Occhio Per Occhio, Dente Per Dente

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ULISSE
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"Io, quasi quasi, mi farei un vero e proprio riposino, a letto..."

"Vuoi rientrare?"

"No, pensavo di farci dare una camera."

"OK, ti aspetto qui."

"Ma no, tesoro, anche a te fa bene un riposino. Vieni."

E fu così che ci trovammo in una camera dove, contrariamente al richiesto (con mia strizzatina d'occhio) non c'erano due lettini, ma una bel matrimoniale.

Giacomo guardò il letto. Sembrava turbato, smarrito, confuso.

"Non ti preoccupare, Giacomino, tanto si tratta di un sonnellino. Io, però, sento la necessità di essere più libera. Userò il vestito come camicia da notte. Sparii nel bagno, con la mia capace borsa sportiva, mi denudai completamente, indossai il vestito e lo appuntai con solo due bottoni davanti. Tette liberissime, cosce e gambe ampiamente mostrate.

Tornai e mi distesi sul letto.

"Dai, Giacomo, sdraiati. Togli il giubbotto, slaccia la cinta. Se vuoi puoi restare in boxer."

"Grazie, va bene togliere il giubbotto e le scarpe."

Movimenti timidi, impacciati. Si sdraiò, proprio sulla sponda, il più lontano possibile da me. Dritto, rigido, immobile. La camera era avvolta nella penombra. Mi voltai verso lui, su un fianco, con gli occhi chiusi e appesantii il respiro, come di chi dorme. Una tetta del tutto fuori dal vestito, una gamba verso di lui. Quella di sotto, mentre l'altra era stesa. Chissà se la mia 'foresta nera' era sufficientemente visibile.

Dopo un po' lui si voltò verso me. E mi guardava insistentemente. L'espressione del suo volto era mutevole. Allungò piano una mano, verso il seno, la poggiò delicatamente su di esso. Era caldissima. Feci un profondo sospiro e mi avvicinai un po' a lui, sì che la mano avanzò ancora. Mi mossi appena.

'Cavolo', pensavo, 'e deciditi a carezzarla'. Sentivo i capezzoli rigidi bisognosi di sentirsi toccati, baciati, ciucciati.

La mia mano si poggiò sul suo petto, scese pian piano. Cintura sbottonata, ma zip alzata!

Con un 'primavoltino' c'era da aspettarsi di tutto, anche che si alzasse e scappasse. Comunque, l'unica cosa da fare era tentare.

Senza fretta. Giù la zip, lentamente. La sua mano afferrò la tetta, le sue dita presero il capezzolo –finalmente- lo strinsero, lo torsero con dolcezza. Ero entrata nei suoi pantaloni, nel suo boxer.

Però, il ragazzo timido, era ben dotato, ed arrapato in modo indescrivibile. Mi sembrava un obelisco con una punta a pagoda, calda e fremente. Si muoveva impercettibilmente, Giacomino, eccitatissimo.

Ora la sua mano era scesa. Aveva trovato la 'foresta nera'! La carezzava, timidamente, aveva quasi paura di entrarvi. Mossi le gambe per fargli comprendere che sì, quella era la strada. Lo spiavo, di sottecchi, stava ansando, era nervoso. Ormai, forse, eravamo al punto di 'non ritorno'.

Non aprii gli occhi, ma mi sollevai un po' e con entrambe le mani mi destreggiai per fargli togliere i pantaloni. Lo comprese subito, collaborò. Pantaloni boxer caddero sul tappeto. L'obelisco era magnifico, maestoso. Infilai la mano sotto la sua polo, gli carezzai il petto, la sollevai. Lui la sfilò del tutto e la gettò sui pantaloni.

Lo attirai a me. Ero supina... tolsi rapidamente il vestito. Rimasi nuda, col seno eretto, le gambe divaricate, vogliosa e golosa. Se era una vendetta era spaventosamente eccitante.

Lo tirai tra le mie gambe, presi il fallo, lo condussi all'umido tepore della mia vagina vibrante.

Entrò di colpo, frenetico... e subito dopo sentii invadermi del suo seme bollente, con la mia vagina impazzita e allupata che non si fermava. Ma quella scarica violenta che mi aveva inondata non aveva diminuita la sua virilità, anzi... e la natura gli disse come pompare, con decisione e forza. Io stavo salendo a vette sconosciute di piacere, di voluttà, sentivo che gemevo, sempre più forte, che stavo per essere travolta, sconvolta, da un orgasmo meraviglioso. Mi sembrò di perdere i sensi. Ancora un fremito, e giacqui. Esausta, mentre una seconda piena si spandeva in me. Non mi ricordavo di aver ricevuto mai tanto seme, e così caldo, nel mio grembo.

