Crociera Inaugurale

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His maiden cruise with mother.
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Era da diverso tempo che avevano programmato un periodo di assoluto relax, anche in previsione che gli impegni professionali di Vittorio, mio padre, lo avrebbero tenuto lontano, chissà per quanto tempo, nella solita base 'segreta' della NASA. L'ideale, per essere fuori da ogni 'invasione', come diceva lui, era una bella crociera, su una nave moderna e comoda, con una rotta piacevole, e trascorrere così un paio di settimane, lui e Selma, la mia biondissima genitrice, che portava il nome di chissà quale bisnonna nordica.

Il programma prevedeva l'assoluta privacy, quindi io ero stato dirottato al camping degli Scouts, come junior trainer d'atletica, un modo come un altro di utilizzare la mia passione per lo sport, soprattutto per il corpo libero. E devo dire, anche se pecco d'immodestia, che il fisico non rispondeva tanto male. Ero alla vigilia del mio compleanno ed avevo l'aspetto di un ultraventenne ben messo.

Non è che il camping con gli Scouts m'entusiasmasse, ma capivo le esigenze dei miei vecchi, e il desiderio di starsene in santa pace.

Erano simpatici, i miei.

Lui, in aeronautica, affermato ingegnere spaziale, però troppo spesso lontano. Comunque, era il suo mestiere, e non poteva abbandonare una strada abbastanza lusinghiera, che stava brillantemente percorrendo, con lusinghiere affermazioni. Stava per compiere i quarantacinque, ed era uno dei più apprezzati esperti del settore e tra i più giovani generali della NASA.

Lo capivo. Selma, la bella Selma, risentiva della lontananza del suo uomo. E né il laboratorio di fisica, né le altre occupazioni, riuscivano a distogliere il su pensiero sempre rivolto al marito.

Si erano incontrati, appunto, nel laboratorio. Poi la brillante laurea in fisica pura, col massimo dei voti, e il presidente della commissione aveva tratto motivo dalla bravura della neo collega, come aveva detto, per abbracciarla e baciarla. Forse stringendo a sé un po' troppo le sode tette della splendida ventunenne, perla della sua facoltà (sono sempre sue parole), e attardandosi in quello che avrebbe dovuto essere un formale bacio accademico.

Lei e Vittorio ne avevano riso, e avevano festeggiato a modo loro, tanto erano alla vigilia delle nozze.

Allo scadere dei fatidici nove mesi nacqui io, Pierino, orgogliosissimo del papà generale e soprattutto della meravigliosa mamma che mi trovavo.

Meravigliosa come carattere: dolcezza e decisione, comprensione e fermezza che a volte, quando non mi sconfifferava quello che mi diceva, io definivo ostinazione.

Più che meravigliosa come donna che si avviava splendidamente ai quaranta col corpo degno di una pin up di almeno dieci anni di meno.

A Selma dava anche fastidio certa pseudo premurosa attenzione da parte degli uomini coi quali, specie per ragioni professionali, doveva venire in contatto. Si. È vero che pur senza assumere particolari pose, e vestendo secondo una più che misurata moda, soprattutto sportivamente, la sua splendida fisicità non poteva che essere ammirata, attrarre e, di conseguenza, riscuotere anche non sempre silenziosi apprezzamenti che si riferivano principalmente alle deliziose grazie che la natura aveva profuso in lei, ma m'incazzavo lo stesso quando pensavo che tette e natiche della mamma erano oggetto di pesanti complimenti e innominabili auspici.

Anche qualche mio compagno di scuola o di palestra, mi aveva fatto comprendere quali sentimenti lei suscitava in loro.

E il bello, anzi il brutto, era, che più passava il tempo e più Selma mi turbava, cessava di essere la 'mammina' e diveniva sempre più la femmina dei miei sogni (chiamiamoli così).

Era bello sentirsi stringere al suo seno. Soprattutto per avvertire le splendide sode tette. E nell'abbracciarla, non era a causa della statura, che le mie mani si compiacevano di saggiarne le natiche.

Anche baciandola cercavo di sentire le sue labbra sulle mie e non sulle gote.

Forse il camping era quello che ci voleva.

Così come per loro ci voleva la crociera.

La partenza era fissata per il mercoledì successivo, da Genova, nel pomeriggio.

Io avrei raggiunto il Campig, col bus, lo stesso giorno.

Fu il lunedì sera che giunse il 'plico giallo', 'confidential', recato da un motociclista in borghese.

