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Remo assaggiò e assentì col capo. L'uomo servì il vino e pose la bottiglia nel secchiello accanto al tavolo.

"Adesso é meglio che ci dedichiamo a queste belle ostriche, gustandole il colloquio, forse, può ingentilirsi."

Carla ne assaporò golosamente la grigia polpa e bevve un sorso di vino.

"Sono veramente eccellenti, Carlo, io ne vado pazza. Ma devi consentirmi di proseguire sul tema per il quale ti ho pregato di incontrarmi."

"Certo, ti ascolto con la massima attenzione."

"Guglielmo é persona seria, sulla quale si può fare sicuro affidamento. E' il tipo ideale del buon padre di famiglia, con principi sani, onesti. Non mi sembra che abbia vizi o difetti di comportamento. E' quello che può definirsi un buon marito."

"E ti pare poco?"

"No, é moltissimo, ma basta per trascorrere con lui la vita, per andare a letto con lui tutte le sere?"

Le ostriche erano terminate, ora era la volta dei filetti di sogliola.

Remo aveva gli occhi fissi sul piatto.

"Non é il tuo ideale, vuoi dire?"

"Mi conosci da ragazza, sai che non posso aver atteso tanto tempo per darmi per la prima volta a un Guglielmo qualunque."

Remo alzo gli occhi, guardandola, sorpreso, interrogativamente.

"Si, per la prima volta. Non voglio che sia questo il ricordo che accompagna la prima, vera conoscenza del sesso. Dev'esserci amore, Remo, desiderio di darsi, completamente."

"Scusa, Carletta, ma hai mai incontrato il tuo uomo ideale, col quale desideri di condividere la vita e, logicamente, il letto?"

"Si."

"Lo conosco?"

"Si."

"Puoi dirmi chi é?"

"Si."

"Chi é?"

"Tu!"

Remo lascio cadere la forchetta nel piatto e fece segno al cameriere di portare via.

Carla seguitò a mangiare la sua sogliola, con la massima calma.

"Ma ti ricordi, Carla, che sono sposato, e con chi sono sposato?"

"Certo che lo so."

Aveva finito di mangiare e poggiò ordinatamente le posate nel piatto.

"E, tanto per parlarne accademicamente, come potrei sposare te?"

"E chi ti ha detto che devi sposarmi? Io sposerò Guglielmo."

"Non riesco a capire..."

Erano giunte le coppe con la macedonia di frutta e Carla l'assaggiò e chiese al cameriere di versarvi un po' di vino. Seguitò a mangiare, con indifferenza.

"Ma hai detto che sarei il tuo uomo ideale."

"Lo confermo, con la massima convinzione. L'ho sempre saputo. Per questo non sono mai stata con nessun altro, non ho conosciuto uomo. Ma bisogna contentarsi del possibile."

"Brava, questo é un sano principio. Il tuo possibile si chiama Guglielmo, vero?"

"Hai cambiato argomento. Il mio marito possibile si chiama Guglielmo, il mio primo uomo possibile si chiama Remo! Chiaro, adesso?"

"Forse non del tutto."

Carla finì la macedonia, pose i gomiti sul tavolo, e poggiò il mento tra le sue mani. Occhi fiammeggianti, labbra tumide, nari frementi, voce tremante.

"Mettiamola in termini moderni e inequivocabili, usando parole non eleganti ma precise. Tu non puoi sposarmi, chiaro, ma puoi scoparmi, essere l'uomo al quale voglio donare la mia verginità. Altre spiegazioni?"

Il volto di Remo era immobile, inespressivo, solo gli occhi erano divenuti quasi grigi, lo sguardo era distaccato, pur posandosi sulla donna.

"Ricevuto, Carletta. Ora comprendo alcuni tuoi atteggiamenti, nel passato, nei miei confronti, talune tue frasi, certe mal nascoste cattiverie verso mia moglie. Dopo quanto mi hai detto, il tuo modo di agire può essere condiviso o meno, ma rientra in una ben determinata logica. Non ti nascondo che, pur essendo lusingato, in un certo senso, mi spiace di essere la causa di tale tua concitazione. Hai ben ponderato quello che dovevi dirmi, prima di parlarmi?"

