E' Figlio Di Un "Signore"

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"Mi state prendendo in giro, dottore. Avete solo qualche anno più di me."

"Diciamo, più di dieci."

"Ma non si vedono, anche se il vostro modo di fare é d'una persona matura."

"Vi secca?"

"Mi incanta."

"Grazie."

"Non é un complimento, é la verità."

"Avete una graziosa gonna, ancor più pregevole perché, tra un bottone e l'altro, quando siete seduta lascia scorgere le vostre bellissime gambe. Non si usano sottane sotto tali gonne, vero?"

"Io no."

"E fate bene, almeno allietate la vista degli altri."

"E voi, siete tra gli altri?"

"Veramente, non vorrei considerarmi altro, mi sentirei estraneo, che mi tenete a distanza."

"Tutt'altro, vi sono vicinissima, e siete il solo a vedermi. La gonna, però, è abbastanza stretta, specie in basso, e costringe ad una posizione non molto comoda."

"Slacciate qualche bottone."

"Non vi disturba?"

"Può mai disturbare la vista del paradiso a un peccatore come me?"

"Perché, vi ritenete peccatore?"

"Non quanto vorrei."

"Non mi é chiaro il senso delle vostre parole."

"Voglio dire che non sempre mi é dato di peccare quanto e con chi vorrei, e questo é certamente un peccato."

"E' un grazioso giuoco di parole."

Intanto, aveva aperto la gonna fin sopra le ginocchia.

Davide la guardò espressivamente.

Lucia gli sorrise maliziosamente, con civetteria.

"State attento alla strada, dottore. Volete che riabbottoni tutto?"

"Volevo accertarmi che stavate comoda."

"In un certo senso, si."

"Come in un certo senso?"

"Potrei stare anche meglio?"

"Come?"

"Ve lo dirò al momento opportuno. Ma, cambiando argomento, perché vi chiamate Davide. Forse come vostro nonno o qualcuno in famiglia?"

"Nessun rinnovo, come usa dirsi. Sono nato dopo tre sorelle, e questo é il motivo del mio nome che significa il beneamato."

Gli occhi di Lucia esprimevano rapimento, l'adorazione per il nume. La voce sommessa mormorò: "Davide, beneamato!"

"Avete detto qualcosa?"

Chiese l'uomo.

"Ho detto tutto. Il vostro nome."

"Lucia, quando arriveremo in città, anche se é un po' presto per gli usi locali, andremo a pranzo, poi vi accompagnerò al Center, dove verrò a riprendervi dopo circa due ore. Spero che non vi annoierete, perché a voi non dovranno fare proprio nulla. Quando scendere dall'auto, però, riabbottonate la gonna."

Si guardarono intensamente, con complicità.

"Si, Lucia, sono gelosissimo della donna che é con me, se siete voi."

Lei gli sfiorò la mano che teneva il volante.

^^^

Quando Davide tornò al Beauty Center, Lucia era seduta, nel salotto d'attesa, intenta a sfogliare una rivista di moda. Lo vide subito, s'alzò, gli sorrise, fece una piroetta, girando su sé stessa. I capelli sembravo più morbidi, più setosi, il volto era stato appena ritoccato con qualche cosmetico che gli aveva donato quasi una luminescenza. Le ciglia, un po' più lunghe che in precedenza, facendo ancor più risaltare la profondità degli occhi.

Gli andò incontro.

"Mi riconoscete, dottore?"

"Vi stavo scambiando per Lucia, una bella ragazza che conosco."

"Più bella di me?"

"Certamente no, quindi lasciamola dove sta e andiamocene."

S'avvicinò al banco dov'era la cassiera, e lasciò una generosa mancia per il personale, pregando di salutare caramente il suo amico, assente per affari.

Uscirono, salirono sull'auto, indossarono le cinture.

Mise in moto e s'avviò verso il Corso Vittorio Emanuele.

"Cosa ne dite di prendere qualcosa al bar, o volete andare al cine?"

