Milena

Informazioni sulla Storia
Love is a many splendoured thing.
7.3k parole
3.33
10k
00
Storia non ha tag
Condividi questa Storia

Dimensione del Font

Dimensione Carattere Predefinita

Font Spaziatura

Predefinito Font Spaziatura

Font Face

Carattere Predefinito

Tema di Lettura

Tema Predefinito (Bianco)
Devi Login o Registrati per salvare la tua personalizzazione nel tuo profilo Literotica.
BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui
ULISSE
ULISSE
18 Seguaci

Da tempo erano in corso i lavori per l'impianto degli aeròfoni. Lungo la costa e anche nell'interno. Tutto era condotto con la massima segretezza.

Si diceva, tentando di appagare la curiosità di chi notava il movimento di uomini e materiali, che si ampliava la rete radiofonica dell'EIAR, l'ente di stato.

Le aree interessate erano ben delimitate, sorvegliate e protette da reparti specializzati. Una volta terminate le installazioni, le rilevazioni sarebbero affluite al "Comando NAP" che disponeva, come dice la sigla, di nuclei antiparacadutisti.

I componenti di tali unità ricevevano un particolare addestramento per la ricerca e la cattura di paracadutisti nemici.

Anche quando si é certi di un avvenuto "lancio", non sempre é facile identificare un paracadutista nemico che, in genere, conosce abbastanza bene luoghi, dialetto e usanze della zona dove deve agire. Spesso é in borghese, anche se ciò gli fa perdere la qualifica di combattente e gli fa rischiare la pena di morte.

Alcuni, una volta raggiunto il suolo, seminano quelle che chiamano "booby traps", ordigni esplosivi camuffati da oggetti innocui, come penne stilografiche, giocattoli e altro, destinati a trarre in inganno chi li rinviene e provocarne il ferimento, spesso la morte.Altro pericolo, la forma di difesa attiva di alcuni, specie se indossano giacche, impermeabili, pastrani. Portano alla cintola una rivoltella che, alzando le mani, lascia partire un colpo contro chi é di fronte.

Per l'incarico che dovevo svolgere, ero entrato in contatto con l'ingegnere che dirigeva i lavori, Roberto Ricci.

Era difficile poter stabilire la regione d'origine, lui, sorridendo, non aveva risposto alla mia domanda in proposito. Dal suo curriculum riservato, però, avevao appreso che aveva studiato anche in Inghilterra e negli Stati Uniti, e che in Italia era uno dei massimi esperti della materia. Di aspetto sportivo, simpatico, non molto ciarliero. Appena conosciuto non riuscii a capirne l'età, forse gli stessi anni di mio padre, intorno ai cinquanta. Aveva progettato e stava realizzando la rete aerofonica della zona. Era in paese da qualche tempo. Viveva in una villetta, piano terreno e primo piano, alla periferia del paese. Il suo ufficio operativo, però, era nella caserma, sorvegliato a vista giorno e notte da sentinelle armate.

Tecnici e operai, pur non indossando divisa, erano militari del Genio, gente di provata fedeltà e riservatezza.

L'ingegner Ricci si era fatto raggiungere dalla famiglia, e più volte mi aveva detto di andare ad alloggiare da lui, poiché erano più le stanze, nella villetta, che gli abitanti.

Aveva sposato una allieva conosciuta al Politecnico di Torino durante un ciclo di lezioni tenute in quella università.

Erano passati diversi anni, da allora.

* * *

Milena era al terzo anno, aveva superato brillantemente il biennio e affrontava con la solita determinazione il campo dell'elettrotecnica e della radiotecnica.

Non perdeva una parola di quello che diceva il docente. Prendeva appunti e si riservava di chiedergli delle spiegazioni, al più presto possibile perché il professore era solo "in prestito", ed entro pochi giorni sarebbe tornato all'Istituto Superiore delle Telecomunicazioni, presso il quale conduceva ricerche e progettazioni.

Roberto s'era dichiarato disponibilissimo a fornire tutti i ragguagli possibili, e aveva detto agli studenti che, malgrado non fosse tanto vecchio, poteva benissimo trascurare le attrattive della bella Torino pur di essere loro utile.

Milena gli presentò un lungo elenco di domande.

Lui lo esaminò attentamente, e guardò lei con un sorriso scanzonato.

"La prego, signorina, si segga. I suoi quesiti sono tutti molto interessanti e denotano il suo lodevole desiderio di sapere. Che anno frequenta?"

