Crociera Inaugurale

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ULISSE
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Tutto mi conturbava, di lei. Le sue gambe erano bellissime, avrei voluto inginocchiarmi ai sui piedi e baciarle, lambirle...

Ma' si alzò, andò nel bagno, ne uscì dopo qualche minuto e si sdraiò sul letto, accese la luce che era sul tavolino tra i due letti, prese una rivista e cominciò a sfogliarla.

Era più che evidente che la camicia da notte era l'unico indumento che indossava, e la sua dichiarata insofferenza si manifestava col continuo sollevarla e abbassarla. La abbassava, però, sempre meno di quanto l'aveva alzata.

Per mia gioia e mio tormento che, dall'altro letto, non riuscivo a distogliere gli occhi da lei.

L'impercettibile dondolio della nave, ed anche il 'doppio' che aveva bevuto al bar, uniti alla stanchezza della giornata, la fecero cadere in un profondo sonno, con la rivista sul volto.

Mi alzai. Tolsi il giornale, delicatamente. E stavo per tornare al mio letto, quando mi assalì il desiderio di sollevarle la camicia.

Chissà cosa sarebbe accaduto se si fosse svegliata d'improvviso.

Il respiro, però, era profondo e regolare.

Mi venne in mente che potevo fare una prova.

Il figliolino che dava il bacio della buona notte alla mammina.

Mi chinai su lei, le sfiorai la bocca con le mie labbra. Non si mosse.

Il secondo bacio fu meno filiale, la mia lingua insisté tra il vermiglio delle sue labbra. Ancora niente.

Allora, cauta e leggera, la mano preso un lembo della camicia e lo sollevò. Molto. Mi sembrò di svenire nell'ammirare quel bosco riccioluto che aveva tra le gambe, e che sembrava vivere.

Lasciai la camicia così, sui fianchi, deponendola con infinita cautela.

Tornai nel mio letto.

La guardavo fissa.

Il seno che seguiva la cadenza del respiro, e quel meraviglioso ingresso al più prezioso sacrario che abbia mai anelato di visitare.

Rimasi ore. Incantato, ed eccitato.

A stento riuscii a non ricorrere allo squallido surrogato della mia mano.

Le prime luci del giorno entravano in cabina, ed ora erano le eccitanti natiche di Selma che beavano i miei occhi.

Poi, per fortuna, la stanchezza riuscì a farmi assopire.

^^^

Sentivo un lieve soffio sul viso.

Aprii appena gli occhi, ancora con la mente confusa.

Era giorno.

Il sole entrava dal balcone, dinanzi al quale risaltava il verde di una pianta, era già abbastanza alto.

Selma, sorridente, era seduta sul mio letto. Già vestita. Indossava un prendisole a fiori vivaci, che le ravvivava il volto, rendendolo ancor più seducente.

Era lei, con le sue labbra dischiuse, che soffiava delicatamente sul volto.

"Dormiglione. Devi essere piombato improvvisamente nel sonno. Quando mi sono svegliata la luce del tavolino era ancora accesa.

Devi aver dormito pesante...."

Sorrise maliziosamente.

"... meno male. La mia insofferenza deve avermi agitato. M'ero quasi tolta del tutto la camicia..."

L'abbracciai, restando sdraiato, e la mano le carezzava il ventre.

"Peccato, ma', ho perso il meglio..."

Un buffetto sulla guancia, poi un live bacetto. E la mia mano la strinse ancor più. Il tono della voce era scherzoso.

"Non essere impertinente, sono la tua mamma."

"Ciò non toglie che sei bellissima."

"Un po' vecchia..."

Balzai a sedere, ovviamente ben eccitato.

Ero alle sue spalle, l'abbracciai, con le mani sulle sue stuzzicanti tette, sui capezzoli che s'erano subito eretti.

"Ma se sei la mia bambina. Posso dire la mia affascinante fidanzata?"

"Adulatore!"

La strinsi ancora di più.

"Sei la mia fidanzata, Selma?"

Alzò la testa verso me, appena voltandosi, e non lasciai che le sue labbra si posassero sul viso, sebbene incontrassero le labbra.

Com'erano dolci le sue, e belle da baciare.

Non sentii che cercasse di sfuggirmi.

"Dai fidanzato, sono pronta per una nuotata in piscina, sotto il prendisole ho già il costume, sul tavolino c'è la tua colazione."

"Vedere."

"La colazione?"

"Noooo, il costume."

Si alzò, si volto verso il balcone, aprì la vestaglia, la lasciò cadere a terra.