"Se potessi scegliere, mangerei un gelato, in riva al mare e poi, dopo... non so... Sono sfacciata?"

"Ottimo programma. E se telefonaste a Domenico per dirgli che molto probabilmente farete tardi perché la mia riunione va per le lunghe? Ditegli che vi ho lasciato il cellulare per sapere come contattarvi. Gli potete telefonare quando saremo in riva al mare."

Le brillarono gli occhi.

"Allora va per il gelato?"

"Sicuramente."

"Siete un tesoro. Davide, il beneamato."

Si sporse verso lui e lo baciò leggermente sulla guancia.

Lui le rivolse un lieve sorriso e voltò a destra, per il lungomare.

Sedettero in un dondolo, prospiciente l'azzurro dell'acqua. Lucia chiese una granita di caffè con panna, con cialdoni, Davide una bibita analcolica.

Furono serviti senza attesa. Una generosa coppa con una raggiera di cialdoni, e il rosso della bevanda.

Lucia batté le mani, allegra come una bambina.

"E' enorme, mi aiuterete?"

"Cominciate. Anzi, prima telefonate a Domenico. Io, mi allontano."

"Statemi vicino, dottore."

"Prese il telefono cellulare, formò il numero della tipografia, chiese del marito. Gli disse del probabile ritardo, che alla visita era andato tutto bene, però doveva ancora seguitare le cure in atto. Concluse che se avesse dovuto attendere molto sarebbe andata al cine. Lui, Domenico, per favore, doveva pensare alla cena dei bambini e a metterli a letto, se il ritardo fosse stato sensibile. Chiuse l'apparecchio e lo restituì a Davide.

"Scusate, Lucia, che visita e che cura?"

"Vi dirò tutto, ma non adesso. E' troppo bello essere qui."

Con un cialdone prese della panna e la portò alla bocca, una parte le rimase sul labbro superiore.

Davide le si avvicinò col volto.

"Posso?"

Senza attendere il consenso, le tolse con la lingua il pezzetto di panna. Lei fu pervasa da un lungo rimescolamento che le fece venire la pelle d'oca. Guardando verso il mare, con un cialdone prese della panna e se la spalmò sulla bocca. Le labbra di Davide la succhiarono avidamente.

"Mangiate il gelato, Lucia, e scusatemi."

"Mangiamolo insieme, come adesso."

"Non sono più un bambino, piccola Lucia, che s'abbonisce con un gelato. Finite la vostra granita, gustatela. Avete lasciato in sospeso un e poi, per il dopo. Cine?"

Lucia riprese a mangiare, cogli occhi luccicanti, tirando su col naso, di tanto in tanto. Grosse lacrime le rigavano il volto, e Davide prese il fazzoletto per asciugarle dolcemente. Le fece soffiare il naso, come a un bimba. Chiamò il cameriere e pagò il conto.

La coppa, ormai, era vuota.

"Allora, cosa volete fare?"

"Baciarvi."

"Venite."

La prese per mano, la condusse all'auto, la fece salire, andò a sedere al suo posto, guidò verso un gruppo di capannoni chiusi, parcheggiò in uno stretto spazio, tra due di essi.

"Parliamo un po', piccola splendida Lucia. Venite dietro, saremo più comodi."

Era seduta accanto a lui, vicinissima, sentiva il calore del suo corpo invitante. Le cinse le spalle, l'attirò a sé, sentiva sul volto i suoi capelli.

"Lucia, siete una fanciulla incantevole, e non potete immaginare quanto mi costi non stringervi tra braccia. Ma cosa significherebbe? Siamo sposati, entrambi. Cosa ci proponiamo? Una squallida avventura? La rovina delle nostre famiglie?"

"Baciatemi, dottore, stringetemi tra le braccia, fatemi sentire che mi desiderate come io desidero voi, e poi vi dirò cosa voglio. Niente di squallido, niente di distruggente. Baciatemi."

