A Quiet Indulgence 03

Informazioni sulla Storia
Continua la settimana dell'uomo con il dono particolare.
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Parte 3 della serie di 3 parti

Aggiornato 07/01/2022
Creato 03/10/2012
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-A Quiet Indulgence III-

confessions of a lover

Mercoledì

Ogni dono ha i suoi pro e contro. Come avrete capito, il mio amore per le donne rasenta l'ossessione: non sono fisicamente capace di mettere piede fuori casa senza divenire immediatamente ed estremamente cosciente di ogni presenza femminile che mi circonda.

E, soprattutto, di cosa le passa per la bella testa.

Mi spiego meglio: ogni sera quando torno da lavoro incrocerò una media di settanta donne, ciascuna oppressa da ansie per i figli, meditazioni su cosa cucinare, rabbia per il capoufficio, invidia per la borsa nuova della vicina... ognuna ha i propri pensieri. Ma ciascuna lascia una sorta di traccia, una scia di profumo, un segno che esplica ad un attento ed allenato osservatore --quale il sottoscritto- esattamente quante di queste, ad esempio, si ritengano sessualmente appagate o frustrate, quante si godano per bene il proprio letto per l'intera lunghezza e larghezza, quante preferirebbero invece che il marito anziché macinare senza effetto sul loro inguine tornasse a leggere il giornale, quante si incantano a labbra schiuse e umide mentre immaginano sfrenati menage a trois o ardite perversioni che la lasciano sbigottita al semaforo rosso come il suo volto per la vergogna e l'eccitazione. Ah, splendide creature! A volte le loro fantasie si dispiegano così chiaramente sul loro volto che vi fanno caso anche i comuni passanti, i quali rimangono lievemente imbarazzati ed intrigati da queste signore tanto disposte a manifestare il loro vorace appetito sessuale.

Ma io noto altre cose.

Come sospetterete, vi sono donne che un bel mattino decidono di indossare della lingerie particolarmente provocante, con moventi tra i più svariati: stupire piacevolmente il marito al suo ritorno, donare quel tocco di credibilità in più di fronte agli avidi occhi del suo datore di lavoro quando, avanzando il proprio progetto, avanzerà anche una sbirciata delle delizie celate sotto la sua camicetta scollata...

Ma la maggior parte delle volte lo fa esclusivamente per soddisfare se stessa: perché una donna che indossa dell'intimo stuzzicante (costoso, pizzoso, setoso, appetitoso, sfoggiante anche magari una vistosa etichetta in francese) sa che questo è un segreto condiviso soltanto da se stessa e dalla sua pelle. Questa certezza la rende ardita: vuole alludere a chiunque abbia un minimo di percettività che lei è speciale quest'oggi, che sotto i suoi vestiti si cela una golosità inimmaginabile, che lei custodisce un segreto scottante che tu puoi solo presentire, ma mai goderne...

E' a queste donne che il mio olfatto sopraffino è attratto. E non me ne sfugge nemmeno una.

Da quel momento in poi divento anch'io partecipe del segreto, sono in combutta con la mia preda: mi basta un lievissimo sforzo mentale per sfilarle la camicetta ed apprezzare -io solo fra tutti- la sua premura verso se stessa. Si tratta del raggiungimento di una intimità indescrivibile.

Questo particolare passatempo è soltanto uno degli infiniti altri che coltivo, ed è dunque uno --tra gli infiniti altri- dei motivi per cui non posso sempre uscire. Compatitemi: devo, perché non posso fare altrimenti, amare ogni donna che incrocio per strada. E dato che si tratta di uno sforzo intensamente e squisitamente mentale, a fine giornata sono afflitto da emicranie oscene.

Chiamatelo il contro del mio dono.

Prevenire è meglio di curare, indi per cui fingo di essere affetto da qualche rara infezione la quale mi impedisce una settimana al mese di recarmi al mio ufficio. Chiamo questi sette giorni il mio 'ritiro', e per tutta la sua durata mi vieto severamente di posare gli occhi su qualsiasi donna: serro le persiane, stacco televisione, telefono e computer, mi libero di fotografie e riviste, passo il mio tempo a studiare cose nuove. Sono divenuto ad esempio un conoisseur di filologia aramaica.

Il primo giorno di ritiro passa relativamente in fretta: mi dedico alla pulizia minuziosa del mio appartamento e alla lettura serrata. Mi tengo occupato.

