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Eravamo tornati a casa...
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Ci sono eventi, imprevisti, che segnano profondamente una vita, per sempre.

Ci sono pensieri che non avresti figurato nella mente un momento prima.

Ci sono situazioni nelle quali non avresti mai creduto di poterti trovare.

Ci sono circostanze che trasformano l' incredibile in realtà.

*

Eravamo tornati a casa, dalla stazione, dove avevamo accompagnato papà che partiva per un tempo abbastanza lungo, almeno sei mesi, per un luogo molto lontano da raggiungersi con un viaggio di giorni, per mare e per terra, non essendoci allora, regolari linee di aviazione civile che portassero così distante. L'aero era usato principalmente per posta e merci urgenti, o per il viaggio di altissime personalità.

Non mi era chiaro se la mamma, pur certamente spiaciuta per la forzosa lontananza, fosse convinta della necessità di quell'accettazione che avrebbe potuto costituire un puntò di svolta per la famiglia. Né, certamente, poteva supporre cosa sarebbe accaduto.

La casa, in effetti, appariva vuota, quasi abbandonata.

Era sera, ormai, e dopo cena ascoltammo le prime suonate di un concerto, alla radio.

"Piero, s'è fatto tardi. E' ora di dormire."

"Buonanotte, mamma."

"Prendi il tuo pigiama e vieni da me."

Dopo cinque minuti, esaurito il solito rituale della sera, ero nel suo letto, al posto lasciato vuoto dall'assente.

Mamma apparve in una corta camicia da notte, e notai quanto fosse leggerissima, velata, quasi trasparente. Il suo prosperoso petto era nettamente disegnato, i piccoli capezzoli premevano la stoffa, e un nero triangolare rigonfiamento le saliva dalle gambe al grembo.

"Che dici se lascio un po' aperta la finestra? Fa caldo."

"Va benissimo, mamma."

Vista da dietro lo spettacolo dl suo tondeggiante fondo schiena cominciò a far lievitare il mio pensiero, e non solo quello, perché non m'era facile impedirgli di sgusciare dall'apertura dei pantaloni.

Ma' venne a letto, si curvò su me per il bacio della buona notte, sfiorandomi con una delle sue magnifiche tette, e si mise a leggere, supina, col lenzuolo che le arrivava alla vita. Io cercai di dormire, ma non mi riusciva. Lei spense la luce, rimase in quella posizione, pian piano s'addormentò, lo sentivo dal suo respiro, regolare e profondo. La luce che filtrava dalla finestra dava un colore quasi selenico alla sagoma del suo corpo, e solo il nero dei capelli si stagliava sul cuscino. Le braccia leggermente scostate dal corpo. Si voltò su di un fianco, verso me, una tetta quasi fuoriuscì dalla scollatura, mostrando il capezzolo rosa, come una fragola.

Non riuscivo a dormire. Anche senza volerlo, stavo agitandomi.

"Cos'è, Piero, non dormi?"

"Non riesco mamma."

"Vuoi qualcosa?"

"Mi abbracci, per favore?"

"Vieni vicino."

Posi il capo nell'incavo del braccio, con la mia bocca che le sfiorava il seno. Rimasi immobile. Sentii che aveva ripreso a dormire. Cercando di muovermi il meno possibile, avvicinai le labbra al suo capezzolo. Si inturgidì. Lo strinsi appena, poi allentai la stretta, e tornai a stringere, lievemente, lentamente. Il mio sesso era prepotentemente uscito dai pantaloni. Lo afferrai. Prolungai piano quel tenero ciucciare. Il sonno mi avvinse.

Quando mi svegliai, Ma' s'era già alzata, aveva fatto la doccia, ed era in accappatoio, seduta sul letto, col vassoio della mia colazione.

Aveva certamente notata la mia erezione che s'era rinnovata senza che io ne dessi cosciente motivo.

"Mettiti seduto, che ti porgo il vassoio."

Mi misi seduto, nell'aggiustare il vassoio sulle mie gambe, con una mano spinse il basso il mio fallo, senza risultato.

Mi guardò tra l'ironico e il rimprovero.

