Ritorno Di Fiamma

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Backfire, a gleam of...
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...ritorno di fiamma!

Backfire!

Quando si presentò, inviata da un'amica che a sua volta aveva appreso da altri che in quella casa si cercava una collaboratrice domestica, si vedeva chiaramente che era tesa. Sedette sull'orlo della sedia, con l'ansia di chi si appresta, in ogni caso, ad affrontare un esame.

Era stata, ma molti anni prima, da ragazza, occupata presso una impresa che curava la spedizione di capi di vestiario. E subito apprezzata come elemento intelligente, di buona volontà, anche se, a volte, era facile a divenire diffidente, quasi ostile. Ora, però, era un 'servizio', come si diceva, che le avrebbe occupato parte del tempo che fino ad allora aveva dedicato alla famiglia, alla propria casa. Col crescere dei figli le necessità aumentano, e un suo aiuto economico si sarebbe rivelato certamente prezioso, forse determinante. Si chiedeva se sarebbe stata accettata, se avrebbe soddisfatto le esigenze dei datori di lavoro, della datrice, soprattutto, perché si sa bene che nel governo della casa le donne sono sempre le più severe.

L'appartamento era abbastanza ampio, molto ben tenuto, con una certa eleganza, e buon gusto.

Si chiedeva un aiuto generico, omnicomprensivo. Pulizia delle camere, dei servizi, cura del bucato e dello stiro. Vi erano ottimi elettrodomestici. Le fu fatto presente che poteva essere necessario che lei provvedesse a qualche acquisto, nel caso che moglie o marito fossero impossibilitati a farlo.

Solo al mattino di tre quattro giorni alla settimana,

Nelly ascoltò con attenzione, in silenzio, e disse che era senz'altro del parere di provare, sperando di corrispondere alle attese.

Sulla retribuzione furono subito d'accordo, e si sentì sollevata quando le dissero che per il trattamento normativo sarebbe stato applicato il contratto collettivo di lavoro della categoria.

Avrebbe iniziato l'indomani mattina.

^^^

Aveva fatto una buona impressione. Non molto alta, ben proporzionata per quello che si poteva vedere dalla tuta che indossava, un volto aperto, con tratti minuti, un po' rotondetto, e lunghi capelli neri. Aveva detto di avere 34 anni.

All'amica, che l'aspettava in auto, disse che 'i signori' sembravano brava gente. Erano abbastanza anziani. Lui, il professore, era senz'altro più comprensivo, e forse anche più generoso, della moglie. Del resto lei avrebbe messo la massima buona volontà per andare incontro ai loro desideri.

Concluse che, dopo tutto, se le cose non fossero andate nel senso favorevole, ognuno a casa sua e buona notte al secchio!

Avrebbe cercato qualche altra soluzione.

Certo, però, che la casa era bella, e la mancanza di bambini rendeva meno pesante il lavoro.

L'indomani si sarebbe visto.

^^^

Giorgio Vecchi era rimasto seduto dietro la sua scrivania, e lasciava che le domande le ponesse la moglie. La donna, Nelly, era di fronte, un po' distante dal tavolo, e guardava ora lui ora la padrona di casa.

Bei capelli. Un visetto abbastanza grazioso.

L'età e le instabili condizioni di salute non influivano sul carattere del professore, sempre interessato ad apprezzare una donna, soprattutto fisicamente e per le caratteristiche femminili. Tanto per intenderci, dall'attrazione, dalla idoneità ad incondizionato servizio, come concludeva.

Lui, Nelly l'aveva spogliata cogli occhi, collocata in un certo paesaggio adatto al bel corpicino che doveva certamente avere, e mentre gli giungeva, importuno, il suono delle voci delle donne, già l'immaginava su una spiaggia esotica.

Gli anni erano sempre di più sulle sue spalle, gli acciacchi non mancavano, le forze erano diminuite, ma il suo apprezzamento per le belle donne era sempre uguale. Gli piaceva ammirarle, apprezzarne l'estetica. L'eccitazione, però, era limitata ai centri cerebrali incapaci di trasmetterla altrove.

La sua ars amatoria si arrestava agli occhi, alla fantasia.

Gli sarebbe piaciuto, comunque, carezzare quelle morbide curve, la pelle vellutata, i capelli di seta. E tutto il resto!