Rimasi abbagliato, forse sarebbe più esatto dire folgorato. Non avevo mai immaginato una tale bellezza, e nel contempo mi sfuggì un energico 'NO!' che la fece voltare.

"No, che?"

"No, tu non vai in giro con quella roba. Non voglio."

Ero divenuto improvvisamente aspro, anche aggressivo.

Seguitai.

"Ma pa' ti permette di farti vedere così?"

"Così come, tesoro?"

La sua voce, però, era insicura, tremula, non capivo se spaventata o emozionata.

"In quel modo, con tutto di fuori? No, Selma, tu così non vai in piscina."

Divenne dolce, carezzevole, si voltò verso me, si avvicinò, strinse la mia testa sul suo grembo. Le abbrancai le natiche.

"No, ma', per favore, non farmi questo. Non devono vederti così..."

"Che fidanzato geloso... Va bene, metterò il costume olimpico.

Alzati, fidanzato, devi prepararti, fare colazione. All'ora di pranzo arriveremo a Barcellona. Ci sono due possibilità: giro in città o Museo di Picasso."

Il sorriso che aleggiava divertito sulle sue labbra i smorzò. Divenne seria, pensosa. Aggrottò la fronte. Rimase immobile per qualche momento, mentre m'ero avvicinato al tavolino e avevo cominciato a fare colazione pigramente.

Il volto di Selma si distese ,la nube era passata, l'indecisione superata. Quale?

Così com'era, in quel provocante costume verde, andò all'armadio, l'aprì, prese quello che aveva chiamato 'olimpionico', tutto intero, un po' elastico, lo mise sul letto.

Seguivo attentamente i suoi movimenti, osservavo le espressioni del volto. Ero sicuro che stava seguendo il corso dei suoi pensieri. Quale?

Balzai sulla sedia quando, con disarmante naturalezza, slacciò il ridottissimo costume che indossava, lo lasciò cadere a terra, lo raccolse e, così com'era, andò ad appenderlo nel bagno. Il sorso d'aranciata mi si fermò in gola.

Era nuda, di fronte a me, come se fosse una cosa normalissima, consueta. Si muoveva disinvoltamente. Mi sorrideva, perfino.

Le sue forme scultoree passavano e ripassavano sotto i miei occhi sbalorditi.

Un seno stupendo, tondo e sodo. Fianchi meravigliosi. Natiche incantevoli che ti spingevano ad addentarle come una pesca vellutata e succosa. Un triangolo di sole le impreziosiva il pube, mostrando e nascondendo, ad ogni movenza, lo scrigno delle sognate delizie.

Ero paralizzato. Ma cosa le era preso?

Fu la sua voce a scuotermi.

Era di fronte a me, con le tette che mi sfioravano il volto, l'olimpionico in mano.

"Aiutami ad indossarlo, Piero."

"Cosa?"

"Aiutami a mettere il costume, a tirarlo su. Credo che mi vada un po' stretto. Non lo uso da tanto."

Mi alzai, sempre con una grande confusione in testa.

Aveva arrotolato, in fuori, il costume azzurro, me lo porse.

"Tienilo in basso, perché possa infilarci i piedi, poi tiralo su, piano curando che non faccia pieghe false. Cercherò di trattenere il fiato."

Ero convinto si sognare: nuda, di fronte a me.

M'ero chinato, perché i suoi piedini potessero introdursi... e d'improvviso il suo cupreo bosco riccioluto s'aprì, all'alzare della gamba, disvelando l'incredibile visione del suo sesso rosa.

Si, sognavo.

"Bravo, ora tiralo su, lentamente..."

Certamente si riferiva al costume, perché il resto era già su... e non lentamente.

Iniziai a srotolarlo, come diceva lei. Lo calzava benissimo, senza difficoltà. Chi era a disagio ero io, perché non c'era modo di nascondere la mia prepotente eccitazione. Ero arrivato alle braccia, che entrarono nelle spalline, le accomodai.

"Cura che non vi siano false pieghe, Piero."

Era un invito gentile, amorevole, allettante.

Le mie mani s'attardarono sui glutei, sul ventre piatto, sul petto florido, passando e ripassando.

"Guarda che... in mezzo alle gambe non... fuoriesca qualcosa d'inopportuno..."

M'inginocchiai.

"Si... veramente..."

"Metti tutto a posto."

Divaricò un po' le gambe. Si vedeva solo qualche invisibile peletto, ma operai lentamente e diligentemente, come se dovessi raccogliere sotto la stretta striscia che la copriva, una ribelle e folta criniera. Era delizioso sentire sotto le dita quei dorati fili di seta, ed era inebriante percepire il turgore delle grandi labbra che mai avrei immaginato, sperato, di poter sfiorare.

