l’oasi di Elda

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Sono rimasta sempre in pieno deserto, non ho trovato mai, non dico un'oasi, ma neppure un filo d'erba. Diceva di amarmi, ma forse non sapeva cosa sia l'amore.

Ad essere sincera, nemmeno io credo di saperlo, anche adesso."

"Vorresti saperlo?"

"Non sapere, in astratto, vorrei conoscerlo. Pretendo troppo? Sbaglio?"

"Tutt'altro. Senti, Elda, posso sperare che seguiteremo a vederci?"

Lei annuì col capo, cogli occhi bassi, senza dire nulla.

Gianni la guardò con infinita tenerezza.

"Credi che sia stato solo il caso a condurti su quella panchina della stazione?"

"Non lo so, non mi rendo conto di niente. Mi sembra d'intravedere un'oasi. O si tratta solo di un miraggio? E' come vivere un film, con un ruolo che non ho mai interpretato prima. Temo che da un momento all'altro, appaia la parola fine, e si riaccendano le luci."

"Siamo solo all'inizio del primo tempo, Elda, pochi fotogrammi. Sento che noi siamo i protagonisti di qualcosa d'importante, di serio. E tu?"

Tornò di nuovo ad annuire, in silenzio.

Gianni le chiese, inaspettatamente: "Mi fai conoscere tua madre?"

Lei alzò gli occhi e lo guardò con un'espressione di stupore, di sorpresa, d'incredulità.

"Lo vuoi veramente?"

"Si, lo desidero. Al più presto."

"Gliene parlerò questa sera. Ho molta confidenza con la mamma. Le dico tutto... quasi..."

"Sono trascorse solo poche ore, Elda, da quando ci siamo incontrati, eppure mi sembra di conoscerti da sempre. Ho trovato chi ho sempre cercato."

"Vivo la stessa sensazione. E' come se avessi ricevuto un dono, sospirato, prezioso ma fragilissimo, e temo che si rompa in mille pezzi, che svanisca."

"C'è un posto dove possiamo passeggiare, soli, o sedere, lontani da tutti?"

"Si, il mio giardino, intorno alla piccola casa di campagna che abbiamo alla periferia del paese. Vieni."

"Dove vivi tu?"

"No, dall'altra parte dell'abitato. Vieni."

Gianni lasciò sul tavolo il prezzo della consumazione.

Si alzarono e si avviarono verso il retro del castello.

Era una villetta graziosa. Non molto grande. Dava sulla strada provinciale, cinta da una massiccia inferriata grigia, con al centro un solido cancello d'ingresso da cui partiva un vialetto, fiancheggiato da aiole fiorite, che girava intorno all'edificio, e terminava sotto una tettoia.

Una graziosa veranda sul davanti.

Dietro, un gazebo rivestito con rampicanti, ben curati, che assicuravano una discreta ombra al tavolo e ai sedili, tutti di pietra levigata, che erano dentro.

Altre aiole multicolori, sotto frondosi alberi, e il pozzo, con la carrucola scura, e il secchio di zinco appoggiato sul bordo.

Ancora inferriata, e il cancello pedonale che conduce alla campagna, recintata di filo spinato, con una ricca vigna, un piccolo orto, e molti alberi da frutto.

Elda teneva per mano Gianni.

"Vieni, andiamo. So dov'è la chiave del cancelletto."

Lo condusse attraverso un piccolo viottolo che costeggiava il muretto di confine. Sentiva il cuore batterle forte nel petto, in una sorta di suspence, come quando leggeva un racconto del quale era in impaziente e ansiosa attesa di conoscere l'incerta conclusione.

La chiave era sotto il cancello, in un angolo, appena nascosta da una pietra. La prese, la introdusse nella serratura. Il cancello si aprì senza alcun cigolio.

Elda guardò Gianni e sorrise.

"Nessun rumore. Merito del grasso marino."

Entrarono.

La ragazza aveva le guance più colorite del solito.

"Vieni, Gianni, andiamo nel gazebo."

Aprì il mobile laccato che era dentro, vi prese un panno e alcuni cuscini. Passò la stoffa sulla panca e sul tavolo, pose i cuscini sul sedile, rimise la pezza al suo posto. Andò a sedersi.

Guardò Gianni con occhi lucidi, incantevoli.

"Vieni vicino a me."

Gianni andò accanto a lei, voleva cingerla col braccio, ma la fondina lo disturbava. Si alzò.

"Anche se è contro ogni regola, vorrei togliermi il cinturone, se permetti."

"Fa pure."