Sono un inguaribile –si ripeteva- e patetico velleitario, potrei scrivere l'utopia dell'amore, o meglio ancora conatus priapeius! Potessi invece, emulare Galileo ed esclamare: eppur si muove! Niente.

Comunque, veder girare per casa un culetto del genere, perché sicuramente aveva un sederino sodo e prensile, era sempre uno spettacolo gradevole.

Era curioso di constatare anche il resto: le gambe, le tettine.

Gli tornavano alla mente le parole d'un detto molisano: occhi chieni e mani vacanti, occhi pieni e mani vuote!

Ora toccava a lui, dopo tutte le volte che le mani erano state deliziosamente piene di fiori e frutti muliebri.

Gli tornavano in mente, in un lento flashback, le donne che aveva conosciuto: bionde, brune, castane, rosse; bianche, nere, gialle, ed anche una pellerossa. Non ricordava i nomi di tutte, ma la mente le raggruppava secondo le caratteristiche anatomiche, le snelle, le poppute, le callipigie; oppure a seconda del comportamento erotico, tumultuose, languide, passionali, amazzoni, giumente.

Ripassava gli infiniti modi di averle e di darsi: albero, altalena, amazzone, Andromaca, ape antilope, aquila, aratro, bambù, cavalcata, cucchiaio, dea, elefante, meu, farfalla, gatto, gazza, granchio, idra, incudine, loto, luna, lupo, mucca, mulino, ostrica, pilastro, piovra, rana, salice, scimmia, scorpione, stella. Tartaruga, tigre...

Con Nelly gli sarebbe piaciuto sperimentare la 'forbice'!

^^^

L'indomani, sorridente, si presentò in gonna e blusa.

Belle gambe, snelle e tornite.

Tette non voluminose ma, da quello che si vedeva, e distintamente, ben sode, a cono, e con una grossa ciliegia che si evidenziava chiaramente.

La gonna nascondeva un paio di natiche che formavano un delizioso mandolino.

Peccato –pensò Giorgio- che il mio plettro sia irrimediabilmente spuntato. Però, qualcosa sentiva, anche nella patta, pur senza alcun sommovimento.

Si sorprendeva a poggiare il giornale sulle ginocchia e, con gli occhiali sempre inforcati, a riflettere sul suo essere –ne era convinto- vittima di fissazione senile. Sì, ma una strizzatine sarebbe stato sempre bello dargliela.

Riandò a quando un suo collega, più anziano di lui, scelse, alla vigilia della pensione, una segretaria che era uno schianto.

Giorgio gli chiese che significato avesse una simile grazie di dio per lui che, sapeva, aveva già dovuto abbandonare l'agone di Eros.

"Zitto, Giorgio, che se le piace moscio la faccio impazzire!"

^^^

Giorgio cercava, ovviamente, di nascondere il godimento visivo che provava nel soffermarsi su quelle che per lui erano provocanti lusinghe. Temeva, soprattutto, che l'osservazione indagatrice di Sara, la moglie, potesse accorgersene. Lei, infatti, aveva notato un certo compiacimento ammirativo da parte del vecchio consorte quando, per qualsiasi motivo, era presente Nelly.

Giorgio si accorgeva, tra l'infastidito e il compiaciuto, che cercava di intrufolare lo sguardo sotto le gonne o nella scollatura di Nelly, forse più immaginando più che vedendo, comunque beandosi di quelle forme per lui fresche e genuine, addirittura acerbe. Ah, se gli occhi avessero dita, come sarebbe bello poterla carezzare. A volte, senza volere, protendeva le labbra, muoveva la lingua quasi percependo il sapore lievemente salato di quella fichetta deliziosa, perché per lui tutto di Nelly era delizioso.

La sera, prima di addormentarsi, a letto, a luce spenta e occhi chiusi, immaginava che Nelly fosse al suo fianco. Allungava la mano, incontrava le invecchiate già piacevoli intimità coniugali e, con sorpresa e compiacimento di Sara, si soffermava a carezzare il residuo di quello che era stato un lussureggiante cespuglio di riccioli neri, palpando a lungo le rilassate grandi labbra che pur, a volte, andavano leggermente enfiandosi nei ricordi del passato, nella debole sensazione del presente. Lui, purtroppo, rimaneva eccitato nella mente, senza alcun altro riflesso.