Decisi di dichiarare che era tutto a posto. Mi alzai.

Mi pose le mani sulle spalle e mi fissò negli occhi.

"Allora, mio geloso custode, va bene cosi?"

"Per gli altri!"

"Come per gli altri? E per te?"

"Ti preferivo prima..."

"Prima, quando?"

"Prima di aiutarti a indossare il costume."

Col dorso della mano, sorridendo, colpì lievemente la mia erezione.

"Monello!"

Mi sfiorò le labbra con un bacio.

"Sbrigati, che ho voglia di nuotare."

Mentre mi avviavo a cambiarmi, le chiesi se avesse optato per il tour in città o il museo.

"Per una terza soluzione... sbrigati."

Andò al balcone.

^^^

La nave si avvicinava rapidamente al porto.

Ci avevano chiesto se desideravamo consumare il lunch prima del solito, per partecipare ad una delle visite. Selma rispose che preferiva riposare, a bordo. In tal caso, ci informarono, la nostra serie sarebbe stata serviva alle 13.45.

La fretta per la nuotata sembrava essersi spenta. Si andò a sistemare su una delle sdraie che erano lungo la piscina, non lontane dal bar, poco discoste dalla scaletta d'accesso, in seconda fila, davanti alle scialuppe di salvataggio. Un po' in disparte. Non tolse neppure il prendisole. Sedetti nella sedia a fianco alla sua.

"E la nuotata, ma'?"

"Posso?"

"Perché, adesso hai bisogno del mio permesso?"

Mi guardò divertita, sorridendo. Allungò la mano e prese la mia.

"Credo proprio di si. Mi sembri più severo del guardiano dell'arem... capisco, però, che certe manipolazioni su te non sono state... operate..."

Il suo sorriso, ora, era decisamente malizioso.

Non riuscivo a stabilire se afferravo o meno il senso della sua ironia.

"Non credo di aver compreso..."

"Va là, che per te dovrei i nuotare con tanto di scafandro..."

Accettai la provocazione.

"Certo. Meno, però, quando siamo solo noi due in piscina!"

"In tal caso cosa dovrei indossare?"

"E' sufficiente ciò che la natura ti ha generosamente donato."

"Monello. Galante e sfacciato." Divenne seria. "Comunque non io devo essere, per te, causa di contrarietà, tanto meno di tormento, dolore... o che so'..."

Mi baciò la mano. E rimanemmo così, fin quando non fu ora di prepararsi per il lunch.

^^^

La nave aveva avuto il permesso di attraccare non molto distante dalla colonna dalla quale dominava Cristobal Colòn, come i Catalani chiamano Cristoforo Colombo. E la perfetta copia d'una sua caravella si dondolava a pochi metri. A quell'ora il traffico del Paséo, pur sensibile, non era intenso come nelle ore di punta.

Selma ed io eravamo saliti al solarium, dal quale si spaziava tutto intorno. A bordo eravamo rimasti in pochi.

"Piero, sono le tre. Io prenderei un bel caffè prima di riposare. Tu?"

"Il guardiano è al servizio della padrona!"

"Sciocchino."

Il bar era due ponti più sotto, su quello dov'era anche la nostra suite.

Un ottimo espresso, come sempre. Il barman augurò buon riposo.

Fui rapidamente sul mio letto, coi soli pantaloncini del pigiama, le mani dietro la nuca, guardando il soffitto.

Selma non aveva voluto chiudere le tende del balcone, desiderava la luce,

Mi attendevo di vederla sbucare dal bagno nella sua rossa camicia, che aveva presa dall'attaccapanni. Dopo poco apparve... ma aveva dimenticato di indossarla.

Era il giorno in cui sarei morto d'infarto.

Andò al suo letto, s'infilò sotto il lenzuolo tirandolo fino alle ascelle. Si voltò su un fianco, col volto verso me. Una grossa tetta occhieggiava incantevolmente.

Dopo un po' sembrò dormire.

Avessi potuto dormire anche io.

Sonno.

Hypnos figlio della notte e gemello di Thanatos, la Morte, benefico e consolatore.

Sonno, seconda portata al desco della natura, dice Shakespeare, che ci alimenta e ci parla del regno di Morfeo, dalla cui porta d'avorio escono i sogni.

Dormire, sognare, invece che torturarmi nella realtà.

Tornai a fissare il soffitto.

