Delitto D'onore

BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui

La tumultuante mente di Rosalia cominciò a pensare a qualcosa...

Aveva concepito un piano, ed intendeva esporlo a Saro, con tutta calma.

L'occasione si presentò un paio di giorni dopo.

Dovevano andare alla sede centrale della Banca per la chiusura di alcune operazioni riguardanti il un mutuo che avevano utilizzato. Lo avevano ottenuto a un tasso di particolare favore, tanto che avevano reinvestito il capitale in operazioni che avevano reso un ottimo interesse.

Appuntamento all'apertura della Banca, al mattino.

Decisero di partire il pomeriggio prima, ne avrebbero profittato per una visitina al Consorzio Agrario, anche per vedere delle nuove sementi e dei nuovi fertilizzanti. Si sarebbero fermati la sera, a Villa Igiea e, dopo il colloquio col direttore della banca, avrebbero preso la via del ritorno.

Prenotarono la suite con due separate camere da letto.

Villa Igiea è uno dei più famosi hotel della Regione, costruito per volontà della potente famiglia Florio alla fine del 1800 e arredato da Ernesto Basile, maestro del Liberty in Italia. Questa splendida villa ha ospitato nel tempo i più importanti nomi del jet-set internazionale. Oltre al fascino degli ambienti e dei suoi famosi saloni, gode di un parco profumato di gelsomini.

Gelsomino, fiore dall'odore intenso, lo 'yasamìn' dei Persiani, il simbolo della sensualità per gli Spagnoli

Saro si raccomandò perché in una delle due camere da letto ne facessero trovare un mazzolino.

Rosalia fremeva, e non solo per quello che aveva in mente di proporre a Saro, ma anche, e soprattutto, perché sarebbero restati insieme tutte quelle ore, perché avrebbe potuto dormire abbracciata a lui... dopo, s'intende.

Non ritenne, durante il viaggio in auto di raccontare a Saro il suo proposito.

Al Grand Hotel, la sua camera era invasa dal profumo del gelsomino, andò dal fratello, lo abbracciò, lo baciò con fervore, lo ringraziò, e gli disse che avrebbe voluto dimostrargli altrimenti la sua gratitudine.

"Non vedo l'ora, Rosalia, non vedo l'ora. Ma adesso andiamo al Consorzio, prima che chiuda."

Poi ci fu la cena e, finalmente, si ritirarono nella loro suite.

La donna guardò il fratello.

"Preparati, bambinuzza, che ti vengo a trovare subito."

Quando la raggiunse, Rosalia era a letto, nuda, con lo sguardo sognante, i capelli sciolti, profumata di gioventù e di bellezza.

Saro, indossava solo i pantaloni del pigiama. Prese la coperta e la rovesciò ai piedi del letto.

Rosalia, bianca e rosa, con i capelli corvini che coprivano le spalle e parte del seno, col triangolo scuro e folto che le adornava il pube e nascondeva la delizia del suo sesso, era lì, ed oscurava la Maya desnuda.

Saro si chinò a baciarle quel boschetto nero e setoso, e la sua lingua incontrò subito il vibrare del piccolo clitoride, s'intrufolò ancora, e raccolse il tiepido distillato della eccitazione della ragazza.

Il suo fallo sgusciò dai pantaloni, prepotente.

Li sbottonò, li lasciò cadere per terra.

"Vieni, Saruzzo, vieni qui... ti voglio cavalcare, ti voglio sentire..."

Lui si sdraiò, ed ella vi si pose a cavalcioni.

Prese il glande e lo avvicinò alle piccole labbra, si impalò con lentezza stuzzicante, concupiscente, voluttuosa.

E fu, riconobbe Saro, la più impetuosa e appassionata cavalcata che lui avesse mai conosciuto, un galoppo finale tumultuoso, e quando l'amazzone tagliò il traguardo, dalla sua gola proruppe un lungo e roco grido di gioia, di vittoria, di supremo orgasmo.

Poi, mentre accoglieva il caldo dilagare in lei, si gettò sul petto di Saro. Esausta.

Quella volta non si riebbe subito.

Ansò più a lungo del solito, e più forti e insistenti erano riprese le contrazioni del suo grembo.

Saro la carezzava, la baciava.

Lei, rimanendo distesa sull'uomo, si poggiò sui gomiti, lo guardò.

"Saro, ti devo dire una cosa. Ho pensato come liberarci di Nico Pullìa."

Lui la fissò, curioso, interessato.

"Ecco, Saro, ho viso che lui mi talìa, mi guarda, in un certo modo, in chiesa. Sai che faccio? Lo attiro con lusinghe in un certo posto, mettiamo nel boschetto, e tu ci sorprendi e lo ammazzi."

L'idea di farlo fuori piaceva a Saro, ma erano i particolari a non convincerlo.

"Dobbiamo studiare bene i dettagli, le circostanze. In questi casi le attenuanti hanno gran peso. Fammici pensare."

Lei si mosse voluttuosamente col bacino.

"Che fa, non è che i pensieri si ripercuotono su... questo?"

Saro le sorrise, e le dimostrò che ogni timore era infondato.

Rosalia ne profittò, entusiasticamente, come se non lo avesse fatto da tempo.

^^^

In effetti, il detto che 'la minchia non vuole pensieri' non riguardava Saro.

Lui di pensieri ne aveva tanti e infinite erano le congetture, le ipotesi

Non per questo, però, trascurava la sua attività erotica. Anzi, preoccupazioni e apprensioni erano quanto di più afrodisiaco potesse esistere, per lui.