Lui giaceva su me. Eravamo sudati, ansanti.

"Giacomino, bambino bello, sei stupendo."

"Non capisco niente, Rita. Non potevo immaginare che fosse così bello. Grazie, grazie, non saprò mai come ringraziarti."

"Sei contento?"

"Pazzamente felice, ma...."

"Ma, cosa!"

"Sei la donna di mio padre."

"Sono una donna, Giacomino, solo una donna! E tu sei un maschio stupendo."

Lo sentivo rifiorire in me. E questa volta fu un lunghissimo, struggente amplesso che ci condusse a voluttà incredibili, inimmaginabili.

Quando, dopo baci, carezze, inebrianti ciucciate di capezzoli, sgusciò dal mio sesso, mi resi conto di quanto impiastricciati fossimo e di come la testimonianza della nostra passione lasciasse traccia nel letto.

^^^

Ero andata nel bagno, per ovvi motivi.

Avevo alzato il mio vestito, lo avevo messo sulla spalliera della poltrona.

Ero nuda, completamente, e alquanto scarmigliata,

Mi sentivo bene, tremendamente bene, rilassata come non mai.

Avevo lasciata la porta aperta.

Giacomo era supino, con le mani sotto la nuca, le gambe semidischiuse, il fallo non completamente floscio. Mi seguiva con gli occhi, curioso, avido. Certamente aveva visto qualche femmina nuda, ma adesso aveva scoperto la 'donna'. Era qualcosa di diverso.

Quando tornai, mi ero data una pettinata, mi ero lavata anche il volto.

Mi sdraiai accanto a lui, nella sua stessa posizione.

Si mise sulle ginocchia, seduto sui talloni, rivolto verso me, e mi guardava. Voleva sorridermi, ma la sua espressione era soprattutto di stupore, come a volte capita di fronte a un'opera d'arte, o della natura, che ci sorprende, ci incanta, ci ammalia. Guardava il mio corpo, dalla cima dei capelli all'alluce, poi fissava i miei occhi. Tornava ad esplorarmi. Allungò una mano, carezzò il mio ventre, con tenerezza, poi il seno, quindi andò al pube. Non erano del tutto accostate le mie cosce, e le schiusi di più. Si abbassò, per vedere meglio. Mi venne spontaneo di accendere la luce. Tutte le luci, del centro della camera, del comodino, della toilette.

I suoi occhi mi ringraziarono.

La sua mano carezzava i peli, un dito s'era intrufolato, timido ed esitante, tra le grandi labbra. Alzai le ginocchia, aprii del tutto le gambe. Dallo specchio vedevo il mio sesso, rosa, offerto ai suoi occhi affascinati. Col medio toccò i clitoride, quasi fu intimorito dal sentirlo ergersi, vibrante e voglioso. Mi guardò, senza parlare. Proseguì, sentì il rorido ingresso della mia vagina fremente. Rimase esitante, poi decise di infilarlo quel suo voluttuoso ditone, e certamente sentì le contrazioni delle pareti.

Il suo 'coso', intanto, s'era impetuosamente eretto, lo afferrai. Pulsava. Non volevo interrompere la sua perlustrazione, ma Giacomo era eccitatissimo e impaziente. Mi guardò come per chiedermi se poteva farlo. Il battito delle mie ciglia gli dissero la mia attesa. Stava per montare su me. Dolcemente, con la mano, lo trattenni, lo spinsi sul letto. Ero io che desideravo cavalcarlo, impalarmi sul suo meraviglioso pennone, sentirlo in me, al massimo.

Mi misi a cavallo a lui, presi il glande, lo condussi alla vagina, e mi infilai lentamente, completamente. Mi afferrò le natiche, mi attrasse a sé, poi, quando cominciai la mia cavalcata, dapprincipio controllata, prese a tormentarmi il seno, i capezzoli, e a mano a mano che il mio galoppo diveniva sempre più travolgente, il suo bacino balzava, mi veniva incontro, si allontanava, ed io stavo morendo dal piacere, avrei voluto urlare, ed a stento riuscivo a soffocare il mio gemito. Poi fui percorsa da un lungo fremito che coinvolse tutta la mia persona, mi abbassai su lui, gli misi un capezzolo tra le labbra... lui succhiò... succhiò... io ero al massimo del piacere, vicinissima al traguardo... Tagliai il traguardo con un grido di gioia, e mi abbattei, sfinita, appagata, sul suo petto, mentre un fiume di tepore balsamico si spandeva nel mio grembo.