Carla annuì col capo.

"Sei veramente convinta, sicura di volere quello che mi hai detto? E' una decisione irreversibile."

"Mi rifugio nel linguaggio della mia professione: alea jacta est. Accada quel che deve accadere, dopo ciò venga pure il diluvio."

"Quando?"

"Quando mi vorrai."

"Anche adesso?"

"Magari!"

"Qui hanno delle accoglienti e discrete suites, che ne dici?"

A Carla brillavano gli occhi, avvampavano le guance.

"Mi farai tua?"

Remo chiamò con gesto il cameriere e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. L'uomo si allontanò e tornò poco dopo con una chiave.

"Vieni, Carla?"

La prese delicatamente per un braccio e la condusse verso l'ascensore. Su, all'attico, dove il soffice tappeto accolse i loro passi silenziosi. Carla guardava per terra, senza nulla dire. Remo aprì la porta della suite, la fece passare, entrò anche lui, richiuse la porta.

Per mano, come una bambina, la accompagnò alla vasta camera dove troneggiava un moderno, vasto letto. Si avvicinò, lo scoprì in parte.

"Ora, Carla, tocca a te."

La donna deglutì con forza.

"Vado nel bagno, Remo."

"Devi spogliarti qui, davanti a me."

"Vado nel bagno. Quando torno..."

Si allontanò verso la porta che era di lato, si fermò un attimo per lasciare sulla poltrona il leggerissimo soprabito, solo un velo. Entrò nel bagno. S'udì lo scroscio dell'acqua nel lavandino. Ritornò nella camera.

Remo era seduto sul letto, completamente vestito.

Carla si fermò di fronte a lui.

"Allora, bimba?"

"Ma non ho nulla da mettere per andare a letto."

"Non devi mettere nulla. Vuoi che ti spogli io?"

"No, no, faccio da sola."

"Vengo sul tuo terreno. Gaudeamus igitur!"

Lei, alquanto impacciata, tolse la giacca, la blusa, la gonna, e rimase in mutandine, reggicalze, reggiseno. Guardò interrogativamente Remo.

"Sei un bel tocco di figliola, Carla. Prosegui."

Con un lungo sospiro, la donna tolse quanto le era rimasto indosso.

Restò così. Immobile, con le braccia lungo i fianchi.

"Ora, cara, raccogli tutto e riponi gli indumenti nell'armadio, togli le scarpe e mettile in quel piccolo ripostiglio, in basso, accanto alla porta.

Lei eseguì come un automa, muovendosi così, offrendo la vista della sua nudità, delle sue natiche ben fatte, mentre lo specchio accoglieva l'ondeggiare del suo procedere e lo donava a Remo. Si chinò, tolse le scarpe, andò a metterle dove lui aveva detto.

Si voltò verso Remo, che le fece cenno di avvicinarsi. Le tese la mano, la fece sedere sulle sue ginocchia, le carezzò il seno, le gambe, si soffermò sulle natiche, s'intrufolò tra esse, risalì sul pube, discese lentamente fino ad incontrare la piccola tumescenza palpitante che sembrava impazzire mentre lui la titillava sapientemente.

Carla gli afferrò il volto, baciandolo focosamente, col ventre in sussulto, fino a quando non le sembrò di sprofondare in un piacere senza fine.

"Adesso, Remo, adesso. Prendimi."

La sollevò sulle sue braccia, la depose delicatamente sul letto. Le baciò l'orecchio, le sussurrò che sarebbe tornato subito.

Senza far alcun rumore, uscì dalla camera, riprese l'ascensore, scese nella hall, andò dal portiere.

"Per favore, mi faccia preparare il conto, subito, la signorina rimane ancora un poco. Quando scende, le consegni la più bella rosa rossa che ha il fioraio e il biglietto che ora le preparo, poi le chiami un taxi e la faccia accompagnare a casa, adesso le do l'indirizzo, paghi lei il taxi."

Alla cassa saldò il conto e, con la carta di credito, si fece dare un discreta somma che consegnò al portiere unitamente a una busta, indirizzata a Carla, con dentro un biglietto sul quale aveva scritto tempus omnia meditur.

Il tempo cura tutto!

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