"Ho capito! Devo tenerlo io!"

Manteneva il vassoio con due mani, un po' china verso me. L'accappatoio s'apriva mostrandomi le sue belle tette rigogliose. Chissà se se ne era accorta.

Finita, rapidamente, la colazione, portò i resti in cucina, tornò.

"Piero, voltati dall'altra parte, devo vestirmi.

Mi voltai dall'altra parte. Il grande specchio dell'armadio accolse intermante la mamma. Lasciò cadere l'accappatoio, si chinò per prendere evidentemente le scarpe, e m'apparve una collina incantata, tonda, con una deliziosa valle che s'apriva mostrando il rosa del suo buchetto, lo scuro del vello che le ornava il sesso. Mi sembrava di morire. Non ero mai stato con una donna, ma sentivo tutta la violenza delle mie pulsioni, lo stimolo del mio istinto. Quella era una femmina, e io un maschio!

La vestizione fu esasperantemente lenta.

Quando fu in vestaglia, si avvicinò a me e mi baciò. Con la mano carezzò la mia evidente erezione, da sopra il lenzuolo.

"Buono, Pierino, buono."

Durante il giorno fu, per lei, come se non fosse accaduto niente. Per me un tormento. La mattina uscimmo per piccole compere, tornammo a casa per un leggero pasto. Si presentava l'incognita del pomeriggio. In quella stagione, di solito, la mamma andava a riposare. Come si sarebbero svolte le cose?

"Piero, io andrei a fare il mio solito pisolino. Credo che sia meglio che tu ascolti qualche disco, leggi un po', fai le parole crociate, altrimenti, se dormi, questa sera non riuscirai a prender sonno. Peggio di ieri sera."

"Va bene. Vuoi che richiami a una certa ora?"

"No, grazie. Poi, se vuoi potremo andare al cine. Che dici?"

"D'accordo, Ma'. Buon riposo."

Mettevo i dischi uno dopo l'altro, ma non li sentivo. Avevo tenuto al minimo il volume della musica. Le parole crociate mi ballavano dinanzi agli occhi. In camera da letto mamma riposava, chissà se usava la stessa camicia da notte. Mille idee s'affollavano, confuse, nella mente. Forse dovevo prendere il coraggio a due mani e decidermi di avere un rapporto con qualche professionista della materia. Nell'edificio di fronte c'erano due belle ragazze che, come s'usava dire, facevano la vita. Ogni volta che capitava d'incontrarci mi sorridevano. Sapevano pure il mio nome perché una m'aveva salutato: 'Ciao, Piero!'

Una situazione che non riuscivo a comprendere. Tra l'altro, fino a quando non si fossero riaperte le scuole, dove avrei dovuto frequentare l'ultimo anno, avremmo trascorso insieme tutti i giorni. E le notti!!!

Mi giunse la sua voce. Mi chiamava.

"Piero!"

Entrai, era a letto, con le persiane socchiuse. Si, la stessa camicia da notte, le stesse tettone a malapena contenute.

"Piero, per favore, mi porti un bicchiere d'acqua fresca?"

"Vuoi una spremuta?"

"No, preferisco l'acqua, grazie."

Andai in cucina, lasciai scorre l'acqua, ne riempii un bicchiere, lo posi su un piattino, tornai dalla mamma.

Era seduta, col lenzuolo sui piedi, la corta camicia che lasciava scoperte gran parte delle cosce sode, che non riusciva a nascondere il nero riccioluto del suo grembo. Non ci voleva altro! I pantaloni rivelavano tutto.

"Siedi qui, Piero. Cosa hai fatto?"

Sedetti sul bordo del letto. La sua coscia premeva la mia natica.

"Un po' di musica, qualche pagina del romanzo..."

"Ho l'impressione che sei pensoso. La partenza di papà?"

Rimasi in silenzio.

"Vieni qui, pulcino, dalla mamma tua."

Mi abbracciò attirandomi a se, sul caldo del rigoglioso petto.

Restai così, beatamente, ricambiandole l'abbraccio, col volto sul suo volto. La mia destra andava carezzandole delicatamente la tetta.

