Liza

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My sister in law.
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Quando Tecla ed io ci siamo sposati Liza, ultima sorellina di Tecla, nata dopo dieci anni da Carla, aveva un anno.

Per la verità, non ho mai creduto che i miei suoceri avessero 'voluto' Liza, come affermavano, ma che quel bambolotto roseo era il frutto dell'errata certezza, che Marta, mia suocera, avesse superato il periodo di fertilità. Non riesco a capire come potevano ritenere che un bel tocco di donna, di appena 44 anni, florida e rigogliosa, non potesse più concepire, e questo solo perché 'quel mese' il ciclo non si era ripresentato.

Perché questa premessa?

Perché non c'era molta dimestichezza tra me e Liza. Abitavamo in città lontane molti chilometri, e non ci incontravamo spesso.

Sicuramente Liza era più vicina affettivamente a Mariella, mia figlia e sua nipote, che aveva due anni meno di quella che era sua zia.

Per me era un po' un'estranea.

Quel 4 luglio mi trovai per caso nella città dei miei suoceri. Ero andato per un convegno che mi interessava.

Il giorno prima Liza aveva saputo di aver superato brillantemente la maturità, a pieni voti, e festeggiava contemporaneamente il suo onomastico e l'esito scolastico. Avevo telefonato a Tecla, per consigliarmi sul regalo. Decidemmo per un 'punto luce'. Mi indicò la gioielleria e disse di andarci a nome del padre.

Non sono un esperto, in materia, mi affidai all'orefice che si disse amicissimo di mio suocero, e mi fece spendere una cifra abbastanza rilevante per un 'girocollo' d'oro bianco dal quale pendeva un diamante di 0.60 carati, VVS, F,... tutte sigle che a me non dicevano niente.

Quando consegnai l'astuccio a Liza, mi guardò con occhi pieni di gioia, e mi saltò quasi al collo, con un affetto fino allora mai manifestato.

"Ma è splendido, Piero, bellissimo, al di là di ogni aspettativa..."

E giù, un altro abbraccio!

Non la immaginavo così esuberante quella bambina. Sì, perché era una bambina un po' come Mariella. Una bella bambina di diciannove anni, e io ne avevo quasi cinquanta!

Ci fu una festicciola, tra amici.

Telefonò Tecla, parlò con la sorella, poi con me.

"Piero, ho sentito Tecla che è contentissima per il dono che le abbiamo fatto. Le ho detto di venire a stare con noi qualche giorno. Ti prego, insisti, vedi di portarla con te, è tanto tempo che non vedo la mia sorellina. E' bella?"

"Moltissimo, moltissimo... quasi quanto te..."

"Adulatore. Ma cerca di convincerla."

Liza, i miei suoceri, tutti accolsero con entusiasmo l'invito di Tecla. Io osservai che ero con l'auto, il viaggio sarebbe stato abbastanza lungo, mentre Liza avrebbe potuto prendere l'aereo e in poco più di un'ora sarebbe stata a Milano.

Niente da Fare. Liza, sola, in aereo, da Palermo a Milano? Neanche per sogno. Quale migliore occasione di viaggiare col cognato? Osservò mio suocera.

Insomma, due giorni dopo, poco prima delle dieci di sera, caricato il bagaglio di Liza nell'auto, ci avviammo al porto. Il traghetto partiva alle undici, e saremmo giunti a Genova l'indomani alle sette del pomeriggio, poi da Genova a Milano. Insomma, una giornata intera di viaggio.

Per fortuna l'agenzia era riuscita a trovare due cabine singole, anzi, due suite singole, e, certo, non potevo farmi rimborsare dai suoceri quasi 300 euro del biglietto per Liza. La ragazza mi sembrava allegrissima, perfino eccitata. Mi disse che non aveva mai fatto un viaggio in mare così lungo. Quando entrò nella sua cabina, adiacente alla mia, rimase piacevolmente sorpresa.

"Ma è bellissima, Piero, bellissima.'

Lasciammo i bagagli, andammo al bar. C'era il solito movimento che precede ogni partenza. Ci mettemmo in un angolo appartato, sul divano. Liza volle una granita con panna, io chiesi un analcolico.

Dal posto dove eravamo si vedeva il molo, la gente che lo affollava. Poi, un lungo suono di sirena, l'inizio del pulsare dei motori, e la nave cominciò a staccarsi lentamente da terra, avviandosi al largo.

"Andiamo a vedere, Piero?"

"Certo."

