Crociera Inaugurale

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ULISSE
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Volevo godere. Ho goduto! Come non mai. E così pure dopo, e dopo ancora.

Il tuo seme scoppiava nel mio ventre e nella mia testa.

Il tuo sigillo mi marchiava, mi bollava come tua e ne ero felice, alla follia. Ed era follia ciò che stavo facendo."

Tacque, respirando a fatica.

Ero spaventato per quello che avrebbe ancora detto.

"Allora, ma'?"

"Non vedo l'ora di averti ancora, di donarmi ancora a te. Il solo pensiero mi provoca i brividi, mi eccita."

Non ci importava se e chi potesse vederci. Ci abbracciammo e baciammo quasi con furia, e ci saremmo congiunti, lì, sul momento, se la sirena, strana a quell'ora, non ci avesse richiamato alla realtà.

^^^

Mi fermai sul balcone, mentre era sotto la doccia. Era quasi mezzanotte.

Il cielo era rischiarato da una luna piena e luminosa, che inargentava la scia. Mi sembrava respirare strane essenze esotiche. Ma l'Africa era troppo lontana, avevamo lasciato Barcellona da solo sei ore. Avevamo percorso poco più di 120 miglia, ma io sentivo profumo dappertutto. Guardai in cabina. Era illuminata solo dal riverbero della luna.

Selma aveva spento tutto. E lei era una macchia rossa, la sua camicia, sul candore del letto.

Entrai, chiusi il balcone.

Così, al buio, andai a prepararmi, nel bagno. Non indossai nulla. Sedetti ai suoi piedi. Desideravo posare il capo sul suo grembo. Sollevai la camicia, vi adagiai il viso. Venne accolto da un morbido prato di seta che sentii risvegliarsi al mio tocco. La mia bocca vi si tuffò, curiosa e golosa. Le gambe si dischiusero lentamente. La lingua lambì le sue grandi labbra. Una sensazione indescrivibile. Aveva posato le mani sul mio capo, mi carezzava teneramente. Sentivo il tepore della sua carne, il profumo, il sapore. Ecco il piccolo clitoride che mi veniva incontro, m'invitava a lambirlo, suggerlo. Le piccole labbra palpitanti. La frugavo dentro. Uno sconosciuto inebriante gusto, lievemente salato. I suoi umori, il modo di farsi sentire mia, di volermi suo. La lingua la penetrava e si ritraeva. Il suo grembo era un palpito crescente. Le sue dita erano divenute irrequieta, regolavano il movimento della mia testa . La sentivo sussurrare.

"Piero... così... sì... Piero..."

Ebbi la sensazione –o era vero?- che in lei distillasse qualcosa di delizioso per la mia sempre più frenetica lingua. D'un tratto, inarcò il bacino, mi strinse fortemente a lei.

"Oddio... oddio...!"

Con voce strozzata, e giacque esausta.

La mia eccitazione era violenta. Lo sapeva.

"Vieni... vieni..."

Salii su lei, mi guidò in lei, mi accolse con un lungo sospiro stringendo voluttuosamente il mio impaziente fallo nel tepore fremente del suo ventre.

La mattina ci salutò, abbracciati, sfiniti nel fisico, per le insuperabili leggi della natura, ma non paghi.

Selma mi carezzava il volto. Le sue dita sottili avevano sempre avuto il potere di sedarmi, ed ora univano anche il dono di rendermi felice. Sentivo il oro l'invito a dimostrarle ancora la mia passione, il mio desiderio. Non era solo l'entusiasmo di avere, finalmente, il giocattolo tanto anelato, l'avidità dell'affamato. Era, invece, l'appassionata tenerezza (posso dire così?) per un sentimento che da confuso e turbolento era esploso nella sua vera essenza fino allora soffocata da certo innaturale moralismo, da bigotta censura, some se per desiderare una donna, o un uomo, si dovesse prima fare indagini all'anagrafe.

Avrei mai più avuto una donna che conoscevo come e quanto Selma? E che da sempre era mia come io ero da sempre suo?

"Pierino, è incantevole stare con te. Purtroppo ci sono anche delle forme da salvare. E poiché è certo che le cose desiderate sono le più belle, io voglio desiderarti, e spero che anche per te ogni volta sarà ancora più bello, se sarò capace, come spero, di farti felice. Dobbiamo partecipare alla vita e alle attività che si svolgono fuori di questa cabina. Potremmo andare in piscina.

Mi permetti di mostrarmi agli altri nel castigato costume olimpionico? Possiamo andare al cine, agli spettacoli della sera?

Domani saremo a Casablanca, Dar el Baida, se sei d'accordo faremo la gita a Marrakesh. Staremo vicini nel viaggio, sempre, e ciò ci farà sentire sempre più forte il desiderio di tornare qui, così, come adesso."

Mi dimostrò ancora come avrebbe saputo mantenere le sue deliziose promesse.

La sua galoppata lunga e voluttuosa confermò la sua abilità di amazzone appassionata, e i suoi palpiti accolsero con più entusiasmo che mai il mio prorompere in lei.

