A... A... A...

Informazioni sulla Storia
Mi sembra che sia in un libro...
3k parole
4.04
18.3k
00
Storia non ha tag
Condividi questa Storia

Dimensione del Font

Dimensione Carattere Predefinita

Font Spaziatura

Predefinito Font Spaziatura

Font Face

Carattere Predefinito

Tema di Lettura

Tema Predefinito (Bianco)
Devi Login o Registrati per salvare la tua personalizzazione nel tuo profilo Literotica.
BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui
ULISSE
ULISSE
18 Seguaci

Mi sembra che sia in un libro di Massimo Bontempelli che si parla di un evento che si ripete nel tempo, a distanza di anni, con modalità che poco o nulla differiscono tra loro.

Continuità del destino?

Sequenza comportamentale rispondente alla natura? A una devianza?

Una indagine sul perché e sul come aprirebbe una disputa infinita, anche e soprattutto perché ognuno parte da una sua propria verità, non da quella oggettiva.

Non ci resta, allora, che considerare il quando; cioè le circostante che determinano l'accadimento. Si potrebbe dire determinazione della causa scatenante.

Forse non è esatto ritenere che la 'causa scatenante' sia sempre differente. Anzi, sono convinto che sia sempre la stessa. No, non è una idea fissa, maniacale, morbosa. E', invece, una spinta naturale. Ancor meglio: una necessità naturale.

Prendiamo ad esempio la sete.

E' naturale aver sete, e più passa il tempo senza bere più se ne ha. Di conseguenza, se quando la necessità non è impellente si va alla ricerca di una fonte limpida e fresca, di bevande gradevoli e frizzanti, a mano a mano che cresce la sete, la pretesa qualitativa va sempre più scemando e ad un certo momento se non trovi neppure una pozza, anche se torbida e sgradevole, finisci col bere l'unico liquido che tu stesso produci.

Autosoddisfacimento.

Ma questa è proprio l'ultima spiaggia.

Poi c'è il desiderio di 'assaggiare'.

Si svolge un colloquio, in noi.

'Io un goccetto di quella bevanda me lo farei proprio.'

'Ma nella cantina di casa tua c'è di meglio.'

'Si, ma adesso la porta della mia cantina è chiusa. La serratura è guasta.'

'Aspetta... non morirai...'

'Ma no, la voglio assaggiare. Chissà come è!'

Io questo dibattito interiore l'ho superato da tempo.

Sete o non sete, quando sono convinto che una 'assaggiata' valga la pena, non me la lascio scappare.

A parte che non mi sovvengono pentimenti per ciò che ho fatto, in materia, non mi sembra di aver rinunce da rimpiangere.

Prima si accennava alla 'causa scatenante', e si è detto che è sempre la stessa, ma a ben pensarci anche l'occasione è sempre stata identica. Nel mio caso.

^^^

Ho già detto di quella volta che, lasciata Daria, mia moglie, in clinica, nell'imminente nascita del primogenito, tornato a casa, ospite della suocera quarantasettenne, il primo pensiero fu di rovesciarla sul letto, con dolce violenza, sfilarle le mutandine, farle fare conoscenza della mia vibrante lingua, dovunque, mettere le sue belle gambe sulle mie spalle, e infilarglielo il più possibile.

Erano diversi giorni di... digiuno... per me, figurarsi per lei, e la 'matusa' non disdegnò l'omaggio. Piuttosto lo gradì moltissimo, lo gustò avidamente, manifestò l'apprezzamento con sussulti e gemiti, e lo munse fino all'ultima goccia, ingordamente. Quando si accorse che ce n'era ancora, vi si impalò voluttuosamente e lo lasciò, a malincuore, solo dopo averlo ridotto ai minimi termini.

Ada, si chiama così, si dimostrò appassionatamente scatenata, e mentre andava al bagno, per ovvi motivi, certo si augurava che l'assenza della figlia durasse lungamente, senza auspicarle, però, complicazioni. Che bello, poi, che il marito, chirurgo, era alle prese con una delicata e lunga operazione. Sperava che ne avesse tante anche nei giorni successivi.

Ada!

A scuola la maestra diceva spesso: 'cominciamo dalla A'!

Ne valeva certamente la pena, quella pompa aspirante, ma dopo il ripristino della normalità coniugale, cercai di farle proseguire quella terapia di 'mio-duro a spinte', senza particolare frequenza. Non sapeva come fare per attrarmi. Credo che prima di ogni incontro, difficile per tempo e luogo, leggesse attentamente il Kamasutra ed altre pubblicazioni del genere.

