Bodymind

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A choice: body or mind?
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L'affermazione professionale di Luca Lucari non era né imprevista né improvvisa.

Luca non era stato un 'ragazzo prodigio', ma, come lo classificò subito la sua insegnante elementare, un 'prodigio di ragazzo', precisando che in tal modo intendeva non solo sottolinearne le particolari doti di intelligenza, veramente eccezionali come prodigium stava a significare, ma anche il modo di applicarsi all'apprendimento delle nozioni, senza risparmio, e quindi prodigus, spinto da infiniti interessi più che da superficiale curiosità.

Al liceo è più esatto parlare di ricerca continua, più che di studio inteso nel senso comune della parola: ricercare per capire e capire attraverso la ricerca. In tal modo, la costruzione del sapere, per quanto modesto di fronte all'infinito dello scibile, fondava su solide basi e procedeva con logica difficilmente scardinabile.

Ricerca continua che continuò anche durante i lunghi anni di medicina: accertamento del fenomeno, identificazione delle cause e, quando si tratta di patologie, ricerca di possibili rimedi.

Il corpo umano come insieme coordinato e sinergico di innumerevoli parti, indipendenti nella forma ma sempre interdipendenti nella funzione.

Corpo, quindi, che dispone di vari 'strumenti', tendenti all'armonia dell'esistenza. Qualcuno di essi può andare fuori tempo, stonare, e quindi necessita di essere coordinato, accordato. Il tutto diretto da qualcosa, o qualcuno. Fusione ed equilibrio tra corpo e mente, strettamente uniti. Di conseguenza, necessità di comprendere quanto vi sia di obiettivo e di soggettivo.

Per questo Luca non diceva mai 'ciò è bello, brutto, buono, cattivo', ma 'a me piace, non piace'!

Laurea lusinghiera, specializzazione in clinica medica col plauso della commissione. Altre specializzazioni, ancora e sempre. Non per la mania di allineare diplomi, ma per seguire la logica dei vari corsi accademici.

Splendida vincita della cattedra, e senza destare le solite invidiuzze baronali. Il più giovane titolare della facoltà.

Lavoro incessante: ospedale, università, congressi e...infine... lo studio privato, insieme ad altri giovani colleghi-allievi.

Visitava privatamente solo il sabato, quando era in sede. Poche visite, che dovevano essere precedute da un colloquio anamnestico condotto da altro medico dello studio, in base al quale Luca decideva una certa priorità. Capitava, perciò, che qualcuno non sarebbe mai stato visitato dal professore.

Non aveva ritenuto di operare una selezione attraverso l'onorario, che aveva contenuto nei limiti non troppo modesti degli altri cattedratici.

All'Università e in ospedale visitava gratis: aveva già la sua remunerazione da quegli enti.

^^^

Non avevo mai incontrato il professor Lucari, ed ero curiosa di conoscerlo.

Lo immaginavo segaligno, con gli occhiali, l'aria ispirata e una certa puzza sotto il naso per il resto dell'umanità, ignorante, che lo circondava. Oppure, basso e grassottello, viso tondo, paffuto, con piccoli baffi disordinati, e lo sguardo da miope.

L'Accademia degli Sprovveduti, un circolo molto elitario di cui ero vice presidente, organizzava degli 'incontri informativi' su vari argomenti che avevano, appunto, lo scopo di fornire elementi cognitivi, non molto approfonditi, sulle più disparate materie. I relatori erano esperti del tema, e l'uditorio, oltre i soci, era composto di una ristretta e scelta cerchia di invitati.

'Bodymind', rapporto tra corpo e mente.

Si era pensato di profittare di un giro in Europa del professor Ken Dychtwald, di Berkley,Cal., per invitarlo a parlarci dei suoi studi e delle sue esperienze.

L'adesione di Luca Lucari fu entusiasta, sarebbe stato lietissimo di rivedere il vecchio maestro e amico Ken, e di ascoltare qualche novità in merito a uno dei temi che maggiormente lo interessavano.

Ero all'ingresso della sala, per salutare gli intervenuti, e fui attratta dall'aitante e sorridente figura atletica e cordiale del giovane elegante che stringeva mani a destra e manca.

Un'attrazione particolare, prevalentemente fisica, di quelle che ti fanno contrarre il ventre.

Si avvicinò a me. Un lieve inchino e una stretta della mano che gli porgevo con controllata fermezza. Quel contatto rinnovò il sommovimento interno.