Si liberò di quell'intralcio, e lo pose sul cuscino, a portata di mano. Tornò a sedere. Elda gli si avvicinò, e gli poggiò la testa dorata sulla spalla. Lui le passò il braccio intorno alla vita. Le sue dita sentirono il sodo tepore dell'attaccatura del seno. Con l'altra mano le carezzava lievemente i capelli. La ragazza alzò il volto radioso, verso lui, e le loro labbra si cercarono, avide, in un bacio spontaneamente appassionato, fremente, e nello stesso tempo dolcissimo, struggente, possessivo.

Gli occhi di Elda erano sfolgoranti, due lacrimoni le rigavano il volto. Il respiro era leggermente concitato. Gli sussurrò:

"Non avrei mai creduto che potesse essere così bello, coinvolgente, meravigliosamente appagante."

Gianni la fissò, ammaliato."

"E' la prima volta, bambina, che mi rendo conto di cosa sia un bacio. E' donare e ricevere qualcosa d'indescrivibile. E' incantevole beatitudine, piena felicità, completo abbandono, distacco totale da tutti e tutto. Siamo soli, tu ed io, ma siamo il mondo intero, tutto il creato. Fino ad ora, non sapevo nulla di ciò."

"E' l'oasi che ho sempre cercato, fonte meravigliosa che mi disseta. Devo essere pazza, Gianni. Poche ore fa non ti conoscevo, non ti avevo mai visto. E ti ho baciato come, credo, si bacia il proprio amato dopo una lunghissima lontananza."

"In effetti, siamo stati lontani tutta la vita."

"Quanto tempo mi farai vivere questa fiaba?"

"Una realtà, Elda, la cui durata, finché vivremo, dipenderà solo da noi."

"Le tue parole sono rugiada, per il mio cuore riarso. Le tue labbra sono miele, per la mia lingua amara. I tuoi occhi sono fulgore, per la notte del mio spirito. Le tue mani sono balsamo per le piaghe della mia anima. Così bisbiglia Achdàr nella tenda di Ibn Ali, dopo aver bruciato preziosi profumi perché Iblis, satana, non li separi mai."

Gianni sorrise. Si alzò, uscì, raccolse alcune foglie secche e le ammucchiò dinanzi all'ingresso del gazebo. Estrasse dalla tasca interna della giubba un piccolo accendino, diede fuoco alle foglie. Fece cenno ad Elda di andare vicino a lui. Le prese la mano e, unitamente alla sua, la fece avvolgere dalle spire di fumo che si levavano dal piccolo fuoco.

"Iblis, contro di noi il tuo potere non prevale. Noi non temiamo le fiamme. Perché esse sono il nostro amore, e quando divampano e ci avvolgono, le plachiamo dolcemente coi baci."

Calpestò il fuoco e lo spense.

Strinse a sé la ragazza, e la baciò.

"Tutto sta a noi."

"Devo tornare a casa, Gianni."

"Ti accompagno."

Indossò il cinturone, fece uscire Elda dal cancello, chiuse, e la rimise la chiave

sotto la pietra grigia.

Tornarono sulla provinciale.

"Nei prossimi giorni, dovrò andare a Rovigno."

"Vi abita mia zia. La sorella di mia madre. Come vi andrai? Sarai solo?"

"Sarò solo, e vi andrò con un'auto civile, una S9, Bianchi, che adoperiamo per questi compiti... come dire, riservati. Vuoi venire con me? Cioè, potresti venire con me?"

"Non credo che puoi farti vedere, in divisa, con una ragazza."

"Tutt'altro. Sarò in borghese. Dovrò osservare e riferire. Possibilmente senza destare sospetti. Quindi, se sarò con una bella ragazza, potranno credere che sono in gita... Però, non vorrei coinvolgerti. Non si sa mai. Se identificassero lo scopo del servizio, potrebbero scambiarti per una collaboratrice."

"Ti sei già pentito dell'offerta... Quando conti di andarci?"

"Posdomani."

"Benissimo. Questa sera parlo con la mamma, le dico chi sei, le parlo di te, e della possibilità di andare dalla zia Elena, a Rovigno. Quanto tempo sarai via?"

"Due giorni."

"Domani sera vieni a conoscere la mamma, e dopodomani si parte per Rovigno. Evviva!"

La mamma accompagnò Elda fino all'auto. L'aiutò a sistemare sul sedile posteriore la valigia di pelle, e la scatola con la torta di ribes che aveva preparato per la sorella. Fece mille raccomandazioni.