Lasciai l'importo della consumazione sul tavolo, facendo un cenno al cameriere, ed uscimmo all'aperto. Ci avvicinammo alla ringhiera. Notte calma, serene.

Fu spontaneo mettere la mano sul fianco di Liza. Era caldo, morbido, piacevolissimo. La guardai di sfuggita, era veramente una bella ragazza, anzi una bella donna, un po' minuta, bruna, con lunghi capelli neri, e uno sguardo dolcissimo che mi rivolse con tanta tenerezza.

La strinsi a me. Si appoggiò a me, mise la sua testolina sulla mia spalla. Nel sollevare la mano, incontrai l'attacco del suo seno. Piccole e sode tettine, certamente non del tutto sviluppate, ma incantevoli al tatto. Vi indugiai un po' Non si mosse. Il dito si proteste alla ricerca del capezzolo: una piccola ciliegia che sembrò prendere vita.

Mi vennero in mente le parole del melodramma siciliano: 'O Lola che al di là della cammina, si' bianca e rossa comme 'na cirasa...' Bastava cambiare il nome, ed ero certo che anche Liza era bianca e rossa come una ciliegia, come quella che il dito sfiorava. Insomma, quella vicinanza mi infiammava, mi eccitava. Non era più la fanciulla quasi coetanea di mia figlia, quella, era una giovane femmina, calda e morbida, che aveva suscitato gli immaginabili naturali impulsi di un maschio ancora abbastanza in gamba.

La strinsi ancor più a me, le baciai i capelli.

La nave si allontanava sempre più dalla terra.

Liza ebbe come un brivido.

"Freddo?"

Mi guardò, sorrise.

"No."

Passai dietro lei, per ripararla col mio corpo dall'aria che la velocità stava facendo aumentare. Quella la scusa che inventai per me stesso. Stupidamente, perché il vento veniva di fronte:

Ciò che volevo era sentirla vicina. Il suo tondo e compatto culetto sul mio grembo che non riusciva, e non voleva, mascherare l'evidenza dell'eccitazione. Anzi, sia pure con cautela, mi strofinavo leggermente a quella meraviglia della natura, al sederino d'oro della mia cognatina. Ero tentato di afferrarle il seno.

Come avrebbe reagito?

Pensai a mio suocero che non ammetteva che la figlia viaggiasse sola, in aereo, per poco più di un'ora!

E le mani si poggiarono su quelle tettine.

Proprio come avevo immaginato al primo fugace contatto: piccole, sode, con capezzolini ipersensibili. Mi sembrò sentire le chiappette di Liza muoversi, ricambiare la carezza del contenuto della mia patta.

Mi venne spontaneo chiederle, sussurrandole all'orecchio, se le dispiaceva lasciare il suo ragazzo. Alzò le spalle, come a dire che non gliene fregava niente. Avvicinai di più le mie labbra al suo orecchio.

"Ti piace fare l'amore, Liza?"

Voltò appena il capo, per guardarmi, e con aria annoiata rispose che 'immaginava di meglio'!

Avrei voluto approfondire l'argomento, ma il meglio che seppi fare io fu di stringere le tette e cercare di inserire, più efficacemente, la bramosia del mio fallo tra le giovani invoglianti natiche della ragazza.

"Vuoi bere qualcosa?"

Mi guardò fissamente.

"Vorrei stare ancora un po' così... ti dispiace?"

"Tutt'altro."

Le mani le strizzarono il seno, il resto la cercò bramosamente. Non sapevo se illudermi o vergognarmi. Fui io, adesso, ad alzare le spalle. Vergognarsi? E di cosa? Come dovevo procedere? Pensai di abbassare una mano e carezzarle il pube. Si irrigidì per un momento, poi sentii che si rilassava e il grembo sussultava dolcemente. Quando, sia pure attraverso il leggero vestito, le dita sfiorarono le grandi labbra, le gambe di Liza si dischiusero un po' e il dito riuscì a infilarsi. Ma che fastidio la stoffa! Forse... però... dovevo provare a infilarle una mano sotto la gonna... e poi... Ma c'era sempre qualcuno che poteva vederci. Seguitai a strofinare, pian piano, e lei dimenava lentamente il bacino per accompagnare la mia carezza, grossolana ma non sgradita. Fu percorsa da un fremito, che mi trasmise, e temetti di non riuscire a controllare la tenuta delle mie seminali...

Aveva la voce strana, Liza, quando mi disse che voleva bere.