"Sono Luca Lucari, vorrei conoscere la vostra presidente, Luisa Marini."

"Buona sera, professore, e grazie di essere venuto. Sono Luisa Marini" –sorrisi- "per l'esattezza solo vice presidente."

Lucari fece galantemente finta di essere sorpreso.

"Una presidente così giovane e bella!"

"Una 'vice' con una figlia di quasi vent'anni. Quindi é lei il giovanissimo, professore, considerate le sue brillanti affermazioni."

Abbassò la voce, assumendo un tono volutamente confidenziale.

"Mi trucco bene.. è l'anno dei miei 'anta'! Ho appena attraversato la linea quaranta."

I sopravvenuti cercavano di salutare Luca, o me, o entrambi.

Pregai una hostess di accompagnare il professore al posto a lui riservato.

Fece un cenno di saluto col capo.

"Mi riprometto di ringraziarla al termine, signora Marini."

"Abbiamo preparato un piccolo buffet, per pochi. Vorrei che fosse dei nostri."

"Certamente."

^^^

L'incontro tra Lucari e Dychtwald fu molto cordiale. L'Americano era più anziano di diversi anni, e fu prodigo di elogi per il 'giovane' scienziato italiano.

Ringraziai Lucari per il suo breve ma chiarissimo ed essenziale intervento e gli dissi, sorridendo, che forse anche io ero divisa nel conflitto, reale o immaginario, tra spirito e carne, mind and body.

"Potremmo accertarlo con una certa facilità." –Rispose Lucari- "Solo che lei abbia la pazienza di consentirmi un esame che qualcuno considera eccessivamente minuzioso e indiscreto, perfino noioso.

Il fatto è che quando non si collabora col medico, in questo caso del corpo e della psiche, non si possono raggiungere diagnosi soddisfacenti e, quindi, eventuali terapie risolutive."

"Mi piacerebbe, professore, sottopormi ad un simile accertamento, ma essere ricevuta da lei è, almeno per me, una irrealizzabile speranza."

"Veda, signora, io sono lieto di mettermi a sua completa disposizione ma.. visite, diciamo così, straordinarie, le posso fare solo in orari impossibili."

"Cioè?"

"La sera."

"Allora venga a cena da noi e dopo..."

"Accetto volentieri il suo invito, per una delle sere per me possibili, ma la visita va fatta nel mio studio dove ho quanto necessita allo scopo."

"Bene. Mi dica quando potrà venire a cena da noi e quando è disponibile nel suo studio."

Consultò rapidamente il pocket-notes.

"Da me, domani sera alle 20,30; da voi dopodomani alle 20. Va bene?"

"Perfetto, professore."

"D'accordo. Sarò puntualissimo.

Tenga presente che gli esami che intendo effettuare, dopo una chiacchierata, possono richiedere un certo tempo."

"OK, a domani."

^^^

A differenza degli studi dei più quotati professionisti che, indipendentemente dal settore di attività, erano in prevalenza nei quartieri centrali ed eleganti della città, Luca Lucari aveva il proprio ambulatorio-studio nella dependance della sua bella villa, in collina, facilmente raggiungibile e poco distante dalla fermata dell'autobus che in pochi minuti portava in centro.

Il cancello era aperto, l'indicazione Studio mi fece giungere speditamente dinanzi all'edificio. Basso, semplice, elegante, con una pensilina che riparava dal sole e dalle intemperie.

Fui accolta da una giovane e gentile segretaria.

"Prego, si accomodi signora Marini, il professore l'attende."!

Mi fece entrare nell'antistudio. Mi indicò la porta di sinistra.

"In quella stanza lei deve cortesemente liberarsi di tutto: abiti, biancheria, collana, orecchini, orologio, e indossare il camice che troverà sul tavolo, nella custodia igienica. Lo stesso per le pantofole. C'è annesso il bagno, perché deve essere a vescica vuota. Quando avrà finito, o per qualsiasi motivo, prema il pulsante rosso per chiamarmi.

Fui rapidamente pronta. Chiamai la donna.

Fui introdotta nello studio di Lucari che, in un immacolato camice bianco, si alzò e mi venne incontro.

"Benvenuta, signora Marini, scusi il cerimoniale ma presto ne comprenderà la ragione. Si accomodi."

Mi indicò la sedia dinanzi alla scrivania dietro la quale prese posto.