^^^

Nelly s'era subito accorta di quegli sguardi, di quegli occhi penetranti che la frugavano e la spogliavano. Si sentiva sfiorata da una lunga, voluttuosa, interminabile carezza, che indulgeva sul seno, scendeva sul pube, più giù, insisteva esplorandole il sesso, risaliva tra le natiche, lungo la schiena, fino alla nuca. Dapprima aveva avuto come un senso di insofferenza: quel vecchio, tutto sommato, ne invadeva l'intimità. Poi, fu invasa da tenerezza: povero professore, come doveva sentirsi solo, ora che non era più giovane. Infine, si sentì lusingata d'essere oggetto di attenzione, lei, una donnetta qualunque, da parte di uno dei più prestigiosi accademici a livello internazionale. Essere perlustrata da quegli sguardi, in fondo, era una manifestazione di omaggio alla sua femminilità. Sentiva il desiderio di lui. Ed è piacevole e gratificante per qualunque femmina sapersi bramata, concupita. Avevano qualcosa di elettrizzante quegli sguardi, di eccitante. Si accorse di desiderare che ad essi fossero seguiti da meno superficiali e più concrete manifestazioni. Strano, eccitarsi per un vecchio. No, non per un vecchio, si infiammava per il professore. E questo la portò, per il desiderio di compiacerlo, ad essere ancor più provocante, quando non era presente Sara. La gonna era fatta salire con un'abile movimento, le tette ampiamente esposte dalla scollatura generosa e sbottonata ed avendo volutamente tralasciato di ingabbiarle in un non necessario reggipetto. Poi, sentendo qualche, passo, si ricomponeva rapidamente, non senza aver lanciato un accattivante sorriso al vecchio.

Magra consolazione, per Giorgio. Ma che poteva pretendere di più?

Avrebbe voluto dimostrare la sua gratitudine alla donna. Ma come fare? Specie con l'onnipresenza di Sara?

L'unico modesto modo erano i sensibili arrotondamenti della retribuzione. Sempre molto riservatamente, però.

^^^

Quel giovedì, prime ore del pomeriggio, la loro piccola Gina, unica figlia, telefonò supplicando la mamma di raggiungerla, perché la voleva vicina, adesso che, ad ore, stava per dare alla luce il suo primo figlio, il loro primo nipotino.

Gina era una bella ragazza, ora una donna di quasi trent'anni, che non s'era voluta allontanare dalla sede universitaria dove, conseguito il dottorato, aveva avuto un incarico che certamente l'avrebbe favorita nella carriera accademica. Ancorché legittimata ad assentarsi per maternità, non aveva mai cessato di andare all'università, non in aula, ma a disposizione degli studenti, specie di quelli che seguiva per le tesi di laurea. Del resto, il marito, primario chirurgo nell'ospedale locale, rassicurava tutti: la gestazione non è una malattia, è uno stato fisiologico, e in alcune popolazioni ancora oggi le donne partoriscono, vanno al fiume, loro stesse, a lavare il neonato, e tornano nel misero abituro a seguitare i compiti quotidiani.

Sara si sentì smarrita, dibattuta tra l'appello dolcissimo e pressante della sua creatura, in quel particolare momento, ed il fatto che Giorgio non poteva allontanarsi da Roma, essendo stata fissata per il sabato una delicata ed importante scintigrafia. Si poteva rimandare, tale esame, d'accordo, ma il cardiologo, pur con cautela, aveva manifestato una certa fretta per rendersi conto dello stato di salute del professore. Lei non poteva lasciare solo il marito. Chi l'avrebbe assistito in caso di necessità? L'anno precedente aveva avuto bisogno del pronto soccorso per un certo malore che, poi, per fortuna si era rivelato del tutto passeggero. Bisognava cercare un infermiere per la notte. Era l'unica soluzione. Lo stesso infermiere l'avrebbe accompagnato alla scintigrafia. Lei si sarebbe raccomandata di non lasciare mai solo, il professore, fino al suo ritorno. Per le altre cose ci avrebbe pensato Nelly. Poi c'era sempre il vicino ristorante al quale avrebbero potuto rivolgersi, posto che il professore non fosse stato in grado di andarci.

L'infermiere fu rapidamente trovato. Abitava poco lontano, era in ferie, e si dichiarò prontissimo alla richiesta assistenza. Conosceva di vista il professore e sapeva che era una persona serena e quieta. Andò immediatamente, con la valigetta in cui aveva messo qualcosa di professionale e ciò che gli sarebbe servito in quei giorni.