"Il terzo, professore."

"Forse per comprendere bene le risposte alle sue domande servirebbe aver superato alcuni esami che dovrà affrontare in futuro. Inoltre, per approfondire il tutto dovremmo trascorrere insieme moltissime ore, più di quelle che mi restano ancora da passare in questa città.

Facciamo così, mi sottolinei due quesiti e mi lasci il foglietto. Torni domani alla stessa ora."

Milena prese il foglietto, scelse due domande, le circondò con un segno della penna e restituì il tutto al professore.

Lui le tese la mano. Lei salutò, uscì.

Però, osservò tra sé la ragazza, molto gentile il Ricci. Da vicino appariva anche più giovane di quando era in cattedra. Chissà quanti anni aveva. Beato lui che era stato presso centri universitari specializzati in Inghilterra e in USA. Gli uomini hanno libertà che a una donna raramente sono concesse. Mio padre, poi, mi terrebbe sotto una campana di vetro. Per lui sono sempre una ragazzina, e il fatto che abbia quasi ventidue anni e sia maggiorenne non conta.

L'indomani furono puntualissimi entrambi.

Roberto l'accolse con cordiale cortesia.

"Venga, signorina, le ho portato alcuni miei appunti che spero soddisfino le sue domande. Adesso devo incontrare il Preside della facoltà, ma non sarà una cosa lunga, se vuole può attendermi e, se da parte sua o... del suo ragazzo non vi sono ragioni ostative, potremmo andare a prendere un caffè, così ci toglieremmo da qui, staremmo più tranquilli e potrei spiegarle meglio i punti da approfondire."

Mirella sorrise, ma anche arrossì un poco.

Non le era mai capitato che un professore l'invitasse a prendere un caffè.

"Nessun impedimento di sorta, professore, e il mio ragazzo... lo devo ancora conoscere. Le dispiace se l'attendo al caffè di piazza San Carlo?"

"Va benissimo, diciamo tra mezz'ora."

* * *

Tutto era cominciato così.

Roberto, tra una spiegazione e l'altra, le chiese se non la infastidita essere vista al caffè con un vecchio professore.

Lei gli rispose che qualche anno in più non autorizzava una affermazione del genere, salvo che lui non lo facesse per farsi dire che era giovane.

"Ma sa che lei è un bel tipo?" -disse Roberto- "Sta scoprendo i miei punti deboli. In effetti cerco di nascondere di aver superato, ma da non molto, i quaranta..."

"Io navigo verso i ventidue, professore, li compirò posdomani. Se lei è ancora a Torino potrei invitarla a una piccola festa, a casa mia. Pochissime persone."

"La ringrazio signorina...?"

"Ah, è vero, professore, mi scusi, non mi sono presentata. Sono Milena Peroni."

"Figlia del professor Peroni, di Chimica?"

"Ebbene si, professore, lui è mio padre. Lo conosce?"

"Non personalmente, ma i suoi libri sono noti in tutto il mondo."

"Grazie, professore, allora l'aspetto? Così potrò chiederle ancora qualche ulteriore chiarimento. Adesso mi scusi, devo andare altrimenti a casa mi fanno storie. Allora, a posdomani, alle sei del pomeriggio. Ci conto."

Si alzò, lo salutò e uscì quasi di corsa, dal caffè.

Non gli aveva dato l'indirizzo, ma lui lo avrebbe cercato sull'elenco telefonico.

* * *

Puntualità cronometrica, quella di Roberto.

Quando il taxi lo depose dinanzi alla casa di Milena, con un fascio di fiori per la signora e una grossa scatola di gianduiotti per la festeggiata, scoccavano le diciotto.

Edificio imponente, ingresso in marmo di Verona, ascensore al centro della scala.

Il portinaio si toccò il cappello.

"Il professor Peroni è al secondo piano."

Lo precedette aprendogli l'ascensore, entrò dopo di lui, rinchiuse cancello e porta, premette il bottone del secondo piano. Quando l'ascensore si fermò, aprì porta e cancello e si scostò per far uscire Roberto.

Busso al campanello d'ottone lucido.

Dopo qualche istante venne ad aprirgli una cameriera in cresta e grembiulino.

"Prego, si accomodi."

"Sono Roberto Ricci."

"Si, il professor Ricci. E' atteso"

Si aprì la porta di legno scuro che stava sul fondo del breve corridoio e ne uscì un signore elegantemente vestito di scuro che gli andò incontro.