"E' stata la prima cosa che ti ha sfamato. L'accarezzi. Ti piace? Le vuoi bene?"

Annuii senza parlare, e portai la bocca vicino al capezzolo.

"Adesso non sei più un neonato, Pierino, ti sei fatto grande, e grosso. Me ne accorgo ogni giorno di più. Ce l'hai una ragazza?"

Scossi la testa, borbottai qualcosa, senza senso, tanto per muovere le labbra che in tal modo lambirono il capezzolo. E lo sentirono indurire.

M'ero come sistemato, con una parte di me su di lei e la gamba tra le sue, percependo il calore del suo grembo. Ma lei si rese conto della mia erezione. La mano che mi carezzava la testa si fermò per un istante, riprese, lentamente, come prima, mentre spostava il corpo, solo un po', perché forse quel duro la infastidiva. Lo fece capitare proprio nello spazio che le sue gambe, appena divaricate, aveva creato. Mi sentivo in cielo, un sottile piacere che partiva dal sesso e m'invadeva in ogni fibra, che mi portava a muovermi appena, ma insistentemente, strofinandomi a lei. M'accorsi, senza rendermene conto, che le stavo lambendo le labbra...

"Dobbiamo andare al cine, Pierino, vuoi?"

E mi sollevò da lei. Non sorrideva, però, mi guardava quasi preoccupata.

"Si mamma, andiamo."

Mi levai di colpo, uscii dalla stanza. Mi sentii come Adamo scacciato dall'Eden.

Non ricordo bene lo svolgersi del film. Una storia contorta tra dovere e amore, senso della patria e passioni umane. Una cosa così.

Avevamo trovato posto solo nell'ultima fila della prima galleria. Ma si stava bene. Mi misi sotto braccio a Ma', sentii il calore del seno, poi, ...distrattamente... abbandonai la mano sul suo grembo. La coprì con la sua, Capì certo quello che provavo io. Non voleva essere né condiscendente né scontrosa e in comprensiva. Rimanemmo così. Cerca di muovere un po' la mano, la sistemai sul suo pube, con le dita che cercavano di intrufolarsi tra le gambe. Seguitava a guardare lo schermo, ma la sua espressione mostrava una qualche perplessità. Decise. Spostò il bacino in avanti, allargò le gambe, accolse la mia mano tra esse, tornò a serrarle. Avvicinò il volto al mio.

"Sta fermo, però..."

Mi riuscì per un po'. Sentivo una violenta erezione che cercava di liberarsi dei pantaloni. Attraverso il leggerissimo vestito, le impalpabili mutandine, sentivo i riccioli che custodivano il solco nel quale, infine, decisi di intrufolarmi. Era la prima volta che toccavo una fica in quel modo... ed era quella di mia madre. 'Gran bella fica', pensai in quel momento. E seguitai a carezzare. La non reazione mi rese audace. Presi la giacchetta di mamma e gliela misi sulle ginocchia,trovai la chiusura laterale del vestito, l'aprii, entrai con la mano, sollevai il lembo della sottana, infilai la mano nella mutandine... Ecco i riccioli... le labbra... quelle più piccine... l'ingresso palpitante del suo sesso dal quale protundeva un tenero cicciolino... E lei che lasciava fare, con gli occhi sempre sullo schermo, i lineamenti del volto tirati, le nari vibranti, come ance smaniose. Non mi fu facile, data la posizione, introdurle dentro un dito.. due... tre... e seguitare a muoverli in lei che, intanto, aveva socchiuso la bocca, e cercava di controllare i suoi movimenti, sempre più convulsi, fin quando mi fermo la mano, afferrandola e stringendola a sé, e sembro come accasciarsi, guardandomi con occhi incantati e smarriti.

Rimasi così, a lungo, fin quando capii che il film stava per terminare. Sgusciai via lentamente. Mentre Ma' trasferiva la sua giacchetta sulle mie gambe, e mi afferrava il fallo, stringendolo delicatamente.

Uscimmo senza parlare. Ma' camminava con gli occhi un po' bassi. Si mise sotto al mio braccio, stringendomi a sé. Giungemmo a casa, ci cambiammo, preparò la cena, si sintonizzò su una stazione radio che trasmetteva notiziari, poi musica da ballo.

