Prima Classe

Informazioni sulla Storia
Due persone per caso, due vite si incrociano per un attimo.
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Si sedette davanti a me senza notarmi. Con gesto noncurante sistemò la corta gonna rossa, poi voltò lo sguardo celato dagli occhiali neri verso il finestrino.

Mi chiesi se fosse genovese, dato che appunto a Genova il treno stava sostando.

La osservai, affascinato ancor prima di rendermene conto.

Certo più che trentenne, dai capelli scuri, quasi corti, un po' selvaggi. Scura la carnagione del viso, d'un brunito naturale. Piccolo il mento, diritto il naso. Un mistero i suoi occhi.

Il leggero tailleur rosso -- un tono deciso, come l'espressione del viso -- copriva un corpo armonioso di cui ammirai la fuga delle gambe non velate, la lieve scollatura.

Continuò a guardar fuori anche quando il treno si mosse, con una fissità che gettava lo sguardo assai oltre il paesaggio in corsa.

Alla hostess che la interruppe rivolse appena lo sguardo e chiese un caffè. Ancora una volta la mia esistenza non fu registrata.

Tornai alla lettura del mio libro, cercando di non evidenziare l'interesse che la mia compa-gna di viaggio stava suscitandomi, eppure tornando di quando in quando a far scivolare i miei occhi dalle parole stampate alle gambe di lei, ora distrattamente scoperte, o sulle sue labbra serrate, labbra che mi parvero fatte invece per il sorriso.

Un cellulare iniziò a trillare monotonamente. Lei si scosse, aprì la borsa a valigietta e ne trasse l'apparecchio.

"Pronto"

Potei ora sentire la voce alta, dal tono vivace e dall'accento inequivocabilmente capitolino.

Ascoltò per un lungo minuto, poi "No". Le vidi mordersi il labbro inferiore, scuotere la testa, tirarla indietro, inspirare ed infine, con voce chiara "Senti, Marco... vaffanculo!" richiu¬dendo il portellino.

Lasciò cadere il telefono sul grembo. Da dietro gli occhiali scuri due linee parallele di la-crime iniziarono a segnare il suo viso.

Forse per pudore o per rispetto avrei dovuto distogliere lo sguardo, ma non lo feci. Invece estrassi un fazzolettino di carta dalla tasca e lo poggiai al centro della mensola del fine-strino. Per diversi minuti le lacrime continuarono a scorrere lente, silenziose, gli occhiali neri sempre fissi su un punto lontano oltre le montagne.

Tornai a leggere, ma senza impegno. Quando, alcune pagine dopo, rialzai lo sguardo, il fazzoletto era tra le sue mani e stava cancellando le ultime tracce umide dal suo volto. Continuò a non guardarmi, ma ormai sapevo che avevamo stabilito un contatto.

Il treno sfrecciava lungo la costa. Fiancheggiammo spiagge brulicanti, fermammo ad un paio di stazioni turistiche, diversi passeggeri scesero e la carrozza rimase semivuota. La ragazza si era assopita, le braccia strette intorno al seno, il capo reclinato sullo schienale.

Osservai il suo volto rilassarsi, il corpo abbandonarsi, le braccia allentare la stretta per ab-bandonarsi sul grembo.

Ripresi a leggere ma, dopo qualche istante, la mia attenzione fu richiamata dal contatto fi-sico dei suoi piedi contro i miei: il rilassamento ed il dondolio del treno la facevano scivo-lare sul sedile, verso di me. Notai che la corta gonna era risalita lungo le cosce abbron-zate. Non resistetti a piegare il capo e fui premiato dal balenare dello slip color salmone.

Istintivamente controllai che nessun altro potesse beneficiare della vista che mi si offriva.

Non feci nulla per impedire che le sue caviglie toccassero le mie.

La ragazza si mosse nel sonno, accavallò le gambe e mi ritrovai con una delle mie intrap-polata tra le sue. La gamba sollevata mostrò completamente scoperta una natica stupen-damente tornita.