"Benvenuto, caro collega, sono Giovanni Peroni, Milena mi ha molto parlato di lei, e complimenti per le sue lezioni, per le sue pubblicazioni. Venga."

Si voltò verso la porta dalla quale era uscito, e annunciò. "Clotilde, Milena, c'è il professor Ricci."

Apparve una signora, non più giovanissima, ma ancor bella e attraente, che gli tese la mano, e Milena.

Roberto la pregò di accettare i fiori.

Clotilde li prese, li ammirò.

"Grazie, sono bellissimi, ma non doveva disturbarsi."

"E' un piacere, signora, e mi auguro che li gradisca."

La donna dette i fiori alla cameriera.

"Subito in un vaso, Rosetta, e nel salone."

Roberto porse la scatola a Milena.

"Per lei, signorina, qualche cioccolattino, spero le piacciano.

Milena scartò il pacchetto.

"Uh! gianduiotti, la mia passione. Ma lei è un indovino, professore!"

"Venga, caro collega, -disse Peroni- "c'è qualche amico. Pochissimi, sa. Siamo in famiglia. Milena riceverà domani le sue amiche."

"Professor Peroni" -si schernì Roberto- "non mi chiami collega, io potrei, al massimo, essere un suo umile allievo."

"Ricci, di lei si parla un po' dovunque, specie all'estero. Sono io ad essere onorato di poterla chiamare collega. Venga."

Le solite presentazioni, qualche parola di convenienza.

Marco, il fratello, e Margherita, la sorella, erano più grandi di Milena. Lui medico, lei insegnante di lettere al liceo.

Tutto sommato una compagnia allegra e discreta.

Margherita chiese il silenzio, si abbassò la luce ed entrò Rosa con una grossa torta illuminata da ventidue candeline. La depose sul tavolo che era in un angolo della vasta sala. Milena prese per mano il padre e la madre, si avvicinò alla torta, soffiò forte, spense tutte le candeline in una sola volta.

Battimani e auguri da parte di tutti i presenti.

Milena baciò un po' tutti. Quando giunse vicino a me si fermò.

"Permette, professore?"

E lo baciò sulle guance.

Margherita aveva messo un disco sul grammofono. Un ballo moderno.

Milena andò verso il padre e ballò con lui.

Sempre danzando, si avvicinarono a Roberto.

"Io sono troppo vecchio, caro Ricci, continui lei."

Milena fu tra le braccia di Roberto.

* * *

Due giorni dopo Roberto ripartì.

La ragazza lo accompagnò alla stazione.

"Chissà se e quando ci rivedremo, professore."

"Credo presto. Conto di tornare qui tra poco più di un mese e di trascorrere le vacanze di Natale a Torino."

"Verrà a trovarci?"

"Spero di non disturbare."

"Anzi!"

Milena tornò a casa. Si mise a studiare, ma il libro era aperto sempre alla stessa pagina e i suoi occhi non distinguevano le parole.

Si alzò, andò nello studio del padre.

"Ciao papà. Il professor Ricci mi ha incaricato di ringraziarti ancora per la serata trascorsa con noi e di salutarti. Mi ha detto che passerà a Torino per Natale."

"Quando l'hai incontrato, Milena?"

"Sono andata alla stazione a salutarlo."

"Ah! Che ne dici di invitarlo a passare le feste con noi, se non ha altri impegni?"

"Sai, papà, non credo che abbia altri impegni. Allora, lo invito?"

"Devo farlo io, cara. Domani stesso gli scrivo."

E così Roberto Ricci salutò il 1929 in casa Peroni e a mezzanotte precisa baciò Milena sotto il ramo di vischio.

L'anno successivo, Milena lasciò gli studi, a pochi esami dalla laurea, e sposò Roberto.

Mario nacque nel 1931.

Furono in Etiopia dal 1936 al 1938.

Adesso erano qui.

Roberto 54 anni, Milena 35, Mario poco più di 11.

Io, Piero, 23.

* * *

Quando Roberto mi disse di scambiarci il "tu" mi sentii a disagio.

Con voce calma, suadente, mi rassicurò.

"Vedi, Piero, io credo di avere più o meno l'età di tuo padre, e a lui, certo, non ti rivolgi dandogli del lei. E' bello, per me, avere un giovanissimo amico. Del resto tu hai voluto che Mario ti desse del tu, anche se ha dodici anni meno di te. Allora?"

"Grazie, ci proverò."

"Ti aspettiamo questa sera a cena."