Agatina non poteva certo lamentarsi. Erano sempre più frequenti le 'ripassate fantasiose' che precedevano e seguivano il riposo, ed a volte anche durante la notte o lui la incavallava, iniziando dolcemente per finire nel modo più focoso possibile, o lei, accertatasi della disponibilità di quell'incantevole 'palo della cuccagna', 'magnifico scettro', vi s'impalava languidamente, e lo racchiudeva voluttuosamente nella calda e fremente guaina di cui la natura l'aveva generosamente dotata.

Né Rosalia poteva accusarlo di trascuratezza. La sua ingordigia, la sua cupidigia, erano ben saziate, almeno al momento, dalle prodighe razioni fraterne.

Nulla mancava a Giovanna, lo sapevano belle le sue tette, la sua bocca e soprattutto il suo sesso in cui così piacevolmente Saro rifugiava il suo fallo, carezzandola e assicurandola che non conosceva più accogliente nido per il suo uccello.

Anche a Lola era riservata una parte delle attenzioni di Saro, anche se erano per ora puramente ammirative.

Come per il Vecchio Catone l'idea fissa era 'delenda Carthago', la distruzione di Cartagine, per Saro era la 'sparizione di Nico Pullìa'.

Aveva trovato.

Sussurrò alla sorella che l'indomani, domenica, doveva trovare una scusa per non andare a messa con le altre donne. Le doveva parlare.

La cosa fu facile, scuse di donne, e anche... rassicurante per Agata.

Con la sola vestaglia, non appena le altre uscirono, Saro andò da Rosalia. E dopo pochi, rapidi, e non necessari preliminari, il fallo che ancora aveva odore, sapore e calore, della vagina coniugale, penetrò quella tumida e impaziente della giovane e appassionata sorella, che lo spompò, insaziabile, fino all'ultima goccia.

Saro si mise seduto sul letto, con le spalle poggiate alla testiera, e Rosalia sedette sulle sue gambe, curando che il sesso fraterno, ancora non completamente acquietato, si sistemasse tra le sue grandi labbra, sfiorando l'orifizio vaginale.

"Ho pensato, Rosalia.

Se io vi sorprendo nel boschetto, tutto sommato significa che tu ci sei andata. Quella terra è nostra, e non é che Nico ci si può trovare per caso."

"Allora?"

"Ascolta, non interrompermi, Alla fine mi dirai.

Fra due settimane, Agatina va a trovare la madre, e si porta Santina. Giovanna e Lola stanno a casa loro, la notte, qui, restiamo solo tu ed io."

Rosaria lo guardava attentamente, e si sforzava a non interrogarlo.

"Allora, Rosaria, senti.

Devi riuscire a interessarlo sempre più, fino a dirgli di venirti a trovare, logicamente segretamente, in ore in cui nessuno possa vederlo.

Per esempio, verso le due di notte.

Precisargli che deve andar via prima dell'alba.

Indicagli il tuo balcone, e digli che 'per caso' troverà una scala, ai piedi di esso."

Rosaria non poté trattenersi.

"Così, quando entra nella mia camera..."

"Aspetta, picciridda, aspetta.

"Quando lui entrerà nella tua camera che sarà in penombra, io sarò a letto con te, e avremo già fatto quello che facciamo sempre. Curerò che sulle tue cosce, sui tuoi peli rimangano tracce visibili del seme. Non solo, ma con uno spillo pungerò un tuo dito, e sporcherò col sangue l'entrata del tuo sesso...

Lacererò la tua camicia da notte...

Violenza deve apparire...

Ancora.

Ti legherò mani e piedi al letto, con le cosce aperte...

Lui si fremerà un momento, di sicuro, sorpreso, spaventato...

Io prenderò il marmo del tuo comodino e con quello gli spaccherò la testa... Gli abbasserò i pantaloni, sporcherò del tuo sangue la sua mischia, romperò un vetro della tua finestra, curando di farlo da fuori, mi metterò a urlare aiuto con tutta la mia forza... Giovanna sicuramente sentirà, correrà subito, anche Lola, vedranno tutto, anche me in vestaglia, sul pigiama, e si premureranno di sciogliere la corda, di pulirti... io dirò di non buttare i panni che useranno, la camicia.... Manderò a chiamare i carabinieri...."

Gli occhi della donna erano sfolgoranti, i pomelli accesi, le nari vibranti.

Lo baciò sulle labbra. Saro era pallido, cereo.

"Minchia, fratello, sei un dio!"

La sua mano cercò... ma il sesso di Saro era freddo, inerte.

^^^

La testimonianza delle donne, la evidenza della forzatura della finestra, il fatto che fosse stata legata al letto, abilmente sfruttate da una magistrale difesa, che soprattutto fu un'accusa contro Nico, convinsero anche i magistrati, che riconobbero attenuanti generiche e specifiche, e condannarono Saro a due anni e quattro mesi, che furono ulteriormente ridotti per la buona condotta.

Durante la sua detenzione, il Barone Sinfisi vendette l'Ammucciata ai Macrì, e da allora la tenuta divenne Azienda Agraria Macrì.

Il Maresciallo dei Carabinieri, comunque, non era del tutto convinto del come erano stati raccontati i fatti.

Le donne avevano detto quello che avevano visto, certo. Ed erano sincere.

Ma prima?

Possibile che uno come Nico Pullìa si fosse avventurato in una pazzia simile?

E non era il solo a pensarla così.

Una notte, sulla grossa lastra di travertino sulla quale, in caratteri rossi, appariva l'indicazione: MACRI' , qualcuno aggiunse, con la vernice nera: art.587 C.P.

^^^ ^^^ ^^^

12
Per favore, dai un voto storia
L’autore apprezzerebbe un tuo feedback.
Condividi questa Storia