Il contatto e lo spettacolo inevitabilmente mi eccitarono. Rinunciai a leggere e abbandonai il libro sul mio grembo.

La pressione delle gambe di lei sulla mia si accentuò, mentre mi accorsi che stringeva leggermente le cosce, per poi rilasciarle. Come una contrazione che iniziò a ripetersi, con lentezza irregolare; la gamba sinistra accavallata sull'altra risaliva e ricadeva impercetti-bilmente causando lo strofinio delle cosce tra loro e della sua caviglia sulla mia gamba.

Il movimento al di sotto delle sue palpebre indicava con chiarezza che la ragazza stava sognando, sogni la cui natura mi sembrò piuttosto evidente.

Al caldo estivo si aggiunse un calore corporeo che sconfisse definitivamente l'effetto rin-frescante dell'aria condizionata, e la mia fronte si coprì di un velo di leggero sudore.

Per diversi minuti osservai ipnotizzato le sue cosce sfregarsi l'una contro l'altra in modo sempre più intenso. Il contatto delle nostre gambe trasmetteva l'eccitazione da lei a me, ed io mi trovai a respirare al ritmo dei suoi movimenti.

Notai che anche il suo respiro si faceva più pesante e corto. Ad una scossa del treno emise un gemito e si destò. Intontita, disaccavallò le gambe e, poiché ora la gonna era ri-salita notevolmente, ebbi agio di constatare un'ampia macchia umida al centro del minu-scolo slip.

Dovette rendersi conto della sua posizione e del mio sguardo, perché per la prima volta sembrò guardare direttamente verso di me. Non disse nulla, non mutò espressione. Si ri-sollevò sul sedile richiudendo le gambe, ma trascurando di riabbassare la gonna.

Nonostante gli occhiali scuri potevo essere certo che i suoi occhi mi stavano fissando.

Imbarazzato, non distolsi lo sguardo ne tentai di sorridere o di parlare. Mentalmente rin-graziai il libro che celava l'erezione che premeva all'interno dei miei pantaloni.

Lei si protese in avanti, ma solo per gettare il fazzolettino che aveva tenuto in mano sino ad allora. Poi allungo la mano per raccogliere la sua borsa, si alzò in piedi, mi diede an-cora uno sguardo e si avviò per il corridoio sistemandosi finalmente la gonna.

Con tutti i miei sensi in tumulto la vidi scomparire dentro una toilette.

Aspettai che il treno ripartisse, poi mi mossi per recarmi in bagno anche io. Lungo il corri-doio mi accorsi che la luce che avrebbe dovuto indicare l'occupazione della toilette era fulminata, ma quando giunsi di fronte alla porta oltre la quale avevo visto scomparire la mia vicina notai che la maniglia non era bloccata.

Rimasi un istante ad osservare la maniglia, il cuore a martello, rifiutandomi di pensare a ciò che stavo per fare. Poi vi misi la mano sopra, la girai e spinsi la porta.

Lei era in piedi davanti al lavabo, seminuda. La giacca del tailleur era ripiegata sulla borsa, ap¬poggiata sul ripiano. Fui immediatamente colpito dall'integralità dell'abbronzatura.

Smise di frugare in un piccolo beauty per guardarmi attraverso lo specchio. Gli occhiali scuri ancora mi negavano il suo sguardo. Non disse nulla, non fece nulla per coprire il seno, non enorme e ben eretto. Si limitò a guardarmi in silenzio.

Scivolai nella cabina e per richiudere la porta fui costretto a premere leggermente il mio corpo sul suo. Lei non mostrò sorpresa o disappunto mentre bloccavo la serratura.

Ricambiai il suo sguardo con tutta l'intensità di cui mi sentivo pervaso.

Senza fretta ma nemmeno con esitazione posai le mie mani sui suoi fianchi. Il calore della sua pelle mi diede una sferzata. Sotto le mie dita ne avvertii il tessuto liscio, quasi setoso, la muscolatura ben tesa.