"Giacomino, tesoro mio."

La sua mano mi carezzava la schiena, le natiche.

"Rita, non lo credevo possibile."

"Giacomino, perdonerai questa vecchia? La perdonerai?"

"Sei splendida, Rita, meravigliosa, la più bella e più giovane donna del mondo, peccato che..."

Si era fermato. Taceva.

"Peccato che, bambino mio?"

"Che questa giornata è al suo termine..."

Lo baciai appassionatamente.

"Si, amore, ma ricordi la frase famosa: 'domani è un altro giorno'?"

"Anche per me?"

"Certo, piccolo bello, certo. Domani, posdomani ed ancora..."

Lo sentii muoversi in me. Era vero, cominciava ad avvicinarsi l'ora del rientro.

"Dobbiamo alzarci, tesoro..."

Riuscii, a malavoglia, a tirarmi su, scendere dal letto, mi chinai per prendere le scarpe. Sentii qualcosa dietro me. Giacomo s'era alzato e stava abbracciandomi. E con naturalezza, il suo 'coso', sempre pronto e arzillo, s'era infilato tra le mie natiche, lo sentivo, meraviglioso e... golosa! Mi voltai verso il comodino, mi ci appoggiai con le braccia, portai dietro me una mano, presi il suo fallo e lo condussi al mio sempre fremente e insaziabile sesso.

Giacomo non aveva previsto ciò, ma da quel magnifico ed eccezionale apprendista che era, mi penetrò con decisione, e si afferrò alle mie tette, cominciando uno stantuffare che mi recava sensazioni paradisiache, col mio sedere che si agitava con perfetta sincronia, e la vagina che cercava di mungerlo al meglio.

Lo sentivo, e come se lo sentivo, e sentivo anche il suo 'ah...ah...ah...' che accompagnava ogni voluttuoso affondo mentre il suo pube batteva sulle mie chiappe che percepivano anche il calore dello scroto.

Anche lui, come il padre: 'ah...ah...ah' e proprio quando io, ancora una volta nella stessa giornata, in pochissime ore, cosa che non mi era capitata mai, stavo godendo un orgasmo sempre più appagante, il suo lungo 'aaaaaaaah' fu contemporaneo al nuovo e delizioso straripamento delle sue inesauribili seminali.

Rimanemmo abbastanza a lungo così.

Fui io a dare segni di doverci muovere.

Sgusciò da me, rimase in piedi. Mi tirai su... corsi in bagno, lui mi guardava incantato.

^^^

Il ritorno fu un misto di allegria e mestizia. Soprattutto per lui, un velo di tristezza.

"Pentito, Giacomo?"

Mi guardò con occhioni splendenti.

"Come puoi immaginarlo? Una cosa incredibile, inattesa, insuperabile."

"Allora, perché quel volto così pensoso, quasi sconsolato?"

"Perché... perché... perché.. e dopo?"

"Dopo che."

"Dopo quello che mi hai donato, che mi hai fatto provare, come farò senza te?"

Lo guardai intenzionalmente.

"Perché, non mi vuoi più?"

Mi strinse una coscia.

"Non scherzare, Rita. Sarai tu a non volermi più."

Gli carezzai dolcemente il volto.

"Sciocco bambino. Se non fossimo in auto, qui, nel traffico, ti farei vedere io se ti voglio ancora o no."

"Dici davvero?"

"Ho l'aria di una che scherza? Io credo, invece, che le giovani ragazze ti faranno dimenticare e ridere di questa povera 'tardona' alla quale hai fatto vivere un indimenticabile pomeriggio."

"Staremo ancora insieme?"

"Sempre e quando vorrai."

Incurante della mia guida, mi baciò sulla bocca, e quasi mi toglieva del tutto la visuale.

^^^

Avevo sentito un qualcosa di diverso, di particolare, insolito, sorprendente, quando Giacomo entrava in me. Pensai che era la novità, la sua gioventù, l'attrazione del proibito. Perché era un 'quasi incesto'.

Lo cominciai a pensare da subito.

Poi, quella buffa idea del 'quasi incesto' sfumò. Dapprima lentamente, quindi totalmente. Che c'entra l'incesto, come potevo considerarlo tale quando non 'erano legami di sangue, parentela, affinità tra me e lui.

Certo, non è frequente che una ultraquarantenne, anche se 'ben conservata' come me, vada a letto col ventenne figlio del suo uomo. Questo sì. Ma era così bello.