Era veramente un bell'uomo. Affascinante, seducente, eccitante!

Strano che fosse scapolo e che non si conoscesse nulla della sua vita sentimentale.

"Adesso, cara signora, devo sottoporla a un vero e proprio interrogatorio. Risponda con la massima prontezza, per favore."

Fu un terzo grado, che andava a frugare nei primissimi ricordi, si interessava della vita fisiologica, dei precedenti patologici, oltre ad una accurata anamnesi familiare. L'indagine spaziava anche nel campo delle pulsioni, degli stimoli, delle reazioni, e riguardava le relazioni, con l'altro sesso, coi parenti, con gli amici. Ogni tanto, non lo nascondo, mi sentivo a disagio, ma fui sempre sincera. Volevo sapere il seguito.

Dopo aver dato un ultimo appunto agli appunti che era andato prendendo, si alzò e mi venne vicino.

"Vedo che siamo quasi coetanei, ci dividono solo pochi mesi, ma lei può benissimo dichiarare dieci anni di meno.

Adesso, per favore, deve togliere tutto, anche le pantofole, salire su quella bassa pedana trasparente ed eseguire i movimenti che le chiederò. Venga."

Mi tese la mano, mi condusse vicino a una passerella di vetro, lunga quanto la parete sulla quale era disegnata, su lastre smerigliate e tenuemente illuminate, una griglia quadrettata e numerata. Sotto la passerella, anche esso illuminato, uno specchio.

"Ecco, tolga tutto e salga."

Dovevo restare completamente nuda dinanzi a lui.

Si, era un medico, ma quell'accenno all'età, quel complimento sugli anni che avrei potuto nascondere, e quella sorda eccitazione che andava sempre più montando, mi facevano sentire sempre più a disagio. Non era la prima volta che mi sottoponevo a visita medica, ma salendo su quella passerella mi sembrava di mettermi in vetrina. Sì, ero eccitata.

Solo mio marito mi aveva visto così, completamente nuda, in piedi dinanzi a lui.

Salii sulla pedana.

"Per favore, stia ferma ma non rigida."

Fece un passo indietro e mi osservò attentamente, prendendo note sul suo taccuino e guardando anche la lastra smerigliata.

"Ora si volti di fianco."

Stesso esame e annotazione. E così quando dovetti voltargli le spalle e poi, ancora girarmi sull'altro fianco.

Ogni tanto guardava lo specchio sotto i miei piedi.

"Signora, cammini lentamente sulla pedana, arrivata in fondo, si giri e torni qui."

Scrutava e scriveva.

"Scenda, venga sul lettino. Vi si segga sopra."

Aveva preso una specie di grosso calibro e misurò gamba e braccia in più parti.

"Si sdrai, sul dorso."

Palpò i tessuti, dalla fronte alla punta dei piedi.

"Si volti."

Lo stesso sul dorso,

Con una lente osservò la pianta dei piedi, e con l'oftalmoscopio guardò negli occhi. Lentamente, con calma, sempre prendendo appunti.

"Abbia pazienza, stiamo per finire."

Strinse i capezzoli tenendo l'altra mano sul pube.

Mi fece mettere sul fianco. Divaricò le natiche e si accertò dello stato esterno e interno dello sfintere. Quei palpeggiamenti e quei massaggi non mi dispiacevano. Del resto, era tanto che non sentivo tali toccamenti.

Quando, infine, s'interessò del mio sesso, della sensibilità epidermica, della consistenza e resistenza delle grandi e piccole labbra, sentii che cominciava a piacermi.

Purtroppo finì presto.

Ora, pur così, nuda, mi sentivo a mio agio e lo sarei stata ancora di più se fosse stato nudo anche lui.

Chissà che bel pisellone aveva.

Si, pensai questo.

La sua voce mi richiamò alla realtà.

"Scusi la lungaggine, ma la pignoleria è uno dei miei difetti. Ora può andare di là e rivestirsi, e poi tornare qui. Lasci il camice dov'é, calzi solo le pantofole. Voglio osservare muscoli dorsali e glutei mentre cammina."

Hai capito il prof? Vuole vedere le mie chiappe, non gli è bastato impastarle ben bene, divaricarle e...

Speriamo, almeno, che siano di suo gradimento.

Dopo essermi vestita e dato un rapido sguardo allo specchio per rinfrescare il trucco, tornai a sedere di fronte a lui.

