Radici, Rami, Frutti

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ULISSE
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L'agrodolce iniziale di Susy, Il succo del suo fiore che andava lentamente divenendo profumato miele.

Il sapore semplice, naturale, tradizionale e casalingo di Eileen.

Judie affascinava per quella sua acerbità, come di frutto appena comparso, che ti fa venire l'acquolina in bocca e la voglia di addentarlo pregustando il sapore asprigno che ti attrae, forse per il piacere di essere il primo a coglierlo, a penetrarlo con i tuoi denti famelici, avidi, cupidi.

Judie, la mia bambina, così deliziosa.

Era piccola piccola, e mi diceva che io don dovevo crescere più, dovevo aspettarla, perché doveva essere la mia fidanzata.

Mi saltava al collo, allegra, festosa, spensierata, mi abbracciava, mi baciava sulle labbra, con la sua boccuccia vermiglia, si aggrappava e mi cingeva con le sue gambette.

Lo fa anche adesso! E mi sembra di impazzire sentendo sul mio petto le sue tettine in boccio, e i miei fianchi stretti tra le sue bellissime e lunghe gambe. Certamente tornite da un dio. Scuoto la testa e sorrido, mi esalto, mi inorgoglisco, divento superbo, mi sento un dio, sì, io mi sento il dio che ha fatto venire al mondo quell'incanto della natura.

E, specie quando è in mini, sento il calore del suo grembo. Esaltante, inebriante.

Judie, la mia bambina.

E' lì, sul dondolo, in giardino, e sfoglia un libro.

E' appena uscita dalla piscina.

Ha un minuscolo tanga, che sembra gridare al mondo: guardate che meraviglia. Un sederino da sogno, che ti spinge a fantasticherie, brama... speranza!

Il reggiseno è una sottile striscia. Potrebbe benissimo farne a meno.

E' un po' monella. Di solito i suoi reggiseno sono della seconda taglia, mentre per il due pezzi usa la prima! Quanto ben di dio!

Mi avvicino a lei, mi sorride. Lascia il libro, mi abbraccia, si butta tutta su me, con la testolina sul mio petto.

La abbraccio... la carezzo... la spalla.. il fianco... la coscia...

Balza su me, siede sulle mie ginocchia, mi sbaciucchia...

Mi guardo intorno.

"Chi c'è in casa, Judie?"

"Credo che siamo soli... sono tutti fuori, per una ragione o per l'altra."

"Non hai freddo, così?"

"No, perché mi scaldi tu."

Mi guarda... una luce bellissima nei suoi occhi. Lentamente muove le mani, le passa dietro la schiena... slaccia il reggiseno.

"Pa', che dici, cresceranno ancora un po' o devo farmi la plastica?"

Rimango colto alla sprovvista da quello spettacolo e da quella domanda.

"Ma no, tesoro, sono già bellissime così... e certamente diverranno ancora più rigogliose..."

"Dici che sono belle?"

"Certo, cara..."

Non resisto, mi chino a baciarle, lei arcua un po' la schiena, come ad offrirle... lambisco un capezzolo, lo succhio... mi prende la mano e la porta al suo pancino... Io sento che sto eccitandomi follemente... la mano la carezza, s'intrufola... incontra il piccolo boschetto di serici ricci, le labbra del suo sesso... Sto scoppiando...

Adesso cosa fa?

Mi abbraccia e mi bacia sulla bocca, cerca di farmela aprire, ci riesce, la sua lingua umida e nervosa, entra, cerca la mia... la mano le afferra forte il sesso, quasi a strapparlo...

Lei si muove un po', cerca il mio...

