Radici, Rami, Frutti

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ULISSE
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Aveva affrontato, all'inizio, subito dopo la partenza, l'abbandono di Gano, prima ancora che nascesse Pete –quasi venti anni!- il difficile periodo della solitudine, specie qualche mese dopo la venuta al mondo del suo bambino. Solitudine totale, dello spirito, e del corpo. Il suo giovane corpo ancora assetato di vita, palpitante, assillato da mille naturali esigenze... E che giorni... mesi... Non aveva accettato nessuna avance, garbatamente, ma recisamente... S'era acquistata la nomea di 'frigida', ma sapeva solo lei quali lotte, quali turbamenti, quanto le era costata quella rinuncia... totale e senza fine... aveva deciso... riteneva di aver raggiunto la completa atarassia, quiete dell'anima e dei sensi, imperturbabilità...

Dopo quasi venti anni il suo convincimento si incrinava... quei contatti, quel sentirsi sfiorata... quasi esplorata con la mano... le labbra di Pete, di un uomo, sulla sua pelle... quasi sulle sue labbra, anzi no, proprio sulla sua bocca...

Le labbra di Pete, le ultime che avevano sfiorato, succhiato i suoi capezzoli...

Al solo ricordo rabbrividiva... come non le era capitato da tempo... sentiva perfino sussultare il grembo... moversi qualcosa in lei... ecco... come il ciucciare d'un bimbo mentre dorme, sogna di poppare, ma le sue labbra sono vuote...

Si mise a sedere, di colpo, cercando di scacciare da lei quei pensieri che la turbavano sempre più...

Pete restò con la spazzola a mezz'aria, la guardava, senza rendersi conto di quanto avveniva nella mente, e non solo, della madre.

Le si avvicinò, di fianco.

Mary gli sorrise, lui lo interpretò come un... invito... si chinò, le mise una mano sulla pelle nuda della spalla, e la baciò sulla fronte... sugli occhi...

Lei gli poggiò la mano sul fianco, avrebbe voluto allontanarsi... non ci riuscì... era così bello...

Mary disse che andava a fare una doccia, e poi avrebbe allestito qualcosa per il pranzo, attendendo il rientro di Susy.

Peter uscì, per acquistare il giornale e... -ma non lo disse- per schiarirsi le idee.

Quando tornò a casa, Susy era rientrata, non allegra perché la squadra del suo cuore era stata sconfitta.

Andò incontro al fratello, gli dette un bacetto... e gli sussurrò che aveva bisogno di essere... confortata... sarebbe andata da lui, nel pomeriggio, per seguitare a... leggere 'Sinuhe'!

Peter era contento, anche perché certe sue esigenze erano divenute più pressanti, dopo lo spazzolamento dei capelli di Mary. Ma rifletté, anche, che non era facile comportarsi senza lasciar trapelare il suo essere tormentato da intensi ma diversi desideri.

Cautamente, domandò a Susy che programma avesse per la sera.

Andava al pub, con la solita Meg, ed altri.

Tirò un grosso sospiro.

Mary era alle prese con le ultime cose per il pranzo: stufato di agnello con patate. Tavolini alle castagne, crépes jubilee.

Tutto ottimo, gustato con piacere, gradito e molto applaudito.

Peter disse alla mamma che Susy sarebbe andata al pub... e che lui aveva procurato due biglietto per il 'cineclub', dove proiettavano cult-film. Lo spettacolo era alle diciannove.

Scrutò il volto della mamma.

Mary non chiese il titolo della pellicola, e accettò con entusiasmo.

Peter aggiunse che dopo lo spettacolo sarebbero potuti andare per una pizza.

La mamma approvò.

Susy e Peter sparecchiarono, rassettarono tutto. Passando dinanzi alla porta della mamma, che era chiusa, la salutarono alla voce... andarono a seguitare la lettura di Sinhue!

Mary aveva indossato un semplice ed elegante abito, di tessuto leggero, ingualcibile, con la gonna plissettata, per andare al cine. Peter le andò incontro, le prese una mano, la fece scherzosamente piroettare.

"Insuperabile, mom, sei uno schianto, una favola, la gente guarderà te, non il film... e mi invidierà."

Mary sorrise.

^^^

La locandina indicava il film che si proiettava: 'Le souffle au coeur', regia di Louis Malle, del 1971. Interprete principale, Lea Massari.

Al termine, ci fu un interessante dibattito, ma Nary lo seguì distrattamente. La sua mente era intenta a tante considerazioni...