Il secondo giorno si svolge all'incirca come il primo: i miei passi si soffermano forse un attimo più a lungo del necessario davanti alla porta d'entrata mentre attraverso il corridoio.

Il terzo giorno mi rinchiudo nel bagno e mi dedico a una meticolosissima cura del corpo. Eppure, malgrado la mia tersa concentrazione, le piastrelle bianche sono lisce come natiche, gli asciugamani bagnati sono lenzuola sudate, la spugna che si insinua dappertutto sono mani sfrontate, il gorgoglio dello scarico è un intenso e profondo mugugno di piacere, il deodorante è una lingua bramosa di assaggiarmi, l'accappatoio è un corpo caldo da riempire con il mio, il sapone liquido è tutto da spalmare su un viso, il pettine sono ispidi peli pubici in cui affondare il capo, il burro cacao è un sesso ansioso di essere assaggiato in tutta la sua liscia ma rigida e pastosa lunghezza... Il terzo giorno è quello dove, detto senza mezzi termini, mi sparo così tante seghe che ogni volta che esco dalla doccia e i particolari prima elencati mi balzano all'occhio, mi masturbo come un disperato finché non si fa palese il bisogno di tornare sotto il getto d'acqua calda per ripulirmi -l'ennesima volta-.

Il quarto, il quinto e il sesto giorno non ho più nemmeno la prestanza mentale di toccarmi: la mia fame e sete di donna è talmente accecante che mi aggiro come una belva per il mio appartamento, dal letto alla finestra chiusa, dal divano alla porta serrata, dalla cucina alla televisione spenta... Non trovo pace se non nel pregustare quanto vizierò la prima donna che al termine del mio ritiro capiterà sulla mia strada... e questo non fa che frustare la mia voglia in astinenza.

Il settimo giorno, ossia ieri, ero talmente immerso nella mia lotta contro me stesso che non mi accorsi all'inizio del bussare. Fu un sollievo indescrivibile: non ricevo molte visite, dunque era sicuramente qualcuno dell'Enel che necessitava della chiave per accedere al contatore in cantina. Era un'occasione irrinunciabile per distrarmi dai miei istinti irruenti: avremmo chiacchierato del tempo, di calcio, di tutto ciò di cui parlano vicino di casa e controllore dei contatori.

Solo quando il mio sguardo fu letteralmente nello spioncino sentii il fremito del dubbio: e se si trattasse invece di una...

Donna. Anzi: meglio. Una moretta in hotpants stracciati e maglietta lisa senza una manica, sul cui bavero era appuntata un'enorme spilla dichiarante 'LA NATURA NON ASPETTERA' PER SEMPRE, BASTARDO.' Anche attraverso il mio minuscolo oblò riuscivo a distinguere denti come perline bianche, seni sfrontati che mi ammiccavano dallo scollo sfilacciato e distorti dalla convessità dello spioncino, ginocchia sporche e polpacci non esattamente esili come dettava l'estetica moderna, ma ben piazzati, da maschio. La mia immaginazione torturata fece il resto.

Fingere di non essere a casa? Impossibile, doveva aver sentito i miei passi in avvicinamento. Mandarla via senza aprire? Impossibile, non volevo che i miei vicini udissero la sgarbataggine. Lasciarla entrare? Impossibile, in questo stato sarei stato capace di non limitarmi all'amore mentale, bensì di scagliarmi addirittura in...

-Salve, sono Nikki di PlanetAid. Posso presentarle le nostre attività di salvaguardia della natura?-

Credo fosse stata la spalla nuda e spigolosa, o l'abbozzo della cucitura sul cavallo dei pantaloncini che le tracciava una mansueta curva da un interno coscia all'altro ad avermi sottomesso ai miei istinti. Ora che la guardavo per bene, doveva avere probabilmente ventun'anni: a trarmi in inganno erano stati i suoi lineamenti così infantili. I capelli color sabbia erano ricci e legati in una coda molle, gli abiti trasandati, il volto sciatto, il portamento distratto,le guance rosee e paffute deliziosamente coordinate ad una boccuccia così piena che la mia mente iniziò a contorcersi in cerca di una scusa per farle pronunciare bene la parola 'uovo' o 'bacio'. Quello che invece tradiva la sua vera età celata in un corpo trasudante maturità di forme erano piccoli dettagli --lo smalto acceso, la perla all'orecchio, le scarpette stile Mary Jane's con il cinturino e lucidate a specchio, il braccialetto d'oro, l'ombretto steso sapientemente-.