Feci risalire le mani lentamente e nel mentre poggiai le mie labbra sulla sua spalla destra, alla base del collo. Lei inclinò leggermente la testa all'indietro, con un lieve sospiro, ma non disse ne fece altro.

Con le labbra e con la punta della lingua tracciai una delicato disegno di baci lungo il collo fino a risalire sotto il lobo dell'orecchio. La sua pelle era leggermente salata, priva di aromi artificiali e per questo ancora più invitante.

Passai le mie mani al di sotto dei suoi seni e premetti i palmi sul ventre sodo e liscio.

Nello specchio vidi le sue labbra aprirsi in un gemito muto, la sua schiena si arcuò a spin-gere le natiche contro di me, intrappolando la mia erezione tra i nostri corpi.

Succhiai piano il lobo dell'orecchio e con le mani risalii verso il seno. Non staccai gli occhi dallo specchio. Avvolsi ciascuna tetta come in una coppa, saggiandone la consistenza. Con i pollici ne percorsi la curva esterna verso l'alto e poi lentamente verso le areole scure dei capezzoli.

Senza smettere di deporre piccoli baci umidi, facendole reclinare il capo in avanti, passai le labbra sulla sua nuca, tra i capelli, per raggiungere l'altro orecchio. Sentii i suoi capez-zoli indurirsi tra le mie dita ed un gemito sottomesso sfuggirle tra le labbra.

La sua schiena spinse maggiormente il bacino contro al mio, la soda sfericità delle sue natiche premette il mio sesso eretto nei pantaloni. Si muoveva piano contro di me, come un'onda al ritmo del treno, in una masturbazione del tutto pari a quella che stavo elargendo al suo seno.

Mordicchiai il lobo del suo orecchio mentre con le mani le strinsi con forza le tette prima di abbandonarle e far scivolare i palmi lungo il ventre, sui fianchi. Sotto le dita sentii il bordo della gonna, lo superai. Comincia con l'abbassarmi piano, le labbra sempre a contatto con la sua schiena.

Per un attimo un balenio di pensiero cosciente si affacciò alla mia mente, ma fu spazzato via dall'eccitazione e dalla deliziosa follia di quel che stavo facendo.

Le mani percorsero la breve lunghezza della gonna fino allo stropicciato orlo inferiore. Al contatto con la pelle delle sue cosce il circuito si chiuse di nuovo ed una scossa ci attra-versò entrambi.

Mi abbassai sui talloni, il mio viso all'altezza delle natiche, le mie mani ora sprofondate sotto la sua gonna, ad avvolgere le cosce in carezze sempre più intime. Le avevo lasciato una scia umida di baci lungo la spina dorsale, ora abbassai la testa per premere le labbra sul cotone teso della gonna.

Sentii che si chinava in avanti, offrendosi: sollevai la stoffa e ripetei il bacio sulla striscia di tessuto color salmone che si incuneava nel solco delle natiche. Le mani piene di lei, a spremere e separare.

Mi chinai a baciare la sua pelle. Con la lingua la lambii un pochino, la mordicchiai piano, dalle sommità fin verso il centro. Le mie dita si arrampicarono a ghermire l'orlo dello slip ed iniziarono a calarlo piano sulle anche, inseguito sulla sua pelle dalle mie labbra.

Abbandonai la stoffa arrotolata intorno alle sue cosce che cercavano di aprirsi maggior-mente. Il profumo del piacere di lei mi invase le narici, stordendomi ed eccitandomi ancora di più.

Istintivamente sfiorai con la bocca la sua carne proprio in cima alle sue cosce, verso l'interno. Sentii il suo gemito quando mi spinsi più in là, respirai più forte quando il sapore della sua umidità fu sotto la mia lingua. D'impeto, spinsi il volto tra le sue cosce, leccando avidamente le labbra crestate del suo sesso.

Fui improvvisamente scosso dallo stato semicosciente in cui mi trovavo quando l'oggetto dei miei baci si sottrasse con un rapido balzo in avanti. Ancora annebbiato, sentii solo la sua voce ansimare "No... non qui... non qui...".