Forse era meglio alzarsi e fuggire da quel Sancta Sanctorum, luogo di tentazione,perdizione,tormento.

Maledetta Crociera!

Ero così preso da quella ossessione, che non mi accorsi che Selma era in piedi, accanto al mio letto, diabolicamente nuda.

Si, diabolicamente, perché solo l'inferno, forse, m'avrebbe potuto procurare simile pena.

Mi guardò. Seria. Con un'espressione che mi ammaliava, mi irretiva.

"Non è giusto, Piero!"

"Non è giusto cosa?"

Mi tese la mano, prese la mia, la tenne stretta.

"Non è giusto soffrire così. Non è giusto per te. Non è giusto per me!"

"Cosa c'entri tu? Cosa soffri tu?"

"Soffro doppiamente: per quello che ti causo, per quello che mi strazia..."

La guardavo sbigottito. Avevo capito bene? Qualcosa la straziava.

"Ti strazia?"

"Dilania le mie viscere, sconvolge la mia mente. Non è giusto!"

Come se fosse in trance, tirò ai piedi del letto il lenzuolino che mi copriva. Con gesto rapido e deciso mi sfilò i pantaloncini. Si mise a cavallo del mio pube, dove svettava la mia incontenibile eccitazione. Erano le sequenze irreali d'un sogno.

Afferrò il glande, lo poggiò alle palpitanti labbra della calda vagina, s'impalò con sapiente e voluttuosa lentezza. Si fermò. Si chinò su me. Il capezzolo lungo e scuro fu accolto dalle mie labbra golose. Lo succhiai, da prima piano, poi sempre più... sentivo le contrazioni della vagina rispondere al succhio, stringermi in lei, mungermi voluttuosamente.

Cominciò a muoversi.

Comprendevo, anche senza conoscerlo, il suo piacere, il godimento che la invadeva sempre più. Le stringevo le natiche senza tralasciare di poppare quelle incredibili tette.

Ora gemeva, Selma, deliziosamente, con gli occhi socchiusi, le labbra semiaperte, la testa riversa indietro. Non capivo se era più intenta a darsi o a prendermi. Fu percorsa da lunghi fremiti, i gemiti divennero grido, s'abbassò su me. Ero io, adesso, a non fermarmi, finché non sentii fluire da me un fiume incantevolmente liberatorio che l'invase con suo grande godimento. Era la prima volta che conoscevo l'orgasmo d'una donna. E quale orgasmo.

L'orologio sul tavolino segnava le 16.00.

Ventiquattro ore innanzi era iniziata la mia prima crociera..

Benedetta crociera!

S'era poggiata sui gomiti. Un po' sudata, gli occhi radiosi, un'espressione che non le avevo mai visto. Mi venne spontaneo pensare alla 'Trasfigurazione'. Il suo volto brillò come il sole! Ed anche per noi era bello stare lì... vivevo un senso di sgomento, mi sembrava essere in un'altra dimensione, che da un momento all'altro dovessi udire una voce: questo è mio figlio, l'eletto...

La voce di Selma, dolce, tenera, e nel contempo sensuale, passionale, che tra un bacio e l'altro, sugli occhi, sulle labbra, mi sussurrava la sua felicità per avermi fatto felice, e la sua felice sorpresa d'essere stata anche lei inaspettatamente felice.

"Il mio Pierino. Più mio che mai..."

I suoi baci risvegliavano i miei sensi, mai del tutto sopiti, e il risveglio era accolto da rinnovati voluttuosi palpiti del suo grembo che ancora mi serrava avidamente in lei.

Era bello carezzarle le natiche, che rispondevano contraendosi, aumentando gli spasmi della vagina.

Mi strinse forte e, tenendomi così avvinto, senza lasciarmi sgusciare da lei, si girò, piano, sì che le fui sopra. Allora strinse le gambe sul mio dorso e inarcò il bacino per farsi più profondamente penetrare, o meglio per sentire meglio la spinta del mio fallo sul fondo caldo e accogliente del suo sesso. Cominciai a muovermi, istintivamente, e lei accompagnava con grande passione, con incalzante ardore. Ogni diga di innaturale ritegno era crollata, e sentivo la femmina che cercava ansiosamente il suo piacere. Raggiuntolo, gemendo, seguitava, ancora ed ancora, per rinnovarlo all'infinito. Il mio seme che si spargeva il lei era accolto con liberatori sospiri, come balsamo anelato.

"Sei meraviglioso, bambino mio... meraviglioso... non avrei mai immaginato..."