Non volle sedere, andammo al banco. Le proposi un lemon-gin. Accettò ma chiese poco gin. Ordinai la stessa cosa anche per me.

La vedevo pensierosa.

Le misi una mano sulla spalla.

"Qualcosa non va, piccola?"

Sorrise un po' malinconica.

"Va tutto bene. Benissimo."

Mise la sua manina sulla mia, per rassicurarmi.

Bevemmo le bibite, in silenzio.

Era quasi mezzanotte.

"Vuoi andare in cabina?"

Annuì.

Io sentivo l'assoluta necessità di una doccia fredda.

Aprii la porta della sua cabina. La climatizzazione era quasi perfetta.

"Hai bisogno di qualche cosa Liza?"

"Non so... devo vedere... aspetta un momento..."

Entrò.

"Vieni, Piero, aiutami..."

Entrai, chiusi la porta.

Si guardò intorno. Il suo letto era stato preparato, la copertina, leggerissima, era stata semiaperta.

Andò nel bagno, accese la luce, si trattenne un attimo.

Quando rientrò mi sembrava un po' triste.

"Ti spiace lasciare i tuoi, piccola?"

Risposa immediatamente.

"No... no..."

"Allora, perché quell'aria?"

Si strinse nelle spalle, sorrise.

Mi avvicinai a lei, l'abbracciai teneramente. Posai le mie labbra sulla fronte.

"Buona notte, piccola. Se hai bisogno di qualcosa picchia alla parete, io sono di là."

Si avvinghiò al collo, ricambiò il bacio, quasi sulla mia bocca.

"Non andar via subito, Piero, ti prego. Aspetta che io dorma..."

"Hai paura a restare sola?"

Annuì più volte.

"OK, piccola, mi seggo in poltrona e attendo che tu ti addormenti."

"Allora vado di là, a prepararmi per la notte."

Aprì una grossa borsa da viaggio, vi tirò fuori un qualcosa di rosa che non distinsi bene e andò nel bagno.

Sentii scrosciare l'acqua. Dopo un po' riapparve. Scalza, più piccina che mai, con addosso una specie di camiciola abbastanza corta, leggerissima, che lasciava nettamente vedere il minuscolo slip che indossava sotto.

Mi fece un segno di saluto con la mano. Si fermò un attimo.

Ecco, ora le tettine erano visibili, evidenti. Meno piccole di come mi erano sembrate al tatto, e i piccoli capezzoli spingevano la stoffa. Gambe snelle, splendide. E quel culetto, che tanto si era strofinato alla mia patta, che meraviglia, che visione incantevole.

Mi stavo di nuovo eccitando. Non potevo alzarmi dalla poltrona. Ci voleva una doccia! Mi venne spontaneo, naturale, tenderle la mano. Si avvicinò, la prese. Non mi sembra che la tirai verso me, ma fu come se lo avessi fatto: venne a sedersi sulle mie ginocchia. Questa volta, lo sentivo, le mie seminali sarebbero esplose! E quella straordinaria ragazza, quasi non bastasse, mise le sue braccia intorno al mio collo, poggiò la testolina sul petto.

Muovevo le dita delle mani, disorientato, non sapendo cosa fare.

Furono esse, le mani, a prendere l'iniziativa, a carezzarla, sempre più audacemente, a infilarsi sotto la leggera camiciola, stringerle le tette, introdursi nello slip, tirarlo giù, facilitate dall'alzarsi del culetto di Liza. La carezzarono ancora, disgiunsero delicatamente le grandi labbra, procedettero caute nel morbido tepore. Era bagnata. Titillarono il clitoride.

Non ne potevo più. Mi alzai, quasi di scatto, con lei tra le braccia e la deposi sul letto.

Mi inginocchiai, tuffai la testa tra le sue gambe, con la lingua che freneticamente la lambiva, la cercava, si intrufolava nella sua intimità, la sentiva pulsare, contrarsi, e cominciò a entrare e uscire, a sfiorarla, leccarla, con moto circolare, sentendola sempre più sussultare, gemere, poi sobbalzare, afferrarmi i capelli e stringere il mio capo tra le gambe che fremevano, sempre più incontrollatamente. Mi stringeva forte, molto forte, e sentii che il suo godimento stava distillando un acre ma delizioso balsamo sulla mia lingua, che non si arrestò, fin quanto non la avvertì che quasi si abbandonava senza forze, la piccola, affascinante, conturbante Liza.