Rimasi accovacciato a guardarla mentre si voltava verso di me: si era tolta gli occhiali da sole e ora teneva entrambe le mani sul volto. La gonna sollevata in vita e le mutandine ar-rotolate intorno alle cosce inquadravano un monte di venere pronunciato, coperto da un vello scuro e curato.

Frenai l'istinto di gettarmi di nuovo a baciare quelle labbra schiuse e mi rialzai. Con una mano le carezzai i capelli, con l'altra le cinsi un poco la vita. Lei abbassò le mani e final-mente potei vedere i suoi occhi: scuri, profondi, fiammeggianti.

Si lasciò stringere a me, con lo sguardo sempre avvinto al mio. Sentire i suoi seni nudi contro il mio petto fece di nuovo guizzare il mio uccello e lei, malgrado i pantaloni, se ne accorse.

Con un sorriso fece scivolare una mano tra noi per posarla sul rigonfio della patta. Strin-gendo un poco per sentirne i contorni, lo massaggiò piano, un lungo movimento dalla cima fino al centro del cavallo che coinvolse ogni porzione del mio sesso.

La sentii fremere quando posai una mano al centro della sua schiena, gemette di nuovo quando le sfiorai il seno.

Poi con un sospiro ed una pressione più forte al pene, mi sospinse un poco.

"Non qui, ti prego... "

Le poggiai le labbra sulla fronte. Quando mi staccai mi sorrise, le mani appoggiate al la-vello dietro di se, il seno nudo proteso in avanti come un richiamo persistente. La osservai così, quasi nuda, sensualmente naturale, priva di imbarazzi.

"Torna al posto adesso. Mi sistemo e ti raggiungo." La sua voce sovrastava appena il rombo del treno. Annuii, mi diedi una rassettata ed uscii nel corridoio.

La luce del giorno mi fece rischiarare un poco le idee. Ma non seppi che pensare, quanto stava succedendo andava oltre le mie capacità di razionalizzare. Tornai a sedermi e mi ri-trovai a fissare il posto di fronte come per ritrovare tracce di lei.

La fantasia mi corse ad immaginare come, dove, quando. Iniziai a chiedermi in quale al-bergo l'avrei potuta portare. Dovetti aggiustarmi varie volte sul sedile per non premere sul pene ancora eretto.

Il treno rallentò. I binari si allargarono, apparvero cantieri, depositi, lunghe file di carri merci in sosta. Poi gli edifici della stazione. Colsi il movimento al fondo del corridoio quando lei uscì, il tailleur rosso nuovamente ricomposto intorno a quel corpo che ancora sentivo sotto le mie mani, gli occhiali da sole calati a celare di nuovo i suoi occhi scuri.

La guardai fisso mentre con passo sicuro percorse il corridoio fino alla nostra fila. Anziché sedersi al suo posto, si fermò al mio fianco e con un sorriso si chinò su di me.

"Le spiacerebbe tenermi questo?" disse ad alta voce ponendo un sacchettino sul mio grembo. Senza attendere risposta si risollevò e proseguì lungo il corridoio mentre il treno si fermava. Prima che me ne rendessi conto, scese dal treno e si diresse al sotto passag-gio.

Scomparve lungo le scale lanciandomi un ultimo sguardo attraverso il finestrino.

Rimasi seduto, vagamente attonito, consapevole che non l'avrei più vista. Più tardi la sua spigliatezza mi avrebbe divertito. Al momento controllai a malapena la delusione. Poi, la scossa del treno che riprendeva la corsa mi ricordò del pacchettino che mi aveva lasciato tra le mani.

Lo aprii, guardai dentro, sorrisi. Sul fondo del sacchetto mi aveva lasciato le sue mutandine, an¬cora umide del suo piacere.

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1 Commenti
CadiaCadia12 mesi fa

La osservai così, quasi nuda, sensualmente naturale, priva di imbarazzi.

Grazie per questa bellissima scena

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