Selma e Vittorio si scambiarono uno sguardo significativo.

Lui si attardava ad aprire la busta.

Insomma: convocazione straordinaria e urgente a..... base Nasa, per il mercoledì mattino. L'aereo attendeva il generale Belli martedì mattina, alle ore 0600 a Ciampino.

Lunga conversazione tra i miei, calma ma che non nascondeva un profondo disappunto, una imprevista ulteriore disillusione.

L'Agenzia disse che pur comprendendo le ragioni dei passeggeri, non potevano effettuare alcun rimborso, ai sensi delle condizioni generali, ma che il generale Belli poteva proporre all'armatore il nominativo di altri croceristi che, però, doveva reperire direttamente.

Papà, come al solito, fu logico e sbrigativo.

"Ci andrai con Pierino."

Mamma osservò che era tutt'altra cosa, ma, in fondo, era un modo di sentire meno la lontananza del marito.

Quindi, niente Camping, ma la mia prima crociera.

^^^

Fu così che, dopo aver modificato il mio bagaglio, il mercoledì mattina, io e Selma, che si era affettuosamente dichiarata felice di trascorrere con me un paio di settimane, prendemmo l'aereo per Genova e successivamente c'imbarcammo sulla bella ed elegante nave.

Non avevo idee chiare neppure sulla rotta che avremmo seguito.

Lo seppi solo quando mamma mi dette il programma dettagliato.

Era bella, in effetti, interessante.

Non ero mai salito su una nave di quella grandezza e, pur avendo sfogliato opuscoli e visto pubblicità in merito, non credevo che a bordo vi fosse tanta eleganza. Ora capisco perché mamma mi aveva detto di portare qualcosa per la eventualità di una serata un po' su.

Ci condussero nella nostra suite, che era in uno dei ponti più alti.

Rimasi colpito dall'ampiezza e dalla sistemazione. C'era pure un balcone!

Sul tavolo, un lucidissimo recipiente con una bottiglia di champagne.

Fino a quel momento non mi ero soffermato sul fatto che per due settimane avrei condiviso la camera di mia madre.

Sarei stato ammesso nel 'Sancta Santorum'.

Dove solo il Sommo Sacerdote poteva entrare.

Dov'era custodito il Tabernacolo, simbolo del Paradiso.

Avrei vissuto alle soglie del Paradiso.

Mille idee, per lo più confuse, mi turbinavano nella mente, idee più relative al paradiso islamico che al cristiano, e alle delizie destinate ai privilegiati che vi avrebbero avuto accesso.

Selma era la Uri, i suoi splendidi occhi non erano hur, neri, ma profondi e cerulei come il mare che ci apprestavamo a solcare.

Fui richiamato alla realtà dalla sua voce, dalla mano che pose sul mio braccio.

"Ti piace, Pierino?"

"Ancora non comprendo se tutto questo sia realtà."

"Adesso voglio fare una doccia, poi verserai lo champagne, dobbiamo brindare a questa occasione."

La doccia. La mia incantevole fata azzurra avrebbe sciolto i capelli colore delle spighe mature, l'acqua avrebbe carezzato quel corpo che da sempre sognavo. Si, ero pazzamente preso da Selma, da quella femmina incantatrice. Ed ora, avrebbe dormito a pochi centimetri da me, avrebbe condiviso con me le immancabili intimità della convivenza in una sola camera. Il solo pensiero m'eccitava violentemente. Sarebbero state due settimane d'inferno. Altro che di paradiso!

E fece la doccia.

Entrò nel bagno, regolò il miscelatore.

Tornò di nuovo in cabina, tolse il vestito, rimase in slip e reggiseno, andò alla toilette, si guardò nello specchio, si voltò verso me, che sedevo in poltrona e dovevo avere un aspetto diverso dal solito.

Mi guardò con aria preoccupata.

"Stai bene, Pierino?"

Dovetti deglutire prima di rispondere.

"Benissimo, grazie."

"Hai una faccia!"

Si avvicinò, si chinò su di me. Le sue rigogliose e sode tettone erano sotto il mio naso, gli occhi corsero dove il suo slip rosa era più scuro, mi carezzò il volto, mi sfiorò la fronte con un bacio.

Tornò nel bagno, senza chiudere completamente la porta.

Tolse tutto, andò sotto l'acqua.