Un giorno disse che aveva deciso di 'donarmi una primizia'. A quell'età, da lei mi attendevo più un frutto 'serotino' che qualcosa di primaticcio. Invece si trattava di quello che, per convincimenti vari e una mala intesa moralità, aveva sempre serbato con grande cura: il suo portentoso, stuzzicante, appetitoso, stimolante buchetto nascosto tra eccezionali e spettacolari chiappe.

Non sono scortese: un dono non si rifiuta mai, specie da una signora. Fu onesta, però,e disse, dopo, che quella cosa le era piaciuta da morire. Una sensazione divina. Era nel contempo, stantuffata posteriormente, titillata sul davanti, con tanto di palpeggiamento delle tette. Un orgasmo del genere non se l'era mai sognato.

Il giorno dopo, inoltre, trovò il modo per sussurrarmi che l'evento non aveva lasciato il benché minimo fastidio. Un modo gentilissimo per invitarmi ad ulteriori analoghe esplorazioni in profondità.

^^^

Quattro anni dopo Daria, che è sempre mia moglie, Ada aveva dato alla luce un'altra figlia. Battezzata con un nome che per sua fissazione comincia per 'A', come il suo: Augusta.

Niente di particolarmente eccezionale, a parte un perenne atteggiamento di superiorità. Non nei mie confronti, però. Comunque una giovane ragazza, elegante curata nella persona, un po' affettata nei modi, e convinta di essere una bellezza e una intelligenza eccezionali.

La circostanza 'nascita' si ripeteva.

Daria era nella stessa clinica dove era nato il nostro primogenito, e per lo stesso motivo.

Il piccolo Gigi, mio figlio, ed io eravamo ospiti dei nonni.

Ada era andata dalla imminente partoriente, Gigi era uscito con la tata, la colf era al mercato, il suocero, tanto per cambiare, all'ospedale, e Augusta nella sua camera.

Bussai alla sua porta, nessuna risposta.

Spiai (lo so che non si fa, lo so) attraverso il buco della serratura.

Era sdraiata sul letto, discinta, con le ginocchia alzate, i piedi poggiati sul tallone, le gambe divaricate e mentre con una mano si capiva che stava strofinandosi vigorosamente tra le gambe, con l'altra si tormentava il petto. Ebbe un sobbalzo, chiuse le gambe trattenendo la mano, si voltò su un fianco, volgendomi il sedere.

Tutt'altro che disprezzabile: bello, tondo, ben disegnato. Anche le tette, del resto erano floride e sode.

Hai capito la piccola?

Dick (io lo chiamo così, come lo ha battezzato Daria) alzò subito la testa, interessato.

Abbassai la maniglia, lentamente, senza far rumore, mi avvicinai al letto. Aveva gli occhi chiusi, il respiro affannoso. Allungai cautamente la mano, le sfiorai delicatamente la natica. Tiepida, liscia, vellutata. Voltò appena la testa.

"Sei tu!"

"Aspetti qualcuno?"

"E' da molto che sei entrato?"

"No, in questo momento."

"Perché non hai bussato?"

"Veramente... veramente..."

Alzai le spalle e le dissi che non lo avevo fatto perché soprappensiero.

Seguitavo a carezzarla. Non si mosse. Sedetti accanto a lei. Passai lentamente la mano dall'altra parte, sul grembo. Riccioli di seta, morbidi... cercai di introdurmi tra le gambe... una piccola, breve resistenza, poi l'accolse, con un fremito che la percorse da capo a piedi. Le dita erano tra le sue grandi labbra, oltre. L'ingresso della vagina era umido e vibrante. Piccole contrazioni che serravano il mio dito che si inoltrava in essa. Il pollice le titillava il clitoride. Il ventre sobbalzava. Si mise supina. Mi chinai sulla sua bocca, la baciai ardentemente, ricambiato con voluttà, la mano le stringeva il petto, i capezzoli. Fu scossa da un tremito, gemeva dolcemente, lentamente, come un lungo, incessante lamento. Fu travolta, sconvolta, da un orgasmo che la fece sussultare. Giacque come senza vita, ansante, con gli occhi chiusi, abbandonata.

Dick era impazzito. Non poteva restare nella sua tormentosa prigione. Lo liberai. Anzi, pensai proprio di levare i pantaloni e il boxer.

E se tornava la colf?