Nikki era senza fiato, non so se per le scale oppure per il caldo, dunque con la mia solita premura e galanteria le offrii innocentemente un bicchiere d'acqua in cucina, ove mi avrebbe anche potuto illustrare le iniziative di PlanetAid con calma.

Accettò l'invito con gratitudine, anzi con sollievo, e non smise per un attimo di trillare informazioni sull'organizzazione, atteggiando le labbruccia rosse in mille smorfie diverse: la ammiravo di sottecchi, senza ancora attentare a nulla di serio, mentre versavo sorridendo --o ghignando?- dell'acqua per entrambi. Mentre descriveva come la foresta dell'Amazzonia venisse brutalmente abbattuta per ridurla in piantagioni, intrecciò le dita nei riccioli insabbiati per raccogliersi nuovamente i capelli in un nodo: il movimento le movimentò l'intera maglietta sbrindellata, donandomi una commuovente panoramica del suo petto attraverso la manica assente. Nikki non portava il reggiseno, e i suoi seni erano talmente golosi che erano muffin e ciambelle e biscotti di panpepato e paste frolle e meringhe e marzapane; i suoi capezzoli arrossiti invece erano canditi e praline e amarene sciroppate e scagliette di cioccolato e confetti rosa.

Iniziai a non ragionare più correttamente: la mia bramosia scalpitava per essere sguinzagliata su questa Nikki così appetitosa, ed ero costantemente sul punto di strapparle aperti i pantaloncini con il pensiero, di annusare il profumo della sua eccitazione aleggiante sulle sue mutandine --ammesso che le portasse-, di farle capire quanto fosse incontrollabile la mia voglia del suo sesso caldo e stretto e bagnato e morbido e Basta.

Non potevo. E non potevo perché adesso anche solo sfiorarla con il pensiero sarebbe stato un gesto talmente carico di intensità per colpa dell'astinenza che Nikki avrebbe rischiato di divenire subito ricettiva alle mie attenzioni e di spaventarsi.

E io non volevo che si spaventasse. Dovevo darmi una calmata.

Mi volsi per riporre la bottiglia nel frigorifero --e per occultare l'erezione vistosa anche attraverso i pesanti jeans- ed allora, allora lo sentii.

Fu come se qualcuno mi avesse appena sollevato un lembo della camicia per toccare fugacemente, in punta di dita, uno ad uno i nei sulla mia schiena. Percepii distintamente la lieve pressione come di polpastrelli sudati sulla mia pelle e la sensazione fu talmente inaspettata che la bottiglia che stavo rimettendo al suo posto scivolò di mano, frantumandosi al suolo in mille pezzi e gocce. Sommergendomi di scuse, mi affrettai a rimediare al disastro con spugna e paletta mentre la ragazza si offriva gentilmente di darmi una mano. Mentre la invitavo a non preoccuparsi assolutamente ma anzi di proseguire con la descrizione di PlanetAid, la mia mente girava come una trottola in cerca di spiegazioni: dovevo semplicemente aver immaginato il tutto, troppo preso a cavalcare l'onda delle mie fantasie spericolate. In quel momento percepii la sensazione come di un coccio di vetro gelido che mi veniva passato con leggerezza assoluta sul retro del collo: il mio intero corpo esplose in un brivido di eccitazione e curiosità, ed un istante dopo sentii la voce di Nikki.

-Ebbene, intende dare un contributo?-

Mi sollevai dal pavimento bagnato per guardare oltre la ragazza che mi porgeva un mazzetto di cartoline con il logo di PlanetAid timbrato su ognuna: nei miei pensieri le allargai lo scollo della maglietta, giusto abbastanza per seppellire il mio viso nell'incavo del suo collo e respirare pesantemente sulla sua pelle saporita. La vidi irrigidirsi, ma non si sottrasse al mio tocco mentale con moti di insofferenza o incomprensione: la sua pelle calda si lasciava ammaliare docilmente dalla mia bocca. La mia fantasia iniziò a sbrogliarsi, e stavolta insinuai le mie mani attraverso le maniche della sua maglietta e modellarle sulla superficie accaldata della sua schiena, alternando il premere all'accarezzare.