Non ne posso più... la prendo sulle braccia.... Rientro... salgo di corsa le scale... entro nella sua camera, la depongo sul letto... rimango così, in piedi, inebetito, con la patta gonfia. E' solo col piccolo tanga, il reggiseno dev'essere rimasto in giardino. Con inimmaginabile naturalezza, si libera del piccolo triangolo di stoffa... mi tende la mano... mi avvicino a lei... allunga le sue manine... abbassa la zip dei pantaloni... cadono a terra, li sfilo... muovendo i piedi tolgo le scarpe... lei ha messo la mano nei boxer ed ha afferrato il mio fallo, tirato fuori... lo guarda... mi guarda...

"Che bello... paparino... è per lui che io vivo... ed è per lui che voglio vivere... vieni..."

Sono sul letto, ormai nudo, accanto a lei, nuda.

L'abbraccio, la bacio, la lambisco per tutto il corpo... sono fuori dalla grazia di dio... come devo fare...

Judie si sdraia, alza le gambe, mi prende la mano e dolcemente mi attira a sé, sono in ginocchio tra le sue cosce, col suo sesso riccioluto spalancato... mi pone le gambe sulle spalle...

"Vieni, pa'... vieni... ti voglio... lo so che mi vuoi..."

Prendo il glande e lo strofino sul suo clitoride vibrante, lo bagno agli umori che distillano da lei...

"Adesso, pa'... adesso... ti prego..."

Entro appena in lei... arcua la schiena, alza il bacino.. spingo...

Oddio... è vergine!

Nel mio cervello scoppiò come una bomba. Ero sconvolto, atterrito. Guardai Judie: occhi chiusi, si mordeva il labbro inferiore, espressione estatica, come in estasi. Fu istintivo fermarmi...

Aprì gli occhi, con aria di sgomenta... Si spinse ancor più verso me, mi afferrò le natiche, le attirò a sé, convulsamente...

La voce era roca, affannata, allarmata...

"Non tradirmi, pa', ti prego... è una vita che attendo questo momento."

Il suo ventre palpitava, la sua vagina, convulsa, mi ingoiava, si stringeva intorno al mio fallo che, comunque, non mostrava affatto segni del mio sconvolgimento mentale.

Ormai, ero in lei, incredibilmente in lei, per quanto quel corpicino potesse racchiudermi in sé, il suo incessante movimento, quell'ondeggiare del grembo che altalenava travolgente e voluttuoso, stava dandomi sensazioni nuove, sconosciute, paradisiache, eccezionali, sovrumane, e sentivo che lei era sul punto di essere impetuosamente travolta da un irrefrenabile orgasmo che mi stava trascinando deliziosamente... ansimava... mugolava... gemeva...

"Pa'... pa'... quanto ti ho desiderato... ma non sapevo... non... non... immaginavo che fosse così bello... belloooooo... bellooooooooo!"

Ebbe un sobbalzo più forte degli altri, sentii le contrazioni della sua vagina, gli spasmi, l'invasi col mio seme...incoscientemente, come un principiante al suo primo rapporto... vibrò, s'inarcò... ricadde... giacque. Sudata, ansante, voltando il capo qua e là... con gli occhi semichiusi dei quali si vedeva solo il chiaro... e la morsa che aveva stretto il mio sesso, si andava rilassando.

Aprì gli occhi. Mi guardò sorridente, beata, con una luce mai vistale nel volto.

La mia piccola Judie.

Scossi il capo... con aria angosciata.

"Cosa ho fatto, bambina mia... cosa ho fatto... non sapevo che eri..."

"Lo sono rimasta per te, pa'.. a chi altri potevo fare questo dono?"

"E non abbiamo adottato alcuna precauzione... oddio, Judie... cosa potrà capitarci..."

"Buono, pa'... buono... è da tempo che prendo la pillola, proprio per questa occasione che bramo da sempre... volevo sentire in me lo stesso seme che mi ha procreata... è meraviglioso... peccato che non posso avere un figlio tuo..."

Mi fissava con aria incantata, stupenda, incantevole.

"Non dovevamo farlo, tesoro, non dovevamo."