Sei tu splendida, al di là di ogni sogno."

"Era questo che volevi?"

"Siiii!"

"Anche io, tesoro, e non lo sapevo. Non immaginavo che, con te, mi sarebbe piaciuto più di orni altra volta. Ero assetata e non lo sapevo... Avevo la fonte limpida e fresca e non l'avevo scoperta... Dimmi, ti ha deluso la vecchia Selma?"

"La più giovane delle giovani..."

"La tua prima volta?"

"Grazie... grazie..."

"Ancora?"

La risposta fu evidente

^^^

Lo scalpiccio soffocato del corridoio ci disse che erano tornati a bordo i gitanti di Barcellona.

Trillò il telefono sul tavolino, vicino al letto.

Facemmo finta di non sentirlo.

Insisté.

Allungai la mano, riuscii a prendere il ricevitore, portandolo all'orecchio, senza tralasciare nulla, cercai di rispondere con voce normale.

"Pronto?"

"Pronto? Pierino sono papà, dove siete?"

"Stiamo lasciando Barcellona, e tu?"

"Alla base. La mamma dov'è?"

"Sotto la doccia."

"Baciala per me, Pierino.

Telefonerò appena posso. Mi raccomando, devi esserle molto vicino, vicinissimo, e non devi farle mancare nulla. Devi riempirle il vuoto che le causa la mia lontananza. Mi raccomando. Pensaci tu."

"E' quello che sto facendo, papà!"

La linea satellitare s'interruppe.

Non io.

Selma mi stava donando il meglio di sé, ed io, in lei, esprimevo il meglio di me.

Benedetta crociera!

^^^

Suono della sirena. Lento muoversi della nave che si staccava dal molo.

Abbracciavo forte Selma, alle sue spalle, col sesso tra le sode e prensili natiche, una mano sulla tetta e l'altra che approfondiva sempre più la conoscenza col suo boschetto dorato, con quelle labbra che anelavo baciare, col piccolo bocciolo che le mie dita titillavano felici.

Voltò il suo incantevole volto verso me.

"Pensa che bello, se dal fiore del mio giardino sbocciasse un altro fiore."

Non compresi bene il senso delle sue parole, ma la punta del mio grosso e avido tulipano entrò di nuovo nel giardino delle delizie, e vi trovò quello che aveva sempre sognato: calda ed appassionata accoglienza.

"Piero, piccolo mio, sei bellissimo, stupendo. Non immaginavo di stare così bene con te. E' una cosa anormale..."

"Anormale volersi bene?"

"Ammettilo. Non dovevamo farlo... anzi io non dovevo farlo."

"Pentita?"

"Ti sembro pentita o non, piuttosto, pazza?"

"Pazza?"

"Si, di te."

Mi baciò furiosamente, e di colpo s'allontanò da me.

"Dobbiamo prepararci per la cena, e..."

"E...?"

"Niente, ne riparleremo."

^^^

Dopo cena andammo sul bridge dove non c'era nessuno

Non era stata molto loquace, per tutta la sera.

Era elegantissima, bellissima.

Sedemmo sul divano a due posti. Mi prese la mano, come usava fare.

"Piero, sono turbata... sconvolta.. Non interrompermi, lasciami parlare, o non ne avrò più il coraggio... Non è facile...

Avevo visto, compreso, che la mia vicinanza ti eccitava. Ad un ragazzo della tua età, col tuo fisico esuberante, senza particolari esperienze in materia, accade di far prevalere la femmina su ogni altra considerazione.

Ho meditato a lungo.

Potevo farti soffrire?

La promiscuità della crociera ti costava troppo cara.

Pensai di sbarcare a Barcellona, di tornare a casa. Sarebbe servito? Ti saresti calmato? Forse, a terra, avresti trovato una ragazza, una donna, che avrebbe sedato quelli che consideravo i tuoi bollenti spiriti.

Poi mi venne in mente che se fossi riuscita a deluderti, mi avresti, in seguito, considerata la matusa che in effetti sono.

Zitto, non interrompermi.

Sono venuta nel tuo letto. Ti ho fatto entrare in me. Sapevo che era la tua prima volta, ma non potevo immaginare che, in un certo senso, sarebbe stata anche la mia prima volta. In effetti lo era, considerando chi sei tu e chi sono io. Ma era anche la prima volta che provavo simile voluttà nel sentirmi penetrata. Non era un maschio, in me, eri tu. Pensai a Giocasta. Ma lei non sapeva chi le stava facendo conoscere orgasmi mai provati. Io si!

ULISSE
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