Chissà se la scelta di Pete è stata causale. Si chiedeva la donna.

Strano, proprio ora che mi rivolge certe attenzioni, e che in me rifioriscono sepolte sensazioni, un film su una madre e un adolescente. La storia di Clara e Laurent.

E quel suo prendere la mano, appena spenta la luce in sala, e prima ancora dell'inizio della proiezione. Ed io che l'ho stretta, e l'ho tenuto in grembo. Non era immobile quella mano deliziosa. Stringeva la mia e premeva sul mio grembo. Ed era bello. Deve esserne accorto, perché pigiava e poi alleggeriva la pressione, si muoveva, sfiorava... sfiorava il mio grembo... tra le mie gambe non perfettamente accostate.

Quando, al termine della prima parte, mi sono sciolta da lui ho sfiorato la sua patta. Proprio come immaginavo... sapevo... era gonfia!

Quando cominciò il secondo tempo, fui io a prendere la sua mano, e a riportarla dov'era prima. Ancor meglio, perché le gambe s'erano maggiormente dischiuse.

Finalmente, il dibattito finì.

Dovevamo andare alla pizzeria.

Mi sembrò naturale che cingesse la mia vita, dapprima, e poi, prendendomi sottobraccio, sfiorasse con le nocche delle sue dita, il mio seno, il suo seno.

Abbastanza affollata, la pizzeria, ma non stracolma. Peter aveva prenotato, un tavolo in angolo, alquanto appartato. Si stava benissimo. Musica gradevole, in sottofondo, e una ottima scelta, gestita da un bravo DJ, che proponeva nuove ed antiche canzoni conosciute in tutto il mondo.

Mi sentivo ringiovanita. Del resto, lo specchio di fronte a me, nel quale mi guardavo, non denunciava affatto gli 'oltre anta'. Beh, se mi avessero presa per la ragazza di Peter, avrebbero certamente pensato che le preferiva un po'... meno giovani... di lui.

Peter sembrò leggermi nella mente.

"Siamo una bella coppia, Mary, vero?"

Mi aveva chiamato Mary"

"Si, caro, un magnifico giovane e una 'matusa'!"

Batté la sua mano sulla mia e la lasciò così, carezzandola lentamente.

"A parte che per te il tempo s'è fermato tanti anni fa... io non ti cambierei con nessun'altra..."

"Adulatore!"

"Perché, invece, non mi chiami raffinato intenditore?"

Era arrivato il cameriere. Ordinammo due margherite e vinello frizzante.

Ero un po' confusa, stordita, in quello stato di dolce ebbrezza che ti fa sembrare tutto più bello... fantasticavo. Il film, la sua mano.. tutto era come in un sogno. Ma lui era lì.. e seguitavo a pensare...

In quel momento, si diffuse la voce inconfondibile e coinvolgente di Mina... e una musica che marcava e metteva in risalto le parole della canzone:

E' l'uomo per me.... Fatto apposta per me...

Gli carezzavo la mano, senza accorgermene, e pensavo che sì, fatto apposta per me, e me l'ero fatto io!

Ormai ero presa da quel vortice, stavo rimuovendo ogni tabù, ogni inibizione... dopo venti anni, quasi, sentivo, imperioso, irresistibile, inesorabile, il desiderio, l'urgenza di un maschio... No, mi sbagliavo, non di 'un' maschio, ma di 'quel' maschio, e che fosse mio figlio, carne della mia stessa carne, era la cosa più bella, più affascinante, attraente...

Di colpo, fui richiamata alla realtà.

Un'altra canzone, un'altra voce, una diversa musica, come una doccia fredda sul mio entusiasmo, sulla mia esaltazione.

Era Patty Pravo, anche lei unica, riconoscibile tra mille. Quasi , distaccata....

...pazza idea di far l'amore con lui...

... io che sorrido a lui...

Stavo facendo scivolare la mia mano da sotto alla sua, impietrita, sconcertata... colpita da quella tremenda verità... 'pazza idea'... è vero... ma sentivo che la frenesia era tale da poterla far considerare una vera e propria insania.

Per fortuna giunsero le pizze, e il vino.

Prima d'ogni cosa, alzai il bicchiere, guardandolo, e bevvi tutto d'un sorso. Rimasero solo poche gocce. Peter prese il calice dalle mie mani, lasciò cadere nella sua bocca il pochissimo vino che era rimasto.

"Voglio conoscere il tuo pensiero, Mary."