Nikki si era immobilizzata, ma ancora non si dimenava sulla sedia in preda alla sensazione a cui non riusciva a ricollegare una causa o una fonte. Si godeva semplicemente il tocco mentale lasciato dalle mie dita che le sfilavano la maglia e si racchiudevano attorno ai suoi seni, quasi come se intendessi proteggerli. Mentre la mia bocca schiusa calava sulla dolcezza del suo capezzolo, il tocco che prima mi aveva preso di contropiede tornò a manifestarsi sotto forma di una salda presa che mi strappò la camicia aperta sul petto, facendone saltare via tutti i bottoni come grilli in un prato. Sentivo unghie graffiarmi piano gli avambracci e un corpo caldo e slanciato premere contro il mio, sfregandosi con indulgenza sui miei pettorali scoperti. Stavo baciando la linea immaginaria che parte dal mento e scende attraverso la valle tra i seni, oltre la piccola conca dell'ombelico e fino alla docile pendenza dell'inguine con foga crescente: la sensazione di mani che tracciavano lo stesso percorso sul mio corpo era pure quasi violenta per l'intensità...

In quel momento alzammo entrambi gli occhi di scatto, mettendo a fuoco il volto arrossato dell'altro e il respiro avido: era come cogliere sul fatto qualcuno intento a cogliere te stesso sul medesimo fatto.

La comprensione lampò su entrambi ad esattamente lo stesso momento: Nikki, per qualche strana coincidenza, possedeva il mio medesimo dono. All'intesa seguì l'irruenza che le piacque non poco, a giudicare dalla forza con cui le sue cosce di serrarono attorno alla mia vita quando l'afferrai per i fianchi e la sbattei con irruenza sul ripiano da cucina, baciandola con il trasporto che solo una settimana di reclusione dal mondo femminile può conferire a una bocca.

Era difficile distinguere tra quello che compivamo con il pensiero e quello che effettivamente stavamo facendo come disperati nella mia cucina. Sono sicuro che mentre le stracciavo i jeans di dosso, insinuando le mie mani sudate nella sua intimità e grattando petulantemente alla seta fradicia dei suoi slip, stessi contemporaneamente nel pensiero impastandole alacremente con le labbra inumidite un capezzolo confettato. Allo stesso tempo mentre vedevo le lunghe gambe di Nikki aprirsi per me e la sua salda presa attorno alle mie natiche ora scoperte guidarmi entro le saporite profondità del suo sesso, percepii distintamente i suoi dentini mordicchiarmi mento e labbra con cattiveria.

La nostra foga rovesciò bicchieri e piatti impilati sul ripiano: solo quando un mio ennesimo violento affondo fece esplodere un sacchetto di sale o zucchero per l'improvvisa pressione contro la schiena di Nikki la sollevai dal disastro e la tenni in braccio così sospesa, avvinghiata e ondeggiante attorno al mio corpo. Eravamo furenti. I nostri furono due irati orgasmi --uno fisico e l'altro mentale- che trapassarono simultaneamente i nostri corpi da sesso pompante e ondeggiante a gola ansimante e urlante.

Non sono un naturale decantatore del dopo-sesso, del momento in cui ogni lei brama coccole e cioccolatini e ogni lui sogna sonno e televisione. Quando il tuo compito è amare di nascosto ogni donna, non ti rimane più nemmeno il rimorso di non poter dedicare a ciascuna un doverosa e meritata carezza.

Fu invece proprio Vivienne ad insegnarmi l'importanza del silenzio e dell'abbraccio dopo aver consumato la passionalità, il momento forse più intimo del sesso stesso in cui giacciamo intessuti l'uno nell'altra a respirare pesantemente, a scorrere le dita sul volto dell'altro. Vivienne mi ha insegnato "sois charmante et tais-toi, perché a la donna piacia". Vivienne mi ha insegnato a voler bene.

Non ho mai smesso di cercarla in ogni donna che abbia mai amato con il pensiero.

Nikki mi chiese di usare il bagno e mentre lei probabilmente si spazzolava lo zucchero dai capelli e si sistemava i pantaloni come meglio poteva, io raccolsi i cocci delle mie stoviglie infrante dal pavimento.

Il rumore del vetro che scricchiolava nella pattumiera coprì il suono della porta d'ingresso che si chiudeva di nascosto alle sue spalle.

Ho passato il resto del mio ultimo giorno di ritiro a pensare a Viv ed a scrivere in questo diario, ancora inebriato nella mente e nell'inchiostro dal profumo di donna aleggiante per la mia casa.

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