Eravamo riusciti a non scambiarci una parola.

Chissà cosa passava per la bellissima testolina di Ma'.

Io non sapevo cosa fare. Chiederle scusa? Dirle che era stato preso come da un raptus? Dirle cosa?

Forse era meglio lasciar cadere la cosa, senza darle peso.

Fu lei a rompere il ghiaccio.

"E' ora di nanna, Pierino. Io vado a letto, tu cosa fai?"

La guardai interrogativamente.

"Non vieni a letto?"

Per me fu il bagliore del sole che scacciava le tenebre, della luce che fugava ogni dubbio, ed anche il miraggio di quello che, forse, sarebbe rimasto tale.

Ma' restò nel bagno più a lungo del solito, ed io ero già sotto al lenzuolo quando apparve con una nuova camiciola, più civettuola e sexy della precedente.

Si sdraiò, senza curare fin dove la camicia le arrivasse.

"Piero, se vuoi ti abbraccio, come ieri sera, ma... capisci?"

"Certo, Ma'. Capisco. Grazie, abbracciami."

Mi rifugiai tra le sue braccia e il fallo, sgusciando ben eretto dal pantalone del pigiama, andò a poggiare sulla sua coscia.

Lo carezzò appena.

"Ti prego, Piero, dormiamo."

Quella mano m'aveva attizzato diabolicamente.

"Bene, Ma', dormiamo."

Spense la luce.

Abbracciato a lei, con la mano libera le carezzai il petto, scesi al grembo, sollevai il lembo della camicia, e sentii la seta dei suoi riccioli neri. Avvertii imperioso il desiderio di baciarla, lì, alla sorgente della mia vita. E scivolai giù, sentendo le labbra, le lingua, saziarsi di quella seta, impaziente di sfiorarla in ogni parte, penetrando tra le grandi tumescenti labbra, sentendo l'ingresso del suo sesso palpitante, infilandosi in esso, ed uscendo, rientrare, cercando di lambirla con un movimento circolare che sentiva il contrarsi delle pareti, e poi il ciucciare il suo bottoncino d'amore, e tornare a sentire la linga in lei, il più profondamente possibile.

Ma' era in balia di movimenti travolgenti, il suo bacino sobbalzava, le sue mani stringevano la mia testa tra le gambe, e gemeva in balia a un piacere che andava velocemente crescendo e che culminò con un lungo grido, a malapena soffocato. Poi giacque così, e mi tirò su di lei, lentamente. La mia tremenda erezione le strusciò tra le gambe, incontrò il suo sesso rorido. Mi guardò allibita. Non sapeva cosa fare. Poi, abbassò la mano, prese delicatamente il mio fallo e lo poggiò all'orificio della vagina, facendosi penetrare. Mi sembrava d'essere nel paese dei sogni. Era in mia madre! La prima volta che il mio sesso aveva conosciuto una femmina era con mia madre. Aveva allargato le gambe, e le aveva incrociato sul mi dorso, premendo, perché entrassi in lei il più possibile. Ma non poteva andare oltre. Sentivo il glande che incontrava qualcosa di caldo, molliccio, cremoso. Ed ogni volta che vi batteva, sentivo Ma' stringermi in lei, mungermi, incantevolmente, e intanto mi baciava ingordamente, quasi volesse strapparmi la lingua. Sentivo il godimento montare, sempre più, e per la prima volta, violento, il mio seme ardente invase l'incanto della grotta dell'amore. Mi strinse ancora più forte in lei, e non seppe reprimere un lunghissimo ..vengoooooo, oddio,,,,vengooooo, nel modo più bello della mia vita....vengoooo,....oddio....con Piero....con mio figlio. E giacque esausta, affranta. Io rimasi in lei, a lungo, e le rifiorii dentro.

Non parlammo mai della nostra storia.

Ogni momento era buono per stare insieme, per congiungerci. E appresi la sua abilità nell'usare la bocca infuocata, come tra le sue tette sapeva accogliere il mio sesso e farlo quasi giungere all'estrema conclusione che, però, voleva bramosamente che avvenisse in lei.