"Dovevo, pa'. Dovevo, l'ho sempre sognato. Sarà il più bel ricordo della mia vita. Sento che il tuo seme, la mia linfa, stanno lasciandomi, dopo essersi sparsi come balsamo in me... Io ritaglierò questa meravigliosa testimonianza, e la serberò per sempre."

Stavo per sollevarmi.

"No, pa'... non te ne andare.. è cos' bello sentirti in me."

"Quelle parole, quel risentire di nuovo le contrazioni del suo piccolo sesso, aumentarono la mia eccitazione, il mio fallo era più arzillo che mai.

"Ti sento, pa', ti sento... come puoi lasciarmi così.. ti voglio... ancora!"

Feci un lungo sospiro.

Come staccarmi da un così voluttuoso momento.

Sì, era la sua prima volta... ma, in fondo, non era che un particolare, insignificante.

Avevamo sentito il richiamo imperioso, irrefrenabile, invincibile della identicità dei nostri esseri.

Nessuna forza al mondo può resistervi.

Stessa essenza, stessa specie.

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La domenica successiva, secondo un'antica usanza, era il giorno della 'benedizione del padre'.

Raccolta la famiglia a tavola, per il pranzo, il 'padre' la benediceva, immergendo un ramoscello d'olivo in un calice dove c'era dell'acqua santa presa in chiesa, al fonte battesimale, e pronunciando la frase 'con quest'acqua di vita vi dono la vita'.

In alcune famiglie, legate alla tradizione, esisteva uno strano aggeggio, chiamato 'aspersory', aspersorio, ma confidenzialmente detto 'sprinkler', lo spruzzatore. Consisteva in un cilindro metallico, vuoto e con una asticella metallica al centro, sormontata da una specie di bottoncino, e da un coperchio a vite, con un forellino in corrispondenza del bottoncino interno. Si riempiva di acquasanta, si avvitava fino in fondo, il bottoncino chiudeva il foro, il recipiente diveniva impermeabile.

All'inizio del pranzo, il 'padre', svitava leggermente il coperchio che aveva la forma di un piccolo fungo, e, mentre tutta la famiglia era in piedi, la aspergeva col liquido che sprizzava dal forellino, dicendo, appunto la famosa frase: 'quest'acqua vi dona la vita'!

Io avevo visto in casa, da ragazzo, un simile oggetto, e mamma me ne aveva spiegato l'uso. Lei lo conservava gelosamente, in una particolare scatoletta foderata di velluto azzurro.

A me, a dire la verità, sembra soprattutto un simbolo fallico. Del resto, la forma é quella.

Mamma, venendo a casa mia, come spesso faceva, mi portò quell'astuccio e mi disse che avrebbe gradito una riunione familiare per la domenica della benedizione, e che io, il 'padre di famiglia', benedicessi tutti i componenti di essa riuniti a tavola.

Purtroppo, Martin, il marito di Susy, non poteva essere presente, era di servizio.

E così, quella mistica domenica, ero l'unico uomo, con quattro donne: mamma Mary, Susy, mia sorella, Eileen, mia moglie, e la bellissima Judie.

Tutte affascinanti. Ognuna rappresentante meravigliosamente una generazione: Mary, Susy e Eileen, Judie.

L'unico uomo io, Peter, con i miei 45 anni, portati abbastanza bene.

Tutti in piedi. Svitai un po' la testa dell'aspersorio e irrorai allegramente ognuna di loro: 'questo liquido dona la vita!'

Mi guardavano tra il serio e il compiaciuto, e c'era come un leggero velo nei loro occhi. Come una dissolvenza che si sperdeva nei ricordi.

Fu la voce di Mary, calda, commossa, a scuoterci.

"Io ho dato la vita a te, Peter, figlio mio. E tu l'hai data a noi tutte."

Ognuna fece un impercettibile segno di assenso.

Intorno alla tavola.

Mary, Susy, Eileen, Judie. Ed io.

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ULISSE
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