"Grazie, ma non posso. A mensa c'è il Generale Sironi. Non posso mancare."

"Allora, dopo cena, a bere qualcosa e far quattro chiacchiere."

"D'accordo."

* * *

Venne ad aprirmi Zorça, una giovane del luogo sulla quale avevo fatto condurre accurati accertamenti per escludere che avesse contatti con elementi poco raccomandabili.

Mi indicò la porta a vetri.

"I signori sono in soggiorno. Io e Mario giochiamo a dama, nel tinello."

Mario, un simpatico ragazzone che dimostrava molto più della sua età, quando non era a scuola, dove era stato ammesso come uditore, passava tutto il suo tempo con Zorça.

Entrai nel soggiorno. Roberto sfogliava il giornale, Milena chiuse il libro che stava leggendo e mi tese la mano.

"Roberto mi ha detto che vi siete decisi a scambiarvi il tu. Era ora. Vi sentirete ancora più vicini, e Roberto non brontolerà più contro la formalità dei torinesi. Lo sa che lui e mio padre si danno del lei dopo tanti anni che si conoscono?"

Roberto piegò il giornale e lo mise sul tavolino basso, accanto a lui.

"Caro Piero, il fuoco sta nelle viscere dell'Etna, a Catania, poi lo ritrovi nel Vesuvio, a Napoli e, con tutto il rispetto per te, intorno a Roma ci sono solo vulcani spenti, e a Torino, poi, non parliamone. Pianure nascoste dalla nebbia."

Milena lo guardò sorridendo.

"Lo sente, Roberto? Mio marito è della terra dl fuoco, come dice lui. Però... dillo Roberto... la tua temperatura corporea è mezzo grado inferiore alla mia. Puoi negarlo?"

"Ma cara Milena, io parlo delle relazioni tra amici. Anche perché da noi di quello che passa nella coppia non si parla."

Si volse verso la porta alla sua sinistra e chiamò:

"Zorça, per favore, qualcosa da bere."

Milena si alzò.

"Ci vado io, Roberto."

Si avviò verso il tinello.

Milena non era molto alta, ma aveva un corpo statuario, perfetto, deliziosamente proporzionato. Mi faceva ricordare un giudizio del mio insegnante di storia dell'arte sulla Venere di Prassitele. Cose giuste al posto giusto, nulla che manchi nulla di superfluo. I capelli di Milena, castani, le incorniciavano e mettevano in risalto il volto regolare, simmetricissimo.

Si ha equilibrio armonico delle forme, diceva il professore, quando, nell'ammirarle, si ha l'impulso, quasi irrefrenabile, di toccarle, carezzarle, goderne il contatto.

L'equilibrio armonico delle forme di Milena era evidente e irresistibile.

Indossava sempre modelli semplici che esaltavano la sua bellezza, il suo fascino seducente. I suoi modi, pur eleganti e raffinati, non erano mai affettati o artificiosi, e riuscivano sempre ad attrarre l'interlocutore, a concentrare su lei l'attenzione di tutti.

Quando c'era Milena, le altre signore sembravano non esserci.

Ma non si dava arie, anzi cercava sempre di mettere gli altri a loro agio, cordiale e socievole.

Gli occhi scuri, a tratti lampeggiavano di luce improvvisa, come la lama luminosa d'un faro che fruga nel buio della notte.

A volte mi scrutava come a cercare di leggere qualcosa nel mio volto.

Avevo ballato con lei. Le punte del suo seno sembravano voler attraversare la stoffa della giubba.

Era bella, desiderabile, ma non avevo mai pensato a lei come a una possibile conquista. Forse la sentivo, oltre che moglie di Roberto, un po' troppo avanti negli anni per me.

Dora mi prendeva in giro.

Diceva che ero un "gerontofilo". Frequentavo la casa di Lenka e Anna, e quella dei Ricci, con Milena che mi poteva quasi essere madre. Ed esagerava per provocarmi.

Le spiegai che in effetti erano donne un po' d'età, per me, ma che a ben guardarle si poteva anche comprendere che, tutto sommato, un... pensierino su di loro lo si poteva anche fare.

"E secondo te, io starei a guardare?"

Diceva Dora pizzicando il mio braccio.

"Lo sai, Piero, lo sai bene, che tu sei il mio solo uomo, il primo e voglio che sia l'unico. Ricordo come mi guardasti negli occhi, quella sera."

Mentre il mio pensiero s'affollava di considerazioni e ricordi, Roberto si alzò e andò a chiudere tutte le porte.