Ebbi l'imperioso impulso istintivo di sbottonarmi i pantaloni, denudarmi, affondare in quel corpicino morbido e caldo, palpitante, il mio bramoso, smanioso e arrapato fallo... ma mi trattenni... era così piccola, delicata, fragile...

Mi sollevai un po', senza sapere cosa fare. Ancora.

Sedette sul letto, Liza, con occhi lucidi, come se avesse pianto, labbra frementi, nari dilatate. Mi guardò con un'espressione incantata nel volto. Sorpresa, meravigliata. Parlava interrotta dall'affanno.

"Ma è stupendo, sbalorditivo, eccezionale... Piero... sei bravissimo... Non sapevo che si potesse godere tanto..."

Cercai di mantenere il controllo.

"Mi avevi detto, dell'amore, che immaginavi di meglio...."

"Si... è vero... ma non sapevo che potesse essere così... Questo è un vero e proprio paradiso dei sensi... Sei un dio, Piero, un dio... invidio mia sorella..."

"Perché?"

"Perché non credo che uomini come te ce ne siano molti..."

"Sei molto cara, bambina mia... ma sono io che devo ringraziarti... sei veramente bella e.... piena di vita..."

Si sdraiò sul letto, con movimenti languidi, seducenti.

La carezzai teneramente.

"Vuoi provare a dormire?"

Scosse la testa.

"Tienimi stretta a te, abbracciami Piero... per favore..."

Mi alzai, levai la camiciola di cotone, spensi la luce centrale lasciando accesa solo quella sopra al letto.

Liza seguiva, curiosa, appoggiata su un gomito, i miei movimenti. Sedetti sul letto, per togliere il resto. Avevo un certo senso di pudicizia nel mostrare l'evidenza della mia eccitazione. Il fallo si ergeva, arrogante, come un bompresso vibrante. Mi voltai su un fianco, verso lei... Quel 'coso' andò a batterle su un fianco. Lei allungò la mano, lo afferrò, con decisione e nel contempo delicatamente. Cominciò a carezzarlo.

No, così non poteva durare. Io dovevo scaricarmi. In lei... dove? Nella sua piccola bocca? Nel suo grembo? Non ne potevo più...

Ancora qualche carezza e....

Afferrai di colpo il boxer che avevo gettato per terra, e feci appena in tempo ad avvolgervi il glande, mentre erompeva il seme troppo a lungo trattenuto...

Liza pose la sua manina sul boxer...

"Che bello, Piero.... Sei contento?"

"Come si può essere contenti di un surrogato, un ripiego...."

Quasi salì su me, mi prese il volto tra le mani, mi baciò.

"Ti capisco, amore mio... ti capisco... ma.... Io non prendo la pillola...."

"Ed io ho il rimedio."

Balzai in piedi, mi avvicinai ai pantaloni, armeggiai, tirai fuori una confezione di profilattici. Tornai a sedere sul letto. Ne infilai uno.

Liza guardava, con una certa sorridente curiosità.

"Non farmi male, Piero, ti prego... sei così... abbondante..."

"Sono normalissimo, bambina bella..."

"Non lo so... ho un senso di titubanza, ma nel contempo ne sono irresistibilmente attratta.... Ti voglio e... ti temo..."

"Facciamo così... conduci tu... io mi sdraio..."

Mi misi supino. Le parole di Liza mi avevano alquanto turbato. Credo, anzi sono certo, che quell'imprevista e inattesa eccitante parentesi mi aveva provocato una di quelle erezioni che i francesi chiamano 'monstre', non per le dimensioni che, ripeto, sono normali, ma per la insolita robustezza, come un obelisco a sfida del... tempo.

'Obelisco'.

Liza era inginocchiata sul letto e 'lo' guardava con evidente approvazione. Poi volse gli occhi su me, sorridendo.

"Ma è un obelisco, Piero, un poderoso e monolitico obelisco... mi ricorda la lezione della mia prof di storia dell'arte: l'Obelisco Laterano a Roma è il più alto, grande e tra i più antichi in assoluto del mondo intero... che ne dici se lo chiamo 'laterano'?"

Anche nella mia mente affiorarono ricordi scolastici, ma soprattutto goliardici. Ricordai che 'later' significa anche 'sbarra' che vicina ad 'anus' assume un significato ben preciso. Fu spontaneo carezzare il culetto di Liza che, sempre con espressione titubante ed esitante, allargò le gambe e si mise a cavalcioni, sorreggendosi sulle ginocchia. L'obelisco le sfiorava il grembo.