Fu un bacio lungo, appassionato, voluttuoso, avido. Gli si sedette sulle ginocchia, gli prese la mano e se la portò al seno, fremente, palpitante. Gli sussurrava all'orecchio, con voce rotta, smozzicata.

"Accarezzatemi, baciatemi, suggetemi, svuotatemi."

Davide si sentiva sconvolto da tanto ardore. La carezzò, le succhiò i capezzoli carnosi, intrufolò la mano sotto la gonna, tra le gambe, nei riccioli irti per il piacere. Incontrò il sesso, freneticamente convulso in un irrefrenabile orgasmo. Finalmente, ancora tremante, Lucia si rannicchiò tra le sue braccia.

"Mi vuoi spiegare, Lucia, cosa significa poi vi dirò cosa voglio?"

"Non ancora... non ancora... dovranno prima verificarsi altri eventi. Forse é meglio tornare a casa, farlo qui sarebbe veramente squallido."

^^^

Davide s'addormentò molto tardi.

Dormiva ancora quando la sua porta s'aprì e apparve Lucia, in camicia da notte. Si fermò vicino al letto, lascio cadere in terra la camicia si infilò accanto a lui, lo abbracciò, gli carezzò il volto, lo baciò teneramente. Cominciò a sbottonargli il pigiama.

Fu un'amante appassionata e tenera, avida e generosa, golosa, vorace ma deliziosamente soave. Chiedeva molto, ma dava tutta sé stessa. Quando il piacere diveniva più intenso, dalle sue labbra, tra gemiti voluttuosi, giungeva un mormorio continuo, appena percettibile, mio dio... mio dio... signore... signore...

Mentre, ancora ansante, deliziosamente sfinita, riposava sul suo petto, Davide le chiese cosa dovesse dirgli.

"Lo saprete al momento opportuno, dottore."

"Posso sapere, almeno, cosa mormori mentre fai l'amore?"

"Non quando faccio l'amore, ma quando sono con voi."

"E cosa sussurri?"

"Vi chiamo, dottore, vi chiamo."

"Ma se sono qui, con te."

"Vi invoco perché rimaniate in me, per sempre."

Davide scosse il capo, non credeva di aver compreso bene.

I giorni passavano veloci, specie le ore in cui Lucia, ogni mattina, si rifugiava nel letto di Davide. Ormai era così. Momenti di passione, di piacere, di tenerezza, di dolcezza. Pieni di ardore, specie quando Davide tornava dopo qualche breve assenza.

Domenico era abbastanza tranquillo, perché gli era stato assicurato che la cura proseguiva con esito abbastanza soddisfacente.

^^^

Quella mattina Lucia apparve in una vaporosa vestaglia, con la solita tazzina di caffè, il volto radioso, quasi trasfigurato, estatico. Si spogliò lentamente, si sdraiò vicino a Davide, gli prese la mano e la portò sul suo grembo.

"Sentite?"

"Cosa?"

"Qui c'é vostro figlio, dottore."

Davide trasalì.

"Mio figlio? Come fai a dire che é mio?"

"Dopo le ultime regole ho avuto rapporti soltanto con voi, come volevo. Perché é questo che dovevo dirvi: volevo un figlio da voi, dal mio dio in terra. Ora questo desiderio si é realizzato. Ho concepito la creatura che volevo. E' questo che dovevo dirvi. Un figlio che sarà come voi, generato della stessa sostanza del padre. E' un maschio, ne sono certa, e lo chiamerò Salvatore.

"Perché?"

"Perché il Salvatore é il figlio di dio, discendente di Davide. Gli farete da padrino? Lo farete, dottore?"

Gli si distese sopra e lo possedette, golosamente, assaporando ogni istante, con voluttuosa esperienza, con eccitata riconoscenza, cercando, con fantastica maestria di donargli indimenticabili piaceri, sconosciuti godimenti. Sembrava volesse svuotarlo, mungendolo deliziosamente. I capelli erano sparsi dappertutto, gli occhi socchiusi, e il lieve sussurro dalle sue labbra: signore... mio dio... signore... eccomi!

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