrettanto fece la ragazza.

Don Mauro li esaminò accuratamente, si volse alla donna.

"Tu sei Berenice Calì, di Stazzera?"

"Si, reverendo."

"Io ci conosco un prete, il Rettore del Santuario di Santa Maria della Fonte, Monsignor Rocco Calì. Ha il tuo stesso cognome. Siamo stati compagni di seminario per tanti anni, ma non ci scriviamo da prima della guerra."

Berenice spalancò gli occhi.

"Monsignor Rocco é mio zio, il fratello di mio padre."

Don Mauro si alzò e andò verso di lei. Berenice era in piedi. La strinse tra le sue braccia vigorose.

"La nipote di Rocco, figlia mia, quante volte mi ha parlato di te quando abbiamo avuto occasione d'incontrarci. Si, ora mi ricordo, Berenice. Mi disse che lui ti aveva battezzato. Tu ti chiamo Maria Berenice, vero?"