"Andate piano, stati attenti alla strada. Lei, Gianni, badi che Elda non faccia qualcuna delle sue solite birichinate. Se vuole, può restare a dormire da Elena, hanno una casa grandissima, così conoscerà anche mia nipote Eufemia."

Si allontanò, per farli partire.

Era una gran bella donna, alta, snella, bionda come Elda.

Gianni sorrise, chinò la testa per salutarla ancora, ingranò la marcia, fece un cenno con la mano, e s'avviò verso Rovigno.

Sul primo paracarro che incontrarono, era indicato: Gimino, km 13.

L'auto era spaziosa, comoda, con la tappezzeria che sembrava non essere mai stata usata. La carrozzeria, rosso amaranto, molto scura, lucidissima.

Gianni guidava senza fretta.

Appena fuori della vista della mamma, Elda gli si avvicinò e lo baciò sulla guancia. Senza togliere lo sguardo dalla strada, Gianni le sfiorò le labbra.

"Siamo qui, soli. Io, felice oltre l'immaginabile. E settantadue ore fa ignoravo la tua esistenza. Dimmi che sono desta, Gianni, che non sogno."

Lui le mise la mano sulla coscia, strinse appena le dita.

"Siamo perfettamente svegli, Elda. Non è vero che non ci conoscevamo, fino a poche ore fa. Te l'ho detto. Non ci eravamo ancora incontrati, tutto qui. Non ti sembra che stiamo insieme da sempre? Una coppia, la nostra, che esiste da epoca remota. Forse abbiamo già vissuto, uniti, un'esistenza, nel passato, e condividiamo infiniti ricordi della nostra vita comune. Mi viene da chiederti: Elda, come stanno i nostri bambini?"

"Corri troppo, Gianni..."

"No, come vedi, vado pianissimo. Ho telefonato a casa, ieri sera. Ho parlato con la mamma. Le ho detto che ho incontrato la compagna della mia vita. Lei è rimasta silenziosa per qualche istante, poi mi ha dato, anzi ci ha dato, la sua benedizione. Lo sa, la mamma, che non sono affrettato e impulsivo nelle mie scelte e nelle mie decisioni, anche se non impiego troppo tempo per giungere ad una conclusione. L'ho pregata di parlarne col babbo, di preparare quanto necessario perché ci si sposi. L'ho salutata, assicurandole che presto sarà nonna."

Elda lo guardava allibita, esterrefatta. I suoi occhi, però, erano sfolgoranti.

"Devi essere un po' matto, Gianni. Ci sono stati casi analoghi nella tua famiglia?"

"Si, i miei genitori si sono sposati dopo un mese dal primo incontro. Io sono nato duecentosettanta giorni dopo le loro nozze."

Lei scoppiò in una sonora risata. Gli buttò le braccia al collo.

"Lo immaginavo che c'era qualche tara familiare."

Gianni l'afferrò teneramente per i capelli della nuca e, sempre guardando la strada, l'attirò a sé e la baciò sulla bocca, mordendole leggermente le labbra.

Elda si abbandonò sul sedile, radiosa.

"Sei anche un po' cannibale..."

"Si, e ti mangerò tutta, sarai con me, in me, per sempre."

Lei respirò profondamente. Labbra, tumide, vermiglie; nari frementi, leggermente dilatate. La voce era lievemente appannata, come arrochita.

"Sarò io a divorarti, Gianni...."

Lui fu percorso da fremiti deliziosi. Le carezzò il volto.

Stavano entrando a Gimino. Il cartello recava delle frecce: Pola a sinistra, Canfanaro a destra. La gente si voltava a guardare l'auto, che procedeva lentamente, durante l'attraversamento del paese. Passarono dinanzi ad un edificio militare. Il tricolore al balcone, e la sentinella all'ingresso.

Usciti dal paese, il traffico, già scarso nel tratto precedente, divenne quasi inesistente.

Elda guardava Gianni, quasi in adorazione. Mise la sua mano su quella di lui, sul volante, e rimase così per lunghi minuti, carezzandolo, chinandosi a baciargli la punta delle dita.

"Potremmo fermarci in qualche spiazzo.... Desidero baciarti."

"Non è la zona più adatta, bambina. I cespugli possono sempre nascondere qualche sorpresa. Non è da escludere che il mio breve viaggio sia a conoscenza di chi può avere interesse che non sia condotto a termine. Neppure la tua presenza li fermerebbe. Non vorrei fornire loro l'occasione."

"Ma i soldati sono un po' dovunque."

"Si, sempre che quelli che vediamo in divisa siano tutti militari italiani."