Lo guardavo attentamente, con la mano poggiata sullo scrittorio. Lui vi pose sopra la sua, in un gesto rassicurante.

"Cara signora, inizio dalla conclusione: lei ha un fisico ottimo, armonioso, tonico, esteticamente invidiabile, e risponde naturalmente e prontamente agli stimoli. Complimenti.

Gli esami a cui l'ho sottoposta, e le chiedo scusa, tendono a identificare eventuali irregolarità. A volte, senza che ce ne rendiamo conto, alcune tensioni influiscono sui muscoli e, di conseguenza, sul modo di muoverci, di camminare, di assumere atteggiamenti. Le tensioni operano anche sugli sfinteri, tutti, provocano contrazioni, rilassamenti, ristagni ematici, ad esempio le emorroidi, e modificano le reazioni agli stimoli, agli impulsi, anche e specie nella sfera genitale. E' anche interessante come si poggiano i piedi per terra, la riflessologia è in sviluppo, ed anche la iridologia.

Lei sta benissimo. Solo qualche lieve irrigidimento muscolare che alcune sedute di 'Rolfing' potrebbero eliminare."

"Rolfing?"

"Ufficialmente è chiamata integrazione strutturale. Un sistema di manipolazione muscolare e di massaggio ideato da Ida Rolf."

Manipolazione, massaggi. La cosa mi interessava. In tal modo avrei potuto ancora sentire le mani di Luca su di me.

"Li fa lei, questi trattamenti, professore?"

"A Clinica Medica c'è un apposito Centro, che ho affidato a un giovane esperto collega specializzato, in merito, negli USA. Qualche volta partecipo alla prima seduta."

"Cosa dovrei fare?"

"Domani sera avrò il piacere di essere suo ospite, a cena. Le dirò qualcosa, infrangendo la regola di non parlare di lavoro fuori bottega."

"Grazie, professore. Per la parte economica parlo con la sua segretaria?"

"Non si preoccupi, le manderò un grosso conto alla fine di tutto."

Si alzò, mi accompagnò fino all'auto. Mi salutò cordialmente.

"A domani."

^^^

Fu puntualissimo.

Uno splendido bouquet di fiori per me e una grandissima di prelibati cioccolatini per Carla, mia figlia.

"Questa è sua figlia?"

"Le avevo detto di avere una figlia di quasi vent'anni."

"Ho creduto che fosse una battuta."

"Come vede, professore, è una splendida realtà."

"Veramente splendida, ma... sembrate sorelle."

"Abile adulatore, professore. Comunque, grazie per il complimento. Per me, s'intende."

"Semplice constatazione, cara signora.

Se non le dispiace, almeno fuori dal lavoro, mi piacerebbe non essere chiamato professore."

"E come?"

"Veramente, mi chiamo Luca."

"Benissimo. Io sono Luisa e lei è Carla."

Carla arrossì appena.

"Veramente, professore" –disse- "mi sento a disagio a non rivolgermi a lei col titolo accademico..."

"Troppo vecchio, vero?"

"No, no. E' solo..."

"Allora, fammi un regalo: avvicinami a te, chiamami Luca..."

Intervenni.

"E se ci dessimo tutti il 'tu'?"

Luca mi tese la mano.

"Ottimo. Così mi sento veramente in famiglia. Ci vuole, almeno ogni tanto."

Quel ragazzo –mi piace definirlo così- m'attraeva sempre più.

Lasciamo da parte sentimentalismi, giri di parole, eufemismi, e cose del genere.

Mi sconvolgeva dentro. Come non mai, come da tempo non mi capitava.

Non che avessi raggiunto la pace dei sensi, anzi, ma nessun altro maschio m'eccitava in tal modo. Un fatto puramente sessuale. Vorrei dire, un sano appetito stuzzicato da quello che riteneva un cibo stuzzicante.

Le mie labbra avrebbero voluto baciarlo, la mia lingua leccarlo, le mie tette ardevano dal desiderio di sentirsi strizzate da lui, così le chiappe. Che dire del mio ventre, della mia palpitante e sempre più rorida vagina? Non chiedeva che di essere riempita dal suo sesso che, era certa, doveva essere abbondante e resistente. Proprio come piace a me.

Tra l'altro, il brusco passaggio dalle abbondanti e frequenti razioni, a volte pluriquotidiane, cui mi aveva abituata il mio compianto consorte, e il totale digiuno che avevo da allora patito, mi facevano essere sempre più impaziente.