Decisamente, sarei morto d'un colpo, durante quella mia prima crociera che rischiava di essere anche l'ultima.

Come potevo sopravvivere a tale tormento?

D'accordo, non ero mai stato con una donna, non avevo mai avuto un rapporto sessuale completo. Le mie amichette occasionali –perché non avevo una ragazza fissa- mi avevano concesso qualcosa, ma sempre 'uso esterno'!

L'eccitazione era tale che facevo fatica a non sfogarmi da solo.

Ed eravamo all'inizio.

Selma, intanto, aveva chiuso il getto e stava pigramente asciugandosi.

"Pierino, sulla toilette c'è un flacone con scritto 'body cream', me lo porgi per favore?"

Eseguii con un certo disagio, perché i miei leggeri pantaloni stavano per esplodere.

Spalancai la porta, anche se non serviva, e le tesi il flacone.

L'asciugamani le copriva appena il petto, era aperto su un fianco, e arrivava appena sotto il pube.

"Perché non indossi l'accappatoio, ma'?"

"E' vero, che distratta... dammelo."

Lo presi, lo aprii e mi misi alle sue spalle per aiutarla ad indossarlo, cominciò ad infilarvi le braccia. L'asciugamano cadde per terra.

Non riuscii a comandare il mio pensiero.

Guardai quel magnifico fondo schiena, e 'Signore, che culo!' riuscii a non pronunciarlo a voce alta, ma fu spontaneo.

Era veramente bello, tondeggiante, e si vedeva che era sodo.

Il mio fallo stava per spezzarsi dal dolore.

Tornai in cabina.

La nave, intanto, andava sempre più allontanandosi da terra.

Selma andò a sedere dinanzi alla toilette, così, in accappatoio.

"Perché non fai una bella doccia, Piero? Ti farà bene."

"Si, è vero. Ne ho bisogno."

"Se vuoi che ti aiuto a lavarti la schiena, chiamami. E' un secolo che non lo faccio, e a te piaceva moltissimo."

"Grazie, ma', va bene."

Tolsi camicia e pantaloni, rimasi scalzo e, cercando di non farmi vedere per non far scorgere il mio palese eccitamento, andai nel bagno, chiusi la porta, sfilai i boxer, li appesi all'attaccapanni, aprii l'acqua, la regolai piuttosto freddina, entrai sotto la doccia.

Il fallo, benché colpito dall'acqua quasi fredda, non accennava a calmarsi.

M'insaponai lentamente, lasciai che il getto portasse via la schiuma dal mio corpo, e attendevo il ritorno del mio sesso alla posizione di quiete.

La porta s'aprì e Selma, ancora in accappatoio, scostò la tenda della doccia e mi chiese se tutto andasse bene. Dall'espressione del suo volto compresi che aveva visto in stato era il suo figliolone, fece finta di nulla.

"Piero, esci che ti aiuto ad asciugarti."

Mi porse l'altro accappatoio.

Strofinava piano il tessuto spugnoso dell'accappatoio sulla schiena.

Vedevo il suo volto, serio e pensoso, riflesso dallo specchio.

Ero almeno quattro dita più alto di lei, ed era tutt'altro che bassa. Segno che il mio sviluppo verticale era stato alquanto precoce e generoso. E non soltanto quello.

La sua voce era meno argentina del solito.

"Dove hai la biancheria, ancora in valigia?"

"Si, in quella sulla panca bassa."

"Aspetta, te la prendo e te la porto."

"Grazie, ma', ci penso io, l'accappatoio mi basta."

Tornammo in cabina.

In quel momento si udì bussare alla porta.

Mamma, seduta sulla poltrona, disse di entrare.

Era la giovane e graziosa cameriera. Voleva sapere se la signora desiderava essere aiutata per disfare il bagaglio.

Ma' la ringraziò ma disse che l'avrebbe aiutata suo figlio.

La cameriera mi sorrise. Uscì.

Percepivo un cambiamento nell'atmosfera familiare.

Selma cercò di essere naturale.

"Bella ragazza, la cameriera. Vero?"

Mugugnai qualcosa che voleva essere una risposta affermativa.

"Non dici niente, Pierino?"

La guardai, e trattenevo a stento le lacrime.

"Vieni qui, pulcino, vieni qui."

Mi tese la mano, mi tirò sulle sue ginocchia. Mi carezzava teneramente.

Mi cullava piano.

Quasi con naturalezza, mise una mano nell'accappatoio e avvolse il mio fallo sempre eretto.