Sarà ripeté la raccomandazione.

"Non lo lasci mai solo, per favore, anche se c'è la colf. Soprattutto se c'è lei!"

Si, disse proprio così: soprattutto se...!

Il treno per Firenze partiva alle 19,30 per giungere a santa Maria Novella dopo poco più di un'ora e mezza.

Gina la ringraziò, disse che l'attendeva. Il marito voleva che lei fosse in clinica per la notte.

^^^

Quando Nelly l'indomani, venerdì, non trovò la signora, e incontrò l'infermiere, Romolo, che aveva preparato il caffè, rimase sorpresa e dapprima fu preoccupata. Cosa era accaduto alla signora?

Giorgio disse di sedersi, le spiegò il tutto.

"Meno male, professore, chissà cosa mi credevo. Allora, le preparo qualcosa per il pranzo?"

"Ci penseremo fra poco, adesso voglio parlare un po' con Romolo."

Nelly lo chiamò, e si diresse in cucina.

Giorgio andò diritto allo scopo. Non era certo, però, che l'uomo avrebbe fatto come lui suggeriva.

"Senta, Romolo, come vede io sto benissimo e, quindi, non è il caso che oggi stia lontano dalla sua famiglia. Vada pure a casa, se avrò bisogno la chiamerò io, o la farò chiamare da Nelly. Come avrà notato è una giovane in gamba, dinamica, penserà lei a tutto."

Romolo rimase pensoso per qualche istante, poi sembrò essersi deciso.

"Come vuole, professore, anche se la signora mi ha raccomandato di non lasciarla solo, soprattutto..."

"Lei conosce le donne, caro Romolo, sono sempre diffidenti e malpensanti, perché loro sono portate a comportarsi in un certo modo. Di che potrei, alla mia età, profittare per l'essere solo in casa con una bella ragazza? Vada pure. E, logicamente, nessuna variazione per quanto le spetta. Vada."

Romolo uscì, ma lasciò tutte le cose sue nella camera dove aveva dormito.

Quando Nelly sentì chiudere la porta di casa, tornò nello studio dov'era Giorgio.

"E' andato via l'infermiere? Quando tornerà?"

"Si, doveva andare a casa, non so per quale ragione, ha detto che tornerà appena possibile, ma non prima di sera. Lei può trattenersi dopo il normale orario?"

Nelly lo guardò con una strana luce negli occhi. Quel giorno la sua pelle sembrava traslucida, alabastrata. Aveva una gonna plissata, non molto lunga, una giacca a maglia, di jersey misto, seta e lana, che le aderiva molto e lasciava comprendere, più che indovinare, quelle che Giorgio definiva le deliziose piramidi di venere.

"Basta che telefoni a mia madre, professore, è lei che pensa ai ragazzi e Roberto, mio marito, torna solo in serata."

"Bene, allora telefoni."

"Cosa desidera per il pranzo?"

"Non si preoccupi, mi rivolgerò al ristorante. Che ne dice di un po' di lasagna e cotolette con patatine?"

"Per me quello che fa lei, professore, va benissimo."

"OK. Le dispiace prepararmi un caffè macchiato con un po' di latte, e qualche biscotto? Per favore, appronti in salotto, anche per lei, così mi farà un po' di compagnia."

Telefonò al ristorante, pregò di portare tutto per le tredici, e di aggiungere anche della frutta di stagione e del dolce. Il vino no, ne aveva lui.

Andò in salotto, sedette sul divano, aprì il giornale.

Nelly giunse quasi subito, con quanto aveva ordinato Giorgio.

La giacca di jersey era abbottonata solo agli ultimi due bottoni, vicino alla vita, l'incantevole spettacolo del seno, sormontato da due grossi e scuri lamponi, ben sporgenti, era stato sapientemente allestito. Le labbra di Nelly sembravano più rosse e più lucide di quando era arrivata.

"Segga qui, mi faccia compagnia."

Sorridendo, Nelly sedette sul divano, accanto a lui. Non curò affatto di coprirsi con la gonna, anzi. Indossava anche calze color carne, che Giorgio non aveva notato in precedenza, gli sembrava, al contrario, che prima fosse a gambe nude. Belle calze, per la verità. E come lei si mosse per porgergli la tazza del caffè, mostrò che erano del tipo 'autoreggente', con un elaborato ricamo elastico che le fermava sulla coscia.

