B. C.

BETA PUBBLICA

Nota: puoi modificare la dimensione del carattere, il tipo di carattere e attivare la modalità oscura facendo clic sulla scheda dell'icona "A" nella finestra delle informazioni sulla storia.

Puoi tornare temporaneamente a un'esperienza Literotica® classica durante i nostri beta test pubblici in corso. Si prega di considerare di lasciare un feedback sui problemi riscontrati o suggerire miglioramenti.

Clicca qui

Scossi la testa. Era una bambina, ed io un matusa!

Sembrava essere stata qui da tempo, aprì i cassetti giusti, gli sportelli esatti, e in pochissimi minuti venne a inchinarsi di fronte a me.

"La cena è servita, signore."

Lo sciamma s'era aperto mostrando la visione conturbante del suo seno, scuro e rigoglioso.

Aveva preso i gamberetti, il roastbeef, le fragole, lo champagne.

"Ho indovinato?"

"Perfettamente."

Mi raccontò di quando andava, alla ricerca di piccoli frutti selvatici, nella riserva di Christon Bank, o lungo l' Umzingwane. E gustava golosamente le piccole fragole innaffiandole con sorsi di champagne.

"Ora, Piero, va a metterti un po' in libertà, io rassetterò tutto."

Quando rientrai, indossando una camiciola sportiva sui pantaloni di tela, era intenta a guardare la televisione. Le andai accanto. Non appena fui seduto, venne sulle mie ginocchia, alzando disinvoltamente lo sciamma. Sentii il suo tepore attraverso la sottile stoffa dei pantaloni, e non poté non percepire il mio desiderio. Anzi, si acconciò in modo che il mio gonfiore fosse accolto tra i suoi favolosi glutei. Ebbi una reminiscenza goliardica: chiappette prensili.

Sembrava seguire quanto era trasmesso: una vecchia pellicola sentimentale.

Intrufolai la mia mano sotto la stoffa bianca che le copriva le cosce, salii a sentire il calore del suo grembo, a frugare nel piccolo cespuglio, a carezzarla delicatamente tra le gambe, il morbido delle grandi labbra che andavano intumidendosi, e le piccole che palpitavano al minimo sfioramento.

Barbara si alzò, s'avviò verso la camera da letto. Giunta sull'uscio si voltò a guardarmi con le narici frementi. La raggiunsi. Con gesti incerti sbottonò la mia camiciola, slacciò la cinta, lasciò cadere i pantaloni che liberarono la mia violenta erezione. Si liberò dello sciamma e si riversò sul letto, nell' incantevole offerta di sé. Il petto ansimante, gli occhi socchiusi, le gambe appena divaricate. Quando posi le mie mani sulle sue cosce, alzò le ginocchia, poggiando i talloni sulla sponda del letto, e il bacino s'alzò, voglioso. Desideravo guardarla, carezzarla ancora, scostai le sue grandi labbra nere, il cui interno cambiava in rosa scuro, ed ecco il tenue rosa delle piccole labbra, il ricamo della ammaliante vagina che si dischiudeva come un bocciolo in fiore. Non s'aspettava, credo, di essere così ammirata, non credeva che la mia lingua la frugasse, curiosa e invadente, lì, nel tempio della sua femminilità, insistendo sul piccolo bottone d'amore che s'ergeva prepotente ed pretenzioso. La lambii lungamente, sentendola sempre più ondeggiare. Ora le sue mani erano nei miei capelli e assecondavano i movimenti del mio capo. Percepii la linfa del suo godimento, mentre il suo respiro si tramutava in un gemito lungo e soffocato che aveva qualcosa di selvaggio, di primitivo, fino all'urlo che disse del suo liberatorio orgasmo. Mi strinse la testa tra le sue gambe. Spossata. Sciolse la sua presa e alzò la testa, guardandomi.

"Now Piero, now... adesso...adesso."

Posi il glande su quell'orifizio imperlato dei suoi umori, ed entrai in lei, accolto focosamente. Che strano che mi venivano in mente le parole di Boccaccia: metti lo tuo diavolo nello mio inferno. Ma questa volta lo mio diavolo era in paradiso, nel paradiso nero di cui non avevo contezza.

Sembrò delirare quando, dopo un ulteriore orgasmo, sentì invadersi dal mio seme. Diceva parole che non comprendevo, mi tratteneva in sé, con le gambe, con le braccia. S'era impossessata della mia lingua....

Ero convinto che mia performance, molto più lusinghiera di quanto potessi immaginare, mi avrebbe tenuto fuori combattimento per chissà quanto. Ma non avevo tenuto conto delle arti di Barbara, delle sue magnifiche tette che l'accolsero tra di esse, del suo infiammarsi... Per cui, quando si accorse che i miei anni svaniti di fronte alla sua abilità, mi fu sopra e con ingorda maestria si impalò fin quando la natura glielo consentì. La guardavo, estasiato, e la paragonavo al ghepardo che correva nella savana, inseguendo la preda che l'avrebbe saziato. Ecco, Barbara aveva in sé la sua preda e l'assaporava insaziabile, ne suggeva fino all'ultima stilla.

Giacque su di me. Il respiro andava divenendo regolare, poi s'appesantì, rivelò l'assopimento che l'aveva conquistata. Le carezzavo la schiena, le natiche, e mi sembrava di percorrere matasse di seta. Sentivo il tepore umido del suo sesso sulla mia coscia. Non so quanto durò questo. si mosse, sempre nel sonno, e mi volse la schiena. Allungò la mano dietro di sé, mi volle vicino, molto vicino, col mio sesso tra le sode natiche, e di quando in quando lo stringeva forte, nel sonno, istintivamente, naturalmente. BC, voleva dire anche 'bel culo'.

Era quello che mi veniva in mente –black cunt... bel culo- ogni volta che su un memo leggevo la sua sigla.

Era bello, ma ancor più ogni volta che, durante la sua troppo breve permanenza, potevo stringerla tra le mie braccia, entrare in lei, dolcemente, perdutamente.

12
Per favore, dai un voto storia
L’autore apprezzerebbe un tuo feedback.
Condividi questa Storia