Non avevo voluto iniziare alcuna relazione, che comunque sarebbe stata un rimedio sui generis, né ricorrere alle vigorose prestazioni meccaniche di qualche gigolò da strapazzo.

Ora era tutto cambiato, in me.

Volevo scopare con Luca, sentirmi dominata da lui.

Avrei fatto quello che voleva. Con tutta me stessa, nessuna parte di me gli sarebbe stata negata, nessun capriccio sarebbe stato inappagato.

Il problema, però, era un altro.

Ma lui, mi voleva?

Fece molto onore alla cena, e fu un amabile conversatore mentre, in salotto, centellinavamo un ottimo 'porto'.

Carla, ad un certo punto, disse che chiedeva scusa, ma doveva prepararsi per l'indomani. Non specificò su cosa e perché.

Luca si alzò, la salutò amabilmente.

"Prego, professore, siediti, spero che tu non abbia fretta di abbandonarmi ora che la gioventù ha disertato."

Mi prese galantemente la mano.

"Non mi sembra, ho di fronte a me così tanta gioventù!"

"Tanta? Direi troppa gioventù, il doppio..."

"Le belle cose non sono mai troppe!"

Mi venne in mente di mettere su un po' di musica.

"Ti piace ballare?"

"Moltissimo."

"Che ne diresti un vecchio tango, di quelli dell'anteguerra?"

"Li adoro."

Avevo u CD di tanghi argentini.

La musicò cominciò, dolcemente, languidamente.

Si alzò, mi prese tra le braccia.

Era incantevole.

Mi strinse a sé, molto.

Era quello che desideravo.

Mise le mani, entrambe ben aperte sulle mie chiappe, e strinse ancora di più. Sentii chiaramente cosa premeva sul mio grembo, e mi sembrò venir meno.

Era un caso o un messaggio?

Mi dimenavo in modo che, se era un messaggio, la risposta fosse chiarissima.

Si chinò sul mio orecchio.

"Sei una donna di temperamento, complimenti."

Mordicchiò l'orecchio.

Maledivo la stoffa che separava i nostri sessi.

Luca non perdeva tempo in lunghi approcci.

Tornò a sussurrarmi.

"Qui, o da me?"

"Sei qui, no?"

"Non vuoi perdere tempo?"

"E tu?"

"Credo che ne abbiamo perduto anche troppo, perché sai bene che è dal primo momento che ci siamo incontrati, alla conferenza, che sapevamo come sarebbe andato a finire. Non conoscevamo quando.

L'ambiente dell'ambulatorio mi era sembrato squallido, anche se vederti così, dinanzi a me, pur essendo abituato a esaminare continuamente donne nude, ed alcune assai attraenti, mi aveva suggerito di rompere ogni indugio."

"Ti sembro attraente anche io?"

"Più di una calamita."

"Vieni su, cercheremo di non far rumore. Carla è dall'altra parte della casa."

Ci trovammo a letto, nudi, che sembrava fosse la millesima volta che eravamo insieme.

Qualche bacio, qualche carezza, e fui io a prendere la prima iniziativa concreta.

Montai su lui, afferrai il suo prepotente robusto sesso, duro come il ferro e quasi incandescente, e mi impalai su lui, rabbrividendo di piacere a mano a mano che mi penetrava. Sembrava non finire mai, ed era delizioso.

Mi fermai alquanto perché si completasse l'assestamento. Lo fasciavo voluttuosamente.

Il dondolio, dapprima lento e sempre più incalzante, mi fece raggiungere piaceri sconosciuti, gridare la passione del mio orgasmo. Lui mi stringeva le chiappe, piacevolmente, e mi ciucciava i capezzoli che erano divenuti grosse olive scure.

Lo strizzavo ben bene, e sentivo, in me, il pulsare delle sue vene.

Era instancabile, e sapeva preziosamente dosare il suo muoversi alle esigenze del mio godimento.

Quando sentì che stavo per abbattermi, spossata, su di lui, mi invase con una gettata incandescente che mi fece urlare come una pazza, incurante di tutto e di tutti.

Si, era questo il godimento che avevo sempre sognato, di cui avevo letto e che avevo considerato fantasie romanzate, ed ora mi stava sommergendo, ebbra di piacere, ubriaca di lui.

ULISSE
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