Meravigliose cosce, constatò Giorgio, che seguitava a sbirciare le tette.

"Professore, scusi, quando si prevede che torni la signora?"

"Deve attendere la nascita del nipotino e, forse, che Gina torni a casa."

"Lei rimarrà solo sabato e domenica?"

"Domani, sabato, dovrò andare per una elaborata scintigrafia che richiederà alcune ore. Mi accompagnerà Romolo. Poi vedremo. Gli antichi dicevano festina lente, affrettati lentamente."

Quel motto latino gli portò alla mente anche che la fortuna aiuta l'audace e che, carpe diem, afferra il giorno, non lasciartelo sfuggire. Si, ma se la reazione si rivelasse violenta e tale che lei se ne va per sempre? Cosa avrebbe detto a Sara? Cosa avrebbe intuito o immaginato Sara?

Allora, rifletteva, non sono audace. Ma no, lo sono!

Le tazze giacevano sul vassoio che era sul tavolino.

Le prese la mano e l'attirò a sé, con dolcezza.

Nelly si alzò e andò a sedersi sulle gambe di lui, dopo aver sollevata la gonna.

Era vero: la fortuna aiuta gli audaci. Bisognava proseguire...

Le carezzò i lunghi capelli, e lei gli appoggiò la testa sulla spalla.

A vederli così la scena poteva apparire anche ridicola, pietosa: un vecchio che carezzava una che poteva essere sua figlia; un debole, in tutti i sensi, che indulgeva lascivamente alla sua fantasia malata...

Più indulgentemente, si intuiva: il tramonto s'aggrappava al mezzogiorno; il crepuscolo bramava la luce. In fondo, un maschio concupiva una femmina. Indipendentemente dall'abisso di anni che li separava.

Le tonde natiche, sode e nervose, erano irrequiete, Giorgio le percepiva chiaramente, incantevolmente. Avrebbe voluto sentirle stringere ciò che restava del suo fallo. Almeno quello.

La mano andò a cercare il turgore delle tette della donna, il gonfiore dei capezzoli eretti. Com'era bello carezzarle. Ed era certamente gradevole anche per lei, perché il culetto si agitava sempre più, il bacino si protendeva, e Nelly sentiva piacevolmente contrarsi il grembo in impaziente attesa di essere soddisfatto.

Giorgio le scostò delicatamente le mutandine e le sue esperte dita cominciarono a farsi strada tra i riccioli inanellati che adornavano il pube, a entrare nella valle delle delizie che andava schiudendosi e lo invitava a procedere, sempre più. Il clitoride eretto s'offriva, palpitante, al tocco che l'avrebbe liberato da tanta tensione, da tanta ansia.

Per Nelly era tutto tremendamente nuovo, sconosciuto. Era usa a ben diversi e rudi palpeggiamenti, frettolosi e sgraziati, certamente non piacevoli, non eccitanti, non appaganti come quelli che in quel momento sperimentava. Non le era mai accaduto di avviarsi rapidamente ad un travolgente orgasmo, incontrollabile, solo per una carezza. Anche quelle sue, in cerca di completare interrotte eccitazioni, erano deludenti, in confronto a queste. Uno squallido surrogato.

Dopo lunghi gemiti e sussulti, un lungo grido strozzato, il primo della sua vita sessuale, s'abbandonò, esausta, spossata, tra le braccia di Giorgio che continuava a carezzarla con tenera maestria, sempre più lentamente.

Nelly non riusciva a comprendersi: era con un uomo anziano, ed aveva goduto, come non mai, al semplice toccamento delle sue mani.

Sembrò emergere da un abisso, uscire da un sogno, un delizioso sogno. Si accorse di essere sulle ginocchia del professore. Voleva dirgli quanto gli era grata. Spostò il meraviglioso culetto e pose la mano sulla patta di lui.

Giorgio la guardò, sorridendo mestamente, scotendo la testa.

Lei non intendeva desistere, sarebbe stato un dono, per lui, ma lo desiderava soprattutto per lei, in lei.

Gli s'inginocchiò dinanzi, come in orazione. Abbassò la zip, introdusse la mano nei boxer, ne estrasse un quieto e inerme fallo. Lo prese tra le labbra bollenti, cominciò a suggerlo, lentamente, lungamente, come il vitellino col capezzolo materno.

ULISSE
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