Avvampai, sarebbe stata una rovina... meno male che era solo una stupida convinzione popolare.

Mi guardò fisso. Raggiante.

Cominciammo a mangiare le pizze. A me era quasi sparita ogni traccia di appetito.

C'era uno strano silenzio, tra noi.

Fu Peter a riempirmi di nuovo il bicchiere e, alzando il proprio, ad invitarmi a bere.

Ma sì, meglio così. Forse sarebbe servito a rimuovere quella specie di nodo che mi serrava la gola.

Mi giungeva alle nari uno strano odore, dolciastro, non sapevo definirlo, Lo dissi a Peter. Si limitò ad annuire col capo.

"Ma'" –non più Mary, perché?- che ne diresti di andare a ballare?"

"In discoteca?"

"No, qui vicino c'è un piccolo e accogliente locale, con una bravissima orchestrina che suona dell'ottima musica, soprattutto del passato."

"Non so'..."

"Hai sonno?"

"Questo no."

"Allora chiedo al cameriere di telefonare per sentire se ci sono posti.!

Chiamò il cameriere, con un cenno, gli sussurrò qualcosa. Quello annuì e si allontanò. Dopo non molto, tornò, gli dette una specie di busta.

"E' l'invito, signore, come ha chiesto lei."

Peter pagò il conto. Mise l'importo nel tovagliolo e non riuscii a comprendere quanto avesse speso. Già pensavo che l'avrei rimborsato.

Gli feci cenno che potevamo andare.

Ci avviammo verso l'uscita.

Prima del guardaroba gli dissi che sarei andata a... ad incipriarmi il naso.

Sorrise, mi fece cenno che avrebbe attesa.

Fuori della pizzeria, mi prese di nuovo sottobraccio, ora il suo strofinio era più deciso che mai. E mi stava sempre piacendo, anche di più.

Non era lontano, il locale, subito dopo la prima traversa, a sinistra.

Un'entrata discreta.

Peter aveva preso dalla busta un cartoncino rosso e lo aveva esibito all'ingresso. Fummo pilotati ad un posto non centralissimo, ma da dove si dominava la sala, la pista. Quasi di fronte all'orchestra. Luci appena soffuse, tutto improntato a un gradevole blù. Tende, divani, tovagliato dei tavolini. Musica piacevole, soft, gradevolissima.

Mi sembrava sentire lo stesso profumo dolciastro che avevo notato in pizzeria.

Coppie, in genere, ai tavoli. Comunque parlavano a bassa voce.

Sedemmo. Peter fece solo un gesto del capo al maitre, e subito un cameriere portò due coppe di ottimo champagne. Brindammo subito.

L'orchestra aveva annunziato Nostalgia, di Juliàn Plaza. Un tango.

Peter si alzò, mi tese la mano.

Andammo sulla pista.

Musica dolce, meravigliosa, dolce ed eccitante nel contempo. Coinvolgente, intrigante, affascinante, sensuale.

Il tango deve essere ballato secondo quando il nome stesso del ballo esige: tango, tangere... toccare...lambire... sfiorare e in alcune accezioni anche commuovere... La coppia, quindi, non può che essere vicina, e in alcuni momenti quasi avvinta, con le gambe che si cercano, si intrecciano...

Peter mi attirò a sé, con energia. Lo guardai.

"Pete?!"

"Mary... è un tango..."

E strinse ancora di più.

Lo sentivo sul mio ventre. E come lo sentivo. Il seno era schiacciato al suo petto. Le sue gambe carezzavano le mie cosce, vi si intrufolavano volevano sentire il tepore di me... del mio grembo sussultante. Era bello, meraviglioso. Mi abbandonai totalmente, lo assecondai in tutto, presi anche l'iniziativa di strusciarmi a lui, sulla sua patta per dirgli che lo sentivo... e lui... mi sentiva? La... sentiva? Ero giunta a questo! Ero sbigottita per quanto mi stava accadendo, sbalordita, turbata, confusa... ma era meraviglioso, fantastico, impensato. Ero eccitata, infiammata, improvvisamente risvegliata da un lunghissimo letargo.

Mi auguravo che la musica finisse presto..... No... No... che non finisse mai...

Non capii cosa mi accadeva.... Mi ritrovai, d'un tratto, seduta di nuovo al mio posto, al tavolino.

Peter mi guardava, con un'espressione che non avevo mai vista sul suo volto. Era incantevole.