"Ho ricevuto un cifrato. Devo andare in altre zone per alcuni giorni. Non più di una settimana, credo. Ma non deve sapere nessuno dove sono diretto. All'aeroporto militare Is2 mi attende un aereo, e con quello farò il giro che mi è stato ordinato. L'aeroporto è raggiungibile solo con l'automobile, e potrei lasciarla li fino al ritorno, ma non voglio che l'auto manchi da qui così a lungo. Devono vederla, credere che io sia in paese. A Zorça diremo che rimango sui lavori. Ho pensato, Piero, che potresti accompagnarmi tu e poi riportare l'auto dinanzi al villino, dove sta solitamente. Ti dispiace?"

"A parte che non mi dispiace affatto, credo che sia un mio preciso dovere aiutarti nel tuo servizio. Quando partiresti?"

"Domani pomeriggio. Verso le sedici, Così saresti di ritorno per l'ora di mensa. Ma potrai assentarti?"

"Non credo che Marini abbia qualcosa in contrario."

Milena guardò Roberto,

"Posso venire anch'io?"

Roberto m'interrogò con lo sguardo. Io feci un impercettibile cenno affermativo.

Si rivolse alla moglie.

"Certo, Milena. Domani alle quattro del pomeriggio."

* * *

Dora era dinanzi al bar. Mi fece cenno di entrare e mi precedette.

"Come mai così presto, Dorina. Una bella ragazza come te dovrebbe dormire fino a tardi. Riposando si conserva la bellezza."

"Devo parlarti, Piero.

Mi sono confessata e il prete ha detto che non dobbiamo farlo più. Io ho promesso... Piero, ma non so se riuscirò a mantenere la promessa..."

Mi guardava con gli occhi pieni di pianto.

"Io ti voglio bene, Piero, non voglio perderti. Aiutami, dimmi cosa devo fare."

"E tu, tesoro, cosa vuoi fare?"

"Non lo so, Piero, non lo so..."

"Ma mi vuoi bene?"

"Si, ti voglio bene, ma soprattutto ti amo. Non immaginavo che fosse così bello stare con te. Perché io voglio stare con te, solo con te. Da quella sera non penso che al momento che mi terrai tra le tue braccia, che mi cullerai, che mi bacerai, che mi farai sentire donna..."

"Pensiamoci, Dorina, ma quando due si amano, si desiderano, vogliono sentirsi l'uno dell'altro."

"Vieni, questa sera, ho bisogno di parlare con te."

"Questa sera sono di servizio, non posso."

"Vieni, Piero, non lasciarmi sola. Non badare a quello che ho detto. Non devi pensarci, faremo l'amore, come vuoi tu... come desidero io. Io sono felice quando sono con te, quando mi carezzi, mi dici che sono la tua bambina. Io voglio essere la tua bambina, la tua donna, la tua amante. Tutto."

Le presi una mano. Era fredda, tremante. Le baciai le punte delle dita.

"Sono veramente occupato, Dora, non posso venire da te. Ci vedremo domani, e sarò felice anche se vorrai solo stare al mio fianco, la mano nella mano. Ti amo, tanto."

Le sfiorai le labbra, con un bacio lieve. Mi avviai al Comando.

Una giornata laboriosa. Notizie da molti settori, a volte contrastanti. C'era molto nervosismo in giro: formazioni irregolari apparivano e scomparivano, si riunivano, si scioglievano, si spostavano, mutavano abbigliamento. Forse si stava preparando qualcosa di grosso.

Il pranzo fu consumato fuori orario, in fretta.

Le quattro del pomeriggio si avvicinavano rapidamente. Non riuscivo a sbrigarmi. Quando mancavano solo pochi minuti all'ora fissata con Ricci, entrò il Maggiore Marini.

"Vada pure, Orsini, qui ci penso io. Ci vediamo domani, arrivederci."

Lo guardai stupito. Non gli avevo detto niente, né avevo chiesto il permesso di allontanarmi.

Mi fissò senza parlare, girò sui tacchi e rientrò nel suo ufficio.

Scesi al magazzino e prelevai una tuta. Pregai di farne un pacchetto. Il maresciallo la mise in una specie di tascapane.

"Credo sia meglio così, signor Tenente, sembra che portiate documenti militari."

Ringraziai e mi avviai verso la casa dei Ricci.

L'auto, una Bianchi ultimo modello, era pronta.

Milena e Roberto erano nel soggiorno.

ULISSE
ULISSE
18 Seguaci