Andai a chiudere la porta a chiave.

Tornai verso il letto, le divaricai leggermente le gambe.

Era bella Augusta, così, sfinita, col volto acceso, le labbra dischiuse. La sua camicia era spiegazzata. Anche la mia rischiava di fare la stessa fine, perciò la tolsi. E riuscii anche a farle sfilare la sua, dalla testa.

Era nuda.

Non resistei a baciarle il petto, a succhiare i capezzoli.

Sentii la sua mano che mi carezzava, che scendeva... fino ad afferrare ciò che cercava, il mio sesso palpitante. Ne profittai per mettermi su lei. Lei condusse il mio glande alla vagina, inarcò la schiena, sollevò il bacino, mi venne incontro mentre la penetravo in preda a una eccitazione indescrivibile. Era calda. Mi stringeva, lo stringeva. Mi invitò, con le labbra, a baciarla. Si muoveva divinamente. Ecco, stava di nuovo per raggiungere l'orgasmo... anche io... insieme... no... prima lei... meravigliosamente... si rilassò di colpo... e mi strinse fortemente in lei quando sentì il caldo torrente del mio seme che dilagava in lei.

Augusta, la seconda 'A' di quella casa.

Non fu facile rallentare gli incontri, neppure quando sposò Vincenzo; neanche dopo la nascita di Allegra, sua figlia. Nome voluto dalla nonna, stessa iniziale, 'A'.

^^^

Il tempo trascorre, più o meno veloce, a seconda dell'età.

In genere ce ne accorgiamo solo quando il bambino è divenuto adulto. Tuo figlio si è sposato, sta per diventare padre, a sua volta. Si, sarai nonno.

Nicoletta, la moglie di Gigi sta per partorire. Ha telefonato a Daria, la suocera, dalla cittadina del nord dove risiedono, lei e il marito, per motivi professionali. E' passato un anno da quando sono sposati.

Non é necessario, ma Daria ha deciso di andare dalla nuora (forse sarebbe più esatto dire dal figlio). Non può lasciarla sola proprio in quel momento. Farle notare che ad assistere Nicoletta c'è sua madre non serve a niente.

"Ti prego, prenota subito l'aereo...accompagnami all'aeroporto... no, non dire niente a Gigi... prenderò un taxi da Orio..."

Tutto questo mentre stava preparando la valigia.

Sempre indaffarata, e senza darmi tempo di inserirmi nel suo soliloquio, seguitava:

"Tu, Piero, non ti preoccupare... c'è Franca, la colf, e poi, Augusta abita al piano di sotto..., sono sicura che ti inviterà sempre... Tu, intanto, puoi aiutare Allegra che sta preparando il primo esame all'università... è facile... lo so... ma lei è così timida... e poi ti ammira tanto... dice sempre che spera che tu la accolga nel tuo studio...

Piero? Hai prenotato?"

"Si, cara, parte alle 19,50 dall'aeroporto. Dopo un'ora dovresti essere a Orio..."

"Perché 'dovrei'?"

"E' sempre un volo, cara..."

"Spiritoso! Ti piacerebbe, eh?"

Daria si affrettò a informare la sorella della sua assenza.

Augusta mi invitò per la cena.

Il volo partì in orario.

Tre quarti d'ora dopo sedevo a cena, con Augusta, il marito, Allegra.

Ad un certo punto trillò il mio cellulare. Chiesi scusa, mi alzai, andai in un angolo della sala, vicino al balcone.

"Piero? Devo darti una brutta notizia... sono arrivata sana e salva, sono in taxi... ho telefonato a Gigi... mi attendono!"

"Raccomanda all'autista di guidare con attenzione... gli incidenti stradali non mancano... lo sai che la speranza è l'ultima dea..."

Ci salutammo.

Dissi agli astanti che tutto andava per il meglio.

Allegra servì a me e Carlo un 'Porto', in salotto.

"Zio, se hai tempo, domani, puoi sentire un po' se sono pronta all'esame? Una ripassatina con te, sono certa, non mi farebbe male."

"Certo. Se non sei stanca potremmo fare per dopo cena."

"Domani sera papà e mamma sono dai Danieli, io mangerò un tramezzino, dopo aver studiato... va bene."

"Facciamo così, ci andiamo a fare una pizza e dopo, a casa, per la 'ripassatina'."