Mi porgeva qualcosa... una sigaretta... o meglio una specie di sigaretta... la presi, meccanicamente la portai alle labbra, era già accesa...

"Devi aspirarla lentamente... lentamente, coprila con le mani accartocciate.... Così..."

Mi fece vedere come.

Lo feci... aspirai... aveva uno strano sapore... dolciastro...

Poi, mi sembra, l'orchestra disse qualcosa... mi sembra... a media lùz... ma non volli ballare... sentivo le gambe deboli... e come un calore che mi avvolgeva... sempre di più... un senso di ubriachezza...

Ricordo vagamente... ancora champagne... forse ballai ancora... era tutto bello, intorno...

Non era lontano casa, ma prendemmo un taxi.

Quella era la mia camera... la mia doccia... ero io sotto la doccia... l'acqua era tiepida... gradevole... sentivo delle mani che mi carezzavano, leggere, delicate... poi l'acqua più fredda... ed ancora la mani... mi sembrava di uscire dalla nebbia... come se piano piano si diradasse... cominciavo a vedere chiaramente le cose...

Ero nella mia camera... m stavo asciugando... qualcuno mi aiutava... era Peter... Pete... lo guardai... sì... era lui... mi aiutò ad indossare l'accappatoio, sedere sulla poltrona... era semivestito... bagnato fradicio... s'inginocchiò di fronte a me...

"Ma', stai bene?"

"Si... cosa è successo... non ricordo nulla..."

"Niente, ma'.. niente... forse il caldo lo champagne, la musica..."

Mi tornava tutto alla mente... il ballo... lui che mi stringeva... io.. io che... quella sigaretta...

Lo guardai.

"Quella sigaretta, Peter, forse quella sigaretta... Cosa era?"

"Forse... mamma... ma stai bene?"

"Si, caro, sto benissimo... ma cosa era?"

Aveva le mani sulle mie gambe scoperte, la vestaglia s'era dischiusa... ricordai il ballo... lui che mi stringeva.. io che... quel contatto... mi stavo agitando di nuovo... eccitando...

Mi guardò.

"Solo un po' d'erba... mamma... niente di straordinario... ma lo champagne..."

Scossi la testa.

"Non dovevi bambino mio... non dovevi..."

Gli misi le mani sul capo, lo carezzai... oddio... oddio.. aveva poggiato la testa sulle mie gambe, e quelle s'erano schiuse... allargate... spalancate... ora il suo volto era sul mio grembo... le sue labbra... le sentivo... sul mio sesso... e questa era la sua lingua... le sue mani mi cingevano le natiche, le stringevano, ed io premevo la sua testa contro il mio sesso... non dovevo... non dovevo... ma speravo che... e infatti... era la sua lingua... mi frugava... entrava... si... entrava... perlustrava... golosa... curiosa... e certo sentiva il sapore dei miei abbondanti umori che distillavano da me... entrava... usciva... rientrava... circolava in me... sì... sì... così... così... cosiiiiiiii....

Quell'urlo era mio... ero io a sussultare scompostamente, avvinghiata freneticamente ai suoi capelli, alla sua testa che premevo tra le mie gambe che la stringevano convulsamente, voluttuosamente...

"Oh, ma'... sei meravigliosa..."

Le sue mani erano sul mio petto... ed ora erano le sue labbra che lo lambivano, che stringevano i capezzoli, li ciucciavano... Sicuramente stavo morendo.... Dal piacere... la luce dopo il buio di lunghissimi... infiniti anni...

Mi sollevò sulle braccia... mi depose sul letto, delicatamente...

Forse avevo chiuso gli occhi... quando lo riaprii... era nudo... bellissimo... un maschio poderoso e favoloso... temevo e anelavo quello che sentivo che stava per fare...

Era inginocchiato tra le mia cosce alte e trepidanti...

Mi guardò con occhi lampeggianti... Non m'accorgevo che la mia testa assentiva... diceva di sì... invitava a non attendere... ad affrettarsi...

Non attese... il suo glande era all'ingresso rugiadoso della mia vagina... arcuai la schiena... stava entrando in me.... In me.... In me... era lui... Pete... era mio... mio... mio...

E' stato qualcosa di inenarrabile, indescrivibile, fantastica, splendida, un piacere mai immaginato, una voluttà inebriante, il mio grembo assetato, riarso, avido, non cessava dal saziarsi a quella inesauribile fonte di ebbrezza...

Quante volte lo ripetemmo? Come?