Le volte successive confermarono quel voluttuoso particolare che mi faceva rabbrividire e godere in modo eccezionale e fantastico quando sentivo il suo fallo che mi penetrava... Oddio, fremo al solo pensarci.

Avevamo, o meglio avevo, preso in fitto un minuscolo monolocale nel 'residence' non lontano dalla villa di Simone. Poco prima di giungervi, e poco discosto dalla Cassia. Arredato, dotato anche di biancheria da letto e da bagno. Con cucinino, frigo. Tutto, insomma. E la direzione del residence provvedeva alla pulizia, al cambio, a rifornire il frigo e ad acquistare ciò che volevamo. Bastava scriverlo sul 'notes' che era sul tavolino della cucina.

Non avevamo un orario fisso, proprio per non attirare l'attenzione né dei nostri familiari né di altri, e vi giungevamo sempre divisi.

Erano scopate spettacolari, che mi lasciavano senza fiato.

Non mi sottraevo, logicamente, alle pur sempre garbate attenzioni sessuali di Simone. Ma con Giacomo era tutt'altra cosa.

Dovevo rendermene ragione, capirlo. Era solo questione di 'testa'?

Mi venne in mente di parlarne con Clara. La mia ginecologa che, tra l'altro, era anche la mia compagna di banco del liceo, la mia migliore amica, l'unica persona con la quale confidavo.

Le chiesi un appuntamento per una visita, al suo studio.

Volevo cominciare con un parere professionale.

Mi disse che andava bene, per lei, quello stesso pomeriggio, verso sera, dopo l'ultima paziente.

Fui puntualissima.

Clara mi accolse con l'entusiastico affetto di sempre.

Mi domandò se avevo qualche disturbo, e se l'incontro era esclusivamente professionale.

La guardai, per la prima volta con qualche disagio.

Come cominciare?

Eravamo seduti sul divano del suo studio.

Sentivo di essere molto seria. Ero venuta per una specie di curiosità, ora mi trovavo di fronte al dilemma: tacere e fingere, o dire tutto?

Ormai che c'ero, dovevo dire tutto.

Non dissi chi era, Giacomo, mi limitai ad accennarne come 'un giovane ventenne' che mi dava quel particolare piacere ogni volta che entrava in me.

"Lo sento, Clara, lo sento... è differente... non è solo immaginazione..."

Clara assunse un tono professionale.

Oltre che ginecologa era anche una bravissima sessuologa e studiosa dei problemi collegati a tale materia.

Fece un profondo respiro.

"Scusa, Rita, è un bullo, un giovane spavaldo e prepotente?"

"Ma no, Clara, è un bellissimo ragazzo, ma buono, carino, gentile. Un ragazzo di buona famiglia. Frequenta l'università"

"Trovi che il suo pene sia troppo grosso?"

"Grosso è, ma non 'troppo'."

"Cerca di spiegarmi cosa intendi per 'insolita' sensazione."

"Vedi, mi sembra che oltre il suo fallo entri in me anche un dito che, entrando mi carezza, mi titilla, mi porta quasi subito all'orgasmo. E che orgasmo!"

"Beh, può capitare una coincidenza. Il glande può avere una protuberanza proprio in corrispondenza a quella parte della vagina che, secondo recenti ricerche, contiene il punto 'G'. Quindi, quella protuberanza titilla, come dici tu, quel punto e di conseguenza avviene qualcosa di particolarmente... piacevole. Sono eventi rarissimi, ma... beata chi lo può constatare. Ma dimmi, come ti è capitato di incontrare questo raro e delizioso fenomeno?"

Alzai le spalle.

"Niente, Clara, l'ho fatto per vendetta."

"Vendetta?"

Annuii.

"Si!"

"Che meravigliosa e fortunata vendetta!"

Parlammo di altro, ricordammo i nostri tempi passati.

Quando la salutai, mi raccomandò di vendicarmi il più possibile!

^^^

Dovevo rendermene conto.

Giacomo era sul letto, nudo. Io accanto a lui, ...vestita come lui!

Il fallo era, come al solito, rubizzo e... pronto.

Lo presi dolcemente nella mia mano, mi chinai su lui, lo scappellai teneramente. Lo osservai accuratamente.

Era vero! Sulla parte superiore esterna c'era come una gobbetta.

Quella gobbetta corrispondeva alla parete superiore della mia vagina.

Evidentemente il mio punto 'G' era là!