Allegra non era una pin-up, ma a meno di diciannove anni, e così aggraziata, era un bel bocconcino. Una bella ragazza, in fondo, con un corpicino proporzionato. Belle tettine, splendide gambe, e un culetto da azzannare. Il visetto un po' 'comune' senza particolare espressività. Comunque una 'ripassatina' gliela avrei data volentieri.

^^^

Pizza e birra. Nella pizzeria all'angolo della strada.

Molta gente, anche troppo chiassosa. Vocio, incrociarsi di ordinazioni. Dal tavolo accanto, dov'erano diverse coppie di mezza età, giungevano barzellette abbastanza 'osé'. Allegra, che le seguiva con l'orecchio teso, ogni tanto sorrideva. Anche io mi dimostrai divertito. Eravamo una strana coppia: io oltre i cinquanta, lei meno di venti!

Tra l'altro, mentre quasi tutte le ragazze erano in jeans e ombelico al vento, anche con qualche piercing, Allegra indossava una mini e una blusetta. Evidentemente cercava di mostrare le belle gambe, per compensare la limitata avvenenza del volto.

Ad un tratto, forse per saggiare una mia eventuale reazione, le venne in mente di chiedermi se sapevo la barzelletta sull'esame di diritto.

Ma Allegra sapeva bene che io sono uno zio sui generis, cerco di abbattere ogni distanza, di mostrarmi meno vecchio, di considerarla meno giovincella.

Lei mi diceva spesso che ero un 'volpone' sempre a caccia di pollastrelle; io mi complimentavo per il suo vestire, per la sua procacità, soffermandomi alle sue piacevoli attrattive.

"Sentiamo la barzelletta, Allegra!"

"Al primo esame, a Giurisprudenza, il professore interroga una ragazza molto appariscente e sofisticata, con occhi sognanti che sbatte spesso.

'Allora, signorina, -le chiede- mi sa dire la differenza tra diritto e fatto?'

La ragazza lo guarda, un po' imbambolata.

'Professore, quando è diritto non è fatto... e quando è fatto non è più diritto.'

Il professore la guarda. Serio.

'Questo, logicamente, signorina, secondo la giurisprudenza del suo foro!'"

La sapevo, ma risi lo stesso, compostamente.

Allegra scelse una macedonia con gelato, io preferii un caffè.

Era una serata abbastanza fresca. Decidemmo di giungere fino alla piazza, prima di tornare a casa. Non c'era molta gente per la strada. Al ritorno, posi una mano sulla spalla di Allegra. Si appoggiò a me, coprì la mia mano con la sua. Infilai le dita nella scollatura. Pelle lisca, serica, tiepida. Cercai di scender ancora, di infilarmi nel reggiseno. Non era molto facile. Pensai di cingerle la vita. Sarebbe stato più agevole sfiorarle il petto. Pronto a una precipitosa e opportuna ritirata. Ecco, carezzavo, timidamente, da sopra la blusetta, la sua tettina. Tonda, soda. Mi eccitavo. Percepivo il capezzolino, riuscii a prenderlo tra le dita. Una piccola fragola. Eccitazione sempre maggiore.

Eravamo al portone. Entrammo.

Ascensore.

"Pensi sempre alla 'ripassatina', Allegra?"

"Se vuoi."

La voce era calda, un po' roca.

"OK, vieni da me."

Spinsi il pulsante del piano dov'è il mio appartamento.

Allegra mi prese la mano, la baciò sul palmo, la portò sul petto.

Al piano. Usciamo, apro l'uscio, entriamo, accendo la luce, chiudo la porta.

Sono dibattuto tra mille confuse idee.

Allegra è una ragazzina.

A me, però, mi fa eccitare da morire.

E se poi mi ride in faccia?

Allora, perché mi ha baciato la mano, se la è messa sul petto?

Tiro un lungo respiro.

Mi accorgo che ci teniamo per mano.

Devo essere proprio ridicolo!

Andiamo nel mio studio.

Rimaniamo in piedi, vicino alla scrivania. L'uno di fronte all'altra.

Sono molto più alto di lei.

Allegra è una deliziosa bambolina.

Ora il suo viso è bello, ha una luce nuova, strana, maliosa. E' bellissima...

L'abbraccio... alza il viso verso me, le labbra appena dischiuse...

La bacio, ricambia appassionatamente... quasi si aggrappa a me... sento il suo piccolo ventre... preme sulla mia patta rigonfia... Scendo a baciarle la gola... slaccio la blusetta... quasi strappo il reggiseno... le due piccole incantevoli tettine sono lì... frutto delizioso, appetitoso, stimolante...