Cosa importa... ero, finalmente, appagata, placata, acquietata, soddisfatta, completamente rilassata... in quel momento pensai che sarebbe stato bello morire... finire... era il momento più incantevole della mia esistenza.

Era su me, imponente, ancora palpitante... in me...

Lo baciai sugli occhi... ridevo e piangevo...

"Grazie, amore, grazie..."

"Mamma. Sei meravigliosa, ti amo... ti voglio... sempre..."

"Sono qui, tesoro, sono qui... con te... per te... solo per te... quando mi vuoi... anche io ti adoro, ti voglio..."

^^^

Peter, era seduto dietro la scrivania, nella sua camera. Aveva accesso il PC, ma era rimasto a meditare, pensoso...

Scuoteva la testa, perplesso...

Susy già da un anno era corrispondete estera in una grande società di import-export. Sempre bella, avida di coccole e generosa nel corrisponderle. Sicuramente aveva conosciuto, e forse tuttora aveva, qualche ragazzo.

Peter sorrideva nel risentire le parole della sempre bellissima Susy, la sua bambolina. Gli diceva che era diverso con lui, che gli altri uomini potevano significare un piccolo arco della sua vita, dei suoi desideri, della sua sete di amore. Lui invece, il suo meraviglioso fratellino, era tutto, il principio e la fine, lo sentiva a trecentossesanta gradi. Completamente. Con gli altri c'era sempre, più o meno inconsciamente, una piccola parte di sé, fisica o mentale, che quasi avrebbe voluto respingerlo. Con Peter, invece, non solo non c'era il minimo accenno, neppure impercettibile, di rigetto, ma tutta sé stessa lo accoglieva, gradiva, tratteneva, assimilava! Era essenza e motivo di vita.

Sapeva Susy di lui e di Mary?

Sapeva Mary di lui e di Susy?

Mah... forse sì, ma non era mai riuscito a comprendere fino a qual punto tra le due donne ci fosse una tacita e complice intesa.

"Mary era sempre splendida, forse più che mai. Imbelliva sempre più, incredibilmente, ed era sempre più appassionata. Anche lei gli diceva che lui, Pete, era la sua vita, la sola ragione per cui valesse vivere.

Si, ma ora?

Era trascorso qualche anno. Era stato proclamato dottore in ingegneria chimica, primo del suo corso. E già erano piovute proposte di occupazione.

Quella sera erano tutti a cena. Allegri come sempre.

Fu Mary a buttarla là, con indifferenza.

"Allora, Pete, quando ci fai conoscere la donna con la quale realizzerai una famiglia?"

Susy alzò la testa, di scatto, incrociò lo sguardo con quello della mamma. Poi, lentamente si rilassò.

"Già, fratellino, quando ti sposi?"

Non era facile rispondere. Tentai.

"Perché dovrei rinunciare a quello che ho oggi? Sto tanto bene, così?"

Mary sorrise, dolcemente, fissò Susy.

"E chi dice che dovresti 'rinunciare' a qualcosa. Si tratterebbe, eventualmente di 'aggiungere', non togliere."

Susy s'illuminò in volto.

"Certo, fratellino, addizionare... non sottrarre!"

^^^

Questo è accaduto tanti anni fa.

Alcune cose sono cambiate.

Il mio rapporto con Mary è sempre tenero e amorevole, affettuoso, ma certe effusioni, pur sempre meravigliose, sono meno frequenti e più calme.

Susy è sempre incantevole, ha messo su solo un paio di chili, ma deliziosamente distribuiti, ed è sempre una splendida amante. Seguita a sostenere che quando vuole veramente sentirsi femmina deve 'farlo' con me.

Anche Eileen, mia moglie è uno splendido esemplare della bellezza muliebre, ma quella che rifulge sopra tutte è Judie, mia figlia, che ha diciannove anni e assomma in sé quanto di più affascinante hanno la madre, la nonna, la zia...

Judie, sicuramente la femmina più affascinante e sexy che sia mai esistita.

Judie, molto di me stesso. Come si diceva una volta, frutto dei miei lombi. C'era qualcosa che la accomunava a Mary, a Susy, soprattutto a me. Avevamo lo stesso profumo, lo stesso sapore... Già, sapore.

La sapidità di Mary, frutto maturo e succulento, appetitoso, invitante. Come mordere e godere la polpa d'un frutto inebriante... ed era esaltante ed eccitante dissetarsi al nettare che gemeva la sua tiepida e palpitante vagina.

ULISSE
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