(Il mio nardo effonde il suo profumo

... sono entrato nel mio guardino,

ho raccolto la mia mirra col mio balsamo

...Le curve dei tuoi fianchi sono come monili...

Il tuo ventre è un mucchio di grano contornato di gigli...

I tuoi seni somigliano a due caprioli...)

Le nostre notti furono alimentate dal Fuego di Lanzarote, dal Teide di santa Cruz. Scendemmo, abbracciati, il Terriere de Lesta, nei 'cestinhos' di vimini di Madeira. Rubammo baci sfuggenti alle ombre dell'Alhambra di Granata.

Giunse, troppo presto, il rientro a casa.

Il taxi ci aveva lasciato dinanzi al cancello poco dopo le 14. Decidemmo di consumare un rapido brunch nel locale poco lontano.

Era stata magnifica la crociera, ma home sweet home, casa dolce casa.

Non vedevo l'ora di amarla sulla terra ferma.

Notai qualche incertezza nei suoi occhi. La casa l'aveva resa pensosa.

"Va in camera tua, Piero. Aspettami lì..."

Fu dolce e appassionata, come sempre.

Decise, poi, di far portare qualcosa di pronto per la cena.

Era splendido essere qui, noi due soli, con lei in vestaglia, i capelli sciolti sulle spalle.

Apparecchiai in veranda.

Mi disse che avrebbe fatto un bagno tiepido, ne sentiva il bisogno. Nella sua vasca. Voleva abbandonarsi al corso dei suoi pensieri.

"Scusami Piero, verrò fra un'ora, per la cena."

Ne profittai per una rapida doccia e per un disordinato zapping televisivo.

La porta della camera di Selma era chiusa. Ogni tanto, pur senza ragione, ci passavo davanti.

Finalmente ne uscì, elegantissima, appena truccata.

Sul suo letto scorsi il vermiglio della camicia da notte.

Cena allegra, con scambio di piccole attenzioni.

Un drink, sul divano, guardando distrattamente la televisione, come una vecchia coppia.

Non sapevo come comportarmi, cosa fare. Non c'era più la limitatezza della cabina a stabilire le cose.

Selma era più bella che mai.

Ormai conoscevo quella espressione del suo volto: la Trasfigurazione..

Si alzò, mi tese la mano, si avviò verso il corridoio, spense le luci, mi condusse nella sua camera da letto. Accese il lume sul comodino, lasciò cadere vestaglia, reggiseno, slip. Infilò la camicia da notte, si distese sul letto. Ero restato in piedi, confuso.

Mi indicò il posto accanto a sé, nel suo letto.

"Vieni!"

^^^

Papà ci aveva fatto sapere che purtroppo (per lui!) la sua assenza sarebbe stata abbastanza lunga, almeno quattro mesi.

Nessun commento da parte di Selma.

La vita scorreva sul piano della normalità quotidiana, e della passione notturna (spesso anche pomeridiana... mattutina...).

Ognuno era tornato alle proprie occupazioni: scuola, laboratorio.

L'amavo e la desideravo più che mai.

"Non posso fare a meno di te, Piero. Sono felice di renderti felice. Ti donerei anche la vita, se necessario."

Il tempo trascorreva, troppo veloce.

Papà telefonò: sarebbe tornato tra dieci giorni.

Quella notizia sembrò eccitarla. Non era mai stata così ardente, passionale, avida.

Non dormimmo tutta la notte.

L'indomani mattina, un lunedì, disse che doveva consultare un medico. A pranzo, molto serenamente, mi informò che doveva subire un piccolo intervento ambulatoriale.

La guardai preoccupato.

"Niente di importante, Pierino, piccole cose di donne. E' per domani."

"Ti accompagno."

"Preferisco di no. Viene la mia amica Lina, ed ho già avvertito la colf di quello che mi serve e quello che deve fare nei due prossimi giorni, nei quali è bene che resti a casa, per pura precauzione.

Tu, Piero, dovrai andare a dormire in camera tua."

"Perché?"

"Meglio così, poi ti spiegherò."

Mi riammise nel suo letto quattro giorni dopo, con la solita dolcezza di sempre. Forse maggiore.

Senza parlare, prima di accogliermi in lei, infilò sul mio fallo impaziente un profilattico. Fu bellissimo anche così.

Già, non ci avevo mai pensato.

E non avevo mai riflettuto che durante tutto quel tempo lei non aveva mai avuto manifestazione fisiologica della sua femminilità.

Lo compresi successivamente, quando, dopo il rientro di Vittorio al primo dei nostri incontri, che furono meno frequenti ma sempre più belli, sparì pure l'impiccio del preservativo. Mi confidò all'orecchio, mentre mi scaldava col suo corpo meraviglioso.

"Prendo la pillola, Piero. Non l'avevo fatto prima. Tuo padre non c'era."

Ma non mi disse mai quanto le costò rinunciare al 'fiore del suo fiore'.

Quindi, non avrei mai conosciuto il mio figlio e fratello.

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ULISSE
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