"Non c'è niente di male, pulcino, anzi ora sei proprio un galletto. E' naturale che si abbiano certe manifestazioni. Sta buono."

Ma come faceva a dire di stare buono se contemporaneamente mi carezzava il pisello!

Lasciò la presa, mi prese il volto tra le mani e mi baciò sugli occhi.

"Non devi mai vergognarti con la tua mammina, lei ti comprende. Vedrai che in crociera le cose si appianeranno, chissà che non ti capiti l'occasione giusta."

La baciai sul collo, e la mia mano entrò a carezzarle timidamente il seno.

Lasciò fare, generosamente, ma sentii che le ginocchia sulle quali sedevo avevano avuto un sobbalzo.

"Vestiamoci, Piero, andiamo sul ponte."

Erano trascorse circa tre ore da quando la nave aveva lasciato il molo dov'era attraccata.

Ci preparammo anche in vista della cena.

^^^

L'inappuntabile Maitre attendeva all'ingresso della sala da pranzo, due ponti sotto quello dov'era la nostra suite-

Ci guardò interrogativamente.

Mamma disse sottovoce: 'Belli'.

Lo sguardo, questa volta, non celò completamente una certa sorpresa.

Ma' sorrise.

"E' mio figlio Piero: mio marito è stato convocato d'urgenza in servizio."

"Benvenuti, signori Belli, e scusino la mia incertezza, sull'elenco c'é scritto Generale Belli e signora, e il signore mi sembra un generale un po' troppo giovane. Di nuovo benvenuti. Vi accompagno subito al vostro tavolo. Nelle note è detto che il signor generale preferisce un tavolo un po' appartato, possibilmente senza altri croceristi. Ho osservato quanto è stato chiesto, a meno che loro non vogliano cambiare."

"Va benissimo così, grazie."

Selma era incantevole con quel suo particolare sorriso che le illuminava il volto e la rendeva ancora più bella.

Indossava un semplice abito, a portafoglio, con gonna plissata, d'un turchese scuro in vita che andava schiarendosi salendo verso la generosa scollatura e scendendo al bordo della gonna.

Papà aveva scelto il secondo turno, così non c'era la fretta di dover osservare un certo orario per lasciare libera la sala.

V'erano già altri croceristi, ai tavoli. Quasi tutti gli occhi ci seguirono, dall'ingresso al tavolo dove il cameriere, un Filippino, Manuel, ci accolse con un inchino.

Immaginavo i commenti degli astanti.

Anche se ma' dimostrava dieci anni di meno e io certamente di più dei miei, sicuramente gli uomini mi invidiavano (guarda quel ragazzino con quella sventola), e le signore si rodevano (hai visto, maturina, che fusto ha rimediato).

In un certo senso ero orgoglioso di quei pensieri, ma loro non sapevano che era tutta loro fantasia.

Il Menu era ricco e raffinato.

Ma' disse che dovevo scegliere prima io.

Chiesi un cocktail di gamberetti e della sogliola alla mugnaia, poi fruit-salade.

Selma mi guardò.

"Così poco, pulcino?"

"Si, non ho molta fame."

Per lei, dopo il cocktail di gamberetti, scelse le potage du jour e dell'aragosta con maionese, torta di frutta con una pallina di gelato alla crema.

Passò a me la lista dei vini, ma mi sussurrò quello che lei preferiva.

Ma' stese la sua affusolata manina, quella che...., lasciamo stare, sulla mia che era poggiata distrattamente a fianco del piatto.

"Cosa pensi, Pierino? Non sei contento di questo viaggio?"

"Sono felicissimo, è una graditissima improvvisata. Non ricordo, poi che siamo mai stati insieme,così, soli, sia pure in mezzo a tanta gente che però non conosciamo e non ci conosce, per due intere settimane. E' bellissimo."

"Allora?"

"Niente... niente....."

Mi carezzò la mano, teneramente.

Erano arrivati i cocktails.

Il vino scelto dalla mammina era delizioso, ma curai di berne pochissimo, e senza un preciso scopo non lasciai mai vuoto il calice della mia deliziosa compagna di tavola sulla quale convergevano gli ammirati sguardi degli altri.

Ci attardammo perché lei gradiva un cognac, mentre io seguitavo a guardarla sempre più estasiato. Ed inquieto.

"Che ne diresti di andare un po' sulla passeggiata?"