Elda strinse le labbra, guardò fuori, scrutando nella campagna, tra gli alberi.

Lasciata Canfanaro, andavano verso Braicovici.

Elda indicò l'insegna che riportava la distanza dal prossimo paese.

"Sono nomi italianizzati, la pronuncia, però, è quasi sempre simile a quella del vocabolo originale. Siamo sempre in territorio insicuro?"

Gianni annuì.

Lei ritrasse la mano, che aveva tenuto su quella di lui.

Sedeva seria, con le labbra sporgenti, imbronciata.

"E' proprio vero che hai telefonato a tua madre?"

"Perché inventare una cosa tanto seria?"

"Mah!" Mi sembra tutto così inverosimile. Uno incontra una ragazza, e il giorno dopo comunica alla madre che intende sposarla. Sa tanto di fiaba. Di romanzo."

"Spesso la realtà supera la fantasia, è vero. Ma ti ho detto la verità. Da Rovigno cercheremo di telefonarle di nuovo, insieme. Le parlerai tu."

"Non voglio parlare con nessuno."

"Nemmeno con me?"

"Non lo so."

Ancora un incrocio. A sinistra per Pola, diritti per Rovigno. Dieci chilometri.

"All'ingresso del paese, Gianni, devi girare a destra. Ti indicherò la casa di ziaElena."

Gianni aveva aumentato la velocità. Guidava in silenzio.

Entrò in paese e andò diritto, verso la Collegiata, fingendo di non sentire Elda che gli diceva di avere imboccato la strada sbagliata. Giunse nella piazza centrale, con l'orologio, il bugnato seicentesco dell'arco dei Balbi, che s'apre verso il mare. Vicinissimi, la chiesa, il Comune, l'ufficio delle poste e, poco distante, il centralino telefonico. Andò a fermarsi dinanzi.

"Vieni, Elda, per favore?"

"Dove?"

"Devo fare una telefonata."

"Va pure, ti attendo in auto."

"Ti prego, vieni anche tu."

Entrarono nel piccolo locale. Una giovane, allo sportello, era intenta a sferruzzare. Le si accostarono. Gianni disse in tono cortese ma deciso.

"Per favore, signorina, una telefonata urgentissima per Firenze. Questo è il numero."

Le dette un foglietto.

La ragazza lo guardò dubbiosa.

"Non so se me l'accettano."

"La prego, cerchi di ottenerlo. E' una questione di vita o di morte."

L'impiegata sembrò scossa. Cominciò a manovrare gli apparecchi che aveva dinanzi a sé.

Gianni e Elda andarono verso l'ingresso.

Elda lo fissava pensierosa.

"Scusa, Gianni, una questione di vita o di morte?"

"Si."

"Di chi?"

"Del nostro futuro, dei nostri figli."

"Di quali figli?"

"Quelli che potranno nascere o non nascere a seconda di quello che deciderai dopo la telefonata."

In quel momento la centralinista li chiamò a voce alta.

"Venga, signore, è fortunatissimo, Firenze è il linea."

"Andiamo, Elda."

La prese per mano. Entrarono nella cabina. Il telefono trillava. Gianni, prese il ricevitore, avvicinò la sua testa a quella di Elda, tra le due orecchie pose la cornetta.

"Pronto, mamma?"

Dall'altro capo, abbastanza chiara, la voce, preoccupata, d'una donna.

"Gianni? Cos'è successo? Una chiamata urgentissima da... non ho capito bene. Cos'è accaduto? Stai bene?"

"Sto benissimo, mamma. Con me c'è Elda. Le ho detto della nostra conversazione di ieri sera. Ti vuole conoscere, sia pure per telefono, ti vuole salutare, ma è scettica, non crede che la voglio sposare subito. Ecco, te la passo, parlale."

Fece cenno a Elda, di parlare.

"Pronto, signora, sono Elda. Non sono scettica, sono stordita, confusa. Se lo immagina, lei, un giovane che dopo due giorni che ti conosce ti dice che ti vuole sposare?"

"Si, figliola mia, lo comprendo perfettamente. Anche il padre di Gianni si è comportato nello stesso modo. Sai che mi ha detto? Che se non sposa te, e subito, rimarrà celibe per tutta la vita. Mi ha incaricato di preparare i documenti: Capisco la tua confusione, ma Gianni é fatto così. Se ti piace, se senti qualcosa per lui, ascoltalo."

"Se mi piace, signora? Gianni è affascinante, mi ha stregata. Se sento qualcosa per lui? Lo adoro come un dio che mi ha folgorato."

