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Quando fu in lei la sentì fremere, sentì che gli intrecciava le gambe sui fianchi, lo stringeva, contraeva il ventre, col bacino sussultante per gustarlo più intensamente, completamente in sé, per possederlo, pazzamente, voluttuosamente, con le labbra che gli cercavano la lingua e la suggevano golosamente. Una smania che non aveva mai immaginato, in Marina.

Con gli occhi chiusi, lo tenne stretto tra le sue gambe, non voleva separarsene.

Aprì lentamente gli occhi. Era Saro!

E in quel momento comprese che il suo inspiegabile 'blocco' era superato, per sempre.

Saro le aveva dato, le poteva dare, più ancora di Nino. Si, di più, perché, malgrado il tumulto dei sensi, inconsciamente s'era sentita a casa sua, nel suo letto, a suo completo agio. S'era abbandonata come mai le era accaduto prima. Aveva goduto perdutamente, infinitamente in modo nuovo, diverso, insuperabile. Con lui, con Saro.

Fu il meraviglioso inizio dei loro nuovi rapporti.

Marina era rimasta confusa, anche turbata. Comprese, poi, e accettò con languido compiacimento, che era ben diversa da quanto altri avevano creduto e lei stessa rassegnatamente accettato,una donna sessualmente non esuberante. Sentiva, invece, di essere avida, golosa, affamata, prepotente, esigente. Nino aveva rimosso qualcosa in lei, e doveva essergliene grata, le aveva insegnato la strada del piacere dei sensi. Saro, ora, le aveva dimostrato che il piacere era in lei, e lo era sempre stato, solo che non aveva saputo, o forse voluto, farlo emergere.

Eccitanti gli incontri con Nino, ma quelli con Saro erano totalmente appaganti.

Ogni tanto tentava un esame introspettivo, anche perché, sia pure sorridendo nel pensarlo, le era sorto il sospetto di essere divenuta un po' ninfomane.

Andò a trovare la sua compagna di banco, Carlotta Menga, neurologa e psicologa.

Carlotta finse di crederle quando Marina le pose alcune domande 'per pura e semplice curiosità e senza alcun riferimento concreto'. E volutamente usò un linguaggio duro, poco professionale, che certo non avrebbe usato con una cliente.

"Vedi Marina" -le disse- "non bisogna confondere per ninfomania il sano desiderio di fottere, anche se pressante e frequente. C'é poi, come tu hai detto, il facile raggiungimento dell'orgasmo. E' questo depone contro la ninfomania. Se poi, ci sono donne che l'orgasmo lo raggiungono in ogni scopata, e anche più volte durante lo stesso rapporto, beate loro, le invidio."

Da allora le cose procedevano con piena soddisfazione di tutti, e in particolare di Saro che era felice di essere cercato, desiderato, sollecitato, stuzzicato, eccitato dalla moglie. Ed era anche orgoglioso, doveva ammetterlo, della sua virilità, alla sua età, sentendo gemere di piacere Marina. Cosa che non era mai capitata prima.

* * *

Il caso Frossi era sempre avvolto nelle tenebre più fitte.

I confidenti avevano assicurato che Piero Frossi era del tutto sconosciuto in certi noti e ben informati ambienti. Nell'organizzazione se ne parlava come di professionista validissimo, al quale s'erano rivolti anche loro, quando ne avevano avuto bisogno.

La situazione economica della società era fiorente. Il finanziamento a suo tempo ottenuto gli aveva consentito di fare un salto di qualità e di ampliare l'area dei suoi affari. Con la sua attività non pestava i calli a nessuno, perché era l'unico ad esercitare quell'attività. Era benvoluto dai suoi collaboratori, tutti siciliani, che inviava spesso a corsi di specializzazione professionale presso le più moderne e avanzate imprese europee del settore.

La vita familiare era regolarissima. La moglie s'interessava della parte amministrativa dell' azienda. Non risultava che avesse, o avesse avuto, relazioni extraconiugali.

Renato Scuderi, Capo della omicidi, non capiva a chi mai potesse giovare l'uccisione di Piero Frossi e non si spiegava a chi era destinato il messaggio del 'taglio della lingua e sasso in bocca'.

La scientifica aveva accertato che il corpo era stato portato nel luogo del rinvenimento quando la vittima era già cadavere.

Per il resto, profondo mistero.

Forse s'era trattato proprio di uno sbaglio, uno scambio di persone. Un altro caso irrisolto, come tanti altri.

* * *

Saro e Marina erano tornati a Palermo. Nino li voleva salutare all'aeroporto, avrebbe preso un taxi per tornare in città, ma Saro lo invitò con loro, lo avrebbe fatto accompagnare dal suo autista, una volta a casa.

Nell'atrio dell'edificio Saro chiese scusa alla moglie se non l'accompagnava di sopra, ma doveva passare per lo studio per vedere se ci fossero delle novità.

Marina lo sfiorò con un bacio e gli sussurrò nell'orecchio: "Grazie per i gioielli. Li terrò anche a letto, questa sera. Indosserò solo quelli."

Saro le dette un'affettuosa pacca sul sedere e s'allontanò sorridendo. Pensava, però, che certe... prestazioni erano troppo ravvicinate, per lui.

Arrivato nello studio chiese la cartella "Frossi". Quando gliela portarono, ringraziò e pregò la segretaria si chiudere la porta, uscendo, e di non passargli alcuna comunicazione. Prese dal blocchetto un foglietto autoadesivo e lo attaccò al fascicolo Frossi, vi scrisse: Nino, pensaci tu. Se la vedova é d'accordo possiamo seguitare ad assisterla noi.