"Certo."

"Speriamo che non ci sia troppo vento."

"Non dovrebbe essere molto, perché mi sembra che quanto dovuto alla velocità della nave sia abbastanza compensato da quello che spira in senso contrario."

"Bravo, sei un esperto."

"La scuola di vela serve a qualcosa."

Andammo sulla passeggiata.

Un po' di vento da prua si sentiva, ma non dava fastidio. Ma' avvolse la sua lunga leggerissima sciarpa di seta sulla testa e intorno al collo. Era abbastanza allegra. Pensai che non fossero estranei alla cosa il vinello fresco e l'ottimo Lepanto.

Non c'era quasi nessuno.

Forse erano al salone delle feste. Dove suonava l'orchestrina, al bar, o al cine dove proiettavano documentari relativi ai porti che avremmo toccati.

Ma' si mise sottobraccio, stretta a me. A prua si poggiò al parapetto. Mi venne istintivo di cingerle la vita, pose la sua mano sulla mia. Mi feci ancora più vicino a lei, sentivo il tepore del suo corpo. Occhieggiavo il suo seno.

"Ma', prendi freddo al petto."

Presi i lembi della sciarpa e li annodai, coprendola. Poi, di nuovo a fianco a lei, la mano che prima posavo sulla sua vita, salì a mantenere aderente alle sue tette la svolazzante fascia. Benedissi il vento, e strinsi di più.

Come avrei potuto trascorrere due settimane con tale inquietudine, con questo supplizio di Tantalo!

Ma' mi carezzò il volto, mi baciò su una guancia.

"Com'è premuroso il mio Pierino."

La strinsi ancor più a me.

Seguitò, a bassa voce.

"Dovrei dire il mio Pierone, sei diventato un giovanottone, un gran bel giovanottone. La tua mamma è fiera di te."

Ancora un bacio.

La cosa non mi lasciava indifferente.

Si voltò, poggiando la schiena alla ringhiera.

Ero di fronte a lei, mi pose le mani sui fianchi. Mi avvicinai.

No, non fu casuale che cercai di far aderire la mia sempre più lievitante patta al suo grembo. Dovetti piegarmi un po' sulle gambe, e quando le distesi di nuovo, sentii chiaramente che s'era insinuata tra le sue gambe e la stava quasi sollevando.

Sentii che per un istante il suo corpo s'era irrigidito.

Restai fermo. In attesa.

Uno schiaffo? Un movimento per liberarsi da quella presa?

Poi si rilassò. Il suo ventre era nuovamente divenuto morbido.

Le mie mani, sui fianchi, incontrarono la morbida consistenza che speravano.

"Tesoro mio..."

La voce era dolce, carezzevole, suadente, come quella della mammina che vuole far fare qualcosa al suo bambino, o impedirgli di commettere una monelleria.

"... questa mattina ci siamo alzati presto, è stata una giornata un po' pesante... che ne diresti se me ne vado a nanna? Se vuoi puoi rimanere..."

Senza lasciarla, e sempre più eccitato, le dissi che anche io desideravo ritirarmi, del resto, tra una cosa e un'altra mancava non molto alla mezzanotte.

"Prima, però, vorrei un drink, al bar. Prendi qualcosa anche tu, Piero?"

"Non credo di averne bisogno."

"A volte un po' di piacevole lieta ebbrezza da alcool aiuta a dormire, fa dimenticare la realtà."

"Grazie, ti accompagno, ma prenderò una camomilla."

^^^

La cameriera aveva preparato sui letto il necessario per la notte.

Una graziosa camicia rossa per ma', e il mio pigiama con pantaloncini corti.

Selma mi chiese se mi meravigliavo che non usava pigiama per la notte.

"No, ma', l'ho sempre saputo."

"Io, a letto, non sopporto nulla, mi da fastidio anche il lenzuolo, le coperte, e perfino una leggera camicia da notte è di troppo. Sono un po' 'nature', in questo."

La guardai senza rispondere.

Cosa dovevo dirle: 'non indossarla, ma'!?'

"Ma', vado prima io al bagno?"

"Va pure, come ai visto ci sono due separati servizi, quindi se ne avessi necessità..."

Andai e portai con me di che cambiarmi.

Non ci misi molto.

Quando rientrai, Selma era seduta, in camicia da notte. Altro che camomilla ci voleva. Era necessario un sonnifero fortissimo, meglio un'anestesia totale.

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