Beh, certo, pur non essendo sproporzionato, vicino a quel corpicino le arrivava all'ombelico. Infatti, Liza col palmo della mano lo strinse al suo ventre e... lo misurò. Strinse le labbra e alzò le spalle.

Sottovoce, come se parlasse a sé stessa, sussurrò un 'vediamo' che mi sembrò una speranza, più esattamente un augurio.

Rimasi fermo, come avevo deciso, ma impaziente. L'eccitazione mi stava logorando, distruggendo. Quello spettacolo, il caldo di quelle chiappette sulle mie gambe, quelle tettine... insomma il mio controllo stava cedendo... mi veniva in mente di afferrarla, gettarla sul letto, infilarglielo dentro con veemenza e scoparla gagliardamente...

Sollevò il bacino, afferrò il glande, lo portò all'ingresso rosa, umido e caldo della sua vagina. Il serbatoio del profilattico pendeva da una parte.

Il glande sentiva le contrazioni di quell'entrata palpitante, una meravigliosa dolce guaina che lo stringeva e lentamente si dilatava per consentirne l'accesso. Si abbassava lentamente, Liza, con il labbro inferiore stretto tra i denti, impegnata in quello che per lei era un esperimento.. Questione di secondi, ma intanto pensavo 'come cavolo scopa col suo ragazzo'? Mi ripromettevo di chiederglielo.

Liza, però, tenace, seguitava a impalarsi, e il suo volto mutò, andava esprimendo una piacevole meraviglia, un incantevole compiacimento.

Il 'coso' aveva toccato il fondo della faretra, la capocchia strusciava sull'utero. Liza spostò il bacino lentamente indietro, guardò quanto del 'coso' era rimasto fuori, non molto, e annuì. Mi guardò. Una bambina, una birichina anche in quell'occasione. E lui, il 'coso' che non riusciva a stare fermo.

Le afferrai le natiche e la tirai dolcemente verso me, la allontanai, la tirai ancora... poi non ce ne fu più bisogno, operò lei, splendidamente, un andare e venire dapprima lento, poi sempre più celere, fino a divenire frenetico, un galoppo sfrenato, con le mie mani che ghermivano le tette, titillavano i capezzoli, poi una mano tra le natiche, il dito che vellicava il buchetto vibrante, e lei che gemeva, sempre più rocamente, sempre più forte. Poi, sussultando incontrollatamente, si gettò su me, gorgogliando suoni senza senso, mi afferrò il volto, quasi mi morse le labbra, e sentii il suo grembo mungere voluttuosamente il mio fallo che rispose riempiendo con impeto e irruenza il serbatoio che andò a battere contro il fondo della vagina, provocando altre lascive e deliziose contrazioni che mi andarono rapidamente svuotando.

Le carezzavo i capelli, la schiena, le natiche.

Respirava affannosamente.

"Sei splendida, piccola Liza, bellissima, fantastica, favolosa!"

Alzò appena il capo, sudata e ansante. Occhi sfolgoranti.

"Ti piaccio?"

"Non l'hai sentito?"

Annuì più volte.

"Si... è stato bellissimo... come non credevo..."

"Ma, scusa.... Con il tuo ragazzo?"

Sorrise, un po' melanconica.

"Zac... ed è finito...! Capisci?"

Sorrisi anche io e la strinsi a me. Il suo grembo strinse il mio fallo. Sentii che si appesantiva, si era addormentata con una soave espressione sul viso. Sembrava in estasi. Mi appisolai anche io, con quel dolce peso su me. Non ricordo quanto dormii. Si mosse un po'... alzò il capo...

"Si piccola?"

Avvicinò le labbra al mio orecchio.

"Bagno!"

Si levò, così, completamente nuda, scalza, andò nel bagno. Poi tornò. Fu la mia volta, anche perché dovevo liberarmi del superfluo, gettarlo, darmi una lavatina... insomma, quello che si può immaginare.

Quando tornai, anche io completamente nudo, venne a rifugiarsi tra le mie braccia,

"Piero?"

"Si, piccola?"

Era imbarazzata, parlava a stento.

"Non ne hai più di quei cosi... quei guanti....?"

"La carezzai.

"Ne ho, amore, ne ho."

"Ci basteranno fino a quando arriveremo a Genova?"

Le detti un'affettuosa sculacciata.

"Loro ci sono, tesoro... bisogna vedere se c'è di che riempirli..."

"A questo penso io, amore..."

E ci pensò subito.

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