Restò con una mano sulla scrivania e con l'altra si carezzò il mento.

Gli tornò in mente la visita di Piero Frossi.

Che strano modo di manifestargli la sua amicizia. E dire che i Piemontesi erano noti per la loro riservatezza e per il loro tenersi lontani dai fatti degli altri.

Ma che minchia gli era passata per la testa, a quell'uomo che s'era presentato con una faccia da funerale che portava iattura. Ma a lui, a Frossi, che gliene fotteva?

Aveva cominciato col dirgli che si trattava di cosa sommamente delicata e della massima segretezza, che non sapeva se faceva ben a parlare, ma era stato trattato con tale cordialità che riteneva suo dovere informarlo di tutto. Poi, come se si cavasse i denti da solo, e senza anestesia, raccontò che per il montaggio di alcune particolari apparecchiature era stato a casa del dottor Davoli, e aveva intravisto, nella camera adiacente allo studio, la signora Marina, sua moglie, la moglie di Saro, non proprio vestita, tanto che in primo tempo aveva creduto d'essersi sbagliato. La sua abitudine all'indagine gli aveva suggerito di accertarsene. Aveva atteso in auto, dall'altra parte della strada, e aveva visto la donna uscire al braccio di Davoli. Non c'era dubbio, era la signora Marina. Aveva scattato un paio di foto. Poteva trattarsi di una situazione occasionale. E s'era presa la libertà di intercettare qualche telefonata e di registrare alcune immagini trasmessegli dall'apparecchietto che era stato facile montare e smontare quando aveva assistito i tecnici nella installazione di un sofisticato sistema d'allarme nella casa di Nino. Gli aveva portato nastri audio e video. Eccoli. Lui, logicamente non conservava nulla di tutto ciò.

"Non sapevo che vi interessaste anche di antifurto" -disse Saro- "ma cosa c'entra tutto questo con la telematica?"

"Alcuni nostri sistemi d'allarme" -rispose Piero- "a richiesta sono collegati con microcamere che registrano in loco e trasmettono alla nostra centrale."

"Ah" -proseguì Saro- "e chi é il tecnico che ha provveduto alle registrazioni di cui lei mi dà i nastri?"

Frossi si mostrò sorpreso.

"Ma nessuno, caro dottore, a una cosa del genere ho provveduto io direttamente, con apparecchiature riservate che custodisco solo io, sottochiave. Ci mancherebbe altro."

Si mostrò offeso.

Saro mantenne un perfetto autocontrollo. Frossi pensò che i Siciliani sono veramente dei gran signori, Altro che gelosi, impulsivi e furiosi più di Otello, pronti a cacciare tanto di coltello in pancia al rivale, Questo non lasciava trapelare nulla di quanto, certamente, gli ribolliva dentro. Saro prese il pacchetto che Frossi gli porgeva e si alzò.

"Lei mi ha reso un servizio da vero amico, e sono certo che posso contare sulla sua discrezione..."

Frossi l'interruppe.

"Ne stia certo, dottore."

"E io le dimostrerò la mia gratitudine."

Concluse Saro.

Frossi uscì, convinto d'aver fatto una cosa buona e giusta informando il caro Livoti, che tanto lo aiutava negli affari.

Andato via Frossi, Sarò andò a fare una passeggiata in auto. Guidò lentamente fino alla riva del mare, in fondo a una viuzza stretta e sterrata. Si fermò, con lo sguardo fisso sulla linea dell'orizzonte. Era quello, dunque, il motivo del risveglio sessuale di Marina. Faceva la focosa per evitare sospetti. Ma no, non era così. Marina non fingeva quando faceva l'amore con lui. Era veramente trasformata, calda, appassionata. Non fingeva quando lo cercava, lo eccitava, gli si dava senza alcuna inibizione, con frenesia voluttuosa, godendo pazzamente e felice di mostrare il suo godimento. Lui, sul viale del tramonto, non avrebbe mai creduto di poter dare e ricevere un simile piacere, in quel modo, con una femmina così splendida e così giovane. E se la causa scatenante di tutto ciò fosse Nino? Escludendo Nino dalla vita di Marina si sarebbe tornati all'insipienza di prima? Strano, ma non riusciva a immaginare Marina tra le braccia di Nino. C'era stato chi aveva venduto l'anima al diavolo per fare l'amore con una donna giovane. Nino, in fondo, non gli toglieva niente. Anzi, ad essere cinici, si poteva dire che gli 'preparava' la moglie per la notte. Se avesse distrutto Marina, o Nino, il paradiso del suo letto si sarebbe trasformato in un tragico incubo abitato da ombre.

Rimise in moto l'auto e s'avviò verso la città. Voltò in una stradina, lentamente, guardando a destra e sinistra, fece un cenno impercettibile a qualcuno che non si distingueva nell'ombra. Rientrò a casa e lasciò l'auto. Riuscì subito. Andò a prendere l'aperitivo, ai Quattro Canti.

Si accostò al banco, vicino a un signore vestito di scuro che stava gustando una granita. Ne metteva un cucchiaino in bocca e succhiava golosamente, prima di ingoiarla.

Saro aprì il giornale che aveva con sé e lo poggiò sul bancone, inforcò gli occhiali e si mise a leggere, muovendo impercettibilmente le labbra.

"E' Piero Frossi" -sussurrò- "il padrone della Catef. Io sarò a Roma, con mia moglie e un amico, da martedì a sabato."

Tolse gli occhiali, li mise nel fodero e li ripose nella tasca interna della giacca.

Piegò il giornale.

Uscì dal caffè.

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