Bacio il capezzolo, lo lambisco con la lingua...intorno... lungo l'areola, poi lo prendo tra le labbra... lo succhio... dolcemente... lungamente...

Allegra trema, il suo respiro diviene ansante, le nari fremono... si dilatano...

Metto una mano sotto la corta gonna... afferrò i suoi glutei. Piccoli, sodi, nervosi, che si contraggono al tocco delle mie dita... Indossa un perizoma: una stretta strisciolina tra le natiche, la scosto con le dita. E' bagnata...

Riprendo a baciarla, la lingua le fruga la bocca, lei la succhia, avida.

La prendo in braccio... andiamo nella camera da letto. La depongo sul letto. La blusa sbottonata... il seno nudo... Alzo la gonna, sfilo il minuscolo indumento che tenta di celarle il pube... ecco i suoi riccioli neri... il suo sesso... mi abbasso a baciarlo, a lambirlo... trovo il clitoride, piccolo picciòlo che s'erge, l'ingresso rorido della sua vagina... lambisco... lentamente... insistentemente... la mia lingua entra in lei, la fruga, insiste... Il suo grembo sussulta... sempre di più... non si trattiene, ora, geme... è scossa dalla voluttà... travolta dall'orgasmo che la pervade. Le sue mani stringono la mia testa, versò sé, freneticamente.

"Oooooooooh......zio....oooooh!"

Giace senza forze.

Il mio sesso soffre, compresso nei pantaloni.

Mi guarda, comprende cosa i miei occhi le dicono, le chiedono.

Annuisce.

Mi alzo per liberarmi dai vestiti che mi soffocano, mi tormentano...

Lei, intanto ha tolto tutto: è incantevolmente nuda.

E' proprio così: una bambolina. Meravigliosa. Ho quasi paura di poterle fare male.

E' di traverso, sul letto. Il bacino sulla sponda, le gambe pendenti, le mani dietro il capo. Mi guarda.

Il mio fallo pulsa, è prepotentemente eretto; il glande è paonazzo.

Mi avvicino piano... con dolcezza prendo le sue gambe e le poggio sulle mie spalle. Mi chino. Lo spettacolo del suo sesso divaricato, delle piccole rosee labbra, beanti, che si offrono e attendono impazienti, è splendido, favoloso... Poggio il glande all'ingresso della vagina. E' umida, liscia, scorrevole. Entro lentamente in lei, senza alcuna difficoltà. Si spalanca a mano a mano che la penetro e si richiude voluttuosamente sul mio sesso.

Comincio un deciso e calcolato movimento 'dentro-fuori' che asseconda e favorisce con naturale entusiasmo, con piacere. Leggo il godimento nel suo volto. Ora è incantevole, e aumenta la mia eccitazione, sempre di più. Sembra trascolorare. E' estatica. Riprende il suo lungo gemito. Ora più insistente...

Per un istante, e solo ora, penso che non le ho chiesto se prende la pillola, se....

Non posso fare niente, Allegra è scatenata, non ha requie...

"Aaaaaaaah..... aaaaaaah... eccomi...... eccomi..... eccoooooo!"

Abbassa le gambe, sui miei fianchi, incrocia i piedi sul mio dorso. Mi stringe appassionatamente a sé; appassionatamente... non posso fare nulla... il mio seme dilaga in lei, impetuoso, inarrestabile.

Mi sdraio sul letto, la prendo tra le braccia.

Sale su me, la piccola deliziosa bambola.

Sento i suoi capezzoli sul mio petto; l'umido dei suoi riccioli pubici, del suo sesso, sulla pancia. Mi carezza. Mi bacia.

"Che bello, zio... che bello...."

Le carezzo la schiena, le natiche... lei sente che non tutte le mie forze sono esaurita. La sua giovinezza si è trasmessa a me. Il mio sesso rifiorisce... Lo sente... Si appoggia sulle ginocchia, lo afferra, si solleva, lo porta alla sua stillante vagina, vi si impala. Fin dove può. E comincia ondulare, in una voluttuosa danza del ventre, che mi spreme, mi munge... e la fa ancora godere, di nuovo.

Sono completamente confuso.

Una sola cosa mi frulla nella testa: Ada, Augusta, Allegra...

A. A. A.

^^^ ^^^ ^^^

ULISSE
ULISSE
18 Seguaci
Per favore, dai un voto storia
L’autore apprezzerebbe un tuo feedback.
Condividi questa Storia