"Allora, bambina mia, siate felici, e vieni presto a trovarci, voglio conoscerti di persona."

Gianni si avvicinò al telefono.

"Ciao, mamma, saluta il babbo, e prepara i confetti."

Abbracciò Elda, raggiante.

"Allora?"

"Telefoniamo alla mia mamma."

Era una chiamata nello stesso distretto telefonico, v'era la linea diretta.

Elda attese di udire la voce della madre.

"Siamo a Rovigno, mamma. Tutto è andato benissimo. Ascolta, mamma. Gianni è un po' matto. Credo che tutta la sua famiglia sia un po' matta. Mi ha detto che vuole sposarmi subito. Ho creduto che scherzasse, che mi prendesse in giro. Allora, lui ha fatto una chiamata urgentissima a Firenze, alla sua mamma, alla quale ieri sera aveva comunicato tutto, e la mamma mi ha rassicurata. E' vero. Mamma, mi senti?"

"Ti sento, cara, ma non ho parole. Mi sembra che anche tu sia divenuta un po' pazza."

"Pazza di gioia, mamma."

"Ah, va bene, siamo già a questo punto. Cosa vuoi che ti dica? E per telefono, in aggiunta. Sono scelte tue, che valgono per tutta la vita."

"Mamma, cerca di farlo sapere a papà, cerca di metterti in contatto con lui attraverso radio maripol. Ciao, mamma."

"Ciao, Elda. Che dio ti protegga."

Uscirono dalla cabina.

"Gianni, mi sembra di svenire, non capisco nulla."

La prese sotto braccio, pagò le telefonate, la condusse all'auto.

"Gianni, non diciamo nulla a Elena."

"Va bene. Vuoi che andiamo da lei?"

"Non immediatamente, devo riordinare le mie idee."

"Bene. Sali in auto, leviamoci da qui."

Sulla vetrina del centralino telefonico c'era un manifesto con l'immagine di una piccola chiesa, S.Felice.

Gianni si affacciò nell'interno e chiese alla ragazza dello sportello.

"E' lontano?"

"Pochissimi chilometri, segua la segnalazione che indica il Canale di Lemme, subito a sinistra del Comune."

Giunsero dopo qualche minuto a un piccolo borgo di pescatori. Quasi sul mare, un fortino in cemento armato, dal quale spuntava una vecchia mitragliatrice, e il cartello che vietava l'accesso alla zona militare.

Una casetta bianca, con un'insegna verde: Osteria – Pescheria.

Lasciarono l'auto nell'angolo in ombra. Entrarono.

Una simpatica donna, abbronzata dal sole, disse che poteva offrire loro solo gassosa in bottiglia o vino piacevolmente freddo. Sorrise, e aggiunse che aveva anche delle ostriche freschissime, la specialità del Canale. Attualmente, però, la mancanza d'uomini, e soprattutto di richiesta, faceva languire quella che era stata una caratteristica risorsa del Canale.

Elda battè la mani.

"Le ostriche, che buone!"

Sedettero ad un vecchio tavolo di legno grezzo. La donna chiamò: Nane! Apparve un vecchio che salutò sorridendo, col quale scambiò poche parole. L'uomo andò nel retro e tornò con un mastelletto di legno. Lo poggiò sul banco. Prese due piatti e li mise dinanzi a Elda e Gianni, unitamente a due bicchieri di vetro e due strane forchettine, in un altro piatto pose tre grossi limoni. Portò una caraffa di vino, ne versò nei bicchieri e in quello che teneva in mano, li invitò a bere, levando in alto il suo bicchiere, imitato subito dai due giovani. Tornò al banco e cominciò a preparare le ostriche. Le toglieva dal mastello, con un coltellino le apriva, le sciacquava in un recipiente con acqua di mare, le allineava su un vassoio di legno. La donna era riapparsa, con alcuni piccoli biscotti salati, una specie di gallettine. Tutto fu messo sul tavolo al quale erano seduti Elda e Gianni.

Le ostriche erano ottime. Gianni, con la forchettina, le staccava dal guscio, le poneva nel centro, vi spremeva sopra alcune gocce di limone dai frutti che aveva tagliato, le avvicinava alle labbra di Elda che le suggeva golosa.

"Come sono?"

"Incantevoli, squisite, deliziose..."

"Più di un bacio?"

Elda lo guardò maliziosa.

"Non di un tuo... anche se li fai desiderare..."

Il vassoio fu presto vuoto. Anche i bicchieri.

Il vecchio li esortò a ripetere, ma rifiutarono ringraziando.

Gianni pagò il modesto prezzo richiesto.