Quando, mentre era su di me, fremente e voluttuosa, le titillai il buchetto tra le natiche, lasciò fare, accolse il mio dito, ma, poi, mi disse che non l'aveva mai fatto.

La cosa si ripeté ben presto. Se, nel letto, mi volgeva le spalle, introducevo il fallo tra le sue sode chiappe e lo premevo verso quel buchetto rosa che opponeva ogni volta minore resistenza.

La cosa avvenne nel bagno.

Lo facevamo insieme. La insaponai tutta, anche la schiena. Laggiù, tra le chiappe portentose, e questa volta, agevolato dalla schiuma, il dito entrò facilmente. E fu la volta del glande. Si curvò in avanti, si poggiò sul bordo della vasca, spinse verso me, si schiuse quasi d'improvviso, e li, il mio fallo entrò lentamente, si, molto lentamente, ma tutto, fino a sentire i testicoli battere sul suo culetto.

Con la mano le frugavo il clitoride. Ad un tratto mi sembrò che le sue gambe stessero per piegarsi. La sostenni, e mentre le spruzzavo il mio seme, sentii che era in preda a un irrefrenabile e lungo orgasmo.

L'intraprendenza erotica di Ma', non conosceva limiti, le descrizioni del Kamasutra, gli affreschi di Pompei, e quant'altro in materia, impallidivano di fronte alla sua fantasia che all'ispirazione faceva subito seguire l'esperimento.

Le piaceva comunque!

Quand'era su di me, impalandosi lentamente, capivo che si sentiva dominante, padrona del suo e dell'altrui piacere. Era, poi, la volta che voleva sentirsi sottomessa, invasa...

Credo che una delle sue preferenze fosse l'adagiarsi sulla sponda del letto, poggiare sulle mie spalle le sue splendide gambe, e farsi penetrare così. Poi, quando il liquido che fuoriusciva dalla vagina le lubrificava il piccolo sfintere trepidante, era il momento che desiderava sentirmi ancora in lei, anche e soprattutto per farmi raggiungere le più alte vette del piacere.

Nessun'altra femmina, nella mia lunga e disordinata vita, seppe aggiungere alcunché di nuovo all'ars amatoria di Ma'.

Furono mesi di paradiso.

Dopo qualche tempo, mi venne un dubbio.

Meno male che non sei rimasta incinta, Ma'.

Mi sorrise dolcemente.

"Dimentichi che sono una ricercatrice, e per di più, in farmacologia."

"Cioè?"

"Il mio ciclo è d'una regolarità cronometrica. Al terzo giorno di ritardo intervengo con un preparato, a base di viburno, che provoca il distacco d'un eventuale ovulo fecondato... Tutto qui."

"Hai dovuto... rivolgerti al viburno?"

Annuì, senza parlare, senza particolare espressione del volto.

Non so descrivere il sentimento che m'invase, ma la strinsi baciandola teneramente.

Quel pomeriggio fu più ardente e voluttuosa che mai.

Quel particolare intrigo doveva avere termine, e lo ebbe.

Solo le sporadiche assenze del... marito, ci riportavano, di quando in quando, a quelle vette del piacere.

Anche dopo molti anni. Per lungo tempo, fino a quando il tempo prese il sopravvento sulla passione, ma non sull'amore che mi ha sempre legato a Ma'.

Lo so. Qualcuno sarà severo nel condannarmi.

Per me, ciò che la natura impone non può avere nulla di immorale, anche perché la 'morale' è una norma dell'uomo, non della natura.

Le figlie di Lot, s'unirono carnalmente al padre, dopo averlo fatto ubriacare. Il tutto, si legge, col pretesto di continuare la specie. Ma congiungersi alla propria madre, entrare sessualmente in lei, è una specie di ritorno all'origine, alla fonte della vita. Ho provato la gioia dell'esule al ritorno in patria. Mi sono sentito accolto quasi come un 'sempre atteso'. Si è svolto tutto e sempre con molta spontaneità, con quella che definirei una naturale naturalezza.

ULISSE
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