Mi misi a cavallo a lui. Sempre tenendo il suo glande tra le dita, mi impalai lentamente, molto lentamente, e sì, proprio così, a un certo momento, sentii sconvolgermi da quella eccitante sensazione di sensualità. Mi sollevai un po', tornai ad abbassarmi. Era così: la gobbetta strofinava un certo punto della mia vagina e sembrava come se spingesse il 'bottone' della voluttà. Una voluttà travolgente.

Forse era questo che intendeva Henry Miller quando prometteva a Tania di 'stirarle le pieghe della sua fica', nel 'Tropico del cancro'.

Certo che Giacomo aveva il ferro giusto per stirare le mie.

E ne profittai.

Le cose andarono avanti così per un bel po'. Ma questa mia vendetta era strana. Lo sapevo solo io che era una vendetta!

E' vero che la vendetta è un 'piatto che va gustato freddo, ma, a parte le numerose ripetute degustazioni che non intendevo interrompere, c'era, come dire, il completamento vendicativo quello che può essere definita la 'notifica della vendetta'.

Ci siamo.

Simone mi telefona, mi dice che doveva trattenersi al giornale e che, invece della solita ora, sarà a casa alle 23 precise. Non dovevo attenderlo per la cena.

Comunicai la cosa a Giacomo, Giulia era in gita con una amica, ma con una lieve modifica: 'tuo padre, per sopravvenute esigenze, sarà al giornale tutta la notte'.

Quindi allestii la cena, con particolare cura nell'apparecchiare la tavola, scelta di vino particolare ed anche una 'demi' di champagne. Non c'era motivo ufficiale di festeggiare, ma io lo avevo e qualcosa l'avrei inventata per giustificare, con Giacomo, quella bevuta.

Cena, come al solito, alle 21 esatte. Poi in salotto a vedere la TV, sul divano.

Mancava più di un'ora al rientro di Simone. Lui era cronometrico, fino alla esasperazione.

Dovevo calcolare e dosare i tempi.

Qualche commento sui fatti del giorno, sul telegiornale, poi, con molta accortezza, qualche 'avance', da parte mia, senza correre troppo, però. Ogni tanto Giacomo diventava impaziente, deliziosamente impaziente, ma io sapevo che quella sera dovevo condurlo quasi insensibilmente al punto che mi ero prefissa.

Mancava poco alle 23.

Gli chiesi scusa, gli dissi che dovevo allontanarmi per un momento e che, poi, sarei andata nello studio di Simone per cercare alcune carte, anzi, era meglio se mi avesse preceduto, l'avrei raggiunto in pochi minuti.

Il tempo di andare in camera, darmi una 'rinfrescata', dappertutto, togliermi le mutandine, guardarmi allo specchio, una ritoccatine qua e là. Ed eccomi nello studio, dove Giacomo mi aveva preceduto, lasciando la porta appena dischiusa. Dalla fessura, dalla serratura, si vedeva benissimo la scrivania.

Andai alla poltrona, l'allontanai, rimasi in piedi, mi chinai per aprire un cassetto.

"Giacomo, per favore, vieni qui. Aiutami."

Giacomo era dietro me, ne profittò, come avevo previsto, per abbracciarmi, palparmi le tette, spingere il suo voluttuoso malloppo tra le natiche, infilare la mano sotto il vestito...

"Ma tu, Rita, sei..."

Mossi il deretano, significativamente.

"Sono come... mi senti..."

Nel contempo, poiché la pendola stava per battere undici rintocchi, mi poggiai sulla scrivania, nella posizione che a lui, sapevo, piaceva moltissimo.

Infatti, armeggiò per sollevare il vestito e rovesciarlo sulla mia schiena, abbassare la zip dei suoi pantaloni, abbassarli, sfilarli del tutto, togliersi il boxer, e tra le mie bramose chiappe sentii procedere lo scettro vivente che mi faceva morire di piacere. Avanzò, maestoso, grandioso, imponente, e s'infilò, possente, tra le vibranti labbra della mia avida e vorace vagina che fu percorsa da quell'inebriante brivido che solo lui sapeva donarmi.

Sentii, in quel momento, che stava aprendosi l'uscio di casa.

Giacomo aveva cominciato la sua frenetica progressione verso il piacere che ci avrebbe travolto.

Ad ogni voluttuoso 'colpo' il suo 'ah...'.

Alzai appena il capo per guardare lo spiraglio. Vedevo un occhio!

Il ritmo di Giacomo era incalzante, sempre di più.

'ah... ah... ah...'

Io mi dimenavo pazzamente, e mugolavo.

ULISSE
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